NA04 – Alessandro Corsi – La ballata del mare incantato

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La ballata del mare incantato

“Almeno a volte non conta la destinazione, ma soltanto il cammino”

filosofeggiò Marcello, atteggiandosi a persona che avesse scorrazzato in lungo ed in largo per l’intero pianeta.

In realtà non si era mai allontanato più di tanto dalla sua città natale, per un massimo di due o tre giorni.

Abitava nel vasto appartamento in cui erano nati lui e suo padre.

Da quando i suoi genitori erano morti e si era ritrovato solo al mondo aveva gradatamente liberato tutte le stanze, tranne la cucina ed il bagno, dei mobili che non gli erano indispensabili.

Li aveva sostituiti con delle capaci scaffalature, alte fino al soffitto.

Ve ne erano persino nel corridoio, lungo una dozzina di metri.

Vi aveva raccolto in bell’ordine la sua biblioteca, dopo avere comprato uno ad uno i libri che la formavano.

Ogni acquisto era stato fatto con un amore che non era mai stato capace di provare per un altro essere umano.

“È da quando ero un ragazzino che li colleziono”

sorrise l’uomo, pensando con un certo disagio ai propri capelli radi e grigi.

Per distrarsi tornò con la mente al suo costante frequentare bancarelle, negozi di libri usati e librerie, spinto dal suo morboso desiderio di titoli interessanti.

Non c’era momento della giornata libero da impegni lavorativi, o da quelle incombenze quotidiane strettamente necessarie alla mera sopravvivenza, che non lo vedesse intento a leggere o a procurarsi dei nuovi volumi.

Immerso nelle pagine di quanto amava svisceratamente dimenticava l’intero universo e persino se stesso, in perenne partenza per viaggi più avventurosi ed affascinanti di quelli di Ulisse.

“Domani sarà l’ultimo giorno in cui lavorerò” si disse Marcello, pensando all’agognata pensione che gli avrebbe consentito di dedicare ai libri quelle ore quotidiane che non lo avrebbero più visto impegnato a procurarsi il necessario per vivere.

Avrebbe potuto dedicarsi completamente alla sua collezione: a quanto, con il trascorrere degli anni, era diventato sempre più la sola ragione della sua esistenza.

“Sono il mio mare incantato” sorrise l’uomo, immaginando inesistenti vele gonfie del vento della fantasia “I miei viaggi non conoscono confini, o limitazioni di tempo o di luogo”.

Si era sempre compiaciuto, pure se unicamente con se stesso, nel pensare che in qualsiasi momento poteva partire per ogni dove ed ogni quando con una libertà così assoluta, totale, da dargli un senso di onnipotenza.

Non aveva mai sentito la mancanza di una figura femminile, al suo fianco: si sentiva del tutto compiuto in se stesso, appagato.

Specialmente quando poteva stringere un libro fra le mani.

“Perché avere dei figli?” si domandò per l’ennesima volta, non capendo come si potesse desiderarne “Perché mettere al mondo degli individui che sarebbero ancora vivi, quando sarò soltanto concime?”

Lucidamente consapevole dell’inevitabile trapasso, destino d’ogni essere vivente, aveva disposto che alla sua morte la sua raccolta di libri fosse donata alla principale biblioteca pubblica cittadina.

Aveva imposto la condizione che rimanesse indivisa: e che i volumi che la costituivano non uscissero mai, per nessuno motivo, dall’edificio che li avrebbe accolti.

Chi avesse voluto leggerli, od anche soltanto consultarli, avrebbe dovuto farlo esclusivamente nello stesso luogo che li ospitava.

Marcello si mise a gironzolare per le stanze della sua abitazione, con gli occhi umidi d’amore e di commozione.

Rammentava dove e quando aveva comprato ogni singolo volume, ricordando pure l’emozione suscitata in lui prima di tutto per averlo trovato: e poi per averlo acquistato.

Leggerlo era stata un’esaltante avventura.

“E tutte queste emozioni, tutte queste memorie, andranno perse con la mia morte”

si rammaricò, domandandosi, al contempo, se quel suo sentire non fosse altro che una futile emozione.

Magari con qualcosa di morboso.

Scacciò dalla mente ogni considerazione con un controllatissimo gesto di stizza, lasciando fluire soltanto il proprio totalizzante ed egoistico amore per i libri.

Con un sorriso, talmente cinico che avrebbe messo a disagio chiunque lo avesse visto, tolse da un ripiano un romanzo che da tempo voleva rileggere.

Carezzandolo come se fosse il volto di un’amante con la quale si apprestava a fare l’amore si diresse verso la sua poltrona.

Era da lì che partiva per i suoi viaggi nel mare incantato della carta stampata.
E non aveva bisogno di altro.

Alessandro Corsi

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DILA

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Bruno Mancini

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