Programma pagina 23 Bookcity Milano 2017

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Programma pagina 23

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Aeroporto di Malpensa Terminal 1

Sala Albinoni/Info Center

10.00 BERTONE: LA MONTAGNA COME RIFUGIO Giorgio Bertone introdotto da Alessandro Gogna. Introduzione a cura di Sea e Forte di Bard

11.30 CON LA ROCCIA TRA LE MANI Dialogo tra Maurizio Zanolla in arte Manolo e Roberto Mantovani

12.30 LA CHIMERA Reading a cielo aperto del libro di Sebastiano Vassalli a cura del Forte di Bard

Programma pagina 23

MUDEC – Museo delle Culture

via Tortona, 56
Auditorium
Spazio delle culture Khaled al-Asaad
Biblioteca

Venerdì 17 Novembre

15.00 Spazio delle Culture SCRITTI DALLA CITTÀ MONDO. IL GRANDE VIAGGIO DA MILANO A KATHMANDU RIPERCORSODA UN GIORNALISTA A DISTANZA DI 40 ANNI Con Emanuele Giordana e Guido Corradi. A cura di Centro di Cultura Italia-Asia

16.30 Spazio delle Culture SCRITTI DALLA CITTÀ MONDO. IL DIVENIRE DEL PASSATO Con Giulio Calegari, Francesco Marelli e alcuni studenti dell’Accademia di Belle Arti di Brera. A cura di Fondazione Alessandro Passaré

17.30 Spazio delle Culture SCRITTI DALLA CITTÀ MONDO. FOCUS #03 EGITTO: L’EGITTO DELLA POST-RIVOLUZIONE Con Monica Macchi, Giuseppe Acconciae Chiarastella Campanini. A cura di Associazione Per i Diritti Umani

Sabato 18 Novembre

10.30 Auditorium PREMIO OTTO MILIONI 2017 Premi letterari Narrativa Con Bruno Mancini, Antonio Mencarini, Maria Luisa Neri, Guido Arbonelli, Paola Occhi, Silvana Lazzarino

10.30 Biblioteca FINO IN FONDO Con Alessandro Orfeo e Alessandra Monaco

11.00 Lab SCRITTI DALLA CITTÀ MONDO. ALL’OMBRA DI UN SOGNO NEL CUORE DELLA SAVANA Con Anna Bossi e Daniela Condorelli. A cura di Fondazione Piero e Lucille Corti

12.00 Biblioteca MILANO PIÙ SOCIALE: IL PRIMO ANNO DI VITA DI UN WEB MAGAZINE LEGATO AL DISAGIO SOCIALE Con Raffaella Ganzetti, Camilla Marinoni, Daniela Beolchi, Alessandro Marinoni, Massimiliano Focarelli, Giuseppina Pavan, Maria Chiara Verderi

13.30 Biblioteca 28 ANNI IN 24 PAGINE Con Francesco Grosso. A cura di Handicap… su la testa!

14.00 Auditorium NESSUNO PUÒ VOLARE, DAL LIBRO AL DOCUMENTARIO Con Simonetta Agnello Hornby e Alessandro Milan

14.00 Spazio delle Culture SCRITTI DALLA CITTÀ MONDO. LA LETTERATURA DELLE CITTÀ NELLA CINA CONTEMPORANEA Con Silvia Pozzi e Dino Gavinelli. A cura di Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano

15.00 Biblioteca L’ARTE RESUSCITA SEMPRE Con Duška Kovačević e Sania Lučić

15.30 Spazio delle Culture SCRITTI DALLA CITTÀ MONDO. FOCUS #03 EGITTO: ISLAM IN LOVE Con Rania Ibrahim, Paolo Luigi Branca, Shady Hamadi e Gabriella Grasso

17.00 Auditorium MONDI IN CITTÀ. CONVERSAZIONE SULLA CONSAPEVOLEZZA CIVICA
Con Elisabetta Strada, Franca Zuccoli e Marzia Pontone

17.00 Spazio delle Culture SCRITTI DALLA CITTÀ MONDO. BHUTAN. LA RUOTA DEL KARMA Con Marilia Albanese, Maurizio Gatti. A cura di ASIATEATRO

17.00 Lab SCRITTI DALLA CITTÀ MONDO. E TU CHI SEI? L’OKAPI. INTERCULTURA: PRESENTE IN NATURA! UNA STORIA DI ANIMALI CHE CI PARLA DELL’UMANITÀ Con Prashanth Cattaneo, Dino Ticli, Gianni Cella e Raymond Bahati. A cura di Associazione Centro Orientamento Educativo – COE

18.00 Biblioteca VIETNAM, LA GUERRA CHE NON FINISCE MAI Con Luca Pollini e Roberto Rizzo

18.30 Spazio delle Culture SCRITTI DALLA CITTÀ MONDO. TRAIETTORIE CELESTI: LA FANTASCIENZA CINESE SBARCA IN ITALIA Con Alessandra Lavagnino, Carlo Pagetti, Darko Suvin, Francesco Verso. A cura di Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano

19.00 Auditorium L’EUROPA DI OGGI RACCONTATA CON GLI OCCHI DEI MIGRANTI Con Kader Abdolah e Alberto Rollo

19.30 Biblioteca PAROLE IN ASCOLTO A cura dell’Associazione il Sorriso Telefono Giovani Onlus

Domenica 19 Novembre

10.30 Auditorium IDENTITÀ NEGATE Con Barbara Gabotto, Francesco Orlando e Giancarlo Cardini. A cura di Adam Vaccaro e Associazione Culturale Milanocosa

