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Il Dispari 20220207 – Redazione culturale DILA
Il Dispari 20220207
Dal libro di Bruno Mancini “Per Aurora volume terzo”
La sesta firma – 10a puntata
Capitolo sesto
[—]
-«Ecco le birre.
Giuseppe vai alla porta.
Non ci sono per nessuno fino a nuovo ordine.
Lo so, la guerra in Iraq può fare vittime eccellenti.
Falle aspettare, o buttale giù direttamente.
Ti ricordo che il nostro amico ha ricevuto da questa Corte Suprema il titolo e gli onori di: Grande Super Guida Delle Praterie Tra l’Essere E Il Nulla.
Poi, su mia proposta il Consiglio Direttivo ha avuto il piacere di nominarlo: Cittadino Onorario Con Le Chiavi Del Regno.
Nella disponibilità che le conferisce il suo ruolo preminente, lei personalmente, la Signora, Donna Guascona, per lui amica Aurora, ha decretato di assegnare al suo DNA: Un bonus, cioè un supplemento di vita.
Infine, per la richiesta unanime di tutto il nostro popolo virtuoso, gli è stato affidato un eccezionale cimelio:
Una bacchetta da direttore d’orchestra.
Con essa, Arturo Toscanini diresse per la prima volta a New York il 13 aprile 1913 la Nona Sinfonia di Beethoven.
Nel suo resoconto sulla rappresentazione, il “New York Herald” mise il titolo: “Il Signor Toscanini, la Bacchetta Magica della Sinfonia”.
Chiaro? Non dimenticarlo mai
Che aspettino gli altri, o buttali giù.
Chiaro Pepé?»
-«è proprio di questo che vorrei parlarti, delle mie onorificenze.
Ho deciso di restituirle…»
-«Benedettooooo… prego, ti prego Benedetto, due birre super popolari iper ghiacciate senza bicchieri, le beviamo con il collo nella bocca, ah ah ah, lui è un gran mattacchione, trova sempre il modo di mettermi allegria, scherza anche sui nostri doni.
Sì… vuole rinunziare!
Ditemi signor Bruno, ho capito bene? è una burla.»
-«Petrus mi sono innamorato.»
-«Non è il caso di continuare a prendermi in giro, signor Bruno, le birre passano in un sorso. Ah ah ah.»
-«Di una donna.»
-«è meno grave, una sola è sopportabile. Ah ah ah.
Benedetto, pazienza, per carità Benedetto, fai portare due casse di birre dal frigorifero polare, una per me, misero miscredente, e l’altra per lui, scherzoso innamorato. Ah ah ah.»
-«Di Gilda.»
-«Gilda?
Gilda la rossa d’Ischia?»
-«Sì, lei.»
-«NO!!!!!!»
-«Perché tanto stupore?
è la prima volta che ti vedo sputare un goccio di birra.
Improvvisamente hai cambiato completamente colorito.
Un secondo fa eri allegro ora sembri terrorizzato.
Gilda, sì Gilda la rossa di Via Colonna, ci vogliamo sposare.
Che c’è di così strano ed allarmante? Sei sbiancato. Per lei voglio restituire i titoli e le onorificenze che mi avete elargito con tanta affettuosa magnanimità.
Non mi sembra giusto beneficiare da solo di privilegi ineguagliabili.
Lei ed io saremo un binomio indivisibile.
Né mio né suo: nostro.
Né io né lei: noi.
Come potrei custodire in segreto la bacchetta magica, il bonus di vita, la cittadinanza onoraria, ed il titolo di Grande Super ecc., avendo per obiettivo un rapporto paritetico e senza remore?
Voglio tornare umano tra gli umani.
Voglio, capisci?
Il mio attuale problema è come dirlo ad Aurora, senza offenderla.
Tutte le donne sono gelose e permalose.
Aurora potrebbe pensare che io voglia staccarmi dal nostro splendido sentimento amichevole, ma non è assolutamente vero.
Lei potrebbe credere che i suoi doni siano per me poca cosa, ma neanche ciò è vero.
Aurora potrebbe condannare la mia presunzione, considerarmi rimbecillito, credermi pazzo.
Ma non è vero. Niente di tutto questo è vero.
