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Carla Rugger

Italia

“Segni” di Bruno Mancini

Ho letto il libro di poesia di Bruno Mancini “Segni”, e sono rimasta sconvolta, in bene naturalmente, attratta dalla lirica “Tre quasi poesie per Ignazio”… ma altre mi hanno incuriosito per una loro stranezza e per quel filo invisibile che è la sua poetica più espressiva.

Si discosta per il suo linguaggio, si fa metafora, o linguaggio di chiusura in cui vi è sempre un codice da interpretare, svelare, di una luce che abbagli all’improvviso, un turbamento iniziale che ha spiragli inconsueti nella memoria che non inganna.

La Poesia diventa ed è dramma, attraversa la Storia umana in cui donarci speranza e illusione.

Il Poeta percepisce voci e sussurri, si accorge di ciò che altri non s’accorgono.

Ebbene, del resto, la Poesia apre varchi infiniti alla coscienza dell’uomo.

Nulla placa le ansie del futuro ma rivela, ed è una rivelazione basata non solo sulla ragione ma sopratutto sul sentimento che tutto vivifica ed esalta.

Il cammino del Poeta Bruno Mancini è rivolto anche verso l’inconoscibile, un senso di mistero lo avvolge, il ritmo del suo linguaggio spesso gli è sconosciuto, si trasforma in azione incisiva e ardente.

Ma la sua Poesia non dovrà essere descrittiva perché la Poesia non dice – intuisce la profondità dell’anima, della natura e delle cose, si fa tutt’uno con il mondo.

La lirica “Segni” che da il titolo al libro è molto bella, e mi viene da aggiungere al verso “Canto elegiaco, Canto di mare” la mia elegia “Canto del Poeta Bruno Mancini”.

 

SEGNI

 

Rendimi pari desideri e sbagli:
è alle acque il sogno.

 

Sbattono soli su scogliere
in fiamme.

 

Rompono stasi,
squadrano paesi,
traguardi di vicoli e ghetti
di stagni e di betulle,
“Curvi i bambini a leggere le sabbie”

.

Svolgiti,
arrenditi.

 

Altro è sudare
altro è sommergersi.

 

Battono onde su scogliere
ruvide.

 

Non siamo stati insieme
lungo la Senna
– sui monti della follia –
a passo di Tamigi
– in anni di malinconia –
alla foce dell’Arno

– d’autunno -.

 

Canto elegiaco
canto di mare.

 

 

Carla Rugger

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Milena Petrarca

Italia

IL QUADRO RIVELATO.

Bruno Ricci Guzzo è proprietario di un dipinto Meraviglioso un Cristo dagli occhi d’Angelo, una rivelazione, una magia, una mia scoperta che ha catturato il mio cuore.

Questo dipinto attraverso studi e grandi ricerche artistiche ho dedotto che è attribuito molto probabilmente al grande Raffaello Sanzio, un artista, che adoro.

Qualche mese fa il dott Bruno Ricci Guzzo mi pregò di fare una consulenza su questo dipinto, prima mi mostrò il quadro che nel lontano 1976 fece restaurare  da un esperto restauratore il signor Dionisi Rolando consigliato dalla dottoressa Aliberti Gaudioso Filippa, della Soprintendenza alle Gallerie del Lazio, Roma, allora le chiesi una foto prima del restauro e da questa foto vidi sulla parte sinistra in basso uno strano timbro a fuoco erano le iniziali S R  di Raffaello Sanzio attraverso studi e ricerche del Busi un grande ricercatore di firme dei grandi pittori allora scoprii la stessa firma  e così è nata la mia rivelazione.

Ecco la mia intervista fatta a Bruno Ricci Guzzo.

  1. Come ha avuto il possesso del quadro?
  2. Nel lontano 3 luglio 1973 in qualità di funzionario tecnico ottavo livello  della Regione Lazio, giorno di missione in servizio per effettuare sopraluoghi presso aziende agricole per motivi istituzionali.