10.30 Biblioteca LE CLASSI SUPER-DIVERSE: OPPORTUNITÀ PER TUTTI A SCUOLA Con Mariangela Giusti e Anna Chiara Lugarini

11.00 Spazio delle Culture SCRITTI DALLA CITTÀ MONDO. CREATIVITÀ LETTERARIA DEI MIGRANTI IN ITALIA E LA DIDATTICA INTERCULTURALE NELLE SCUOLE Con Koffi Michel Fadonougbo, Duccio Demetrio, Raffaele Taddeo, Anna Doneda. A cura di Compagnia Africana

12.00 Biblioteca OLTRE I RETICOLATI, TRA PRESENTE E PASSATO Con Angela Giannitrapani e Andrea Lela

12.30 Auditorium CAMBIARE IL MONDO UN SORRISO ALLA VOLTA Con Mattia Bidoli

13.30 Biblioteca IL RESTAURO ARCHITETTONICO IN CENTO VOCI, OGGI Abbecedario della conservazione

14.00 Spazio delle Culture SCRITTI DALLA CITTÀ MONDO. NICU STEINHARDT E LA VOCAZIONE DELLA LIBERTÀ Con Antonio Buozzi, Donatella Ferrario, Gabriel Popescu. A cura del Centro Culturale Italo Romeno

14.30 Auditorium ACCOGLIERE I MIGRANTI. PER UNA POLITICA DELL’OSPITALITÀ Con Donatella Di Cesare, David Bidussa e Pierfrancesco Majorino

Sabato 18 Novembre

15.00 Biblioteca CONTRO I LUOGHI COMUNI DELLA POST-GLOBALIZZAZIONE Con Stefano De Matteis e Franco La Cecla

15.30 Spazio delle Culture SCRITTI DALLA CITTÀ MONDO. BUDDHISMO E BUDDHISMI Con Rossella Marangoni e Roberta Ceolin. A cura di Asiateatro

16.30 Auditorium UN GIORNO QUESTE PASSIONI TI SARANNO UTILI Con Peter Cameron e Matteo B. Bianchi

16.30 Biblioteca CHI PARLA MALE PENSA MALE: LA LINGUA COME SPECCHIO DELLA SOCIETÀ . UNA RIFLESSIONE A PIÙ VOCI SUI CLICHÉ DELLA NOSTRA CONVERSAZIONE Con Piero Dorfles, Edoardo Zuccato, Filippo La Porta

17.00 Spazio delle Culture SCRITTI DALLA CITTÀ MONDO. FOCUS #03 EGITTO: LA SCENA UNDERGROUND IN EGITTO PRIMA E DOPO LA RIVOLUZIONE Con Claudia Galal e Caterina Pucci

18.00 Biblioteca SARAVÀ. LA CHIAVE DI VOLTA Con Pier Luigi Lattuada, Bernardo Ruggiero, Simona Vigo, Alberto de Savino, BTE Circle, Alessandra Pispico

18.30 Auditorium RITI E MITI DELLE ISOLE DEL MEDITERRANEO Con Simone Perotti, Armando Massarenti e Fabio Sironi

18.30 Spazio delle Culture SCRITTI DALLA CITTÀ MONDO. I MIGRANTI ITALIANI NELLA STORIA DEL TANGO ARGENTINO Con Sabatino Annecchiarico, Angela Quacquarella e Mauro Rossi. A cura di Associazione Proficua e ANyMA TANGO

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Museo del Novecento

via Marconi, 1
Sala Conferenze

Venerdì 17 Novembre

17.30 Sala Conferenze COLORE E SUONO, UN’AFFINITÀ ELETTIVA. KANDINSKIJ, MUNARI E LE PROSPETTIVE DEL PRESENTE. Con Elena Pontiggia, Laura Trasi, Nicola Ludwig, Mintoy Puledda, Giampaolo Verga, Gabriele Nicu

Sabato 18 Novembre

11.00 Sala Conferenze SORELLE DEL CUORE Con ilvia Maria Ramasso, Rita Margaira, Anna Ferrari Scott, Elena De Los Rios Bracco, Cinzia Di Tosto, Emanuela Riganti, Teodora Trevisan, Laura Cavallo, Franca Rizzi Martini, Fiorenza Pistocchi

14.00 Sala Conferenze CARAVAGGIO: LA CANESTRA E I SUOI FRUTTI Con Fabiola Giancotti

16.00 Sala Conferenze UN MISTERO NASCOSTO PER SECOLI: CARAVAGGIO TRA LUCI E OMBRE Con Dino Falconio

18.00 Sala Conferenze MODIGLIANI E GLI ALTRI. GLI ARTISTI ITALIANI ALLA CONQUISTA DI PARIGI Con Rachele Ferrario e Roberta Scorranese

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Alle cinque della sera: Ignazio. Federigo Garcia Lorca – Bruno Mancini

Alle cinque della sera: Ignazio. Federigo Garcia Lorca – Bruno Mancini

Alle cinque della sera

Bruno Mancini

Tre quasi poesie per Ignazio

1
Ignazio fu forte
Ignazio fu bello
Ignazio fu audace
Ignazio ora è morto
Ignazio alle cinque della sera
Ignazio col toro nell’arena
Ignazio fu bello
Ignazio fu forte
Ignazio fu audace
Ignazio si nascose
dietro una muleta
mentre il toro è nell’arena
alle cinque della sera.