Sono solamente innamorato e voglio vivere con la mia futura sposa, Gilda, nella identica dimensione che è consentita a lei.
XYZTNOI. Coordinate spaziali XYZ, temporale T, personali NOI.
Ho bisogno di te, Petrus.
Insieme, potremo convincere Aurora del mio immutato e profondo sentimento nei suoi confronti, e dell’amore assoluto che provo per Gilda.
Mi aiuti?»
-«No, no, non voglio ascoltare.
Gilda… è… la figlia adottiva di Aurora.»
-«La… di… Aurora?
Che sai, parla.»
-«Potessero scorticarmi beduini padani, stritolarmi gesuiti padani, bollirmi a fuoco lento pigmei padani, non dirò altro!
Non altro.
Niente.»
-«Aiutami, non ti ho mentito, è tutto vero.
Anche Gilda mi ha sempre amato.
Voglio sia mia per sempre.
Ti ho portato in dono un liquore preparato con limoni che ho colto con lei sull’ultimo albero del bosco d’argento.»
-«Limoncello?»
-«Lo avevi già bevuto?»
-«Per Bacco!
Del bosco d’argento o della cava delle ginestre?»
-«Del giardino di Titina.»
-«Proviamolo.»
-«Che gusto ha? Come lo trovi?»
-«Semplicemente squisito.»
-«Allora?»
-«Parliamone.»
-«Gilda è la figlioccia di Aurora?»
-«Non lo sapevate?
Siete pazzo, signor Bruno, ma io vi aiuto lo stesso.
Bruno, non sei folle, sei follia.»
Continua lunedì prossimo
https://www.emmegiischia.com/wordpress/bruno-mancini/prose/per-aurora-vol.3/
Michela Zanarella
torna in libreria con “Recupero dell’essenziale” – Interno Libri
Dopo il fortunato “Le parole accanto” pubblicato con Interno Poesia nel 2017, a distanza di cinque anni esatti, Michela Zanarella si presenta ai lettori con una nuova e insolita raccolta edita con Interno Libri, progetto editoriale di Interno Editoria, casa editrice che ha fondato e gestisce il marchio Interno Poesia Editore.
“Recupero dell’essenziale” prende forma dal mistero delle coincidenze.
Il libro è il frutto di un recupero di poesie andate perdute, ritrovate con l’aiuto di alcuni amici dell’autrice.
La raccolta, con prefazione di Dante Maffia e postfazione di Anna Santoliquido, è dedicata all’amica Marcella Continanza, voce nota della poesia contemporanea, ideatrice del Festival della Poesia Europea di Francoforte sul Meno, scomparsa il 29 aprile 2020.
Con una scrittura densa e viva, la poetessa ci accompagna nel suo cammino di ricerca e riflessione sui grandi temi dell’esistenza fino a condurci nella dimensione del sogno, della memoria, della bellezza, in piena comunione con l’universo.
Attenta scrutatrice del mondo, Zanarella si lascia trasportare dagli elementi della natura che regolano la vita sulla terra, si pone in ascolto rivelando al lettore le infinite voci del cosmo.
Michela Zanarella è nata a Cittadella (PD) nel 1980.
Dal 2007 vive e lavora a Roma.
Da oltre 10 anni fa parte degli Artisti della “Tribù Made in Ischia” confluiti nell’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA”.
Ha pubblicato diciassette libri.
Negli Stati Uniti è uscita in edizione inglese la raccolta tradotta da Leanne Hoppe “Meditations in the Feminine”, edita da Bordighera Press (2018).
Giornalista, collaboratrice della pagina culturale del quotidiano “Il Dispari“, è redattrice di Periodico italianoMagazine e Laici.it.
Autrice di libri di narrativa e testi per il teatro.
Le sue poesie sono state tradotte in inglese, francese, arabo, spagnolo, rumeno, serbo, greco, portoghese, hindi, cinese e giapponese.
è tra gli otto co-autori del romanzo di Federico Moccia “La ragazza di Roma Nord” edito da SEM.
Il Dispari 20220131
Dal libro di Bruno Mancini “Per Aurora volume terzo”
La sesta firma – 9a puntataCapitolo sesto
[—]
Meno quattro.
