Come i cinesi – volume secondo – Il nodo – Il premio

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Come i cinesi – volume secondo – il-nodo – Il premio

Il nodo – Il premio

 Il premio

Lo scampanare della chiesa da sempre ha richiamato la mia pigrizia di buon mattino.

La vecchia abitudine di lasciare la luce filtrare dalla finestra, a modo di meridiana, al risveglio, mi indica l’ora, e quella domenica 26 Aprile il raggio riflesso oltre il tendaggio trasparente indicava l’inizio di un giorno illuminato da un sole splendente.

Il suo posto, al contatto con il mio braccio steso, risultava freddo, ormai da circa un mese, ma le mie abitudini non cambiano, né ho controllato il rapido moto di sorpresa.

Non potevo poltrire.

Era iniziata così, nel mio ricordo nitido ed attuale, quella domenica d’inizio primavera resa intrigante dalla prospettiva del suo ritorno dalla lunga assenza.

Ti hanno trattata bene?

Faceva freddo?

In quanti erano?

Il mare era calmo?

Vuoi fare qualcosa?

Ho di nuovo acceso il camino, lo so, non occorre, ma piace -ti piace- come l’inferno -più giusto del limbo-.

Quasi m’interrogo, mentre attendo che venga l’ora allungando il tempo del caffè, su quante domande la mia Bianca Image mi lascerà porre e quante risposte con gesti a noi solo noti le esaudiranno, o se sarà soltanto “Abbracciami, ne parleremo a casa.

Da casa al molo, un breve tragitto in una

successione di stradine acciottolate e di viali costeggiati da

pini e ginestre -ginestre, fiore amato dalla mia donna-.

In fondo, una piazza ed è qui, all’edicola, che compro i soliti giornali, riviste, a volte libri.

Un’animazione evidente mi affrettava, quasi un timore improvviso, eppure ero certo che l’ora era esatta.

L’orologio della chiesa batte i quarti.

Poi pochi passi e sono sulla panchina all’imbarcadero.

Posso fermarmi al primo sole di primavera, più caldo di quanto non appaia.

L’attendo fremente, la cerco, voglio vederla per primo e prima che sappia della mia presenza.

E così è.

È vero, era la mia Image, la mia candida bianca immagine, di una eleganza metropolitana, distinta, per quanto attorniata da un nugolo di altri, imbellettata con un alone di chiarore.

Vicina, profumava di fresco, immersa in un nuovo tessuto setoso, frusciante, discretamente trasparente.

Per me era un premio, che forse non meritavo, che certo arrivava per dare un senso al mio futuro.

Socchiudo gli occhi per impedire che l’emozione divenga evidente, respiro forte, infine calmo, inizio a leggere i segni scuri del suo volto.

-«Abbracciami, che ne parliamo a casa.»

Gli stessi oggetti nella stessa stanza, l’ordine ha immobilizzato il tempo, un velo di polvere di spore e di salmastro incornicia…

Ho voglia di prenderla, la voglia violenta dei miei venti anni.

-«Molto ti ho attesa!»

Troppo ho goduto per la sua arrendevolezza.

La stringo, l’abbraccio, l’avvinghio, la stropiccio, la strappo, la sospendo, e, come di nuovo sposa, l’adagio sul

divano morbido accanto al fuoco del camino.

Aggiungo un carbone nella cenere.

Davanti al camino con la mia bianca Candor, mia candida immagine, la smania mi prende veloce.

La giro e rigiro, la volto e mugugno, come se sentissi mancare l’Anima e il Cervello.

Ripudio questi sensi e scatto ribelle ferito.

Agli angoli degli occhi

dietro pigrizie amiche

prepara a morte nostalgia.

Passa più parti

lampo di tempo indietro

indietro secoli.

E sempre come sempre.

 Riguardavo le fasi del rischio, mentre fissavo, in ricordi lontani, la brace.

Possibile?

Nel tentativo di ripercorrere tra suoni e musicalità il senso conosciuto di una frase, mi sentivo parlare a voce alta.

Poggio un carbone nella cenere.

Non sono io!” E il panico mi tenta.

C’è un’ANIMA-CERVELLO tutta intera, indissolubile, epidermica, fluttuante in un magma che non mi appartiene, in una spontaneità imbrigliata.”

Possibile?

Smuovo un legno sulla brace.

Non è la mia semplicità!

Suoni netti e precisi, decisi, ora spariti!

Perché m’invadono toni di timbri elettronici?

E tutto si genera nuovo

sparso tra fossili addii

poi l’ombra assorbe.

 Prendo un tizzone dal fuoco per accendere una sigaretta.

Lo faccio?

L’ho buttata sul fuoco.

È stata la fiamma azzurra della pagina di carta filigranata (bianca con i solchi scuri che rappresentavano il manoscritto della mia novella), Candor, arsa sulla brace del camino appallottola con il foglio del giornale sul quale era stata pubblicata, a liberarmi dal nodo.

Mi ha sciolto dal bozzolo di contraddizioni e titubanze e scelte lasciate sfumare, e di limiti ignorati.

E ancora dal groviglio di passioni, indifferenza, io voglio-io posso.

Tutti convulsi senza perché.

Dal cumulo di esistere ed essere.