Beffardo
pavoneggiandosi agli occhi di…? mila
Ignazio scansò il toro.
Il toro fu bello.
Sicuro
voltandogli le spalle
Ignazio salutò la folla.
Il toro fu forte.
Dio
impugnando la spada
Ignazio impugnò la spada
il toro fu audace.

2
Ma Ignazio poteva andare
alle cinque della sera nell’arena
con un busto di ferro sotto i panni.
Semplice
faceva l’imperatore
e non rischiava di morire
tutt’al più veniva fischiato.
Ignazio era furbo.

3
E se Ignazio prende il toro per le corna
come i baldi vaccari del vecchio West?
Se nell’arena senza fronzoli
Ignazio nudo nelle sue forme scultoree
con piedi fermi e braccia avanti,
alle cinque della sera
fisso a guardare il toro tra le narici sbuffanti
nel silenzio di tomba dell’arena
– scacco d’alfiere e matto di cavallo –
Ignazio prende il toro per le corna?
Ignazio è forte
il toro è forte
Ignazio è bello
il toro è bello
Ignazio è audace
il toro è audace
Ignazio è folle.

Alle cinque della sera

Federigo Garcia Lorca Llanto por Ignacio Sanchez Mejia: alle cinque della sera

Federigo Garcia Lorca

Llanto por Ignacio Sanchez Mejia

 

LA COGIDA Y LA MUERTE

A las cinco de la tarde.
Eran las cinco en punto de la tarde.
Un niño trajo la blanca sábana
a las cinco de la tarde.
Una espuerta de cal ya prevenida
a las cinco de la tarde.
Lo demás era muerte y sólo muerte
a las cinco de la tarde.
El viento se llevó los algodones
a las cinco de la tarde.
Y el óxido sembró cristal y níquel
a las cinco de la tarde.
Ya luchan la paloma y el leopardo
a las cinco de la tarde.
Y un muslo con un asta desolada
a las cinco de la tarde.
Comenzaron 105 sones del bordón
a las cinco de la tarde.
Las campanas de arsénico y el humo
a las cinco de la tarde.
En las esquinas grupos de silencio
a las cinco de la tarde.
¡Y el toro solo corazón arriba!
a las cinco de la tarde.
Cuando el sudor de nieve fué llegando
a las cinco de la tarde,
cuando la plaza se cubrió de yodo
a las cinco de la tarde
la muerte puso huevos en la herida
a las cinco de la tarde.
A las cinco de la tarde.
A las cinco en punto e la tarde.
Un ataúd con ruedas es la cama
a las cinco de la tarde.
Huesos y flautas suenan en su oído
a las cinco de la tarde.
El toro ya mugía por su frente
a las cinco de la tarde.
El cuarto se irisaba de agonía
a las cinco de la tarde.
A lo lejos ya viene la gangrena
a las cinco de la tarde.
Trompa de lirio por las verdes ingles
a las cinco de la tarde.
Las heridas quemaban como soles
a las cinco de la tarde,
y el gentío rompía las ventanas
a las cinco de la tarde.
A las cinco de la tarde.
¡Ay, qué terribles cinco de la tarde!
¡Eran las cinco en todos los relojes!
¡Eran las cinco en sombra de la tarde!

 

LAS SANGRE DERRAMADA

¡Que no quiero verla!

Dile a la luna que venga,
que no quiero ver la sangre
de Ignacio sobre la arena.

¡Que no quiero verla!

La luna de par en par.
Caballo de nubes quietas,
y la plaza gris del sueño
con sauces en las barreras.
¡Que no quiero verla!
Que mi recuerdo se quema.
¡Avisad a los jazmines
con su blancura pequeña!

¡Que no quiero verla!
La vaca del viejo mundo
pasaba su triste lengua
sobre un hocico de sangres
derramadas en la arena,
y los toros de Guisando,
casi muerte y casi piedra,
mugieron como dos siglos
hartos de pisar la tierra.
No.
¡Que no quiero verla!

Por las gradas sube Ignacio
con toda su muerte a cuestas.
Buscaba el amanecer,
y el amanecer no era.
Busca su perfil seguro,
y el sueño lo desorienta.
Buscaba su hermoso cuerpo
y encontró su sangre abierta.
¡No me digáis que la vea!
No quiero sentir el chorro
cada vez con menos fuerza;
ese chorro que ilumina
los tendidos y se vuelca
sobre la pana y el cuero
de muchedumbre sedienta.
¡Quien me grita que me asome!
¡No me digáis que la vea!

No se cerraron sus ojos
cuando vió los cuernos cerca,
pero las madres terribles
levantaron la cabeza.
Y a través de las ganaderias,
hubo un aire de voces secretas
que gritaban a toros celestes,
mayorales de pálida niebla.
No hubo príncipe en Sevilla
que comparársele pueda,
ni espada como su espada
ni corazón tan de veras.
Corno un rio de leones
su maravillosa fuerza,
y como un torso de mármol
su dibujada prudencia.
Aire de Roma andaluza
le doraba la cabeza
donde su risa era un nardo
de sal y de inteligencia.
¡Qué gran torero en la plaza!
¡Qué gran serrano en la sierra!
¡Qué blando con las espigas!
¡Qué duro con las espuelas!
¡Qué tierno con el rocío!
¡Qué deslumbrante en la feria!
¡Qué tremendo con las últimas
banderillas de tiniebla!