Egli, l’Assessore Delegato, il baffo comunale, lui, sempre pronto ad ascoltare le esigenze di tutti i grandi elettori, i bisogni, le attese, le speranze, le critiche, le malefatte, le elargizioni, le risse, gli imbrogli, dei concittadini democristiani ed ex democristiani, per poi offrire a ciascuno una soluzione, un compromesso, un contributo, una presenza, una delibera, una provvidenziale dimenticanza, e pronto anche a mostrare attenzione per la stessa serie di… (che per incredibile bontà non ripeto) segnalata, alla sua attenta autorità, da parte di popolani non amati in quanto infedeli (sia ex democristiani sia non ex democristiani, comunque appartenenti ad una diversa corrente politica).
In questo caso non specifico “per offrire ecc.” poiché a costoro più che l’orecchio non metteva a disposizione altro, ascoltava sopportava e basta.
L’Assessore Delegato, il baffo comunale, lui, il Consigliere a vita, l’uditore finto semi sordo, lesto ad intervenire in tutte le occasioni di felici incontri (ignobili mostre pseudo artistiche e funerali di criminali compresi), porse la penna stilografica delle cerimonie ufficiali al testimone maschio.
L’inconfondibile figura di un mio amico la strinse fra tre dita della mano destra.
Egli, che non aveva bevuto un goccio da svariati minuti, mi rivolse un fugace sguardo d’intesa e poi subito, con la solerzia di chi vuole ritornare a situazioni meno imbarazzanti, segnò il registro scrivendo per esteso ed a chiare lettere con caratteri stampatello, soltanto il proprio nome “PETRUS”.
In quei gesti asciutti e decisi, rividi l’uguale complicità della sua accorata partecipazione nel giorno in cui, deciso a compiere il grande passo, avevo bussato all’ingresso che lui custodiva, ed essi mi parvero suggerire d’avviare la riproduzione mentale di quel nostro ultimo incontro:
-«Signor Bruno, finalmente, e tanto che non ci vediamo.
Posso offrire una birra?
Prego entrate.
Super popolare ghiacciata?»
-«Grazie Petrus, la tua accoglienza è sempre emozionante.
Come stai?
Bevi anche tu con me?
Sono venuto senza avvisare.
C’è Aurora?»
-«Come potrebbe mancare, la Signora c’è sempre.
Giorno e notte, estate ed inverno, primavera, autunno, anni bisestili e giorni di eclissi compresi. Dall’era antidiluviana alla futura apocalisse, ogni ora, minuto, istante, per tutti, bestiole comprese.
La chiamo?»
-«Facciamo prima due chiacchiere.
Ti va?»
-«Certo, accomodiamoci nel salone di ricevimento.»
Mi ero sentito perfettamente a mio agio durante il breve tragitto che avevamo effettuato per raggiungere la sala ove avevamo avuto modo di intrattenerci in molte delle precedenti occasioni.
In essa, il lampadario a cinquanta bracci, soffiato a Murano nei primi anni del dopo guerra mescolando sabbia e petrolio, troneggiava ancora, aprendo la porta, riflesso in uno specchio, irregolare, ambrato. Gigantesco padrone assoluto dell’intera parete frontale.
Sul lato destro entrando, al centro di rustiche grotte dei desideri, sbalzava, identica al mio ricordo, la chitarra rossa d’Elvis con nel bordo basso, annodati tra i rami di una ginestra (ginestra, fiore amato dalla mia donna), trecento quasi invisibili ciondoli: ricordi di melodie assimilate in altri luoghi ed in altri tempi.
Ero di nuovo lì dove, il giorno prima del mio ultimo ritorno ad Ischia, mi erano stati consegnati magnifici doni per aver scoperto un errore gestionale che avrebbe potuto compromettere la dignità della mia Amica.
Petrus, mostrandomi il luogo dove era ubicata la pedana musicale, tra il rotondo divano nero contornato da cuscini lucidi di pelle di pantera e le piccole anse ricavate sul lato del banco bar, disse:
-«Mancano i nostri due amici.
Gli inseparabili cari compagni.
Uniti nella naturalezza di un tenero sentimento, più innamorati di mai, hanno sempre creato atmosfere musicali difficili da dimenticare.
Lui, con l’immancabile ginestra al bavero, e lei con l’identico inseparabile ventaglio giapponese a stecche di bambù che agitava nel giorno del loro ricongiungimento.
