GISELA JOSEFINA MONTILLA LÓPEZ

GISELA – LA PERSONA

Donna caratterizzata da una cospicua varietà e pluralità d’interessi, nonché da eccezionali abilità.
Questa, sinteticamente, è l’incantevole Gisela Josefina Montilla López.
Cantante e lei stessa autrice dei suoi testi, danzatrice, annunciatrice, poetessa, scrittrice.
Personaggio eclettico dall’animo idealista, sentimentale, caloroso.
Talora una striatura di velata tristezza, flebilmente, struggentemente, intarsia il suo viso.
Chissà, il rimpianto per ciò che è trascorso e lontano, per le sue orgogliose radici, per la madrepatria, per il suo Venezuela.
Il rapporto sentimentale con le sue tradizioni natie è assai consistente, ben radicato, estremamente palese.
In realtà è un amore, un sentimento incommensurabile.
Il soffio vitale di Gisela profuma di emotiva sensibilità, intenso impulso amoroso, riguardosa considerazione per la vita, serena tolleranza.
Ipersensibile, non di rado le capita di sciogliersi in lacrime al cospetto della bellezza del Creato, di un’opera d’Arte, di un bambino che soffre.
Ovunque passi, Josefina lascia spumeggianti scie d’Amore.
Questa encomiabile Donna è un perpetuum mobile, non sta mai ferma.
È indefessamente impegnata nella Cultura, nel sociale, nella solidarietà, in tutto ciò che possa agevolare l’amicizia, la comprensione fra i popoli.
Il suo bon ton, coeso con la sua armonia e il suo dolce sorriso, è un istintivo passe-partout, vincente nei rapporti umani.
Gisela è una fucina di genialità, di creatività.
Lei ama l’esistenza e la sua incrollabile fede le ha permesso, le permette di superare i momenti più foschi.
La Venezuelana confida decisamente nelle virtù umane, in assenza delle quali non è dato esigere dal prossimo né amore né considerazione.
Spontaneità e senso della vita sono sostanziali per lei.
È idealista, riformatrice, innamorata dell’onestà e generosa.
La Montilla Lopez, incomparabile ed emancipata, predilige essere interprete della ribalta, tuttavia incessantemente indipendente.
Ha una forma mentis estesa, equilibrata, innovatrice, imparziale.

GISELA IN POESIA

Per Gisela la poesia è un elisir di lunga vita.
È la panacea universale quando il suo cuore stilla rosso dolore, un dolore terebrante inciso dalle parole che dilaniano, dagli oblii che centrifugano alla volta del baratro.
L’Artista venezuelana ha un intimo sole, ogni volta un sorriso avvincente, desiderio di una società migliore, di un’umanità più fiorente che mai, con le sue passionalità, festosità e serenità.
Lei è una creativa fuori dall’ordinario che riesce a convertire in poesia qualsiasi cosa che vede e reputa stimolante, come il riflusso di un’onda, le stelle, la linea del tramonto.
Nella sua poetica infonde amore, audacia.
La Caraibica si aderge di frequente nell’universo delle sue idee, e si riscatta in evoluzioni mentali, proiettando aneliti intensi e, ciononostante, ciò che la delinea travolgente e ottimista, è il ritorno sulla terraferma, tra gli Umani.
Ed eccola lì, a spargere tracce, nel modo in cui, dentro di lei, il tempo andato ha cesellato icastiche orme che nessuno potrà, in nessun caso, più eliminare.
Josefina è poetessa dall’espressione ultraterrena, ardente, emotiva, avvincente e affascinante, come lo sguardo delle donne del suo Venezuela, di quelle donne che sono l’autentico brand della gradevolezza, della festosità, della gentilezza.
La Lopez è la poetessa dell’inquietudine, del desiderio non compiuto, rimasto immobile, brumoso, come lei stessa versifica ne “L’universo siamo noi”, laddove comunica che la sua anima ancestrale transita su tutto il suo corpo, blandendo l’aria che respira, quando afferma, romanticamente e utopisticamente, che un arcobaleno possa inglobare un intero universo.
Le sue mani, prosegue, sono le impronte di una storia che fu.
Mare, Terra, Aria, sono una congiunzione fatale che colpisce con lo stiletto del desiderio appannato, per comprendere tutto ciò che le gravita all’intorno ed essere in grado di andare oltre quel che fu, che è e che sarà.
Gisela intuisce, auspicabilmente in un transitorio nichilismo, l’inefficacia della contesa (patente è il riferimento all’attuale situazione politica in Venezuela), poiché il vulnus resterà eternamente nella sua mente celeste, che la lambirà, ogni volta, per elargirle un po’ d’amore, buon senso e fantasioso tormento.
La poesia, per Gisela, è anche un potente strumento di denuncia della violenza sulla donna, troppo spesso martire di menti aberranti.