Pero ya duerme sin fin.
Ya los musgos y la hierba
abren con dedos seguros
la flor de su calavera.
Y su sangre ya viene cantando:
cantando por marismas y praderas,
resbalando por cuernos ateridos,
vacilando sin alma por la niebla,
tropezando con miles de pezuñas
como una larga, oscura, triste lengua,
para formar un charco de agonía
junto al Guadalquivir de las estrellas.
¡Oh blanco muro de España!
¡Oh negro toro de la pena!
¡Oh sangre dura de Ignacio!
¡Oh ruiseñor de sus venas!
No.
¡Que no quiero verla!
Que no hay cáliz que la contenga,
que no hay golondrinas que se la beban,
no hay escarcha de luz que la enfríe,
no hay canto ni diluvio de azucenas,
no hay cristal que la cubra de plata.
No.
¡Yo no quiero verla!

 

ALMA EUSENTE

No te conoce el toro ni la higuera,
ni caballos ni hormigas de tu casa.
No te conoce el niño ni la tarde
porque te has muerto para siempre.

No te conoce el lomo de la piedra,
ni el raso negro donde te destrozas.
No te conoce tu recuerdo mudo
porque te has muerto para siempre.

El otoño vendrá con caracolas,
uva de niebla y montes agrupados,
pero nadie querrá mirar tus ojos
porque le has muerto para siempre.

Porque te has muerto para siempre,
como todos los muertos de la Tierra,
como todos los muertos que se olvidan
en un montón de perros apagados.

No te conoce nadie. No. Peró yo te canto.
Yo canto para luego tu perfil y tu gracia.
La madurez insigne de tu conocimiento.
Tu apetencia de muerte y el gusto de su boca.
La tristeza que tuvo tu valiente alegría.

Tardará mucho tiempo en nacer, si es que nace,
un andaluz tan claro, tan rico de aventura.
Yo canto su elegancia con palabras que gimen
y recuerdo una brisa triste por los olivos.

 

Federigo Garcia Lorca

Lamento per Ignacio Sanchez Mejia

 

 

IL COZZO E LA MORTE

Alle cinque della sera.
Eran le cinque in punto della sera.
Un bambino portò il lenzuolo bianco
alle cinque della sera.
Una sporta di calce già pronta
alle cinque della sera. 
Il resto era morte e solo morte
alle cinque della sera. 

Il vento portò via i cotoni
alle cinque della sera. 
E l’ossido seminò cristallo e nichel
alle cinque della sera.
Già combatton la colomba e il leopardo
alle cinque della sera.
E una coscia con un corno desolato
alle cinque della sera. 
Cominciarono i suoni di bordone
alle cinque della sera. 
Le campane d’arsenico e il fumo
alle cinque della sera. 
Negli angoli gruppi di silenzio
alle cinque della sera. 
Solo il toro ha il cuore in alto!
alle cinque della sera. 
Quando venne il sudore di neve
alle cinque della sera, 
quando l’arena si coperse di iodio
alle cinque della sera, 
la morte pose le uova nella ferita
alle cinque della sera.
Alle cinque della sera. 

Alle cinque in punto della sera.
Una bara con ruote è il letto
alle cinque della sera. 
Ossa e flauti suonano nelle sue orecchie
alle cinque della sera. 
Il toro già mugghiava dalla fronte
alle cinque della sera. 
La stanza s’iridava d’agonia
alle cinque della sera. 
Da lontano già viene la cancrena
alle cinque della sera. 
Tromba di giglio per i verdi inguini
alle cinque della sera. 
Le ferite bruciavan come soli
alle cinque della sera. 
E la folla rompeva le finestre
alle cinque della sera.
Alle cinque della sera.
Ah, che terribili cinque della sera!
Eran le cinque a tutti gli orologi!
Eran le cinque in ombra della sera!

 

IL SANGUE VERSATO

Non voglio vederlo!

Di’ alla luna che venga,
ch’io non voglio vedere il sangue
d’Ignazio sopra l’arena.

Non voglio vederlo!

La luna spalancata.
Cavallo di quiete nubi,
e l’arena grigia del sonno
con salici sullo steccato.
Non voglio vederlo!
Il mio ricordo si brucia.
Ditelo ai gelsomini
con il loro piccolo bianco!

Non voglio vederlo!
La vacca del vecchio mondo
passava la sua triste lingua
sopra un muso di sangue
sparso sopra l’arena,
e i tori di Guisando,
quasi morte e quasi pietra,
muggirono come due secoli
stanchi di batter la terra.
No.
Non voglio vederlo!

Sui gradini salì Ignazio
con tutta la sua morte addosso.
Cercava l’alba,
ma l’alba non era.
Cerca il suo dritto profilo,
e il sogno lo disorienta.
Cercava il suo bel corpo
e trovò il suo sangue aperto.
Non ditemi di vederlo!
Non voglio sentir lo zampillo
ogni volta con meno forza:
questo getto che illumina
le gradinate e si rovescia
sopra il velluto e il cuoio
della folla assetata.
Chi mi grida d’affacciarmi?
Non ditemi di vederlo!

Non si chiusero i suoi occhi
quando vide le corna vicino,
ma le madri terribili
alzarono la testa.
E dagli allevamenti
venne un vento di voci segrete
che gridavano ai tori celesti,
mandriani di pallida nebbia.
Non ci fu principe di Siviglia
da poterglisi paragonare,
né spada come la sua spada
né cuore così vero.
Come un fiume di leoni
la sua forza meravigliosa,
e come un torso di marmo
la sua armoniosa prudenza.
Aria di Roma andalusa
gli profumava la testa
dove il suo riso era un nardo
di sale e d’intelligenza.
Che gran torero nell’arena!
Che buon montanaro sulle montagne!
Così delicato con con le spighe!
Così duro con gli speroni!
Così tenero con la rugiada!
Così abbagliante nella fiera!
Così tremendo con le ultime
banderillas di tenebra!

