Burri e la rivoluzione nell’arte del ‘ 900

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BURRI IN MOSTRA A CITTA’ DI CASTELLO

Nel panorama dell’Informale che guarda ad una rappresentazione astratta di tipo segnico con cui definire la realtà nei suoi diversi aspetti si inserisce con una connotazione originale l’opera di Alberto Burri. Nato a Città di Castello (Perugia) il 12 marzo del 1915 e morto a Nizza il 13 febbraio del 1995, dopo la laurea in medicina e successivamente all’esperienza della guerra si dedica all’arte passando dalla gestualità pittorica dell’espressionismo astratto di stampo americano e dall’arte informale europea, ad una diversa concezione di rappresentazione che privilegia l’uso di materiali insoliti, “poveri” e industriali in modo del tutto nuovo. Da ampio spazio a diversi materiali: dalla sabbia, al catrame, dalla iuta alla plastica. E’ alla fine degli anni quaranta che da vita ai “paesaggi del materiale” dipinti in rilievo dall’aspetto bidimensionale che condizioneranno gli artisti di diversi movimenti come gli esponenti del Neo Dadaismo, dell’ Arte Processuale e dell’ Arte povera.

Alberto Burri in mostra a Città di Castello

Alberto Burri in mostra a Città di Castello

Un’arte materica che trova precedenti nei collage dei cubisti, nel polimaterismo futurista, nella teoria della ricomposizione (“ready-made”) di Duchamp e ancora negli assemblaggi di Arp e nel materismo di Fautrier. La sua pittura materica fa vivere materiali quali: sabbie, iuta, catrame, plastica, ferro, legno, insoliti e inconsueti a rappresentare se stessi nella loro essenza, creando strappi, cuciture, crepature, bruciature e combustioni quasi a mettere alla prova la resistenza della materia che cambia e si trasforma in rapporto allo spazio e alla luce circostante. Lacerazioni, increspature che fanno intravedere un senso di vuoto e sospensione drammatica. Dalla materia egli tira fuori ogni aspetto logico e illogico, possibile e impossibile fino a carpirne i lati più insoliti e affascinanti. Conosciuto soprattutto per la serie dei “Sacchi”, quadri realizzati con frammenti di sacchi di juta rattoppati e cuciti insieme, di frequente uniti a brandelli di vecchi abiti, Burri presenta un percorso artistico rivoluzionario che sintetizza aspetti informali, contenuti minimali facendo uso di diversi materiali di varia provenienza in combinazioni ora semplici e lineari, ora complesse e multiformi. Aspetti legati al Minimalismo americano sono evidenti  soprattutto nei tardi cicli dei Cretti e dei Cellotex.

Alberto Burri mostra Città di Castello

Alberto Burri
mostra Città di Castello

Ad Alberto Burri, che insieme a Lucio Fontana può essere considerato l’artista italiano più importante del Novecento e iniziatore dell’Arte Povera, è dedicata una suggestiva mostra ALBERTO BURRI. Lo spazio di materia tra Europa e USA a Città di Castello presso l’Ex Seccatoi del Tabacco ancora in corso fino al 6 gennaio 2017. L’esposizione a cura di Bruno Corà, Presidente della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, presenta un percorso in cui viene messo in evidenza il raffronto tra l’arte di Burri e le tendenze più significative dell’arte contemporanea del secondo dopoguerra del XX secolo, sia coeve, sia  successive evidenziando punti di contatto e differenze.

Alberto Burri mostra Città di Castello

Alberto Burri
mostra Città di Castello

Come sostenuto da Richard Armstrong, Direttore del Guggenheim Museum in occasione dell’apertura della retrospettiva “Alberto Burri: The Trauma of Painting: “la mostra afferma la posizione di Burri come uno dei più innovativi artisti del periodo del secondo dopoguerra mondiale. Burri (…) ha creato un nuovo tipo di oggetto, simultaneamente pittorico e scultoreo, che ha influenzato successivamente artisti associati col New Dada, il Noveau Réalisme e il Postminimalism” e, si può aggiungere, con l’Arte Povera italiana.

In mostra 20 opere di Burri : dai catrami alle muffe, dai sacchi ai gobbi, dai legni alle combustioni, dai ferri alle plastiche, dai cretti ai cellotex fino al nero e oro cui si

accompagnano significative opere di protagonisti del XX e XXI secolo. Tra questi accanto a Fautrier, Dubuffet, Pollock, Motherwell, Hartung, De Kooning, Wols,  Calder,  Marca-Relli, Scarpitta e Matta, sono Nicholson, Tàpies, Colla, Rauschenberg, Twombly, Johns, Fontana, Manzoni, Castellani, Uncini, Lo Savio, Klein, Rotella, Christo. E ancora  Tinguely, Arman, César, Morris, Sonnier, Beuys, Kounellis, Calzolari, Pistoletto, Pascali, senza dimenticare Nevelson, Piene, LeWitt, Scialoja, Mannucci, Leoncillo, Andre ed Afro; per concludere con  Chamberlain, Capogrossi, Kiefer, Mirò, Soulages, Serra ed Hesse.