“MI HA VIOLATO”

Canta, o dea, l’ira d’Achille Pelide,
rovinosa, che infiniti dolori inflisse agli Achei,
gettò in preda all’Ade molte vite gagliarde d’eroi,
ne fece bottino dei cani, di tutti gli uccelli
– consiglio di Zeus si compiva – da quando prima si divisero
contendendo l’Atride signore d’eroi e Achille glorioso.
Ma chi fra gli dèi li fece lottare in contesa?

È l’invocazione con cui il poeta Omero chiede a Calliope di dargli la forza per narrare i fatti raccontati nel poema.
Calliope, la musa ispiratrice della poesia epica.
Poesia epica, ovvero dell’epos, della narrazione poetica di gesta eroiche.
E si direbbe che sia proprio la musa Calliope a dare la forza a Gisela Josefina, per concepire, per scrivere, per narrare il doloroso eroismo della protagonista della poesia:

“MI HA VIOLATO”

Allontanati da me, lasciami respirare.
Sei la fine di un orizzonte,
sei un destino senza futuro,
sei un tunnel senza uscita.

Esci da me.
Amore falso e ambiguo, parole che feriscono.
Un colpo, uno e un altro.
Manipolazione delle parole.

Esci da me.
Sei la spada che trafigge il futuro,
sei una pietra che fa male senza pietà.
Sei inconscio, sei immaturo,
sei la morte a guardarti in faccia.

Esci da me.
Un colpo, un altro e un altro.
Le preghiere sono congelate,
i sogni non si realizzano,
le speranze sono svanite.
Un colpo, uno e un altro.
Io non esisto per te.
La mia anima sanguina,
davanti al dolore impresso sul mio corpo.

Esci da me.
Le mie cicatrici parlano da sole.
Guardo il futuro, guardo il mio corpo nudo.
Ogni parte di me ha un dolore disegnato.
Cerco di nascondere le prove, truccandomi.

Esci da me.
Fingi spudoratamente
falsità di parole intelligenti.
Esci da me.
Oggi la mia voce vuole gridare: basta, basta…
ma non possono sentirmi,
perché piangono intorno a me.

È una commovente lirica di censura della violenza sessuale.
Versi che espongono un argomento che attualmente assilla e amareggia la società:
gli abusi sulle donne, martiri inermi di brutali follie.
La donna è un essere meraviglioso, naturalmente ben disposta ad amare.
La donna dà l’impressione di essere fragile, ma è perseverante, particolarmente in amore.
Questa creatura non dovrebbe in nessun caso essere sottoposta ad abuso, segnatamente dalla persona che ama, da quel soggetto con cui tutto condivide, in cui qualsiasi sogno ha riposto.
Violarla è l’andare in pezzi di quei sogni, è il trapasso di qualsiasi aspettativa, è gioia sbriciolata in angoscia, è amarezza.
Nondimeno lei persevera nel nutrire emozioni favorevoli nei confronti del suo aguzzino, fino all’afflato finale.
È questa una poesia epifanica del conflitto intimo della vittima, il suo crudele, umano dolore, il suo tormento.
La Musa dei Caraibi raggiunge con delicatezza e nitidezza le trepidazioni umane più impenetrabili e dilanianti, la reclusione e la sensazione di vacuità dell’anima della vittima.
Gisela conduce il lettore nelle tortuosità di uno degli aspetti più complessi del malessere della società attuale.
“MI HA VIOLATO” produce un’eco per tutte quelle donne che sperimentano un patimento analogo.
La poetessa padroneggia una tecnica espressiva in cui cadenza e armonia si amalgamano a meraviglia, tanto da delineare versi scanditi ed elegantemente musicali.
Versi scanditi sui battiti del cuore.