Ma ormai dorme senza fine.
Ormai i muschi e le erbe
aprono con dita sicure
il fiore del suo teschio.
E già viene cantando il suo sangue:
cantando per maremme e praterie,
sdrucciolando sulle corna intirizzite,
vacillando senz’anima nella nebbia,
inciampando in mille zoccoli
come una lunga, scura, triste lingua,
per formare una pozza d’agonia
vicino al Guadalquivir delle stelle.
Oh, bianco muro di Spagna!
Oh, nero toro di pena!
Oh, sangue forte d’Ignazio!
Oh, usignolo delle sue vene!
No.
Non voglio vederlo!
Non v’è calice che lo contenga,
non rondini che se lo bevano,
non v’è brina di luce che lo ghiacci,
né canto né diluvio di gigli,
non v’è cristallo che lo copra d’argento.
No.
Io non voglio vederlo!!

 

ANIMA ASSENTE

Non ti conosce il toro né il fico,
né i cavalli né le formiche di casa tua.
Non ti conosce il bambino né la sera
perché sei morto per sempre.

Non ti conosce il dorso della pietra,
né il raso nero dove ti distruggi.
Non ti conosce il tuo ricordo muto
perché sei morto per sempre.

Verrà l’autunno con conchiglie,
uva di nebbia e monti aggruppati,
ma nessuno vorrà guardare i tuoi occhi
perché sei morto per sempre.

Perché sei morto per sempre,
come tutti i morti della Terra,
come tutti i morti che si scordano
in un mucchio di cani spenti.

Nessuno ti conosce. No. Ma io ti canto.
Canto per dopo il tuo profilo e la tua grazia.
L’insigne maturità della tua conoscenza.
Il tuo appetito di morte e il gusto della sua bocca.
La tristezza che ebbe la tua coraggiosa allegria.

Tarderà molto a nascere, se nasce,
un andaluso così chiaro, così ricco d’avventura.
Io canto la sua eleganza con parole che gemono
e ricordo una brezza triste negli ulivi

 

 

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Eudonna Settembre 2017 – Roberta Panizza: Adozione oltre il bel gesto

Eudonna Settembre 2017 – Roberta Panizza: Adozione oltre il bel gesto

Roberta Panizza

Eudonna Settembre 2017 - Roberta Panizza: Adozione oltre il bel gesto

Eudonna Settembre 2017

Eudonna Settembre 2017 - Roberta Panizza: Adozione oltre il bel gesto

Eudonna è una rivista trimestrale di cultura, ambiente, sociale,
turismo e associazionismo femminile, composta da 52 pagine, edita da

Il Sextante di Mariapia Ciaghi
Via Calvet 14 – 38086 Pinzolo (TN)
info@ilsextante.net
Tel. 3886315672

Prezzo di copertina 6.00 Euro
Abbonamenti 4 numeri 22-00 euro
In vendita nelle migliori librerie d’Italia.
A Ischia è acquistabile presso l’Edicola della Piazzetta San Girolamo Tel. 081984763
oppure presso l‘Associazione DILA Tel. 3914830355

Adozione oltre il bel gesto

ADOZIONE, OLTRE IL “BEL GESTO”

Uno dei commenti più diffusi che una coppia adottiva si sente rivolgere da amici e conoscenti è:”Che bel gesto avete fatto!”, emblematico del fatto che il mondo dell’adozione sia piuttosto sconosciuto dalla stragrande maggioranza di coloro che non ne fanno parte.

Chi decide di adottare non lo fa per compiere un atto di beneficenza, ma agisce mosso da potenti energie emotive ed affettive in grado di renderlo accogliente e disponibile a rispondere ai bisogni di un altro essere umano.

Tali energie, che possono comunque nascere e svilupparsi da vissuti differenti (coppie che hanno o non hanno altri figli o che li hanno persi ecc.), hanno origine in luoghi molto più profondi di quelli che generano semplici atti di generosità verso il prossimo.

Deve essere così perché l’ iter più o meno lungo che coinvolge famiglie e bambini adottati e il necessario periodo (che può anche durare anni) di assestamento dei nuovi equilibri pratici, psicologici ed affettivi, condurranno il piccolo nucleo sociale formatosi ad essere un tutt’uno, con le stesse caratteristiche di una qualsiasi famiglia, pur con la particolarità della storia che ogni bambino adottato porta con sé.

Ecco perché quando una mamma adottiva (e succede spesso), si sente rivolgere la fatidica domanda: “Ma ti chiama mamma?” la reazione più ovvia di quest’ultima è di profondo stupore.

A questo proposito desidero portare la mia testimonianza come mamma di un bambino venuto dalla Colombia.

In poche parole: dalla dichiarazione di disponibilità all’adozione, passando per l’indagine dei servizi territoriali, l’ottenimento del certificato di idoneità, la scelta di ente autorizzato e paese, fino ad arrivare al momento in cui ci è stato comunicato che eravamo adatti ad essere i genitori di quello che poi sarebbe diventato effettivamente nostro figlio, sono trascorsi sette anni.

Le tante mamme che hanno portato per nove mesi il loro figlio dentro di sé probabilmente potranno raccontare dell’incredibile mole di sogni e fantasticherie che hanno reso vivo il bambino nella loro mente molto prima che quest’ultimo nascesse.

