Antonio Mencarini legge la poesia “Il volo” scritta da Bruno Mancini

Antonio Mencarini legge la poesia “Il volo” scritta da Bruno Mancini

Il volo

 

Dalla raccolta di poesie
“Davanti al tempo”
(1960 – 1963):

Il volo verticale

Il volo verticale di un elicottero
distinguo
il fumo di un battello
si spande innocuo.
Profeta eccomi.
Vicino ai miei bagliori.
Brucio superfici senza suoni
piuttosto che patire suoni di seghe.
Ricordo il crepitio di una mitraglia
sotto gli archi scuri di un portone
addosso ai cani uomini
il piombo dei proiettili.
E le piante pesanti di corpi
ed i fiori sparsi per terra:
quel grido di pianto di bimba.
Mentre c’erano scarpe chiodate.
Ricordo la cella bassa
e il sapore di aria viziata
– alle volte
sporche
ignobili croci
affannano –
il brusio.
Mentre c’erano scarpe chiodate.
Sua madre sporca di sangue
accoccolata
tra luci ed ombre di ferro.
E lì pensammo di bene e di male,
di male di male e di bene.
E poi capimmo
pietà
che, sola, eri triste.

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Antonio Mencarini legge la poesia “Fessure archibugiere” scritta da Bruno Mancini

Antonio Mencarini legge la poesia “Fessure archibugiere” scritta da Bruno Mancini

Fessure archibugiere

 

 

Dalla raccolta di poesie
“La mia vita mai vissuta”
(1990 – 2014):

Fessure archibugiere

Un giorno di giugno
c’era forte calura
– un turbine –
piombata sulle coste del Tirreno,
sognavo l’impossibile:
il naso sotto falda di sombrero,
i piedi nella pozza
tra scogli e granchi,
il sigaro spruzzato di salsedine,
braccia cuscino per la testa,
occhi tra i merli
fessure archibugiere,
“Ti voglio.” nella mente.

Calessi a posti singoli
i sogni non scarrozzano le coppie.

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Antonio Mencarini legge la poesia “Eppure se” scritta da Bruno Mancini

Antonio Mencarini legge la poesia “Eppure se” scritta da Bruno Mancini

Eppure se

Dalla raccolta di poesie
“Io fui mortale”
(2005 – 2009):

Eppure se tu fossi stata violata

Eppure se tu fossi stata violata
– il vicino di casa maledetto-,
se nel fatato mondo d’innocenza
tu
come madre fanciulla del figlio di nessuno,
tu fossi stata
come vergine immolata nel tempio d’Efeso,
tu fossi stata violata
come gazzella indifesa dal branco di lupi,
tu fossi stata violata nella grotta pollaio
come una preda soggiogata dall’amico di famiglia,

tu saresti rinata
tra le mie braccia
di pescatore d’emozioni,
incubata in un tenero affetto
oltre ogni possibile attesa,
alitata dal vento del sud che cancella le orme
– maledette –
dei tanti vigliacchi stupratori

… e non potresti perdermi.

Io sono vento

io sono forza

io sono crudo esempio di follia.

Spingimi nei tuoi dilemmi
di lupa insoddisfatta,
nessuno avrà il tuo scalpo.

Modifica il tuo stato
rimuovi l’occupato,
e vieni al sole.

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Che giunga – e tu – Rustichelli Ottobre Zanarella Auletta Mentre andavamo Bigazzi

Che giunga e tu Rustichelli Ottobre Zanarella Auletta Mentre andavamo Bigazzi

Che giunga – e tu – Mentre andavamo

Dalla raccolta di poesie
“Io fui mortale”

(2005 – 2009):

Che giunga da lontano.

Ancora mi chiama
la voce notturna
vagante
tra le mie chiese infrante:
”Stanotte ti ho sognato.”

Un palpito?
Un eccesso?
Un rombo d’Amazzone giammai delusa?

Non basta un sortilegio a
a carpire
dalle parole astratte i
i movimenti i suoni i turbamenti, gli
gli sguardi gl’impeti gli odori, la
la scena illuminata dal sole o dalla luna.

Non basta un incantesimo per
per darmi accesso
all’antro labirinto del
del cuore di una donna.
A questo pensa il sonno.

“Stamane ti ho sognata:
le coccole nel mare – profondo –
che poi risucchia il pescatore appassionato”.

“Stamane ti ho sognata:
le coccole nel mare – placido –
simile a bimbo che venga da lontano”.

Dalla raccolta di poesie
“Non rubate la mia vita”
(2005 – 2007):

E tu come nebbia che offusca

… e tu come nebbia che offusca
i bracieri fumanti
delle prime caldarroste
lì,
lungo viali alberati
della mia cara Bologna indaffarata….

Nessun miraggio di gioie
confonde al cane il suo padrone.