Alberto Burri mostra Città di Castello

Alberto Burri
mostra Città di Castello

E’ presente in esposizione anche un repertorio fotografico e documentario dello storico frangente tra il 1947 e il 1989, comprendente dati sulle correnti artistiche, manifesti, depliant, cataloghi, pubblicazioni, video, film, schede biografiche, produzioni teoriche ed altri significativi materiali illustrativi. Un modo per entrare più da vicino in questo particolare momento storico culturale dell’arte dal dopoguerra al termine emblematico della fine della Guerra fredda e della caduta del muro di Berlino. Il catalogo presenta saggi e contributi critici di Pietro Bellasi, Paola Bonani, Mario Diacono, Thierry Dufrene, Aldo Iori, Petra Richter, Luigi Sansone, Chiara Sarteanesi, Francesco Tedeschi, Italo Tomassoni, Denis Zacharopulos, Adachiara Zevi, preceduti da interventi introduttivi di Bruno Corà, Presidente della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri e di Richard Armstrong, Direttore del Solomon R. Guggenheim.

Silvana Lazzarino

ALBERTO BURRI. Lo spazio di materia tra Europa e USA

Città di Castello (PG), Ex Seccatoi Tabacco

Orario: dal martedì al venerdì . 9.00 – 12.30 e 14.30 – 18.00,

sabato, domenica e festivi 10.00 – 13.00 e 15.00 – 18.00,

lunedì chiuso ad eccezione di festivi e prefestivi

fino al 6 gennaio 2017

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Arte visiva e narrativa in mostra a Roma

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Arte visiva e narrativa in una mostra per interrogarsi sulla vita

A  ROMA PRESSO LA SALA SANTA RITA

Le arti visive nel loro raccontare le emozioni della vita attraverso immagini spesso riferite alle nuove tecnologie offerte dall’arte contemporanea di questi ultimi anni, possono interagire con le parole, con quelle scritte legate ai racconti con cui costruire nuove possibilità espressive toccando quei tasselli ancorati ad attese, dubbi e speranze che si annidano nel pensiero umano. Molti gli interrogativi che l’uomo si pone sul significato e sul senso della vita, sul dopo la morte.

Arte visiva e narrativa VITA MORTE E POI? Mostra oresso la Sala Santa Rita

Una chiave di lettura nuova con cui accostarsi a questi interrogativi è presentata dalla mostra Vita. Morte. E poi? che inaugura a Roma il 29 dicembre 2016 alle 18.00 presso la Sala Santa Rita dove resterà aperta fino al 31 dicembre 2016.

A dare vita a questo originale incontro tra l’arte visiva e la narrativa, cui si accostano gli effetti creati dalla musica che si riflettono nell’ambiente, sono i lavori dei giovani artisti Luigi Annibaldi (grafico e scrittore) e Agrin Amedì (illustratrice) ed i racconti degli allievi della Scuola di Scrittura Omero situata nel quartiere Monteverde Vecchio che ha alle spalle 28 anni di esperienza nell’insegnamento della scrittura. Promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale di Roma Capitale–Dipartimento Attività Culturali e con la collaborazione di Zètema Progetto Cultura, la mostra curata dalla Scuola di scrittura Omero, attraverso un’installazione a raggiera al centro della sala a richiamare idealmente la pianta ottagonale dell’ex chiesa, ora sconsacrata, di Santa Rita, valorizza le opere di Annibaldi e Amedì formate da dodici colorati disegni e collage digitali sviluppate attorno ad un asse centrale sorrette da fili trasparenti. Disegni e collage che con originalità illustrano i racconti degli allievi della Scuola di Scrittura Omero a creare un connubio tra arti visive e ‘parola scritta, da cui ripartire per soffermarsi sugli interrogativi che affliggono l’uomo circa il suo destino dove si intrecciano dubbi e speranze, insicurezze e aspettative. Un occasione per indagare sulla paura, sul desiderio di morte con cui l’individuo è prima o poi destinato a confrontarsi senza dimenticare la perdita di fiducia e lo smarrimento innanzi all’ignoto, cui si contrappongono l’autoironia e la speranza.