Chiedo: quante di queste fantasticherie possono trovare posto in sette anni di attesa?

E in quale modo il protagonista di quelle fantasie può arrivare a permeare i pensieri di chi lo attende pur senza che questi’ultimo abbia la più pallida idea di quale giorno, mese o addirittura anno il destino abbia deciso come momento del loro fatidico incontro?

Ricevuta la notizia che saremmo diventati genitori, stremati ma comunque non vinti dall’interminabile attesa non eravamo consapevoli di quello che ancora ci attendeva!

Da quel giorno, per due mesi, ci siamo dovuti accontentare di conoscere solo nome ed età del nostro bambino: nient’altro, ed in più senza aver ben chiari i motivi di tutto quel silenzio protrattosi per un tempo che è parso lungo e dilaniante più dei sette anni precedenti.

Di nuovo chiedo a chi legge se riesce a farsi un’idea del lavoro di immaginazione che possono intraprendere le menti di due esseri umani che aspirano a diventare genitori, in una simile situazione.

Il fatto è che da tempo, a questo punto, il bambino che comunque ancora non ci si arrischia a definire “proprio”, è già entrato anche solo in senso figurato, nel DNA di chi lo attende, attorcigliandosi come pensiero vivo alla sue eliche, avvinghiandosi alle viscere del corpo e stringendole un po’ di più ogni secondo di ulteriore attesa.

Infine comunque è arrivato anche per noi il momento di conoscere la storia del nostro bambino, di vederlo in fotografia e di attendere (sì, ancora attendere) che ci venisse comunicata la data della partenza.

Ancora due mesi.

Lo so che mi faccio monotona, ma chiedo ancora a chi mi legge se riesce a fare il conto di quanti sospiri si possono fare guardando una fotografia e quanti baci le si possono rivolgere in due mesi!

A questo punto, conosciuta la data, esiste un solo imperativo categorico: partire! I

l cappio alle viscere si è allentato, ma ormai quel bambino ha viaggiato in lungo e in largo in ogni più nascosta cellula di corpo (e quindi mente) e se sarà dato di poterlo abbracciare la fusione totale sembra l’unica conclusione possibile di tutta la storia.

Ora forse è chiaro il senso di grottesco che può provare chi si sente rivolgere determinati commenti o domande.

Nel parlare di “fusione totale” ho detto “sembra l‘unica conclusione possibile” perché se per noi e per la stragrande maggioranza delle situazioni lo è stata, a volte succede che non vada a finire così.

Bisogna considerare il fatto che i bambini non scelgono di venire abbandonati o di trovarsi soli o in una situazione di degrado o di violenza.

Quando arrivano nella loro nuova famiglia a volte la vita li ha già messi così tanto alla prova che per loro è molto difficile fidarsi e lasciarsi andare alla soddisfazione del bisogno immateriale primario di ogni bambino: essere amato e anche amare.

Immagino questi bambini così induriti dal loro passato come in fondo ad un burrone dal quale lanciano disperati richiami per essere recuperati.

A volte il modo in cui si avvinghiano a coloro che tentano di riportarli sulla strada dell’amore sembra un tentativo di trascinare questi ultimi con sé ma chi teme di stare sbagliando tutto e che sia un’impresa impossibile arrivare al tenero di quei cuori, penso debba ricordarsi del fatto che l’amore di due genitori per i figli non ha condizioni e, facendosi aiutare dai servizi preposti, non negare mai a questi bambini o ragazzi la possibilità di vivere l’amore.

Non è facile e in alcuni casi si arriva al cosiddetto “fallimento adottivo” che, come detto riguarda una percentuale molto bassa rispetto a totale delle adozioni.

Desidero inoltre tranquillizzare chi legge e magari avesse pensato ad una adozione internazionale: i tempi di attesa non sono così lunghi come quelli che hanno coinvolto noi (al momento si aggirano, mediamente, attorno ai 43 mesi circa).

Esistono diverse variabili che influenzano questo dato, ma quella meno prevedibile è costituita dalle interferenze di chi dovrebbe fare un servizio alla società e invece sfrutta le situazioni di bisogno di soggetti deboli per lucrare o non svolge correttamente il proprio dovere, ma per questi argomenti servirebbe molto più di un articolo su una rivista.

Roberta Panizza

Vicepresidente Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA

Lettera al figlio

Ti incontro sui profili d’oro del sogno,
estate di luce, e gli occhi riempi ed il cuore
che solo per te sgrana rintocchi di cielo e parole
ma raggela in domande la stasi del suono
orrido abisso d’inascoltati dolori.

Lastricata di giorni a venire la strada
svanisce tra specchi di orizzonti
e tu sempre laggiù
nell’attesa del mio passo
certezza del cammino che la terra divora.
E s’alzano al cielo muto d’azzurro
nuvole del mio sudore tributo a te
che nel labirinto del caso
mi cerchi e non sai.

E ti dirò di quando sempre l’universo
immolava orbite su orbite agli dèi
vibrando solo un poco in fondo di tacita tristezza
ed io ribelle mi negavo all’indice del divenire
teso nello spasimo di antiche leggi ed osceno
sulle sponde del possibile a cui m’incatenava.

Ti dirò dunque.

Ma ora, Penelope strana,
dono fili di luna alla tela del tempo
e nel giorno immoto vi ricamo sorrisi
coi raggi di sole che mi raccontano il tuo volto.