I loro posti li abbiamo lasciati vacanti, formulando in tal modo l’augurante presagio di un imminente ritorno.
Per evitare sconvenienti sensazioni di vuoto abbiamo mascherato l’angolo, come si vede, mediante la parete semitrasparente composta da un filare di fiori di ginestre frammisti a canne di bambù.»
Continua lunedì prossimo
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Liga Lapinska intervista Angela Maria Tiberi
«Scrivo le mie esperienze perché ci fanno crescere spiritualmente.»
Liga Sarah: «Come hai iniziato a scrivere e quali argomenti ti sono più vicini?Scrivi spesso di te stessa?Scrivi della solitudine essenziale e dei problemi quotidiani nella nostra società?Scrivi anche drammi e romanzi?»Angela Maria: «Ho Iniziato a scrivere a quindici anni fa, per uscire dalla depressione che mi toglieva la gioia di vivere a causa del lutto di mio padre e di mio nipote morto a trent’anni.Argomenti a me più vicini sono l’amore tradito e la lussuria, l’eros e l’amore universale.Scrivo le mie esperienze perché ci fanno crescere spiritualmente.Non dimentico di essere anche testimone del mio tempo, sia politicamente sia socialmente.Mi dedico alla prosa breve e non ho scritto finora romanzi perché non mi attraggono.»Liga Sarah: «Dimmi a quale competizione sei stata più contenta di vincere o partecipare?»Angela Maria:
«Vincere fa sempre piacere e ho vinto oltre 270 premi e riconoscimenti.
Partecipare alle antologie con premi fa sempre piacere.»
Liga Sarah: «Preferisci le interviste scritte o la conversazione diretta con l’intervistato?»
Angela Maria: «Entrambe perché esiste il dialogo»
Liga Sarah: «Ti senti scrittrice, combattente, oppure semplicemente Angela Maria Tiberi?»
Angela Maria: «Mi sento un essere umano che ha ricevuto diversi tradimenti, ma io ho sempre risposto amando il nemico traditore.
Sono una combattente coraggiosa e spirituale.
Sono orgogliosa del mio nome Tiberi perché ho il nome di un eroe morto in Gondar Etiopia per salvare i suoi compagni militari all’età di trentasette anni. Morì dissanguato per le frecce degli indigeni etiopi e le sue ceneri si trovano ad Adis Abeba insieme agli altri militari italiani per la conquista dell’Africa Abissinia.
Sono contro le guerre e amo l’umanità e la pace.»
Liga Sarah: «Hai viaggiato molto nella tua vita e sei soddisfatta di essere nata e di vivere in Italia?»
Angela Maria: «Ho viaggiato molto: Canada, NewYork, Boston, Grecia, Tunisia, Marocco, Spagna Andalusia, Tenerif, Casablanca, Portogallo, Gibilterra, Tunisia, Parigi, Corsica, Croazia, Slovenia, Nizza, Montecarlo, Genova; Milano, Firenze, Napoli, Catanzaro, Salerno, costa amalfitana, Palermo, Siracusa, Catania, Messina, Reggio Calabria, San Marino, Riccione, Ferrara, Modena , Mantova, Cagliari, Oristano, Lecce, Bari, Taranto, Matera, Avellino e provincia, Frosinone, Roma, Arezzo, Lucca, Terni, Livorno. Sono orgogliosa di essere italiana e amo specialmente Roma,
Latina, Sermoneta, Sezze, Norma, Terracina, Gaeta, Sperlonga, Aprilia, Cisterna.»
Liga Sarah: «Cosa ti fa sopportare le difficoltà e da dove attingi energia?»
Angela Maria: «L’amore è la migliore energia della sopravvivenza umana.»
Liga Sarah: «Cosa pensi sia l’amore?»
Angela Maria: «L’amore e la Fede sono elementi importanti della vita oltre la logica.»
Liga Sarah: «Quale ruolo ricopri nell’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA?»
Angela Maria: «Faccio parte dell’Associazione DILA da molti e attualmente sono Presidente della Sede operativa operante della Nazione Italia.».
Liga Sarah: «I tuoi auguri ai nostri lettori!»