Le opere dei due artisti, caratterizzati da colori vivaci e ampie campiture monocrome e dal taglio minimalista, presentano accanto ad ogni tavola un QR code attraverso il quale, scaricando l’apposta applicazione, si potrà leggere direttamente dal telefonino il racconto, nato nei laboratori della Scuola Omero da cui hanno tratto ispirazione gli stessi artisti. Ad accompagnare l’installazione sono brani musicali cui si alternano letture registrate, tratte dai racconti. In un’ottica contemporanea le opere di Amedì e Annibaldi sembrano infatti ripresentare il concetto, invece millenario, dell’ut pictura poesis, ovvero il rapporto tra la pittura e la letteratura, e la loro reciproca influenza.

Silvana Lazzarino

 

CENNI BIOGRAFICI DEI DUE ARTISTI

 

    Agrin Amedì (Catanzaro, 1988)

Illustratrice e docente presso la Scuola di scrittura Omero, redattrice presso Storie di Questo Mondo, da sempre legata alla scrittura, vince un concorso nazionale di poesie “Tuffi nelle notti” nel 2009 promosso dalla casa Editrice “Il Capitello”. Ha inoltre tenuto corsi di pittura e decoupage presso scuole primarie e secondarie.

Luigi Annibaldi  (Roma, 1979)

Scrittore, grafico e docente della Scuola Omero. Ha curato la nuova veste grafica di Omero Editore. Spiega, alternando teoria a pratica, le sue competenze all’interno di una casa editrice nei laboratori di editoria. I suoi racconti sono stati pubblicati dalla rivista “Linus” di Baldini&Castoldi, dalla rivista francese “Le chaiers européens de l’imaginaire”, nella collana narrativa di Omero Editore (Fantareale. Nuova antologia del racconto fantastico e Amore e Sesso Fantareale). Da un suo racconto è stato tratto il cortometraggio Sushi pin-up, vincitore del premio Miglior Film della giuria popolare del festiva di cortometraggi “Campo Lungo” di Roma. Sushi pin-up è anche la sua opera prima pubblicata da Omero Editore. In uscita a giugno 2016 con il romanzo Una volta l’estate, scritto a quattro mani con Ilaria Palomba per Meridiano Zero. Conduce corsi di narrativa in diverse scuole medie, licei statali e biblioteche di Roma e al Goethe-Institut, l’Istituto di Cultura della Repubblica Federale della Germania. E’ tra i progettisti di Readandgo, applicazione culturale per smartphone finanziata dalla Regione Lazio.

 Vita. Morte. E poi?

Sala Santa Rita

Via Montanara (ad. Piazza Campitelli) Roma

Orario: 29 dicembre ore 14.00 – 21.00, 30 dicembre ore 10.30 – 20.30 e 31 dicembre ore 10.30 – 18.00

Per informazioni: telefono 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 21.00)

www.comune.roma.it/cultura

Inaugurazione giovedì 29 dicembre 2016 ore 18.00

dal 29 al 31 dicembre 2016

Ingresso libero

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Tra eutanasia e ghigliottina

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Tra eutanasia e ghigliottina

Tra eutanasia e ghigliottina” poesia tratta dal volume “Io fui mortale” scritto da Bruno Mancini con la collaborazione di Liga Sarah Lapinska, Pamela Allegretto Franz e Luciano Somma – Terza edizione – Solo 7.90 €

Tra eutanasia e ghigliottina,

Tra eutanasia e ghigliottina,
le mie sbizzarrite molecole,
tra sortilegi
avvenenti attese
improbe rincorse nella nebbia
oppure disincanti
monotone certezze
tranquille soste sulle spiagge,
le mie sfavillanti molecole,
hanno fermato il tempo all’improvviso.

E così sia.

tra-eutanasia-e-ghigliottina-spartito-1 tra-eutanasia-e-ghigliottina-spartito-2 tra-eutanasia-e-ghigliottina-spartito-3 tra-eutanasia-e-ghigliottina-spartito-4b tra-eutanasia-e-ghigliottina-spartito-5 tra-eutanasia-e-ghigliottina-spartito-6 tra-eutanasia-e-ghigliottina-spartito-7

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Io fui mortale

Io fui mortale cop ant

Io fui mortale – copertina anteriore

INTRODUZIONE

Bruno Mancini è nato a Napoli nel 1943 e risiede ad Ischia dall’età di tre anni.

Si potrebbe agevolmente iniziare e concludere la presentazione di questo volume “Io fui mortale” aggiungendo a poesia l’aggettivo “vera”, peraltro di difficile collocazione nella moltitudine di voci che si muovono incontrollate attraverso la quasi infinita prateria contenuta nel recinto della Poesia.

