Il Dispari 2012 09 13

Benvenuti

4 lettori (firmandosi) ci hanno inviato questa lettera

Caro direttore è doveroso ringraziarTi  per l’informazione che offri all’utenza isolana e non,  su internet con Tgischia  che è tempestiva, e con il settimanale Il Dispari. Un’informazione  per tutti, dettagliata, semplice, chiara e precisa che ti coinvolge, a volte appassiona  nella lettura, anche con una bella grafica  e qualche “considerazione” come ci aveva abituato tuo padre.

Ultimamente non seguivamo più l’informazione locale diventava fallosa  nella lettura con pagine

insipide e ripetitive sulla stessa notizia e non sintetica  e scorrevole per essere letta. Per non parlare degli editoriali che fino a qualche anno fa scritti da tuo padre Domenico erano il vanto dell’informazione, oggi invece sono insipidi vuoti, che alla fine della lettura non dicono niente, andrebbero forse scritti da chi avrebbe più  professionalità abbinata alla conoscenza della società che viviamo, farebbe forse  guadagnare più lettori. Fatti loro, ognuno si sceglie il proprio destino.

 Comunque grazie per il vuoto che hai coperto con professionalità unitamente al tuo staff  nell’informazione isolana, invogliandoci  di nuovo a seguire  l’informazione,  noi oltre al “giro” su internet, puntualmente il giovedì mattina di corsa in edicola a comprare il giornale degli ischitani: Il Dispari. L’apprezzamento non è solo mio ma anche di tutti i miei amici.

Ischia 13 settembre 2012

Le mille porte di Roberta Panizza

(Recensione di Anna Alessandrino)

“Le mille porte”.

Quante porte avrà chiuso e aperto Roberta? Sicuramente più di mille, che è un numero simbolico, dato che ogni giorno se ne aprono o se ne chiudono tante di porte, perché non c’è momento che non si entri o si esca da un luogo fisico o interiore o immaginario. Infatti, qualsiasi movimento da uno stato all’altro dell’essere, dal conosciuto allo sconosciuto, dal passato al futuro, è una porta che ci mostra una realtà diversa, una realtà che può risultare a volte invitante, a volte terrificante, splendida o indecifrabile.

Sì, mi ha subito intrigato il titolo del libro di Roberta, perché la porta identifica la vita, nella quale non facciamo altro che varcare soglie, quando passiamo da una fase all’altra, da un evento ad un altro. Passaggi comuni che ognuno di noi deve affrontare attraversando una serie di transiti intermedi, fino all’uscita… che è varcare ancora un’altra soglia.

Ma la porta può essere, altresì, il collegamento tra stati d’animo, o l’accesso ad uno spazio segreto dove andare per soffrire.

E poi ci sono le porte che per lungo tempo rimangono chiuse, sprangate, quelle che ci incutono paura e disagio, nonostante qualcuno ci faccia capire che non è poi così devastante attraversarle.

A questo qualcuno, in tal caso la Poesia, si rivolge Roberta quando dice:

Lo so che mi aspettavi/

So che mi aspettavi al varco

di porte sempre chiuse

che solo te vedo oltrepassare

 e… a te mi arrendo che sola mi vuoi

E perché non dire di porte che si nascondono al nostro sguardo per celare un passato che ostinatamente non lasciamo andare? Si continua a cercarle, sempre e dappertutto

sostando

dove tu stavi,

accarezzando

ciò che tu stringevi…

O di porte che si aprono proprio nel mezzo della notte per farci intendere che è possibile costruire impalcature di gioia, anche se non si è avvezzi a farlo?

Nel libro di Roberta, tuttavia, non c’è solo la simbologia della porta.

Infatti, nelle sue poesie si mescolano, in modo più o meno evidente, i quattro elementi naturali (acqua, fuoco, aria, terra), archetipi dell’inconscio collettivo che, fin dai tempi più antichi, sono connessi ai più vari rituali di iniziazione, cioè a riti di passaggio, porte attraverso cui si entra in una vita nuova, dopo aver preso consapevolezza delle luci e delle ombre di ciò che si è vissuto.

Chissà se è un caso che Roberta cominci la sua raccolta di poesie con Versi dispersi, in cui è evidente l’elemento acqua. Nella speculazione simbolica e psicologica è l’elemento più significativo perché l’acqua assomiglia all’anima dell’essere vivente, è principio e fine, è energia fecondatrice e purificatrice. Implica sempre una metamorfosi, una rinascita, come quella che si intuisce soprattutto nelle ultime righe della poesia:

Sulle rive del fiume

orfani versi

ondeggiano fronde

al sospiro

di cuori in attesa

e piogge

di inverni fuori stagione.

Ma quando una foglia

la corrente rapisce

cessa il poeta

i ghirigori salmastri

di sabbia e dolore

e sorridendo saluta

chi è partito e ritorna.