In una di queste aziende  Contrada La Fiora, notai  un dipinto tutto rovinato  su una parete, mi avvicinai e fui molto sorpreso era un dipinto su tela, notai con sommo dispiacere che l’immagine rappresentava il volto di GESÙ, purtroppo era in pessime condizioni, invitai la proprietaria a farlo restaurare, ma  mi rispose che non aveva alcun interesse.

L’immagine mi aveva colpito moltissimo sotto il profilo artistico e religioso.

Prima di salutarci rinnovai la mia richiesta di acquisto, precisando che l’avrei fatto restaurare e tenuto gelosamente sempre con me e per nessuna ragione l’avrei venduto.

Divenimmo ad un accordo con scambio del dipinto con l’immagine della Madonna in argento di artigianato napoletano.

Sono passati oltre 50 anni il quadro è tenuto in ottime condizioni e ben custodito mantenendo la promessa fatta.

Prima di congedarmi, volli conoscere la vera storia di come questo quadro fosse entrato in quella piccola azienda agricola.

La signora Mandatori mi raccontò che da circa 4 generazioni venne nel territorio dello Stato Pontificio per visite pastorali, un gruppo di VESCOVI e CARDINALI, chiesero ospitalità alla famiglia di allora suoi discendenti e soggiornarono circa 15 giorni.

Al mattino uscivano per visite pastorali e alla sera ritiravano per pranzare.

Alla fine del soggiorno il capo delegazione prima di partire per ROMA offrì al capo famiglia Mandatori del denaro per l’ospitalità ricevuta, questi garbatamente rifiutò, anzi si senti onorato di averli tenuti ospiti.

Si ricorda che Terracina, compresa la località LA FIORA, all’epoca faceva parte dello STATO PONTIFICIO.

A questo punto il capo delegazione volle offrire in segno di simpatia e riconoscenza il quadro in questione con il quale si officiava la SANTA MESSA sia sulla nave del PAPATO che nella casa rurale periodo in cui soggiornò la delegazione.

Il quadro rappresentava una icona da viaggio e davanti ad essa si officiava LA SANTA MESSA.

  1. Da quando ha iniziato ad avere cura dei quadri antichi?
  2. Sin da giovane mi sono sempre interessato a conoscere i quadri antichi e i vari pittori e scultori che li avevano dipinti e scolpiti soprattutto nei periodi dall’inizio del 300 fino al primo ventennio del 900.

In prevalenza ritratti di arte sacra, paesaggi e nature morte.

  1. Successo che ha ottenuto per la cura dei quadri antichi?
  2. Non è stata una vera cura dei quadri.

L’unica cura è stata nel capitarmi per puro caso di scoprire un quadro bellissimo in quella azienda agricola di farlo restaurare e poi con grande gioia portare la foto a colori del quadro restaurato in visione alla ex, proprietaria la signora Mandatori la quale vedendola mi disse: “Sono contenta è venuto molto bello e sono convinta che sarà custodito meglio.

  1. Può raccontare brevemente una sintesi della sua biografia?
  2. La mia è stata una vita ricca ed attiva alla ricerca del bello, piena di interessi culturali, artistici, ambientali svolgendo azione di formazione e promozione di sviluppo zootecnico, con mini impianti di biometano negli allevamenti bufalini delle province di Latina e Frosinone.

Sono specializzato nel campo della Canapa Sativa industriale, fornendo consulenza della sua coltivazione e utilizzo.

Svolgo il compito di Direttore delle risorse idriche REGIONE LAZIO.

Direttore del Censimento Generale in Agricoltura.

Funzionario direttivo Agricoltura di LATINA.

  1. Quale progetto di lavoro intende realizzare?    –
  2. L’obiettivo principale è quello di realizzare un progetto “Agritech” che si interesserà di ricerca e sviluppo in “AGRICOLTURA – ENERGIA – AMBIENTE – ARTE – Settori di notevole interesse.

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Viesturs Āboliņš

Fermiamo la guerra

In questo giorno, il 15 maggio di 50 anni fa, c’era una indimenticabile mattinata di sole:  a Kaliningrad fiorivano i castagni, gli uccelli cinguettavano, c’era dappertutto l’odore della primavera e anche l’aroma della felicità per la prossima estate.