… e tu come pioggia che inzuppa
la rotaia urbana
di un tram al capolinea
lì,
tra portici uniformi
della silenziosa Torino d’ottobre…

Nessun deserto è breve
per la lucertola randagia.

… e tu come neve che ovatta
frontoni e guglie
di fedi spudorate
lì,
tra cabaret da sballo
della Parigi fulminante le mie notti…

Nessun miracolo gonfia le piume
di uno stanco uccello migratore.

…e tu…

…e tu…

…e tu come sole d’aprile che intenerisce
le zolle soffocate
tra bosco e spiaggia
lì,
oltre il canneto dai ciuffi in cima
sull’ultimo approdo della mia isola perduta…
Nessun mistero
soltanto attesa.

Dalla raccolta di poesie
“La sagra del peccato”
(1957 – 2003):

Mentre andavamo in primo piano

Mentre andavamo in primo piano:
necessari legami di… …
vorrei essere stato in questo tempo

Languivano una volta
mentre ancora non
erano state scoperte
le nuove virtù eccelse
di molte tribù astrali
e credevano di
capire capire e
carpire carpire
i modelli superiori di
effervescenze autunnali,
quando non entrano
nelle zelle arse gli
spruzzi di approssimate
ugge,
i segnali di volatili
e nuvole
di fumi e di vapori
distratti.

Oggi non è Natale
mi coccolo pulsando
oggi non è
ancora.
Oggi non è
un altro giorno
oggi non è
ancora un giorno

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Antonio Mencarini legge le poesie Il Battito – Delphis – Gilda – Credevo – di Bruno Mancini

Antonio Mencarini legge le poesie Il Battito – Delphis – Gilda – Credevo – di Bruno Mancini

Il Battito – Delphis – Gilda – Credevo

Dalla raccolta di poesie
“Non sono un principe”
(2012 – 2014):

Il Battito

T’ho scorta
martoriarmi con l’amico
-ho consumato suole per seguirti-,
e tu, nel film di quel dolore,
andavi a sperperare la tua pace.

T’ho vista
come sempre offrirmi fiori,
-lo sguardo aguzzo-
sfacciatamente trasparente
carta velina scopriva la tua ansia.

Ti udivo.
soliloqui d’irsuti anatema,
-recettori di suoni molesti-
nel pianto di un presente
che ti pareva non aver mai fine.

Ho consumato le suole delle scarpe
la vista aguzza
recettori di suoni molesti
mentre il divino
lentamente
tornava negli abissi del suo nulla.

Collima il mondo dei contrari,
aliena, è solo la speranza.

Dalla raccolta di poesie
“Non sono un principe”
(2012 – 2014):

Delphis

Franco Compagnone

Era un amico delle mie poesie
il timoniere
mai brusco e mai sciocco
protettore dei delfini.

Franco diceva a me:
“Tu sei poeta”.

Il Faraone,
il Mare, è regno vita e regno morte,
è sfida
senza basi di ritorno.

Franco ancora
è.

Nelle notti delle nostre veglie.
forse ieri o forse mai,
strambando, cazzando,
sgusciando tra bitte, boma e parabordi.

Corridoi e letti di ospedale,
per un sollievo alle nostre mamme.

Dalla raccolta di poesie
“Non sono un principe”
(2012 – 2014):

Gilda

L’unica!

Forte fracasso,
nella stagione onnivora
del “Forse voglio”.
Andavo a braccia alzate
scalzo,
occhi nel manto
di nebbie, di sorrisi e di ricordi,
pirata senza zaffi per Sirene.

E Gilda lì.

Cosciente d’incoscienza
l’amore si degnava di aspettare.

Dalla raccolta di poesie
“Non sono un principe”
(2012 – 2014):

Credevo

“Ho scandagliato anfratti
grigiastre fenditure
malsane sudditanze per la mente
-la mia,
la tua di te che non lo sai,
la sua di chi m’amava,
l’altra del bischero-,
i sensi atrofizzati
in dormiveglie indotte,
lombrico nella mela…
per scrivere poesie”.

Credevo.

“Ho carezzato muschi
verdognoli tappeti
esuberanze futili ai margini del cuore
-il mio,
il suo di lei che non capiva,
il tuo di te che sempre amavi,
l’altro della battona-,
la mente assente
dalla pelle respirando colori,
piumino incipriante gole…
per scrivere poesie”.

Pensavo.

“Fascicolo brogliacci
fogliastri ammuffiti
salvati dai mille traslochi di vita
-la mia,
la mia che non ho smesso di donare,
la mia che non ho smesso di godere,
la mia d’Ignazio-,
il mondo fuori stanza,
mi scopro uomo in giro
tra fronzoli e pepite…
per scrivere poesie”.

E sono.

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