Angela Maria: «Faccio gli auguri a miei lettori di trovare l’amore universale e la pace fra i popoli e famiglia.»
Il Dispari 20220124 – Redazione culturale DILA
Il Dispari 20220124
Dal libro di Bruno Mancini “Per Aurora volume terzo”
La sesta firma – 8a puntata
Capitolo quinto
[…]
Molto probabilmente loro, gli emigranti erranti, al ritorno sull’isola compivano uguale servizio informativo per i miei familiari, i miei amici, e soprattutto per lei.
Non riuscivo ad immaginare quali novità carpissero nei fugaci incontri che ci concedevamo, né come le modellassero per renderle interessanti, ma certo ne facevano assiduo argomento lungo tutte le noiose giornate degli inverni ischitani trascorse al circolo sportivo giocando a maniglia:
-«Quando al Dottò gli ho confidato che è nato Isidoro, mi ha stretto il polso, fissato negli occhi e “Portami una foto. Non dirlo a nessuno. Ti prego” così ha detto “Ti prego”. Gliela porto. Me l’ha fatto giurare su mammà.»
In quegli anni di testarda determinazione, pur prestando scarsa attenzione alla cura della mia anima, compivo enormi sforzi tesi ad impedire che decelerassero gli intervalli delle pause di lavoro. Ne avevo bisogno. Esse erano necessarie a rendere accettabili le tenui ragioni in virtù delle quali riuscivo a non ribellarmi contro la serie di eventi, certamente per me spiacevoli, ma che nondimeno, se solo l’avessi voluto, sarei stato in grado di impedire anche con una semplice telefonata, un messaggio, una cartolina.
Fossi partito un anno dopo, il costo del mio dolore sarebbe stato il premio della mia attesa.
Soprattutto.
Il premio del suo dolore, la gioia della sua scelta.
Soprattutto.
Fossi partito un anno dopo, saremmo stati uniti e nostro figlio si sarebbe chiamato…
Giunse.
La telefonata con la quale Gilda accettava l’invito che le avevo scritto sul biglietto lasciato la sera prima alla cassa del bar, mi sembrò più un atto di cortesia che foriera di felici aspettative:
-«Disturbo? Sono Gilda.
Vado a prendere il pupo all’asilo, poi potremmo incontrarci alle giostre.
Alle cinque all’angolo della posta, va bene?»
-«Alle… Gilda… sì, sì va bene, benissimo…»
Tu tu tu tu…
La meraviglia per la rapidità con la quale mi aveva contattato, lo stupore per la docilità del suo seguire il mio desiderio senza porre domande, la scelta di andare in un luogo affollato dando adito a pettegolezzi, tutto ciò ed altro ancora, furono motivi che mi convinsero a credere che Gilda non aveva capito la ragione vera del mio invito.
Avvaloravo l’ipotesi che lei non aveva potuto comprendere le mie intenzioni in quanto non ero stato sufficientemente esplicito.
Esplicito?
Ammiccante.
“Il Dottò vuole passare un po’ di tempo in giro prima di tornare nel castello della sua libertà.”, forse aveva pensato così.
“Se il Dottò avesse una intenzione segreta non avrebbe scritto un biglietto, né tanto meno lo avrebbe consegnato aperto alla cassiera, dandole l’opportunità di leggerlo.”
“Uno che cerca un’amicizia più intima con una donna, non le chiede di uscire con il bambino.”
“Sarà in partenza per altri mille anni e vuole rinverdire ricordi passati.”
Aveva ragione.
Tre, quattro, mille ragioni.
Decenni di raziocinanti eccessi, avevano inaridito finanche ogni mio elementare presupposto di comunicabilità.
Bravo!
Avevo speso gran parte della vita nella peggiore maniera.
Solo.
Solo, da solo.
Solo, da solo, senza essere solo.
Alla telefonata di Gilda seguì lo sferragliante rumore del chiavistello divenuto rugginoso per essere rimasto a lungo inutilizzato.
Geltrude, entrando con la cautela e la discrezione di chi non deve disturbare:
-«Dotto’ già sveglio?
Come mai?
State bene?»
-«Sì. Tutto a posto.
Tu sei mai stata sola?»
