Notturno ischitano

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Notturno ischitano

MatrioskaKokeshimachia
La vittoria del Bene sul Male
poema in un atto di Goran Ingulovic
da una antica leggenda giapponese
in cui il Bene – Kakoshi – sconfigge il male – Matrioska – che ne voleva usurpare le sembianze.

Kakoshi il buono Principe amato del regno di Fantasia spodestato dalla infida Matrioska Principessa di Katzolandiagtan

La new entry, Maria Calise legge “Ancora hai voglia”!

Volevate un’altra poesia di Trilussa? Eccovi accontentati con “L’ucello in chiesa”…

 

Da questa notte (vi ricordo che l’inizio è all’una e si va avanti fino oltre le tre) inizierà una nuova rubrica curata da Luciano Somma durante la quale saranno lette poesie tratte dall’Antologia “Adotta una poesia” sponsorizzata dalla rivista “Il Dispari” di Gaetano Di Meglio… Proporremo un po’ alla volta TUTTI gli Autori che ne hanno fatto parte:-)

… e poi Raffaele Petra, Duca di Vastogirardi e Marchese di Caccavone, è l’Autore che “VOX” (Antonio Mencarini) ci proporrà stanotte nel suo “Inferno poetico” con la poesia ‘A cunfessione.

Da oggi, con “La vispa Teresa ” di Trilussa, iniziamo a pubblicare anche i testi delle liriche che fanno parte di questo spazio “speciale” adatto, come abbiamo più volte sottolineato .. solo ad occhi ed orecchi adulti.

Senza dimenticare di trasmettere qualche altro brano  tratto dello scurrile “Inferno poetico” prodotto da Antonio Mencarini.

Questa notte, a partire dall’una come ogni notte, nuova puntata su questo sito del
“Notturno ischitano”, il programma realizzato da Bruno Mancini con tante intriganti intrusioni nel mondo dell’erotismo artistico (e non solo) proposte con la collaborazione di

Luciano Somma, Antonio Mencarini e Marina De Caro.

Vi aspettiamo in molti:-)

Trilussa 1917

La vispa Teresa
avea tra l’erbetta
a volo sorpresa
gentil farfalletta
e tutta giuliva,
stringendola viva,
gridava a distesa:
“L’ho presa, l’ho presa!”
A lei supplicando
l’afflitta gridò:
“Vivendo, volando,
che male ti fo?
Tu sì mi fai male
stringendomi l’ale!
Deh, lasciami: anch’io
son figlia di Dio!”
Confusa, pentita,
Teresa arrossì,
dischiuse le dita
e quella fuggì.

 

Se questa è la storia
che sanno a memoria
i bimbi di un anno,
pochissimi sanno
che cosa le avvenne
quand’era ventenne.
Un giorno di festa
la vispa Teresa
uscendo di chiesa
si alzava la vesta
per farsi vedere
le calze schiffonne
che a tutte le donne
fa molto piacere.

Armando, il pittore,
vedendola bella,
le chiese il favore
di far da modella.
Teresa arrossì,
ma disse di sì.
“Verrete?” – “Verrò:
ma badi però…”
“Parola d’onore!”
rispose il pittore.

Il giorno seguente,
Armando, l’artista,
stringendo furente
la nuova conquista
gridava a distesa:
“T’ho presa, t’ho presa!”
A lui supplicando
Teresa gridò:
“Su, su, mi fai male
la spina dorsale:
mi lasci che anch’io
son foglia di Dio…
Se ha qualche programma
ne parli alla mamma…”
A tale minaccia
Armando tremò,
dischiuse le braccia,
ma quella restò.

Perduto l’onore,
sfumata la stima,
la vispa Teresa,
più vispa di prima,
per niente pentita,
per niente confusa,
capì che l’amore
non è che una scusa.
Per circa tre lustri
fu cara a parecchi:
fra giovani e vecchi,
oscuri ed illustri,
la vispa Teresa
fu presa e ripresa.
Contenta e giuliva
s’offriva e soffriva.
(La donna che s’offre.
se apostrofa l’esse,
ha tutto interesse
a dire che soffre.)

Ma giunta ai cinquanta,
con l’anima affranta,
col viso un po’ tinto,
col resto un po’ finto,
per torsi d’impaccio
dai prossimi acciacchi
apriva uno spaccio
di Sali eTabacchi.
Un giorno un cliente,
chiedendo un toscano
le porse la mano
così… casualmente.
Teresa la prese,
la strinse e gli chiese:
“Mi vuole sposare?
Farebbe un’affare!”
Ma lui, di rimando,
rispose: “No, no!…
Vivendo e fumando
che male ti fo’?
Confusa e pentita
Teresa arrossì,
Dischiuse le dita
e quello fuggì.

Ed ora Teresa,
pentita davvero,
non ha che un pensiero:
d’andarsene in chiesa.
Con l’anima stracca
si siede e stabacca,
offrendo al Signore
gli avanzi di un cuore
che batte la fiacca.
Ma, spesso, fissando
con l’occhio smarrito
la polvere gialla
che resta sul dito,
le sembra il detrito
di quella farfalla
che un giorno ghermiva
stringendola viva.

Così come allora,
Teresa risente
la voce innocente
che prega ed implora:
“Deh, lasciami! Anch’io
son figlia di Dio!”

“Fu proprio un bel caso!”
sospira Teresa,
fiutando la presa
che sale nel naso.
“Se qui non son lesta
mi scappa anche questa.”
E fiuta, e rifiuta,
tossisce e sternuta:
il naso è una tromba
che squilla e rimbomba
e pare che l’eco
si butti allo spreco…
Tra un fiotto e un rimpianto,
tra un soffio e un eccì,
la vispa Teresa…
. . . . . . . . . . . . . . . .
lasciamola lì.

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DILA

Premi Otto milioni

Bruno Mancini