Per l’ultima volta ho attraversato il posto di blocco del reggimento della nostra Prima Guardia Mosca-Minsk dell’Ordine della Bandiera Rossa di Suvorov e Kutuzov, la  divisione dei fucili a motore.

Un giovane, un valoroso sergente, in perfetta uniforme, con il distintivo delle guardie e le insegne per un buon servizio, con un berretto elegante e la valigetta di smobilitazione in mano.

Ricordo tutto, anche il cancello del posto di blocco e davanti ad esso una buca sull’asfalto piena di pioggia notturna.

Con piacere festoso, sono andato alla fermata e ho aspettato l’autobus che mi partisse verso una grande vita che volevo vivere in modo intelligente, interessante e significativa.

La mia divisione  “liberò” le rovine di Königsberg dai tedeschi.

Oggi sono uscito sulla loggia: calvo, sdentato, goffo.

Gli anni a venire non sono più visibili, ma ciò che era, tutto ciò che è mio, non può essere portato via.

Ascolto le notizie del mattino dal fronte: la “liberazione” dell’Ucraina dagli ucraini continua con successo.

Questi ultimi 50 anni hanno incluso tutto: i miei anni da studente, l’amore, il lavoro, l’amicizia, la felicità.

Sono  felicissimo di essere stato abbastanza intelligente da comprendere la vita e non essere anima e corpo con gli aggressori.

Capisco i caduti ucraini, che sono morti con ridicole borse del supermercato in mano – nelle borse ci sono un paio di bottiglie di bombe molotov, che non possono nemmeno essere portate ai “liberatori”.

Capisco gli uomini bravi dei lottatori di Volkssturm a Königsberg, quelli adolescenti e anziani che nel 1945 attaccarono i miei commilitoni che avanzavano da ogni angolo.

Capisco i soldati sovietici che hanno difeso la loro vita pacifica e che giacciono ancora insepolti a migliaia.

Capisco i finlandesi che sparavano disperatamente dai fortini della linea Mannerheim.

Capisco cosa significa essere un soldato che difende la sua casa, la sua famiglia.

Ci sono due grandi differenze: una guerra per proteggere il proprio modo di vivere e una guerra per imporre il proprio modo di vivere.

E non importa quale stile di vita alieno “progressista” sia imposto dalle baionette dei “liberatori”, dagli arresti e dai campi di concentramento: fascismo, comunismo, putinismo, democrazia o qualcosa che non ha ancora un nome.

Un soldato deve restare un umano, deve pensare, deve comprendere il mondo, altrimenti è semplicemente una parte biologica sconsiderata di un’arma da cui sparano vari “pensatori e filosofi”.

Ieri ho guardato un video su YouTube – 9 maggio a Riga nel 2024 – persone che depongono fiori nel Giorno della Vittoria.

Non c’è più un monumento ai “liberatori della MADRE SOVIETICA”, non c’è più quel magico pilastro di cemento attorno al quale la gente era riunita con una stima potente della loro rettitudine e della forza brutta – “NOI SIAMO VINCITORI!”, NOI abbiamo salvato tutti, solo NOI sappiamo come tutti dovrebbero vivere correttamente!

Prova a parlare con i VINCITORI che SANNO TUTTO – non ti ascolteranno – non ne hanno bisogno.

Il loro comunismo, portato dalle baionette, è crollato, ma loro non se ne sono nemmeno accorti.

Sono completamente storditi dalla compiaciuta grandezza.

Solo quando i “nazisti” ruppero il pilastro concreto della Vittoria dello stile di vita sovietica, le persone che iniziarono improvvisamente in massa a deporre fiori non sulla loro grandezza vittoriosa, ma sulle tombe dei soldati – questi sono fiori per LORO, i loro antenati caduti , e non per te, la guerra “vincitrice” e “vittoriosa oggi” in tutto il mondo.