Mi disinnesta dal groppo che mi aveva incatenato, rivelando al mio sistema la paternità del vero autore.

E così, con un solo gesto, scoprendo le maschere e i volti, l’identità completa conferma il suo dominio.

Davanti alla sua immagine da lungo dimenticata, ricevo conferma che la mia Anima e il mio Cervello, erano, sono, il mio volto e la mia maschera, e mi appartengono inequivocabilmente, senza limiti di errore, ed io, identità completa, li uso li strizzo li ascolto li ignoro li esalto li smonto e li deprimo li caccio dal tempio li invito al tavolo dell’ultima cena, se voglio, quando voglio, ed ogni volta che voglio.

La loro è natura di sudditi.

Essa può tendere a renderli apostoli del giusto, sempre che non covino intenti di auto celebrazioni, ed abbiano oltre al coraggio anche che l’orgoglio, di esserne parti, o, forse, solo frammenti.

Finalmente di nuovo gonfio d’ambizioni ho compreso che scevra da dogmi -tale è la libertà dell’uomo da se stesso e dal resto-, mai prigioniera -perché figlia legittima della storia e della natura-, anonima -per secolari contributi di fedi laiche-, sorniona, l’io-entità pregna del suo potere, cosciente di generare smanie e turbamenti, sfidando i cardini della sua stessa esistenza, aveva consentito lo sviluppo della trama.

Di Giuda so tutto.

Scegliendo di fingere un’assenza si era prestata a rendere agevole l’apoteosi del racconto.

Lasciando volontariamente intendere che altri e non essa ne fossero stati gli autori.

In qualsiasi momento avrebbe potuto chiedere la verifica dei timbri, cambiare gli strumenti nel concerto immaginario, usare la frusta e la spada, per diritto, per autorità, per genesi, e sostituire, quando lo avesse desiderato, l’immagine di una donna con il semplice suono del sussurro di un foglio.

La mia candida immagine, Candor Image.

Se l’avesse voluto avrebbe svelato se stessa sfoggiando l’ordine vero, come un abbaglio.

Sul palco si inizia

e la sala si buia

-non devi sentire gli umori-

“Attore”:

scollato nel cubo, dal resto.

 

Sospeso il goccio

e la rugiada

il melograno

“Prologo”

cava la prima scheggia.

 

Un giorno

guardami.

Un giorno

guardati.

Un giorno

guardaci.

Un giorno… un giorno… un giorno.

 

Proscenio scettico

l’alone della ribalta

-più ombre che molti-

“Attore”:

librante

sul solco tra i fumi.

 

Mi guardo un giorno

e penso.

Ti guardo un giorno

e rido.

Ci guardo un giorno

stupisco.

Un giorno… un giorno… un giorno.

 

—°°°—

 

È quando si smette

che accendono

e spargono giudizi

“Attore”

infuso

nel vuoto, tra gli altri.

 

Annebbia il fato

annebbia il rischio

il principe

“Eccomi”

il telo è teso.

 

Poi guardo un giorno

e c’ero.

Poi guardo un giorno

tu c’eri.

Poi guardo un giorno

insieme.

Un giorno… un giorno… un giorno.

 

Amore per le tue gote chiare.

Paura per queste rughe scure sul tuo viso.

Si è sempre soli quando si bruciano fantasmi indefinibili, ma io quelle domenica 26 Aprile sistemai nel vaso le ginestre, vi aggiunsi dell’acqua pulita, stappai una birra, e dissi:

-«Silvia,» asciugando dal tuo volto il rimmel bagnato «ridiamo!».

 

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Dedica – Introduzione

 

Ambiguità

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

Il nodo

Il nodo

Così e così

Il premio

La coda

Il chioccolo del fringuello

Il chioccolo del fringuello

Come i cinesi volume secondo

Come i cinesi volume secondo di Bruno Mancini

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Come i cinesi volume secondo

seconda edizione

ID 29z5vq

ISBN 978-1-4710-5423-5

Bruno Mancini
ISBN 978-1-4710-5423-5
Versione 4 | ID 29z5vq
Creato: 13 settembre 2022
Modificato: 14 settembre 2022
Libro, 98 Pagine
Libro stampato: A5 (148 x 210 mm)
Standard Bianco e nero, 60# Bianco
Libro a copertina morbida
Lucido Copertina
Prezzo di vendita: EUR 14.00

Titolo Per Aurora volume quarto
Sottotitolo Il Libro di Sonia – Il Nodo
Collaboratori Bruno Mancini
ISBN 978-1-4710-5423-5
Marchio editoriale Lulu.com
Edizione Nuova edizione
Edizione ampliata
Licenza Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright Bruno Mancini
Anno del copyright 2022

Dialoghi, intimità, ragionamenti, passioni, le irrazionali note, cadute, catarsi, sdegni, i vari volti di un atto, gli equivoci, i nodi, le sfide, i sensi dei vinti, i come, perché, dove, se, che abbiamo macinato più contro di noi per dare che non verso di noi per avere, più sciocchi per idoli che lucidi d’esperienze, sempre senza pause catalizzatrici.

Per Aurora volume secondo

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Come i cinesi – volume secondo

seconda edizione

Racconti

Ambiguità

Il nodo

Il chioccolo del fringuello

Come i cinesi – volume secondo

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DILA

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Bruno Mancini

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