GISELA NELLA PROSA

Nel presente testo la letterata venezuelana, Gisela Josefina Mantilla Lopez, con istintiva, irriflessa disinvoltura, esterna incondizionatamente, assolutamente, la propria, intima emotività nei confronti di quei martiri, escludendo qualsiasi distinzione di sesso, che hanno subito abusi, efferatezze, tanto nelle facoltà intellettive quanto nella sovranità del proprio corpo.
Gisela definisce questa storia “una piccola storia”, dal momento che raccoglie, in forma sintetica, un avvenimento a tal punto intollerabile per un essere umano, che la facoltà di giudizio e la sensibilità dell’autrice hanno preferito cassare qualsiasi minuta circostanza che fosse stata in grado di provocare un profondo turbamento nell’emozionalità del pubblico.
Questa “piccola storia” assume successivamente la forma, la struttura di una “grande storia”, considerando che è una hot topic che, epocalmente, persiste nella falcidia di vittime, che crescono in numero ogni giorno, con una deturpazione spirituale, con un oltraggio psichico che non consentono loro di sopravvivere.
Tanti individui (uomini, donne e bambini) hanno lasciato questa vita in assenza di qualsiasi loro dichiarazione di validità giuridica o storica in merito, un quid appropriato ad attenuare ad memoriam questo loro dolore, ma eternamente catturato dall’oblio.
L’autrice mette in inchiostro, comunica con radicale, eccezionale franchezza, identificandosi in quella ragazzina ferinamente depredata del suo candido giglio, delle sue fantasie che ancor non conoscono il male, dei suoi balocchi.
E ancora, l’autrice si identifica in quella ragazzina che adesso alza il tono della voce per farsi sentire, per denunciare la sua turpe vicenda.
La scrittrice amorevolmente, sensibilmente auspica che qualcosa prenda l’aire e raggiunga l’emotività del genere umano, a volte ignaro, a volte dolosamente, ignobilmente sordo.
Gisela anela appassionatamente che alcune cose migliorino nelle persone, sotto l’aspetto morale e spirituale, fino a consentire ai cuori di aprirsi alla solidarietà e all’ottimismo, abiurando il tassello empio del mosaico umano e lasciandolo cadere, irrevocabilmente, nell’insondabile oblio di quelle tenebre in cui, per nessuno, sia più possibile recuperarlo.
“Sono stata violentata” di Gisela Josefina Montilla Lopez, è una storia che si distingue per la sua essenziale chiarezza, originalità, attenzione e intensità.
La scrittura è fluente e definita, la psicologia è esauriente, qualsiasi vocabolo è ben collocato, l’insieme è narrato con eleganza emotiva, efficace e possente.
È una storia vibrante, intimamente impressionante che non può e non deve lasciare indifferenti.