No, non è possibile vincere qualsiasi guerra con la forza: la vita ha dimostrato che chi sconfigge gli altri, poi lui stesso diventa un aggressore,  un aggressore che si considera superiore alle persone che lo circondano.

Riusciremo a diventare umani e a fermare questa guerra?

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Ingrīda Zaķe

Lettonia

Alla musica

Mi hai preso per la mano, dicendo

“Venga con me.”

Sono andato con lui.

Mi hai guidato attraverso i cuori come per i cumuli di neve candidi.

Come un distico bianco, in cui si può sia salire che affondare.

Però dopo tu mi hai ordinato di guardare nel mio stesso cuore.

Con il tuo respiro caldo hai sciolto tutti i ghiaccioli.

Cosa c’era.

I ghiaccioli si sciolgono e la loro umidità ha sfrigolato i miei occhi.

Qualcosa mi ha spinto e io ho cominciato a pregare: “Liberami dal questo abbraccio grintoso!

to per rimanere senza fiato!”

Ma tu, mi strangoli sempre più forte.

Non sentivo più nient’altro, solo te, te, te!

La mia testa cominciò a farmi male, le mie orecchie mi fischiavano, ma l’onda tua saliva sempre più in alto.

Non è più un mare, è già un oceano!

Sto affogando!  Affondando!  Affondando!

Ma all’improvviso… Che silenzio totale!

Dove mi trovo ?

Ascoltando il Requiem di  Giuseppe Verdi.

 

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Luciano Somma

Italia

LE CANZONI CHE PARLANO DI ISCHIA

Per ben 4 lustri, dal 1963 al 1983, ho soggiornato sull’isola d’Ischia, per un periodo, avendo casa in fitto tutto l’anno trascorrendovi non solo le ferie estive ma anche i fine settimana ed alcune festività.

Tra gli ondivaghi ricordi: la spiaggia dei pescatori, la Chiesa del Madonna del Soccorso e tante altre bellissime località uniche al mondo.

La collaborazione a Radio Ischia come ospite nella trasmissione DIAMOCI DEL TU NEL CUORE DELLA NOTTE condotta da Peppe e Patrizia Banfi, l’ospitata a Radio Isola Verde.

La conoscenza di pittori, scultori, artisti vari e di alcuni cantanti notissimi tra i quali: Domenico Modugno, Patty Pravo, Peppino Di Capri, I Ricchi e Poveri, i fratelli Guido ed Ettore Lombardi.

In merito alle canzoni ischitane non potevo esimermi, negli anni 70 di scrivere anch’io un testo dal titolo ISCHIA ‘O PARADISO ‘E LL’AMMORE musicato dal grande Maestro Giuseppe Scalzo, Direttore del Conservatorio di musica Giacomantonio di Cosenza morto alla veneranda età di 101 anni nel 1992.

Mi è gradita l’occasione per citarne il ritornello: Ischia/ Paradiso ‘e ll’ammore / si’ ‘a carezza d’’o bbene / ‘a reggina ‘e ll’està. Ischia/ cu’ nu surzo ‘e stu mare / sotto a n’angulo ‘e cielo / fajestu core sunnà”.

Non fu mai incisa ma spesso veniva proposta in qualche piano bar Ischitano.

Inaugurando con molto entusiasmo questa rubrica che mi è stata proposta da Bruno Mancini, Presidente dell’Associazione di promozione Sociale “Da Ischia L’Arte DILA APS” in accordo con il Direttore Gaetano Di Meglio, mi propongo di riportare all’attenzione dei lettori di questa pagina le tantissime canzoni che parlano di Ischia, scrivendo diffusamente di varie sfaccettature delle loro storie.

Ischia, vera perla della Campania, meta di turismo da tutto il mondo, non può né deve far calare nell’oblio anche la sua musica scritta da validissimi autori, alcuni noti altri meno, che tanto lustro le hanno dato nel tempo.

Un mondo incantato che ancora oggi è tra le mete turistiche, tanto desiderate per poterne respirare i suoi stupendi e fiabeschi profumi di vita!

 

Luciano Somma

 

 

 

 

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