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Il Dispari 20230918 – Redazione culturale DILA
Il Dispari 20230918 – Redazione culturale DILA
VASCO E MEDEA
Parte seconda
Capitolo G
[… ]
Lasciargli sul corpo e nella mente i segni squassanti di una passione artificiale, artatamente impudica e violenta, tenera e vendicativa, ponendo in un solo amplesso tutti i registri delle sue esperienze, tutta la prorompente eccessiva sfacciata bellezza del suo corpo di donna non
più bambina, i giochi estremi di mani esperte di labbra avvampate di pelle di luna, tenerezze ossessioni, morbidezze stupori, in una altalena di grida e di sussurri che per anni la sua mente aveva elaborato, posizionato, montato come in un film con arte e per vendetta modulato come lo sguardo di una tigre.
Se invece fosti femmina
anima
aliena
the stardust melody show
inno
pacchiano
al mio ottuso incarnato destino
Un colpo di tamburo di Max Roach.
Capitolo H
Il segreto dei sapori non riduce il piacere di un gustoso manicaretto.
Una donna, presente con discrezione negli anni passati della mia vita, guarniva gli arrosti bruciati con un trito di capperi ulive nere e bacche di mirto affondate in brandy di pessima qualità.
Bistecca stupenda.
Il massimo al lume di candela.
Anzi il massimo del massimo guardando Adriano Celentano in un suo spettacolo televisivo.
Lo dico con molta ignoranza e senza allegria.
Se il segreto dei sapori non riduce il piacere di un gustoso manicaretto…
… (Se)…
… il dubbio di una azione non condiziona l’emotività di una partecipazione attiva.
Un’altra donna, più giovane, che mi pestava i piedi per farsi baciare gli occhi, scopriva di notte, forse dormendo, forse, le tonde colline di sabbia del Sahara a sbalzo sul fondo della sua schiena.
Ancora più bello quando il lume acceso vi abbozzava chiari scuri in movimento.
Stupendo ogni volta che Cicciolina compariva nella storiella del film notturno sul canale 9870000.
Se il dubbio di una azione non condiziona l’emotività di una partecipazione attiva…
… (Se)…
… il segreto della verità è l’inganno della forza.
Vasco non disse mai la verità.
Medea non seppe mentire.
Il segreto della verità nasce dentro noi, a chi di più a chi meno, come i peli sul corpo.
In età diverse…
… di varia intensità…
… discontinui per sesso e per radici.
I peli sul corpo, barba, baffi, capelli, ciglia, sopracciglia, ascelle, pube, torso, petto, dita, culo, cosce, gambe, nuca, naso, orecchie, forse dimentico, sì dimentico cuore, stomaco, ed allora aggiungo anima e cervello.
Qualcuno li toglie, altri li ignorano.
La prima donna che, spavalda, tentò di vivere nella mia casa, li gratificava di affettuose attenzioni.
Vasco non sapeva mentire.
Medea amava i forti.
La mia prima donna, spavalda, aveva bellissimi capelli.
«Due coyote contemporaneamente Uhhh Uhhh per due minuti quasi senza prendere fiato. Incredibile.
Più lungo dell’ululato del coyote nel film “Oltre le ombre rosse”, quando Ellor Queen esce dal coma procurato dall’agguato per rapina che ha visto morire la sua amata Annì (Mary Vorter), e si sente pronto ad iniziare la caccia ai delinquenti criminali. Dura un minuto.
Non mi sbaglio.
Un minuto secco.
In nessun film ne avevo mai sentito uno simile al loro.
Quasi due minuti.
Insieme.
Se devo dare credito alla mia esperienza quel doppio Uhhhh…
… Uhhhhh mugolato da entrambi contemporaneamente poteva solo significare la fine di una verginità, e vista la posizione… dicono a pecora, a pecora e caprone, a cagna e cane, a cavallona… dicono i giornali: sesso contro natura, innaturale io dico, allora, allora io faccio il vigile notturno, di queste cose ne capisco.
Poi il silenzio, il mio silenzio, uno dei miei silenzi… fino a quando giunse Benna Nera.»
«Forse udendomi arrivare, lo sapete faccio molto rumore, si erano nascosti aspettando che passassi.
Forse esausti da quel doppio Uhhhh Uhhhh che dice Manson Red si erano appisolati, che ne so, certo non li ho visti in mezzo a tutte quelle schifezze, voglio dire non si distinguevano tra quelle masserizie.
Luce niente, nemmeno un lampione per cento metri, finestre aperte nessuna, figuriamoci, sono anni che il vecchio palazzo è disabitato, c’è solo il vecchio, non mi ricordo come si chiama, il custode…»
«Attilio?»
«Sì Attilio proprio lui. Le luci non le accende nemmeno a Natale, e non è perché dorme!
No, di notte va avanti e indietro lungo il viale, conosce tutte le pietre, i fossi, le radici, le tane dei topi, e va avanti e indietro per ore al buio, dal pollaio al cancello, dal cancello al muro rotto, e così e così e così.
Come se aspettasse.
Mai capito chi.
Mai arrivato nessuno.
Cioè non c’era nessuna luce di nessun tipo, nemmeno la luna, controllate, quella notte non era una notte di luna, allora come potevo vederli con quelle due lucette ai lati del mezzo, non servano a niente, solo a segnalarne la sagoma, io vado perché conosco le strade, allora come potevo vederli e come potevo pensare che stavano nell’immondizia silenziosi e fermi?