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NAUSICAA di Milena Petrarca

NAUSICAA

PERSONALE RIFLESSIONE DI MAURO MONTACCHIESI
*
Quinto Orazio Flacco autorizza poeti e pittori a tutto osare.
“Pictoribus atque poetis; quidlibet audendi semper fuit aequa potestas”.
Il Venosino sostiene che non si devono tarpare le ali né al genio lirico né alla vena pittorica.
(Orazio Ars poetica, v. 10)

Milena Petrarca è perfetta, eccelsa ipostasi di questo postulato oraziano, poiché fastosa demiurga di entrambe le Arti.
Un epifanico paradigma, di questo suo straordinario magistero, è fornito dalla sua “Nausicaa”, sia con un dipinto dai colori delicati ed equilibratamente distribuiti sia con una poesia epigrafica, ma densamente, vibrantemente eloquente.
Nausicaa è un nome che discende dal greco ‘Nausikaa’, che richiama alla memoria la figlia di Alcinoo, conosciuta da Ulisse nell’Odissea.
La Nausicaa del dipinto, nonostante la nudità, comunica una certa riservatezza, sentimentalismo, delicatezza, grazia, coinvolgente passione.
Altresì, la protagonista della tela, oltre a suggestione e spiritualità, promana sapiosessualità, ovvero seduzione fisica ed erotica, inscindibile dall’empatia cerebrale, dal particolare richiamo per la saggezza, per l’etica dell’altra persona.
Milena Petrarca traspone il dipinto in poesia.

“Nausicaa” è come una farfalla in volo”:
La resurrezione, la metamorfosi in divenire dell’Artista, le sue aspettative e il suo ardimento, ma addirittura la sua consapevolezza a proposito della caducità dei giorni fortunati.

“I suoi capelli sono Cascate di luce”:
I suoi capelli:
La sua capacità di rigenerarsi.

“Sono cascate”:
Interruzione dell’immobilismo, dinamismo in direzione di un destino permeato di ottimi risultati.
Un presentimento fausto, che postula il passaggio dalla preoccupazione e dalla monotonia, al desiderio di esistere e cimentarsi nelle diverse circostanze che l’esistenza propone.
Disponibilità alla volta di un futuro differente, incentivo a scuotersi e a dare un significato alla personale esistenza.

“Di luce”:
L’Artista sta conquistando eccezionali traguardi di coscienza e armonia.

“Nausicaa è una Fanciulla Eterea”:
L’etere, ovvero l’aura, il cielo, l’etra, la volta celeste.
E una gradazione di celeste, insieme alla luce dei capelli e a tratti d’incarnato, è armonicamente predominante sulla tela.
Aristotele presumeva che l’etere fosse eterno, inalterabile.
Appunto per l’eternità e la staticità dell’etere, il cosmo veniva contemplato come luogo d’invariabilità, in opposizione alla Terra, luogo di costante metamorfosi.
La fanciulla eterea, un subliminale anelito dell’Artista di eternità cosmica.
La fanciulla eterea, a occhi chiusi, fa immaginare, fa affiorare diverse sfaccettature intime dell’Artista, della sua personalità, che trascendono cospicuamente la conoscenza del corpo.
È l’hic et nunc dell’Artista, il suo esistenzialismo nell’attimo in cui l’opera è eseguita, è l’istantanea, o meglio il dipinto di un frammento della sua vita.

“Un Sogno”:
L’Artista cerca di difendersi dai messaggi che le arrivano dall’inconscio.
Un inconscio che talora grida dolore, stanchezza, necessità di una pausa, ma che si tende a ignorare, presi dall’entusiasmo di creare, di fare.

“Un Bocciolo di rosa”:
Bisogno di sentimenti, tenerezza, sincerità.

“Nausicaa si erge Dolcemente
E si affaccia
Alla vita
Come una farfalla in volo”:
È la crisalide, invero, che si affaccia alla vita.
La farfalla, in questo caso, è la fanciulla che diviene adulta.
La crisalide è il divenire ineluttabile, con i suoi cambiamenti.
Positivi? Negativi?
Faber est suae quisque fortunae:
Ciascuno è artefice della propria sorte.
Trito aforisma con cui Appio Claudio Cieco asseriva che per l’essere umano
sono più determinanti la decisione e l’agire, piuttosto che l’incidenza del fato.