Oppure si potrebbe equiparare la discontinua plasticità  dei toni espressi nelle liriche proposte, con le note a volte quasi imperative ma anche effimere, fragili e fuggevoli, dei migliori spartiti di George Gershwin , oppure amalgamare le parole con le quali lo scrittore c’induce a godere per il peso di continue emozioni, con i decisi colpi di pennello con cui un grande sognatore ad occhi aperti come Paul Cézanne  immortalava scorci in apparenza anonimi di borghi e di esistenze.

E’ il tempo il suo sospiro.

Il sospiro poetico di Bruno Mancini è il tempo, che pur non mostrandosi con battiti d’ali improvvisi, s’incunea nella sua vita come un turbine entro il quale la sua anima si trova a fissare volti indefiniti, in antitesi ed in lotta contro ignoti mausolei, mentre, in assoluta autonomia, sentimenti irrefrenabili proseguono nella loro essenza, precisi e chiari, attenti a riempire ogni minimo attimo, quasi fossero regolati da un orologio svizzero.

Mancini è in una quotidiana altalena tra il suo “sono” ed il suo “voglio”, intanto che, appena un palmo sotto di lui, l’erba delle vicissitudini che sfuggono al controllo continua a muoversi pur senza trasmettergli segnali di certezze.

La turbolenta semplicità del suo porgersi in una dimensione umana e per niente fittizia nell’elaborazione culturale, induce, chi lo conosce personalmente, a spostare sempre con maggiore evidenza l’attenzione verso l’essenza della realtà esistenziale che egli esprime, piuttosto che andare incontro solo alla proiezione fantastica realizzata dai suoi versi.

Così, infine, è la sua immagine “reale” – più che la lettura delle sue poesie, più che la serie dei volumi pubblicati o degli attestati di stima ricevuti, più che tanti ricordi delle incantevoli seducenti malie proposte dalle recitazioni dei suoi versi -,  l’accattivante essenza che lascia affermare la convinzione con la quale ho iniziato ad elaborare questo articolo scrivendo di essere in presenza di un volume di “vera” poesia.

Io fui mortale

. . . . .
Libro a copertina morbida, 100 pagine
€12.00
Viene spedito in 3–5 giorni lavorativi
Ischia Poesie di Bruno Mancini
Disponibile anche come Scarica
Bruno-1

Letture dell’attrice

Lucia D'Ambra. foto Barbara

Lucia D’Ambra

Lucia D’Ambra legge la poesia -Se le tue chiavi – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Scrivo poesie – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Ora conosco – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Le ombre per vivere – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Un taglio – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Davanti al tempo – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Non rubate la mia vita – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Del dopo gioventù – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Nel manto unisono – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – La pozza, ossia l’addio – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Pericolo – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – E venne l’ora del disincanto- di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – La grande circonflessa – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Forse così va il mondo – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – La pausa – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Ristoro – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Nei boschi di castagni – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – La dominanza – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Eppure se – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Ignazia’s day – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Macroscopiche assoluzioni – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – La lista – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Ma dove sei – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Le onde orizzontali di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Dunque tu esisti – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – L’ultima rivista in voga – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – Che giunga da lontano – di Bruno Mancini

Lucia D’Ambra legge la poesia – La zingara – di Bruno Mancini

Lucia D'Ambra. foto Barbara (7)

Macroscopiche assoluzioni
per chiodi infissi nella mia coscienza,
Padre,
con benna estirpo ad una ad una
tra scricchiolanti cantilene,
e strascico avvolti
in folti fogli fitti di poesie,
Madre,
nel nostro tempo d’inutili menzogne.
Né sia truce in questi occhi non più asprigni
lo sguardo austero dei tuoi decreti,
Padre,
nel banno affisso sul muro di gomma
impiastricciato dalle mie storie fascinose,
dov’io m’illudo
in voglie e volti in veglie,
Madre,
fra dolci inganni che non sono tradimenti.
Ci sia indulgenza se non perdono
per la mano che respinge i miei sorrisi
per la mano che raccoglie le mie lacrime.
Io fui mortale.
IMG_0019a

Io fui mortale -Castello Aragonese – Immagine interna

Un taglio

Un taglio alla fune del timone
sobbalza come la trottola sulle molliche di pane.
Sfugge corda indefinita.
Movenza soffice d’ora di sole.
E’ vortice di fantasia di specchi.
Se invece sei colpevole
e mentisti
se sei colpevole
e fuggi
e verso luci te ne fuggi
ossessive,
se sei colpevole
e premi
respiri e sangue
t’annulli avvilendoti
tu mi rincontrerai
acerbi altari a lustrare
indifferenti vuoti a credere
parole a piangere
sfide a creare
curvi colori oscuri e matti a muovere
in malinconie
tossiche
più di un fumo giallo e denso.