Così è successo.
Con la benna.
La benna, sì la parte sporgente del mio mezzo, quella specie di cucchiaio gigante posto avanti alla pala meccanica, una coppiglia, volendo posso farne un disegno.
Lo sapete serve a rimuovere i rifiuti, l’immondizia, calcinacci, tronchi d’albero, macigni, è tremenda non si ferma davanti a nessun ostacolo, basta un colpo e bang come un timbro gigantesco schiaccia tutto.
Ad agosto c’era una carretta di auto abbandonata, ci credete con un colpo la ho schiacciata di mezzo metro, con il secondo era poco più alta di una lavatrice, e con il terzo pronta ad essere caricata sul camion.
Poteva capitare a tutti, a me come a lui o come a loro.
Così è successo.
Con la benna.
Ho messo la prima ho accelerato al massimo ho alzato la benna per scamazzare l’immondizia e poi l’ho abbassata di colpo, con forza e la benna li ha…»
«Signori è l’ora del flambè».
Capitolo I
Posso affermare che avevano entrambi trovato ciò che veramente cercavano.
Al di là dei feticci ossessivi e dei ritorni al passato.
Per una volta, l’ultima, oltre le disperate solitudini.
La radio, il disco, gli uomini con la camicia rossa, i russi in Ungheria, il cancello con volute di ferro battuto, i loro nomi, Vasco, Medea: altari di false devozioni, patiboli di sacrifici insensati.
Mentre Benna Nera muoveva la pala meccanica, per Vasco rifioriva la sua donna abbandonata, piena di seduzione, dal passato misterioso, sua, donna, intrigante, fascinosa, e lei si aggrappava al suo amore totale, dedicato unico inossidabile, si appagava con una trasgressione voluta, voluta con tutte le forze, in uno stupefacente protagonismo sfacciato.
Stupire.
Medea e Vasco due individui semplici nelle azioni, due tipi particolari superando le apparenze.
La dama senza età seduta al mio fianco, né bella né brutta, né dolce né bassa, né alta e neppure cattiva, Aurora, chiamata da tutti “SIGNORA” guarda le mie mani colme di carte, di fotografie e di nastri registrati.
«Confondi» mi dice «sapere e sentire.
Misceli tutto perdendo, in un amalgama da sabbie mobili, il senso del vero e del falso, finzione e realtà.
Così è la vita, non te ne faccio colpa, da sempre arruffona, di comica indulgenza e di sfrenate accuse.
Vasco e Medea.
Tu la vali.
Io no.
Finzione e realtà come Aurora e Signora, nel regno del mio pensiero trovano luoghi diversi per rendersi eterni.
Mi dispiace.»
Mi concede il tempo di baciarli sulla fronte, e spariscono in una nuvola. Buf.
Fine?
Capitolo dopo fine
A Medea
1
Il piccolo bagliore nel cesto
di lumache
vinceva avvinghiato da
bolle
vischiose
profondi mongoli sonni.
2
Così Medea scoprì il suo
sesso
innaturale
fendendo sfregiando fra
panche
d’intimoriti
silenzi maciullati in urla.
3
Se invece fosti femmina
anima
aliena
the stardust melody show
inno
pacchiano
al mio ottuso incarnato destino.
A Vasco
1
A cavallo dell’orso
scimmiotta
la folla disseminata
nel prato di uno stadio
Ah Vasco!
tra fumo stellare
il verso del lupo nella steppa
Uhh Uhh Uhh.
2
Ritorna assassino
nell’ombra ballerina dei vincenti
il fallo abbandonato
nella doccia
Ah Vasco!
per uomini incerti
in teneri sguardi alla luna
Uhh Uhh Uhh.
3
Quando
un giorno avrai uno specchio
avrai due occhi
per ascoltare una canzone
in solitudine
Ah! Vasco
dimmi quel posto.
Io vengo.
Uhh Uhh Uhh
A VASCO E MEDEA
Ancora non si placa
l’eco
maledetta
del suo urlo
tra le braccia
rosse
bastardo.
Ancora non è fermo
il disco
uhh uhh uhh
la notte non è più
sicura
bambina.
Ancora non è sopita l’eco
indecente volteggio
sul letto acciottolato di Medea.
Scorrono nelle case
i volti
falsate riprese
sul palco rosso
del tiranno.
Oh Vasco!
Potessi credervi
sapessi illudervi!
Una volta in più Medea riconquista la sua verginità e Vasco il suo dominio.
Anche in questa occasione, invece, il mio lettore barbaramente assediato sconfitto distrutto
ridotto in catene, comprende che
“Vivere insieme a me
hai ragione hai ragione te
non è mica semplice,
non lo è stato mai per me.” (Vasco Rossi)
Alla prossima.
“… e smettila di piangere…
siamo soli.” (Vasco Rossi)
Fine.
Un racconto di Bruno Mancini
ISBN 9781471081149, pagine 93, copertina morbida, A5 (148 x 210 mm), 14.00 €, acquistabile all’url:
https://www.lulu.com/it/shop/bruno-mancini/per-aurora-volume-primo/paperback/product-29772m.html
NUSIV