Ma l’acqua diventa, anche solo per un attimo, mezzo di rigenerazione in cui

l’Atomico io

s’espande

oleosa goccia

nel profondo

immenso

liquido nero

e in quell’attimo annichilisce; o è speranza da cui attingere una possibile primavera, o attesa che semplici gocce diventino rugiada.

Nelle sue varie forme è, inoltre, fiume, mare, pioggia, neve, ghiaccio… o nebbia, in cui, dopo un primo momento di smarrimento, il bianco scolora di nuove tonalità.

E produce musica e suoni, come l’infrangersi delle onde, il gorgoglio di un ruscello, il ticchettio della pioggia:

Tic.

Una goccia.

Tic.

Un’altra goccia,

si legge in Acqua.

L’acqua si adatta alle circostanze, aggira gli ostacoli che incontra, corre verso il mare o scorre verso il basso, riempiendo ogni spazio vuoto o cavo, si espande in orizzontale. Tende così al riposo, alla calma, il che consente di accostare la sua passività alla dolcezza femminile, o all’amore materno, l’unico che sa placare le tempeste:

Berrò il tuo viso

nel luccichio

di lacrime senza dolore.

E sarai mio.

Nel brevissimo per sempre

dove l’ora scioglie

i quando e i come.

Questo scrive Roberta in Per sempre mio, dedicata al figlio.

Un altro elemento, che si scopre leggendo i versi della poetessa, è il fuoco, simbolo di trasformazione anche quando può sembrare che il fuoco distrugga.

In realtà, in quel momento, avviene una conversione di energia da una forma ad un’altra, proprio come ben descrive, Roberta, in Big Bang:

Fuoco, amore,

scintillio di passione

multicolore.

L’Universo

attorno esplose

irrefrenabile invasione

di sognanti atomi

impazziti

atomi, passioni che solo nelle mani dell’uomo possono diventare indifferenza.

E per indicarci la via, questo fuoco non si fa scrupolo di emergere a tutti i costi, pur sapendo di farci male. Così, in

Ho visto un giorno, rende visibili

tre pugnali

fuori dal petto

e tre sorrisi

ma nel cassetto

un sogno.

Ma sa essere ancora più devastante quando spinge a togliere la vita, diventando allora gelido inferno che paralizza.

Ognuno dei quattro elementi, tuttavia, non può esistere senza l’altro.

Così ecco l’aria, intermedia tra acqua e fuoco, terra e cielo, spiritualità e materia.

È l’elemento più sottile e non può essere né afferrato né trattenuto, è lo spazio che avvolge l’intero universo, l’invisibile che respiriamo, l’energia, il respiro vitale senza il quale non ci sarebbe la vita:

Quante fiammelle

oggi

accenderai

eterea

invisibile carezza

energia

che mente umana

non può capire?

Immobile

un impalpabile

velo

mi avvolge.

Aspetto.

Ed è il tocco che rende rigogliosa e fertile la natura, la madre terra, quando

il vento accarezza

oasi di pietra

sotto amori stellati.

La terra. Il più sacro e divino tra gli elementi, il grembo materno che accoglie la vita e la nutre. Lei racchiude tutto: caverne, valli, montagne, fiumi e mari, alberi e rami, tutte cose che hanno una forte connotazione simbolica.

La montagna, ad esempio, è la manifestazione dell’immobilità e dell’immutabilità, è il luogo che favorisce la calma, la contemplazione e rappresenta l’ascensione spirituale.

In Paesaggio montano, si percepisce sì lo sguardo alla terra, ma anche l’intimo desiderio di elevarsi quando si legge:

Non mi cercare

dove l’acqua riposa.

Io cammino sicura

tra il cardo e l’ortica

ed amica è la selvatica

rosa.

Là dove il verde dei pini

di silenzio mi veste

siedo smarrita

respirando voci lontane

ma l’impervio cammino

di obliqui pensieri

mi condurrà prigioniera

dove l’aquila corre

sola.

Questo voler tendere verso l’alto lo si intuisce anche leggendo L’ulivo che lascia sprofondare le sue radici nella terra, quasi a volerla abbracciare per lenire un dolore che oggi troppo spesso le si infligge, mentre tende i suoi rami verso l’alto:…

Volute di legno

i ricurvi pensieri

caparbie

tracciano strade

a disegni di luce,

cercano pace.

Ecco, su ogni verso di Roberta ci sarebbe tanto da dire, scrivere, scoprire. E tante soglie da varcare. Ma i giochi son fatti e mentre

si aprono chiare

oltre le ciglia assorte

silenziose danze,

chiudo delicatamente il libro, la porta che per un attimo si è aperta su un intero universo, quello racchiuso in ognuno di noi, quello segreto, quello che sussurra, che ci indica il cammino, che piange, urla o ci zittisce, ci insegna ad amare o a odiare, ci invita alla danza o a stare a guardare.

E’ un universo in cui esplodono tutti i colori, anche il nero con tutte le sue sfumature, con il quale a volte lasciamo che le mani “dipingano” il nostro corpo.

Anna Alessandrino

 


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