Ed io ti parlerò
di cani e di animali
delle mie pallide albe di sconfitte
di ore mai vissute
di stelle.
Ed io ti creerò bellezze
e ti richiamerò ricordi
e la mia mente
lenti accordi espia.

 

Un taglio – A split

Traduzione di Pamela Allegretto Franz

A split at the helm’s rope
pops like the crust on bread.
The boat escapes the eternal cord
and is set gently adrift on a sunlit day
into a fantasy whirl of prismatic mirrors.
If instead you’re guilty
and lied
f you’re guilty
and flee
and toward the light you escape
obsessed,
if you’re guilty
and squash
breath and blood
cease humiliating yourself,
you’ll see me again,
undeveloped altars to glaze
frivolous indifferences to create
words to cry
challenges to conceive
warped colors dark and wild to move
downhearted
toxic
more so than a yellow and dense fog.

And I’ll speak to you
of dogs and animals
of my pale defeated dawns
of hours never lived
of stars.
And I’ll create splendors for you
and I’ll evoke memories
as my compassion
repents slowness to concede harmony.

Io fui mortale cop fin OK

Agli angoli degli occhi

Agli angoli degli occhi
sotto pigrizie amiche
prepara a morte
nostalgia.
Passa più parti
lampo di tempo indietro
indietro secoli
e sempre come sempre.
Cambia
se non adesso
a morte.
Alla viola nasce il pensiero
e posso ancora muovermi
venirti accanto
e senti la corteccia
vecchia e inutile.
Agli angoli degli occhi – All’angule ‘e ll’uocchie

Traduzione in Napoletano di Luciano Somma

 

All’angule ‘e ll’uocchie
na musciaria amica
pripara ‘a morte
nustalgia.
A cchiù parte
‘o lampo d’’o tiempo areto
areto ‘e secule
e sempe comme a sempe.
Cagna
ma no subbeto
‘a morte.
‘Nccopp’’a viola nasce ‘o penziero
me pozzo ancora movere
venì vicino
‘e senti ‘a scorza
vecchia e inutile.
Io fui mortale - Riposo - Atene
Io fui mortale – Riposo – Atene

Riempi il mio grembo

di Liga Sarah Lapinska

 

Piepildi manu klēpi
ar bezvārda zvaigznēm skarbām
ar aizmirstiem, gurdeniem vējiem
ar aizvērtām nākotnes sejām
varbūt, ka modīsies
varbūt kāds vārdā sauks
citādi-bieži man liekas
ka manis vispār vairs nav
mazliet spoguļos, pasēs, zemapziņaš
laimīgā-tas ir tik maz
citādi-tieši man liekas
ka tevis nekad nav bijis
starp pelēku, samītu granti
un sudraba zvaigznēm tālām
sai haosā, kur nav ceļu
ko neviens vēl nav izpētījis
seja, ko neredz spoguļos
adrese neatrodama
nav ceļu, un lēni iet vēji
nav ceļa, ja atgriežos.

Piepildi manu klēpi – Riempi il mio grembo

Libera interpretazione di Bruno Mancini


Riempi il mio grembo
con stelle truci,
senza nome,
con venti dimenticati e logori
e chiusi volti del futuro.
Forse si desteranno.
Forse qualcuno li chiamerà per nome.
Altrimenti,
spesso,
saprei
che sono in genere “non più”.
Un po’ di specchi, i passaporti, inconsciamente,
altrimenti,
proprio,
saprei che tu
non sei mai stato
tra griglia e calpestata ghiaia.
E le stelle d’argento, lontane.
In questa baraonda dove svaniscono i tragitti,
la faccia fugge dagli specchi,
manca la meta,
e solo i venti vanno lentamente.
E’ senza strada il mio ritorno
da te che mi riempi il grembo.

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Nel manto unisono che scioglie i tuoi silenzi
in sordi affanni della mente,
io vate,
dileggio
il fato e il nulla
e sosto sugli appigli del pudore.

Avviso intero un moto,
a tromba d’aria,
risucchio turbinoso
di apparenze terrene
mentre tu trami un ritornello,
cicala,
ti voglio.

Ancora più si spandono
tra incastri attanagliati,
nessuno sa fermarli,
contorti frammenti
di un dissennato puzzle dei sentimenti,
ma il centro è immobile.