(Roberta Panizza)

Ischia, Castello Aragonese – Foto Bruno Mancini

COPPIE PERCORSO CONCLUSO – 2008 2017

Associazione culturale
Da Ischia L’Arte – DILA
Via Gemito n.27 – 80077 Ischia (NA)
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www.emmegiischia.com

DILA

Rassegna fotografica Eudonna Settembre 2017

Rassegna fotografica Eudonna Settembre 2017

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Il vaccino sacro di Marcello Veneziani

Il vaccino sacro

Massimo Valente

Il vaccino sacro

Facebook 6 Settembre 2017

Il vaccino sacro di Marcello Veneziani

Dopo la Vacca Sacra degli indù venne il Vaccino Sacro dell’industria. Il vaccino è il nuovo dogma di fede del momento. Dogma di Stato, salutismo coatto. Obbligatorio, indiscutibile, non prevede obiezione di coscienza di alcun tipo.

Come ogni fede assoluta suscita le eresie e soprattutto le ribellioni atee e le diserzioni agnostiche. Scatena i fanatici del versante opposto, i No-Vax a oltranza, con tutte le narrazioni fantasy e horror che ne seguono sul web.

Finora sui vaccini ho preferito tacere, professandomi ignorante in senso socratico, non amo le semplificazioni e le dietrologie ma nemmeno gli allineamenti forzati, le dittature sanitarie.

Sul vaccino non ho certezze, non ho competenza per difenderlo e per confutarlo, non ho pregiudizi di alcun tipo. In casa non ho bambini né grillini, non ho interessi da difendere e nemmeno da colpire, vorrei solo capire per amor di verità e passione d’umanità.

E per quella benedetta malattia inguaribile che colpisce le scimmie, i filosofi e i giornalisti e si chiama curiosità.

Quando vedi che con urgenza, un’urgenza insolita per un paese prolisso e solitamente inconcludente, senza possibilità di vera e qualificata discussione, quasi fosse un segreto di Stato, con un terrorismo senza precedenti sui medici, innanzitutto, e poi sulle famiglie e gli insegnanti; quando vedi che i problemi della scuola alla riapertura si sono ridotti all’obbligo vaccinale, comincia a sorgerti qualche serio interrogativo.

Perché tutta questa fretta, questa esagerazione, questo fanatismo, vaccini o morte, vaccina o vai all’inferno?

Non farò un’asserzione sui vaccini e contro di essi, ma solo domande.

Perché insorge solo ora l‘impellenza e la necessità obbligatoria di vaccinarsi, c’è qualche epidemia, c’è qualche minaccia in corso, c’è qualche emergenza che a noi sfugge o solo quei rari casi sparati nei media, presunti e gonfiati a dismisura?

Hanno ragione gli organi sanitari di oggi che obbligano a vaccinare su quelli delle generazioni precedenti che non li prevedevano, abbiamo acquisito qualche nuova conoscenza che non divulgate per non spaventarci ma che mette in pericolo l’umanità?

Non volete farci sapere, per esempio, per ragioni di correttezza politica e timore di xenofobia, che i migranti sono portatori di malattie infettive a noi ignote o debellate da tempo e dunque tocca vaccinare i bambini?

Perché alcune malattie dette esantematiche, ritenute da sempre inevitabili, perfino benefiche, diventano di colpo da evitare e da prevenire?

È vero che a produrre il vaccino è praticamente solo un’azienda, la Glaxo Smith Kline (GSK)?

È vero o è una misera bufala che l’azienda farmaceutica avrebbe ridotto gli investimenti sulla ricerca oncologica per tuffarsi nel grande business dei vaccini, più sicuro nei profitti e più redditizio?

È vero che ha potenziato i suoi insediamenti industriali nel Granducato di Toscana o sono tutte sciocchezze sparate dagli spacciatori di fake news?

È vero che il paese leader nell’uso dei vaccini e nella presenza di aziende farmaceutiche, gli Stati Uniti, è leader in occidente nella mortalità infantile a causa di cancro, ci può essere un nesso tra le due cose?

I vaccini possono essere nocivi, come sostiene l’allarmismo opposto dei no vax, o per dirla meglio: quali sono i rischi veri comparati ai vantaggi dei vaccini e quali invece possiamo considerarli innocui nel senso che non nuocciono ma sarebbero pure superflui?

È vero che si stanno preparando altri vaccini, già ce ne sarebbero in lista d’attesa una trentina, compreso il mitico vaccino per vaccinarsi dai vaccini?

Il prossimo target dei vaccini saranno gli anziani?

Vi ricordate come finì coi vaccini per la Sars e per l’aviaria, col loro vertiginoso investimento pubblico?

È vero che la ricerca sui vaccini e sulle loro controindicazioni è affidata a centri finanziati, sostenuti, dalle stesse aziende che li producono?

Sono domande ingenue, da un miliardo di dollari, anzi di più, considerando il giro d’affari. Francamente non mi piace vivere in una società fondata sullo statalismo sanitario, sull’assistenzialismo farmaceutico obbligato, sulla paura di tutto, dall’Isis alle malattie, più relative dicerie.

A dirla tutta, non ripongo fiducia a priori e a prescindere nelle autorità sanitarie, politiche, amministrative; nella loro saggezza, nella loro onestà, nei loro curricula politici e amministrativi, nel loro ritenere prioritario interesse la salute della gente.

Mi sarei accontentato di vedere pareri e ricerche a confronto, evitando obblighi di massa, radiazioni dall’ordine dei medici, silenzio coatto.