L’estetica pittorica di quest’opera si dipana all’interno di struggenti campiture cromatiche, diversità emozionali e tonali perfezionate con naturale e autentica tensione dinamica, con eccezionale tecnica figurativa.
Il tratto di pennello è leggero, è soffice, come pure il rapporto luce – colore, che icasticamente riverbera sulle impressioni intercettate dall’osservatore.

La lirica, nella sua profondità concettuale, è sontuosamente coerente nella sua gioiosa, entusiastica espressività, nella sua squisitezza di sentimenti, nel suo euritmico, impareggiabile splendore.

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AMICO ROM

AMICO ROM

Testo di Angela Maria Tiberi


Critica di Mauro Montacchiesi


*
Nell’etra sinestetica della musica arabeggiante, del sentimento di malinconia di un languido, gitano flamenco, Angela Maria Tiberi ci conduce in una dimensione metafisica, dove regnano sogni e desideri, pace e libertà. Una dimensione dove non esistono odio e barriere, ma forte pulsa, sovrano, l’Amore. La poetessa, con immanente sensibilità estetica, liricamente interloquisce con un fantastico Rom:
Rom, dallo zingaro, significa “Uomo”.
Zingaro, dal greco medievale Ατσιγγάνος, Atsínganos, significa “intoccabile”.
La comunità onesta è quella dove nessun uomo sbrana un altro uomo,
(Lupus est homo homini, non homo – Plauto, Asinaria, a. II, sc. IV, v. 495)
bensì lo considera nel modo in cui si considera un’entità divina
(Homo homini Deus – Spinoza).
Una gnome dagli accenti nichilistici con cui Plauto, nell’Asinaria, evidenzia l’egoismo umano. A Plauto, nel 1642, fa eco il De Cive, di Thomas Hobbes, in cui il un filosofo britannico, antesignano del Giuspositivismo (propedeutico al moderno Diritto Internazionale), afferma che l’essenza umana è principalmente individualistica e, a originare le azioni dell’uomo, sono esclusivamente l’impulso di sopravvivenza e quello di prepotenza. A Plauto, tuttavia, rispose in contemporanea Cecilio Stazio, di ben altra idea:
“Homo homini Deus est” “L’Uomo è un dio per un altro uomo”, nel senso che deve essere rispettato.
La poetessa magistralmente ricorre alla προσωποποιία, alla prosopopea greca:
(Figura retorica per cui si introducono a parlare persone assenti) per enunciare un sentimento proprio:

Non distingue l’uomo dal colore della pelle,
sorride a chi gli sbatte le porte,
non vuole sentire parole d’amore.
(da: Amico Rom)

Straordinaria “Ebony and Ivory” una vecchia canzone di Paul McCartney:

Ebony and ivory live together in perfect harmony.
Side by side on my piano keyboard, oh Lord, why don’t we?
We all know that people are the same wherever you go
There is good and bad in ev’ryone
We learn to live when we learn to give
Each other what we need to survive, together alive

Ebano e avorio convivono in perfetta armonia
fianco a fianco sulla mia tastiera del pianoforte,
oh Signore, perché noi no?
Sappiamo tutti che le persone sono le stesse ovunque tu vada.
C’è del bene e del male in ognuno.
Impariamo a vivere, quando impariamo a darci a vicenda,
ciò di cui abbiamo bisogno per sopravvivere, insieme, vivi.

Un’apoteosi della pace, della non violenza, dell’amore e della fratellanza, un’implicita denuncia contro il razzismo, questa è la sintesi essenziale della straordinaria lirica, “Amico Rom”, composta dalla sensibilissima poetessa Angela Maria Tiberi. Un messaggio universale che invita all’uguaglianza, al rispetto delle tradizioni altrui, all’esame di coscienza. Un messaggio che fluisce nella metafisica di un auspicabile mondo migliore.
*
All rights belong to its author. It was published on e-Stories.org by demand of Mauro Montacchiesi.

Published on e-Stories.org on 08.05.2022.