La panchina preferita

Bruno Mancini scrittore – Bruno Mancini scrittore – Bruno Mancini scrittore – Bruno Mancini scrittore – Bruno Mancini scrittore

Intervista a Patrizia Canola

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PATRIZIA CANOLA

RACCONTA LE EMOZIONI LUNGO IL MOSAICO DELLA VITA TRA NATURA E ANIMA

Attraverso i luoghi fisici e metafisici di una natura in divenire dove il paesaggio cambia il suo volto ora mostrando atmosfere intense e rasserenanti, ora malinconiche e nostalgiche ci guida il percorso visivo ed emotivo di PATRIZIA CANOLA artista di fama internazionale, che con la sua pittura cattura in modo sorprendente i ritmi della luce nel suo riflettere le diverse atmosfere delle stagioni. 2015-07 CAMPO DI GRANO - Olio su tela 80 x 90.JPG

Nata a Milano, ma attiva in Brianza. sito privilegiato dove da forma e vita ad opere avvolgenti che raccontano dei suoni e dei bisbiglii, dei respiri e silenzi della natura, Patrizia Canola, con quarant’anni di carriera ha all’attivo numerose mostre in Italia e all’estero di grande successo. Il fascino della sua arte dove la natura è protagonista tra silenziosi paesaggi invernali con neve e ghiacciai, distese di campi di grano e fiori dalla tinte accese, ruscelli, maestosi faggi e ancora cieli a perdita d’occhio di cui colpiscono i notturni dai riflessi argentati sta nel creare una compenetrazione visivo- emotiva senza eguali riportando in superficie desideri lontani, sogni in cui sperare, invitando a guardare oltre ed interrogarsi sul senso di questa vita di cui si percepiscono i limiti.

In esclusiva per “Il Dispari” Patrizia Canola ha rilasciato un’intervista che meglio illustra il suo percorso creativo.

da sin Silvana Lazzarino e Patrizia Canola

da sin Silvana Lazzarino e Patrizia Canola

 

INTERVISTA A PATRIZIA CANOLA

Quando è nata la tua passione per la pittura?   L’ho sempre avuta fin da bambina. In prima elementare mi ricordo ancora di un disegno dove ho ricreato la piazza di Ferrara con la chiesa, il campanile e in primo piano la mia bambola con le trecce nere e il vestitino a quadretti rossi e di lato le rondini. Quando con la mia famiglia ci siamo trasferiti in Toscana a Montecatini mi è capitato una mattina poco prima del sorgere del sole di restare affascinata dalla vista di una piccola valle le cui colline sfumavano verso il rosa mentre una leggera nebbiolina accarezzava l’orizzonte. Fu in quel momento che espressi il desiderio di diventare una pittrice per poter dipingere un giorno tanta bellezza.caola-fiori-viola

Quali sono stati i tuoi studi e quali gli artisti cui hai fatto riferimento nei tuoi inizi? Dopo le Magistrali ho frequentato la Scuola di Arte Pura Applicata a Merate. Prima degli impressionisti nel mio cuore erano i Macchiaioli come Fattori, Telemaco, Signorini, ma il mio studio è partito dai classici (pittori del Trecento e del Quattrocento) visti in Toscana tra questi Luca Della Robbia.

Come nasce la scelta di riferiti ai luoghi vicini e lontani, solari e più ombreggiati di una natura sempre in divenire con l’alternarsi delle stagioni? Dal fatto di essere rimasta affascinata dai luoghi suggestivi del nostro Paese come Montecatini, Asiago, La Spezia, diversi tra loro per colori e tipologia di paesaggio, luoghi in cui sono vissuta negli anni della mia fanciullezza e adolescenza.

Come procedi nel tuo lavoro e quali le tecniche usate? Lavoro con pennello e spatola, lo schizzo serve come suggerimento per collocare i dettagli della natura come ad esempio quando ho realizzato il bozzetto per Il “Faggio del tè”.serenita-cavallo-2014

La pittura all’aria aperta, un po’ come gli Impressionisti ti ha permesso di cogliere non solo l’attimo di una data situazione, ma anche il movimento della luce nel suo filtrare lungo lo scorrere dell’acqua di un fiume, o nell’ondeggiare delle canne della palude. Quanto è importante la luce nei tuoi dipinti e che valore assume? La luce è fondamentale perché nel dipinto i colori cambiano al variare delle ore del giorno e delle stagioni, luce che definisce ogni dettaglio come per i platani che d’inverno con la neve sembrano surreali. Ho imparato a cogliere la velocità di quell’attimo in cui la luce si poggia su un preciso elemento della natura.

