Pithekoussai tra mito storia archeologia

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Pithekoussai tra mito storia archeologia

I PRIMI GRECI D’OCCIDENTE:

PITHEKOUSSAI TRA MITO, STORIA E

ARCHEOLOGIA

La famosa Coppa di Nestore, rinvenuta ad Ischia

coppa nestore

La conferenza (ore 16) di Valentino Nizzo, archeologo della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, rientra nel ciclo

Tra Oriente e Occidente: l’Italia tra la fine dell’età del bronzo e l’età orientalizzante (XII – VII sec. a.C.)

con vari incontri dal 1 febbraio al 22 marzo, tutti ad ingresso libero fino ad esaurimento posti disponibili.

Protesa da sempre nel Mediterraneo, l’Italia ha un’antichissima vocazione a fare da tramite a uomini, idee e merci fra il Mare Nostrum e l’Europa. Cinque incontri affidati a cinque protagonisti della ricerca archeologica italiana per scoprire alcuni temi essenziali di un percorso secolare, che vede coinvolti assieme alle popolazioni indigene Micenei, Fenici, Greci.

La conferenza di Nizzo è dedicata alla mitica Pithekoussai, oggi Isola d’Ischia
Redattore: CARLA CONTI
Informazioni Evento:

Data Inizio:15 marzo 2014
Data Fine: 15 marzo 2014
Costo del biglietto: gratuito
Prenotazione: Nessuna
Luogo: Bologna, Museo Civico Archeologico, Sala del Risorgimento
Orario: ore 16
Telefono: 053266299
E-mail: valentino.nizzo@beniculturali.it
Dove:

Museo Civico Archeologico, Sala del Risorgimento
Indirizzo: Via dell’Archiginnasio, 2

Ischia, un'isola d'Arte

SMALFILAND 2 - Bruno Mancini

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Bruno Mancini

Skype: emmegiischia

SMALFILAND 3

La coppa di Nestore è un reperto archeologico rinvenuto nella necropoli di San Montano a Lacco Ameno, sull’isola d’Ischia, dall’archeologo tedesco Giorgio Buchner.

L’iscrizione che si trova sul vaso, databile intorno all’ultimo venticinquennio dell’VIII secolo a.C.,  costituisce uno dei più antichi esempi di scrittura alfabetica.

La coppa è una kotyle, ossia una tazza piccola, larga non più di 10 cm, di uso quotidiano, decorata a motivi geometrici. Fu importata nella colonia greca di Pithekoussai, l’odierna Ischia, da Rodi, secondo alcuni insieme ad una partita di vasi contenenti preziosi unguenti orientali, e portata alla luce nel 1955 dagli archeologi Giorgio Buchner e C. F. Russo.

Faceva parte del ricco corredo funebre appartenente alla tomba di un fanciullo di appena dieci anni. La coppa reca inciso su di un lato in alfabetoeuboico in direzione retrograda, ossia da destra verso sinistra, come nella consuetudine fenicia, un epigramma formato da treversi, il primo con metro giambico e il secondo e terzo perfetti esametri dattilici, che allude alla famosa coppa descritta nell’Iliadedi Omero:

Le poche, piccole lacune sono tutte interpretabili con sicurezza ad eccezione della seconda parola del primo rigo, che presenta quattro o cinque lettere mancanti. Se si accoglie l’integrazione riportata nel testo, l’iscrizione si riferisce a quanto descritto nell’XI libro dell’Iliade, v. 632, in cui si narra della leggendaria coppa dell’eroe acheo Nestore, figlio del re di Pilo Neleo e di Cloride, tanto grande che occorrevano quattro persone per spostarla:

L’incisione presente sul lato della kotyle e, in basso, la trascrizione

(GRC)
« τοῖσι δὲ τεῦχε κυκειῶ ἐϋπλόκαμος Ἑκαμήδη,τὴν ἄρετ’ ἐκ Τενέδοιο γέρων, ὅτε πέρσεν Ἀχιλλεύς,θυγατέρ’ Ἀρσινόου μεγαλήτορος, ἥν οἱ Ἀχαιοὶἔξελον οὕνεκα βουλῇ ἀριστεύεσκεν ἁπάντων.ἥ σφωϊν πρῶτον μὲν ἐπιπροίηλε τράπεζανκαλὴν κυανόπεζαν ἐύξοον, αὐτὰρ ἐπ’ αὐτῆςχάλκειον κάνεον, ἐπὶ δὲ κρόμυον ποτῷ ὄψον,

ἠδὲ μέλι χλωρόν, παρὰ δ’ ἀλφίτου ἱεροῦ ἀκτήν,

πὰρ δὲ δέπας περικαλλές, ὃ οἴκοθεν ἦγ’ ὁ γεραιός,

χρυσείοις ἥλοισι πεπαρμένον: οὔατα δ’ αὐτοῦ

τέσσαρ’ ἔσαν, δοιαὶ δὲ πελειάδες ἀμφὶς ἕκαστον

χρύσειαι νεμέθοντο, δύω δ’ ὑπὸ πυθμένες ἦσαν.

ἄλλος μὲν μογέων ἀποκινήσασκε τραπέζης

πλεῖον ἐόν, Νέστωρ δ’ ὁ γέρων ἀμογητὶ ἄειρεν.

ἐν τῷ ῥά σφι κύκησε γυνὴ ἐϊκυῖα θεῇσιν

οἴνῳ Πραμνείῳ, ἐπὶ δ’ αἴγειον κνῆ τυρὸν

κνήστι χαλκείῃ, ἐπὶ δ’ ἄλφιτα λευκὰ πάλυνε,

πινέμεναι δ’ ἐκέλευσεν, ἐπεί ῥ’ ὥπλισσε κυκειῶ. »

(IT)
« Apparecchiava intanto una bevandala ricciuta Ecamède. Era costeidel magnanimo Arsìnoo una figliuolache il buon vecchio da Tenedo condottaavea quel dì che la distrusse Achille,e a lui, perché vincea gli altri di senno,fra cento eletta la donâr gli Achivi.

Trass’ella innanzi a lor prima un bel desco

su piè sorretto d’un color che imbruna,

sovra il desco un taglier pose di rame,

e fresco miel sovresso, e la cipolla

del largo bere irritatrice, e il fiore

di sacra polve cereal. V’aggiunse

un bellissimo nappo, che recato

aveasi il veglio dal paterno tetto,

d’aurei chiovi trapunto, a doppio fondo,

con quattro orecchie, e intorno a ciascheduna

due beventi colombe, auree pur esse.

Altri a stento l’avrìa colmo rimosso;

l’alzava il veglio agevolmente. In questo

la simile alle Dee presta donzella

pramnio vino versava; indi tritando

su le spume caprin latte rappreso,

e spargendovi sovra un leggier nembo

di candida farina, una bevanda

uscir ne fece di cotal mistura,

che apprestata e libata, ai due guerrieri

la sete estinse e rinfrancò le forze.

(Iliade, XI, trad. V. Monti)

Questa iscrizione, oltre a testimoniare la fitta rete di relazioni commerciali che i coloni di Pithekoussai svilupparono con il Vicino Oriente e Cartagine, la Grecia e la Spagna, l’Etruria meridionale, sino alla Puglia, la Calabria ionica e la Sardegna (tanto che Buchner, contrariamente a quanto si era fino a quel momento ritenuto, poté identificare Ischia come la prima colonia greca dell’Italia meridionale), costituisce uno degli esempi più antichi di scrittura greca a noi giunto e rappresenta soprattutto il primo frammento noto di poesia conservato nella sua stesura originale, contemporanea a quella del celebre poema epico attribuito ad Omero.

Il reperto è attualmente custodito presso il Museo Archeologico di Pithecusae, situato nel complesso di Villa Arbusto di Lacco Ameno, nell’isola d’Ischia, costruito nel 1785 da Don Carlo Acquaviva, duca di Atri e fortemente voluto da Buchner.

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Bruno Mancini