Tutte cose che mostrano un fanatismo uguale e contrario ai no-vax. So che sul tema si scatena la rete, e ho timore a sollevare ancora la questione, ma finché non si impone un vaccino obbligatorio contro la curiosità e l’amor di verità…

Massimo Valente

La pazienza è finita

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Roma: i Musei si aprono alla musica

ROMA: UN WEEK END DI MUSICA CLASSICA E POPOLARE A PALAZZO BRASCHI E A AL MUSEO BILOTTI

Nelle sue diverse sfumature e atmosfere passando dalla classica ai ritmi popolari, dal jazz al pop a quella di strada, per arrivare alle sperimentazioni di ultima generazione, la musica ridisegna un nuovo modo per vivere e osservare con altri occhi la città di Roma.  Unica città al mondo, invidiata per il suo straordinario patrimonio storico artistico tra ville, palazzi, chiese, monumenti, residenze, giardini e molto altro, Roma trasforma i suoi spazi architettonici in incantevoli scenari per far risuonare la musica con le sue molteplici espressioni e ritmi melodici che richiamano il passato e il presente tra storia e tradizione, contemporaneo e attualità. Così musei, ville e gallerie con i loro tesori tra dipinti, sculture, reperti archeologici, deputati a

Roma Musica nei musei
Ambrogio Sparagna

mostre ed eventi, accolgono la dimensione universale della musica, ma anche della danza che rivivono in spettacoli forti e intensi fatti di gestualità, suoni e parole. Le sfumature timbriche  della musica, il movimento e la gestualità della danza entrando nei musei portano nuova vitalità in spazi dove agli eventi ordinari si accompagnano spettacoli e rappresentazioni ora complesse ora semplici di realtà e momenti legati al passato al presente in cui ritrovare rispondenze emotive tra gioie e nostalgie, speranze e delusioni. Il prossimo fine settimana del 26 e 27 agosto 2017 a Roma si potrà rivivere questa atmosfera dove protagonista sarà la musica negli spazi del MUSEO DI ROMA DI PALAZZO BRASCHI e del MUSEO CARLO BILOTTI a Villa Borghese. L’evento, promosso da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale, e organizzato da Zètema Progetto Cultura, si è avvalso della collaborazione per la programmazione di importanti istituzioni culturali cittadine tra cui: la Casa del Jazz, la Fondazione Teatro dell’Opera, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e con le Orchestre dell’Università Roma Tre e della Sapienza Università di Roma.

Serenate e cantate popolari, musica di strada e tradizionale, il 26 agosto, avvolgeranno gli spazi dello splendido Palazzo con vista su piazza Navona per offrire al pubblico romano, e non solo, una serata speciale in collaborazione con la Fondazione Musica per Roma che avrà inizio alle 20.15. Nel cortile del Museo di Palazzo Braschi ad aprire la serata sarà l’ ORCHESTRA POPOLARE ITALIANA DI AMBROGIO SPARAGNA formata da Cristiano Califano, Valentina Ferraiuolo, Clara Graziano, Raffaello Simeoni, Erasmo Treglia, Giordano Treglia che con “Voci all’aria”, presenterà un programma dedicato alla musica e alla cantata popolare, per raccontare le occasioni e le forme della musica contadina in particolare dell’area dell’Italia centrale. Segue alle ore 21 e alle 22 nel Salone d’Onore la FAMIGLIA MARAVIGLIA (con Erasmo Treglia, Clara Graziano, Giordano Treglia, Arianna Colantoni) che si esibirà in un “Folk Palindromo”, un viaggio “familiare” tra la musica di strada e quella di corte con brani originali tradizionali italiani che riecheggiano il viaggio, le serenate, le feste popolari del Belpaese; mentre alle 21.30 e alle 22.30 RAFFAELLO SIMEONI, grande chansonnier dalla Sabina, negli spazi del cortile, dedicherà il suo spettacolo, “Mater Sabina”, alle liriche della sua terra, ricca di tradizioni e misticismo. Al MUSEO  CARLO BILOTTI il 27 agosto nell’ambito della rassegna “Pianoforte in festival all’Aranciera di Villa Borghese: giovani artisti per grandi repertori” in collaborazione con Roma Tre Orchestra, sarà protagonista la grande musica classica con il concerto gratuito che si terrà alle ore 11.00 presso l’Aranciera. Si potranno ascoltare, interpretati dal pianista Jacopo Feresin brani esemplificativi della storia del pianoforte: la “Sonata in re maggiore n. 6 op. 25” di Clementi, “il valzer 16 op. 39” di Brahms e “la Rapsodia in blu” di Gershwin.

Silvana Lazzarino

 

NEL WEEK-END L’ARTE SI ANIMA

    ORCHESTRA POPOLARE ITALIANA DI AMBROGIO SPARAGNA

    FAMIGLIA MARAVIGLIA

Museo di Palazzo Braschi di Roma

Ingresso da Piazza Navona, 2 e da Piazza San Pantaleo, 10 – 00186 Roma

aperti ogni sabato dalle 20 alle 24 (ultimo ingresso ore 23)

sabato 26 agosto 2017 dalle ore 20.15

Costo simbolico di 1 Euro con cui si può visitare mostra “Piranesi. La fabbrica dell’utopia”.

JACOPO FERESIN AL PIANOFORTE

Aranciera di Villa Borghese- Museo Bilotti

Domenica 27 agosto 2017 dalle ore 11.00

Ingresso gratuito, Informazioni: Tel 060608, www.museiincomuneroma.it

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