 

https://it.e-stories.org/read-stories.php?&sto=16163

PAGINA PERSONALE DI MAURO MONTACCHIESI

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ANGELA MARIA TIBERI POETESSA E SCRITTRICE

SINTESI ESTETICA

“Nessuno nasce odiando i propri simili a causa della razza,
della religione o della classe alla quale appartengono.
Gli uomini imparano a odiare, e se possono imparare a odiare,                                              
possono anche imparare ad amare, perché l’amore,
per il cuore umano, è più naturale dell’odio.”

(Nelson Mandela)

*

AMT è improntata alla spontanea cordialità, all’intima coesione con l’universo esteriore. Dispone di una considerevole disinvoltura nei rapporti pubblici e ha esigenza di concordia, di pacifica esistenza. L’ambito passionale ha una possente preponderanza nella sua esistenza e, in realtà, lei si contraddistingue per emotività e sentimentalismo. È una Donna di rilevante volontà, di enorme ordine, di acume brillante contrassegnato da accentuato senso valutativo, profondo. AMT ha necessità di comprendere radicalmente sé stessa e le proprie possibilità; elargisce con liberalità ed entusiasmo; si nutre di fervori che coinvolgono gli altri e si distingue per irrimediabile positività. È una Signora autonoma, ricercata edonista di consistente raffinatezza artistica. Di frequente si rende conto di avere percezioni extrasensoriali. La latinense, stimolata dalle nobili cause, è assai munifica. Pur se non sono rari i suoi tourbillon interiori, si manifesta bilanciata, dotata di aplomb. Giovane ragazza dall’accentuato pragmatismo, per un certo periodo è vissuta in una turris eburnea, inconsapevolmente auto edificata, frenando così l’espressione della sua affettività più vera, più profonda. A un certo punto della sua vita, nondimeno, ha compreso che era divenuto inderogabile abiurare l’edonismo, con una conseguente crescita spirituale. Artista dotata d’iperrecettività e colma di tenerezza per il genere umano, AMT si manifesta apertamente con le sue liriche, si presenta lei stessa come un componimento poetico in cui si celebra l’amore, similmente a una soave brezza che blandisce il cuore, in direzione di un abbraccio universale. Angela Maria è moderna trobadorica che innalza struggenti liriche d’amore nell’universo attuale che sembra, sempre più, discostarsi da questo inclito sentimento, fino a farne un’obliata rosa fané. La Nostra ama l’intero universo. Il suo amore non conosce distinzione di classe. In quanto essere umano, lei stessa anela all’amore e il suo cuore potentemente ne effonde le note, in una musicalità lirica debordante. L’estetica tiberiana postula un amore senza confini, un amore in cui intravede la soteriologia del genere umano, la sua emancipazione dal male. Una poetessa, delicata e altruista, che totalmente dispensa la sua naturale e autentica arte poetica. Dalle sue liriche risplendono emotività e bontà. L’eloquenza della sua estetica, la concretezza per l’argomento esposto, saldata alla causa del sentimento, hanno enfatizzato l’attualità della sua letteratura. La Musa Erato ha successo nel far coesistere un’intensa sintesi di aspetti e l’energia dell’estro lirico. Da questo magistero artistico traggono origine poesie nelle quali le incessanti edificazioni di similitudini, le connessioni e le coincidenze tra coscienza e istinto, cesellano una configurazione descrittivo – lessicale toccante, a cagione di una pluralità di tormenti spirituali. Ammirevole e originale, la sua è una vena lirica che, con la propria luce, irradia i più suscettibili di emozioni, in quanto mette in circolazione malinconici ritmi (La Musa Calliope) che fanno insorgere trepidazioni e determinano le condizioni per considerare con attenzione le sue problematiche, dense di passionale affetto, d’istintivo coraggio. In una realtà attuale, troppo spesso legata alle necessità pratiche, ai bisogni quotidiani, al materialismo gretto e banale, mancante di sensibilità e di valori morali, la Letteratura di AMT si presenta come volano di autoanalisi collettiva. Meritano l’encomio, la sua audacia, la sua energia e la sua tetragona fede nell’individuo. L’autrice profonde un tenace lavoro a beneficio dei più fragili. È lodevole per la sua copiosissima elaborazione di componimenti che esprimono considerevole liberalità nel veicolare ad altri, dottrina e riflessioni. Il suo sostegno a favore dell’umanità ha successo nell’antagonizzare profonde avversioni, acredini e ghettizzazioni, rendendo sicuro un domani di armonia tra le genti. Un carme innalzato al bene e alla fratellanza: così si mostra questo suo interpretare l’esistenza. Dai suoi contenuti estetici, di frequente, si rende riconoscibile il germoglio di una ispirazione sensibilmente etica, incline all’assoluto. Energica, efficace e amabile, AMT talvolta richiama l’attenzione sull’incoraggiamento morale a favore dell’equità, della fratellanza, in assistenza ai ceti più fragili. Soggettivo od oggettivo, il suo lirismo fluisce continuamente appassionante, depurato, accattivante! Quest’Artista, dotata di palese perspicacia, si impone delle fugaci, ma frequenti soste, con incisiva efficacia comunicativa, su talune considerazioni panoramiche di un’aspramente avversa, tangibile oggettività, mettendo in risalto un magistero linguistico icastico della sua concezione lirica. La poesia si trasforma in esistenza concreta. La vita trascorsa, la vita in divenire, si fondono tra i meandri lirici della poetessa, riflettendo l’istanza di un mondo interiore che vuole librarsi nella luce. AMT, in virtù di una dialettica fruibile, è fautrice ardente e convinta di universali, archetipici, umani aneliti. Nella sua letteratura in senso lato, poesia e prosa, come co-interprete si presenta la situazione contingente di coloro i quali, abbacinati dall’utopia, sprofondano nel baratro di uno sterile velleitarismo esistenziale.