Alcuni critici ti hanno definita pittrice impressionista e macchiaiola. Ti ritrovi in questa definizione? A grosso modo sì. Mi piace la macchia toscana, ma a colpirmi era in particolare la pennellata degli Impressionisti. Prima ero molto ancorata ai dettagli, adesso il mio stile sta cambiando verso una descrizione più essenziale per andare al cuore delle cose.piazza-s-marco-venezia

Diversi sono i soggetti rappresentati nei tuoi dipinti durante i tuoi 40 anni di carriera: dai vari luoghi della natura tra montagne, marine, boschi, alle nature morte, da alcune piazze di città come Portofino e Venezia ai ritratti, per poi passare ai cavalli intensi nei loro movimento e ai singoli alberi con il loro microcosmo silenzioso e nostalgico. Tra questi soggetti quale quello che ti ha dato un’emozione particolare?  La sfida più grande è stata realizzare “Piazza San Marco” con le persone e definire i colori di Venezia dove dominano il verde dei tetti e il rosa delle case e delle calli, Per questo dipinto ho realizzato un disegno molto dettagliato e preciso. Un critico d’arte di fronte a “piazza San Marco” disse “piazza San Marco un dipinto da far tremare le vene e i polsi”.

Da circa sei mesi ti stai orientando verso uno stile più legato ad un pensiero metafisico dove le figure non sono più definite e dove prevalgono colori molto chiari quasi tendenti al bianco. Cosa ti ha spinto a questa scelta? Il senso e le mille domande sulla vita e su quello che accade. Sono pensieri che avverto e in quanto tali ho scelto di utilizzare un colore adatto ad un pensiero astratto come in “Va pensiero” dove ho cercato un colore chiaro.

Va pensiero

Sulla linea di “Va pensiero” è “Futuro”. Qual’ è il loro significato? In “Va Pensiero” si parla di libertà: diritto di tutti spesso da conquistare che contempla anche la libertà di pensiero, idea resa attraverso figure impercettibili allungate verso l’alto. In “Futuro” ho voluto restituire la sensazione che si sta vivendo in questo tempo dominato dai social dove sempre più l’individuo smarrisce la propria personalità. Così ho pensato all’immagine del nostro DNA scomposto ad indicare una realtà virtuale in cui si è tutti omologati nelle azioni e nei pensieri. Le due scale appena accennate indicano le possibilità che ha l’uomo di procedere verso l’alto per ritrovare le vere emozioni, o verso il basso dove è destinato ad inaridirsi. “Futuro” sintetizza il mondo attuale che si sta chiudendolo in se stesso, l’unica cosa che può salvare l’uomo è la croce appena accennata nel dipinto a simboleggiare la resurrezione. Oltre alla croce sono la stella blu simbolo dello spirito e la triade dove è Dio la cui scintilla è in ciascun individuo. E’ un appello ad un risveglio di coscienze simboleggiato dalla triade. Si tratta di dipinti che riflettono lo stato emotivo dell’uomo tra desideri di libertà, speranze, ma anche dubbi legati ad un futuro dove si rischia di perdere la propria identità se si resta chiusi nel proprio egoismo.

Tra le opere più recenti quale quella cui tieni di più e cui sei legata per un motivo particolare? “Va pensiero” dove è accennato il viaggio dell’ umanità verso il desiderio di libertà.

A parte Alba Gonzales, scultrice di fama internazionale con cui hai esposto in diverse occasioni importanti, quale tra gli artisti contemporanei quello con cui vorresti esporre e perché?

Futuro

Andrea Trisciuzzi che stimo come artista e maestro. Come artista è bellezza e sentimento nella forma più alta: le sue opere sono un piacere per gli occhi e lo spirito. Andrea è un compagno di viaggio e un maestro e persona di grande spessore.

La tua arte è poesia delle emozioni perché riesce a restituire quel battito del cuore proprio come una lirica. Tra i grandi poeti di ieri e di oggi quale quello più vicino al tuo sentire?  Pascoli perché dentro di noi è sempre presente un fanciullino. Ma in assoluto il poeta che amo più di tutti è Shakespeare per il suo raccontare la vita e per il suo essere attuale. Queste le sue parole: “….siamo il palcoscenico della vita dove siamo attori, spettatori, perché recitiamo tanti ruoli.”

Quando la tua prossima mostra? La personale a Palazzo Zenobio a Venezia da febbraio a Marzo.2017 e al mio fianco sarà anche la famosa scultrice Alba Gonzales.

Complimenti per la tua carriera luminosa e costellata di successi. Bruno Mancini e la DILA, ma anche tutta l’isola di Ischia non vedono l’ora di incontrarti. Ti aspettiamo al Museo Etnografico del Mare di Ischia con i tuoi dipinti in cui ritrovare il mosaico della vita tra bellezza verità. Bene, ne sono molto felice.