-«Dotto’ per stare soli, bisogna essere soli. Io non sono mai stata niente, figuriamoci se mi potevo permettere il lusso di essere sola.
Stare sola?
La solitudine!
Voi ve la potete permettere.
Io no.»
Capitolo sesto
Lunedì 12 Agosto, ore dodici, alla civile formalità giuridica del nostro matrimonio mancavano solo cinque firme.
Meno cinque.
L’Assessore Delegato, doppio petto filo di scozia blu notte spagnola, cravatta parigina fucsia con animazioni americanizzate, camicia celeste cielo di primavera inoltrata lungo il fiume Danubio, calzini bianchi dei pastori greci di capre macedoni, scarpe con tacchi cinesi lacci coreani pelli di vacche australiane ed argentine e fodere d’antichi ricami persiani, egli, L’Assessore Delegato, baffo di limitate pretese ma oggetto d’innumerevoli caricature, democristiano, ex democristiano, felice sorridente, convinto assertore dei principi fondamentali ed inalienabili del matrimonio, del divorzio, della natura, della caccia e della pesca, delle zanzare e delle zoccole (topi, ratti, pantegane) giganti e ben nutrite, delle etnie marocchine e padane, della civiltà napoletana e padana, dell’Italia e della padania, della patria unita, della patria in pezzi regionali, della patria in pezzettini provinciali, della sua personalizzata minuscola patria comunale, egli, il Celebrante la Cerimonia Civile, terminato un breve discorsetto ufficiale (bella coppia, sono certo sarà un matrimonio modell… e simili cazzate), introdusse il rito laico delle firme sul registro.
Apponendovi la propria (elaborata in una schifezza d’immenso ghirigoro geroglifico) con ostentata teatralità, non creò disagio all’istantanea apparizione del ricordo nel quale mi rivedevo il pomeriggio dell’incontro alle giostre con Gilda.
-«Ho impegnato un secolo per decidermi a fare il primo passo.
Senza ribellarmi ho lasciato che la nostra amicizia giovanile, il nostro affetto, la reciproca irriducibile attrazione che ci dominava, scadessero in un algido rapporto tra il “Dottò” e la padrona dell’American bar.
Ho visto il tuo ed il mio amore, come su quella giostra, girare girare girare fino a perdere il senso dell’equilibrio, e non ho porto loro una mano a sostegno.
Devo recuperare non solo il tempo perduto, ma soprattutto il coraggio di esistere.
Sposiamoci domani.
Tu sai quanto ti amo.»
Così le avevo detto nel luna park aspettando che Isidoro terminasse un giro sul trenino.
-«Mamma mamma, è bellissimo, ci sono gli indiani e Manitù.»
-«Vuoi fare un altro giro?
Vai.
Dai il gettone all’uomo con la divisa rossa.
Vai.»
Gilda non mi aveva chiesto dove ci saremmo sposati o dove avremmo vissuto, né chi sarebbero stati i testimoni, nessuna domanda relativa al ristorante, al viaggio di nozze, alle foto, agli invitati, bomboniere, addobbi floreali, limousine, paggi paggetti, velo velette, musica cori coretti anelli… catene.
Nulla.
Gilda aveva iniziato dicendo:
-«Va bene…», poi aveva atteso che il pupo fosse lontano, ed allora, guardandomi negli occhi:
-«E lui?»
-«Sarà mio figlio.»
Continua lunedì prossimo
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ARTEMENTE FLORENCE
Una stanza piena di fiori dipinti sull’armadio grigio.
Lampadario di fiori bianchi che addolcisce la tua presenza
nell’ambiente di una grande città medioevale “Firenze”.
Bell’Arno che scorre dolcemente verso il mare
come il flusso della vita che va inghiottito con la morte.
Volti sorridenti e profondi come i libri lasciati nelle stanze.
Artemente Florence è bello guardarti nello specchio della stanza
di una porta che socchiude la tua intimità.
Vieni ed unisciti a noi per gustare queste dolci emozioni,
indelebili come il volto del nostro primo amore e del primo bacio,
colto come le primule di primavera che ricordano le lenzuola
profumate e riscaldate dal tepore della stanza, avvolgenti sulla pelle,
dopo una tempesta di tremenda pioggia notturna.
Angela Maria Tiberi
Presidente delegata Italia associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA”