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Il Dispari mensile 2013 01
IL MAGO: “COME NEI GIOCHI DI ME BAMBINO”.
Liga Sarah Lapinska: La poesia di Bruno Mancini
Sono passati già tanti anni da quando ho cominciato a leggere le poesie di Bruno Mancini e approfondirmi ad esse, così vive e fresche.
Approfondirsi a queste poesie non significa praticare una meditazione che ci allontana dal mondo reale e porta in un altro mondo in cui regnano le altre regole e dove la parola sia primaria su tutto il resto, o dove l’idea sia più in alto dalle vite umane e del correre del tempo.
No, la poesia di Bruno accetta questo mondo, perché, solo se siamo in grado di accettare e capire, possiamo portare qui, in più, la luce e in più la cordialità.
Pensando di Bruno e della sua personalità, per quanto lo conosco io, non si può dividere la sua soggettività dalla sua voglia di regalare agli altri la sua forza e le sue emozioni positive, (che ci aiutano a sopravivere nel condividerle con la sua maestria di poeta, con il suo ritmo di poeta, con il suo scopo di poeta), cioè, non solo le espressioni, ma anche l’energia (non solo le emozioni!) positiva per gli altri.
Il valore che apprezzo dapprima nel mondo delle poesie e del pensiero di Bruno è l’emozione di presenza che lui regala per i suoi lettori, la forza della vita radicata nella sua propria infanzia, nella sua memoria genetica dei tempi antichi di varie località, dall’America indiana all’Efeso, dappertutto; e poi radicata nel suo amore per il nostro mondo, la forza che lui divide con noi nella sua caratterizante generosità, simile alla generosità della natura.
Comunque, il mio primo pensiero, quando ho cominciato a tradurre in lettone le sue poesie, era che lui usa una lingua molto ricca, che lui ha un’abbandante raccolta di espressioni e, di conseguenza, un’ampia scelta di parole, di tonalità, di aggettivi e di comparazioni.
Anche se lui non è contrario a giocare con le parole con affascinante leggerezza, tuttavia, il suo stile piu enfatizzato non è mai il gioco svelto con le parole, con i pensieri, con i suoi e con le nostre emozioni.
Il suo mestiere è dare la forza e il senso alle sue immagini, tanto intensamente, che anche noi lettori sentiamo questa forza calda e viva, vediamo con gli occhi e con tutta la pelle queste immagini coloratissime, con le prospettive e con le frequenze quasi infinite, in lungo da una poesia all’altra, tutte collegate logicamente e tutte diverse, come un viaggo senza un terminale, con tante fermate, ma che poi continua, e sembra infinito, come una stagione che cambia in un’altra, e come il futuro che lentamente e impercettibilmente diventa il passato.
Quanto alla costruzione delle sue poesie, Bruno spesso usa le ripetizioni non solo per rendere i suoi versi piu musicali, ma anche per sottolinearne delicatamente il senso, ogni volta diverso, in riflessioni differenti:
Parlo di te
con me
nella semplicità di un riposo
sull’acqua
parlo di te
nella sincerità di una solitudine
con me
sull’acqua.
Parla di te
con me
un filo d’erba
sull’acqua
l’immagine di un’isola
sul mare
nella sincerità di un riposo
parla di te
a me
nella semplicità di una solitudine
sull’acqua
il volo di un volo di gabbiani.
Un’altra emozione che mai mi lascia (e che è necessaria per me), leggendo le poesie di Bruno, è il pensiero del collegamento di tutto ciò che esiste in questo mondo e fuori da esso, rispetto, sia con i teoremi delle regole della scienza della natura, sia con le convinzioni degli astrologhi antichi.
Ecco: il convincimento del collegamento tra il passato e il futuro; il collegamento tra noi tutti qui sulla terra, sotto e sopra; il ritmo ciclico secondo le regole della natura.
Solo quando facciamo nostro questo collegamento, solo sapendo che non siamo in solitudine ma uniti e collegati, possiamo diventare, eventualmente, davvero liberi, e non solo nelle nostre illusioni.
Il sentimento di legame, di unità, apre per noi i confini prima chiusi ed, inoltre, non chiaramente conosciuti.
è l’unico modo per sapere e vedere questi confini, dove loro iniziano, che cosa dividano e se davvero esistano:
Dov’era il pertugio,
del viscido verme,
rifugio,
rifuggo.
Bruno non scrive solo di se stesso e delle sue esperienze, ma si sublima insieme con le sue osservazioni e le sue contemplazioni in immagini diversissime.
Non preferisce solo due o tre temi generali per ricantarle.
Certo, lui ritorna, a volte, ai temi ed alle immagini già creati, ma sempre in altre tonalità, con fresche riflessioni, usando sempre nuova magia per ricordarci queste immagini, spesso piene non solo di colori intensi e di prospettive avventurose, ma anche dei venti e dei profumi:
Scriverò di te innocente – giovane Apaches –
dalla lunga chioma di grappoli
di grappoli d’uva rossigna,
tra le fiamme dei tronchi
dei tronchi ardenti sfavillanti
una notte di cielo deserto,
deserto, nel cuore del deserto.
Penserò alla tua malinconia – giovane Apaches –
d’attesa e di passioni con occhi memorie
memorie affastellate,
sopra i fumi dei tronchi
dei tronchi assopiti
nelle notti di cielo deserto,
deserto, come il cuore del deserto.
Amerò gli sguardi squillanti – giovane Apaches –
per la felice follia di silenziosi sorrisi
sorrisi all’ombra di tante chimere,
dentro ai profumi dei tronchi
dei tronchi spenti dalla mia ombra
ogni notte di cielo deserto,
deserta, più del cuore del deserto.
Inoltre, lui dice cosi:
Frammenti di polvere,
nello sguardo,
nel respiro,
respiro.
Apparentemente di solito riservata, però mai fredda, la poesia di Bruno, piena di forza della natura, assomiglia un po’ al folclore lettone, sopratutto ai canti popolari, chiamati in lettone “dainas“, nei quali l’unità tra il creato umano e la natura è una situazione assolutamente normale, e dove le persone spesso identificano se stessi ed altri umani con gli animali, con gli alberi, con gli elementi della natura, come nelle poesie di Bruno:
Io sono vento
io sono forza
io sono crudo esempio di follia.
Inoltre:
… e tu come nebbia che offusca
i bracieri fumanti
delle prime caldarroste
lì,
lungo viali alberati
della mia cara Bologna indaffarata…
Però, quanto alle poesie di Bruno, questa energia primaria è solo il fondamento, proprio come i suoi ritorni nell’infanzia, nel passato, dalle radici, per andare avanti e per portarci piu lontano.
Dei suoi sogni e delle sue memorie lui non parla spesso, ma lo fa molto espressivamente. Lui è pescatore d emozioni.
Lui è:
Stregone e mago
come nei giochi di me bambino
– di notte –
preparo ampolle
– con i ricordi –
di fogli strani
– abbandonati -.
E scrive di se:
Ho tempo ancora per ricomporre
mosaico dal centro al nulla
zigrinando in fuochi a spirale
spirale verso infiniti agganci alla follia,
nel mi bemolle minore
per un bel sogno che non dura sempre.
Questa volta parlo maggiormente dei fondamenti, inizi, radici, che vedo nelle poesie di Bruno Mancini.
Piu leggo le sue poesie, piu rileggo, piu mi si aprono forti ed intense.
Come un vero mago, lui ci porta piu lontano, piu profondamente, sia verso sogni, sia verso esperienze vissute.
Perché:
Non basta un sortilegio a
a carpire
dalle parole astratte i
i movimenti i suoni i turbamenti, gli
gli sguardi gl’impeti gli odori, la
la scena illuminata dal sole o dalla luna.
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mercoledì 8 giugno · 21.00 – 23.00
Luogo Lido Ippocampo – Spiaggia di San Pietro – Ischia
Creato da
Gaetano Di Meglio,
Alessandra Ungaro, Peppe Trani, Agata Brescia
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