Silvana Lazzarino

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Le fotografie di Gloria Pasotti

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 LE FOTOGRAFIE DI GLORIA PASOTTI RESTITUISCONO NUOVA VITA AD OGGETTI ORDINARI RENDENDOLI STRAORDINARI

Sugli assemblaggi, sulle associazione tra diverse forme legate all’arte dove ritrovare luoghi inattesi del quotidiano che difficilmente emergono nell’ordinario di un tempo sempre uguale ruota l’interesse creativo di  GLORIA PASOTTI (Brescia,1987), giovane fotografa e artista multimediale, già nota in Italia, Francia e in Svizzera per aver partecipato a diverse esposizioni personali e collettive di grande interesse.

le fotografie di Gloria Pasotti

le fotografie di Gloria Pasotti

Al suo lavoro, sempre proiettato alla ricerca di nuove possibilità espressive, attraverso cui restituisce un nuovo modo di osservare la realtà facendo emergere l’invisibile dal visibile, il nuovo dall’abituale, è dedicata una mostra presso la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Raffaele De Grada” di San Gimignano aperta fino al 26 marzo 2017. Su iniziativa dell’Assessorato alla Cultura del Comune di San Gimignano, la mostra 40 DAY DREAM, personale di Gloria Pasotti, a cura di Elio Grazioli, rientra nell’ambito del progetto Fenice Contemporanea, realizzato nell’ambito di TOSCANA IN CONTEMPORANEA 2016.  L’obiettivo della galleria “Raffaele De Grada” che in questi ultimi anni ha ospitato mostre di grandi maestri della fotografia come Elliot Erwitt, Franco Fontana e Robert Capa, è quello di dare spazio anche a giovani e bravi fotografi come Gloria Pasotti attenta nel suo lavoro al ruolo della luce naturale e artificiale nel creare le giuste ombreggiature a caratterizzare giustapposizioni di piani e spazi dove gli oggetti si trasformano in altro da sé.

Nelle fotografie e installazioni realizzate da Gloria Pasotti emerge la ridefinizione degli spazi visti, frequentati e abitati riorganizzati secondo una visione insolita, talora spiazzante dove associa oggetti della sua vita quotidiana di diversi contesti di provenienza, riassemblandoli e restituendo ad essi una nuova funzione con cui da vita a scenari inattesi e ordini di forme sconosciuti.

L’aspetto visivo è fondamentale perché è il luogo dove ha inizio e fine la nuova interpretazione di diversi contesti reali da cui sono catturati elementi e presenze associate senza una precisa logica a ricreare come in un puzzle mondi sorprendenti e quasi avveniristici. Da qui la potenza della visione quale occasione per creare interazioni emotive dove oggetti e ambienti non usualmente associabili tra di loro, diventano possibili presenze con cui recuperare l’altra faccia di una realtà che troppo spesso fugge ad una prima e rapida occhiata.

le fotografie di Gloria Pasotti

le fotografie di Gloria Pasotti

“40 Day Dream è un viaggio fotografico attorno alla mia casa” come affermato dall’artista: un viaggio quale esplorazione in diversi luoghi e direzioni all’interno di un ambiente – quello intorno all’abitazione dell’ artista- che diventa territorio privilegiato per riscoprire quante possibilità possa offrire l’indagine dell’occhio fotografico capace di restituire nuovo respiro a quanto visto come appiattito e obsoleto. Oggetti fuori scala riempiono lo spazio sfidando la gravità a creare nuove composizioni per raccontare quanto siano infinite le possibilità con cui creare relazioni tra entità diverse e simili. Un percorso che mostrando immagini di diamanti deformati, nature morte in interni d’auto, nastri colorati legati a gambi di fiori, e ancora una biglia di vetro collocata nel cavo di un orecchio, apre a nuovi scenari del reale dove trovare le risposte agli interrogativi sul senso di questa vita in cui si consuma l’infinita dicotomia tra finzione e verità, apparire ed essere. Dietro ogni oggetto si nasconde un’infinita potenzialità di situazioni in cui ricollocarlo e ridefinirlo.

Attraverso la fotografia, Gloria Pasotti infatti anima scorci, elementi, gesti, oggetti, altrimenti invisibili nel loro essere abitudinari e circoscritti ad un determinato e predefinito contesto. Il potere della fotografia è quello di restituire nuova vita agli oggetti che si rimettono in gioco per essere presenze contestuali decontestualizzate tra memorai e tempo presente.

Silvana Lazzarino

 

SGUARDO ITALIANO 1

Gloria Pasotti 40 DAY DREAM

Galleria di Arte Moderna e Contemporanea “Raffaele De Grada”

San Gimignano – Via Folgore, 11c Orario: fino al 26 febbraio 2017  11:00 – 17:30, dal 1 al 28 marzo 10:00 – 17,30.   25 dicembre 2016 chiuso, 1 gennaio 2017 dalle 12:30 – 17:30

Fino al 26 marzo 2017

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