Facilis descensus Averno:
noctes atque dies patet atri ianua Ditis;
sed revocare gradum superasque
evadere ad auras, hoc opus, hic labor est.

Scendere agli Inferi è facile:
la porta di Dite è aperta notte e giorno;
ma risalire i gradini e tornare a vedere il cielo,
qui sta il difficile, qui la vera fatica.

(Eneide, VI, 126-129)

Diretta conseguenza è una dolorosa presa di coscienza del proprio fallimento, che postula un ritorno agli antichi valori del focolare domestico, inequivocabile baluardo contro l’emarginazione sociale. La famiglia e le tradizioni rivestono considerevole rilievo nelle meditazioni di AMT. Tra le persone per lei piuttosto fondamentali: il nonno paterno, i genitori, il marito, il nipote. Ecologista e animalista, essenziale è il suo amore sia per la flora sia per la fauna. La Letteratura di AMT si rivolge alla sensibilità di qualsiasi essere umano. Si inabissa nei penetrali più imi e contorti dell’animo individuale e lo inquisisce, mettendolo davanti a sé stesso, alle sue gioie e ai suoi dolori, ai suoi pregi e ai suoi difetti. AMT è un’anima traspositrice in idilliaca dimensione aliena, laddove, romanticamente, la ϕιλία «amore, amicizia» è un aulicamente inscindibile, trascendentale unicum universale.

“All’unione di due anime costanti io mai porrò impedimenti.
Amore non è amore se muta quando scopre
un mutamento o tende a svanire quando l’altro si allontana.
Oh no! Amore è un faro, sempre fisso che sovrasta
la tempesta e non vacilla mai.
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma, impavido, resiste al giorno estremo del giudizio;
se questo è errore e mi sarà provato,
io non avrò mai scritto e nessuno ha mai amato.”

(versi tratti dal sonetto n° 116)
WILLIAM SHAKESPEARE

MAURO MONTACCHIESI

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