Privati pure della dignità nella malattia

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Privati pure della dignità nella malattia

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LUCIA FUSCO

Privati pure della dignità nella malattia

Lucia Fusco

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Privati pure della dignità nella malattia

Un mio caro ha avuto un’ischemia cerebrale.

Il sabato sera precedente all’ictus ha giocato a carte e fatto battutine, raccontato barzellette e dato bacini ai nipotini.

La domenica mattina, era ancora buio, è stato colpito dal demone.

Ha passato una settimana in ospedale dove c’erano visite un’ora la mattina, dove ha mangiato passato di carote (credo), purè e omogeneizzato pranzo e cena per un’intera settimana, dove è caduto dal letto spaccandosi il labbro superiore (porta ancora i punti), tumefacendosi naso, costole, coprendosi di lividi dappertutto, sempre più estraneo a se stesso, nervoso, confuso e sofferente, dove nessuno ha spiegato alla famiglia cosa stava succedendo, dove dicevano “sta bene”, sbattendo porte in faccia!

Poi, dopo manco sette giorni hanno proposto di trasferirlo in una casa “di riposo”.

La famiglia ha chiesto una struttura riabilitativa ma pare che i pazienti “non collaborativi” non abbiano diritto a tali strutture, ex 60, ex 26, nella provincia, la famiglia ha detto “DAPPERTUTTO va bene”, ma hanno risposto ancora no.

Medici amici hanno pure consigliato il trasferimento a casa perché il malato avrebbe tratto giovamento tornando a casa e sarebbero arrivati subito medici infermieri e fisioterapisti per aiutare nel recupero e nella somministrazione dei farmaci.

In una settimana non si è fatto vedere né sentire nessuno. Il malato non puo essere lasciato solo manco un minuto. Il medico curante è l’unico che è andato due volte ed è sempre presente col telefono (GRAZIE DI CUORE).

Il signore che aiuta è stremato perché il malato è forte e oppositivo e l’agitazione in lui cresce.

Intanto il malato non mangia più, non riposa, non dorme da giorni, si agita, delira, ha visioni, non trova un attimo di pace, rifiuta il cibo; oggi pomeriggio ha detto alla famiglia: “papà è morto, papà non c’è più”… la famiglia sgomenta non lo lascia solo nemmeno un minuto e sono devastati dalla sua sofferenza, incapaci di portargli sollievo.

So che non si può guarire ma questa non dovrebbe essere la scusa per abbandonare malati e famiglia (quando c’è) alla pietà di amici e parenti (quando ci sono).

Manco in Internet c’è molto, ci si vergogna della malattia, come fosse una colpa.

Al malato in questione non è stata data la possibilità di entrare in una struttura riabilitativa, di tentare di riprenderlo e riabilitarlo come possibile.

Resta il privato, ormai tutti noi privati pure della dignità nella malattia.

DILA

Premi Otto milioni

Bruno Mancini

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