Views: 9
Il Dispari 20181217 – Redazione culturale
Il Dispari 20181217
EDITORIALE
Antonio Di Nauta ha vinto il premio di musica “Otto milioni” 2018.
Il 17/11/2018, durante l‘evento DILA “Otto milioni” approvato dal comitato promotore del #BCM18 Bookcity Milano, nell’Aula magna della SIAM, l’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA”, tramite la sua Presidente Roberta Panizza, ha proclamato le vittorie di Antonio Di Nauta e di Miriam Bruni rispettivamente nella sezione musica e nella sezione poesia del Premio “Otto milioni” 2018.
A Miriam Bruni e ad Antonio Di Nauta (che ricordiamo come coinvolgente cantante pianista in numerosi eventi organizzati da DILA nel Coquille e nell’Hotel Parco Verde di Ischia) vanno tutti i più calorosi complimenti da parte della Direzione e della Redazione di Il Dispari.
Questi sono i testi completi con i quali Roberta Panizza e Stefano Degli Abbati hanno comunicate le loro vittorie.
ROBERTA PANIZZA
Antonio Di Nauta, con la canzone “L’abitudine”, ha vinto il Premio di Musica “Otto milioni” 2018.
Chi è Antonio Di Nauta?
Antonio Di Nauta, originario di Lesina in Puglia, ha sempre avuto una grande passione per il canto fin da quando, a partire dai 12 anni, ha cominciato a imparare il mestiere di Falegname e proprio il suo maestro in questa arte pratica gli ha dato l’ispirazione per dedicarsi alla musica e lo ha invogliato a seguire i maggiori esponenti della musica italiana dai quali ha imparato molto.
La sua passione è quindi cresciuta di giorno in giorno.
Dal 1967 si è trasferito in Germania, ma dal 2011 al 2016 è tornato in Italia e in particolare ad Ischia, dove è entrato in contatto con Bruno Mancini seguendo i suoi eventi e lasciandosi coinvolgere dalla sua simpatia.
In questo periodo trascorso sull’isola ha animato numerose serate in diversi Hotel facendo conoscere le sue doti canore.
Poi però ha dovuto fare rientro in Germania dove vivono anche i suoi figli.
Anche in questo paese allieta molte serate con la sua musica e questo gli fa sopportare il fatto di dover stare lontano dalla sua terra natia.
Miriam Bruni ha vinto il premio di poesia “Otto milioni” 2018 con la poesia “Frutto”
Legge Stefano Degli Abbati
Frutto,
polpa del pensiero,
ti vedo
rapido passare
lungo la matita come un siero.
Cadere pulito – ti vedo –
sul foglio delicato: pensiero
in forma di parole
Scrittura mia
corsiva – Nient’altro
oggi so fare.
Miriam Bruni vive a Borgo Panigale in provincia di Bologna.
Laureata in Lingue e Letterature Moderne a Bologna è abilitata all’insegnamento di Lingue e Cultura spagnole.
Ama la scrittura e la poesia sin da bambina. In esse e grazie ad esse dialoga costantemente con se stessa, gli altri, la natura e il trascendente.
Da un po’ di anni si è molto appassionata alla fotografia.
Nel 2011 ha raccolto e fatto pubblicare una prima silloge di sue poesie, che ha intitolato “Cristalli”. Del 2014 è il suo secondo libro, “Coniugata con la vita. Al torchio e in visione”.
Del 2017 la terza raccolta: “Credere nell’attesa”.
Del suo poetare dice: “La mia predilezione poetica va alla concisione e alla intellegibilità.
Con la parola cerco di raccogliere, ordinare ed esprimere l’emozione (piacevole o spiacevole) che mi preme dentro, l’intuizione, l’immagine, lo slancio che vengono ad abitarmi o anche solo attraversarmi facendomi sentire me stessa, e viva!
è scrivendo, perciò, che metto a fuoco le esperienze vissute, che metto a nudo il mio cuore, cerco il bene, l’oltre delle cose, l’essenza profonda e risonante.
Quanto alla forma tendo alla massima concentrazione, alla sintesi, a quella che potrei chiamare cristallizzazione.”
TWITTERONE
1) Adriana Iftimie Ceroli, da circa un mese nuova opinionista di questa pagina culturale, mi ha scritto: “Carissimo Bruno, in seguito alla nostra conversazione telefonica, sono lieta di comunicarti che Mario Ceroli ha accettato con entusiasmo l’idea di preparare la copertina della prossima antologia che sarà pubblicata da te, ed è disponibile anche a illustrare alcune pagine della stessa pubblicazione.
Ci aggiorniamo e sono felice di questo nuovo rapporto instaurato nella segno della cultura ischitana e non solo.
Ti mando un caro abbraccio e ti faccio un applauso.
Con amicizia e stima, Adriana Iftimie Ceroli.”
Per chi non conoscesse la storia artistica di Mario Ceroli, e fosse all’oscuro della fama mondiale che gli è riconosciuta, basterà ricordare che egli è il realizzatore del famosissimo Unicorno alato (1990), in legno rivestito di oro, esposto all’ingresso della sede Rai di Saxa Rubra.
Ringraziamo il Maestro Mario Ceroli per il grande privilegio che ci concede, ringraziamo Adriana Iftimie Ceroli per la preziosa collaborazione, e vi diamo appuntamento alle prossime settimane per i particolari relativi a questo nuovo importante successo ottenuto nel nome del Made in Ischia targato “Associazione culturale Da Ischia L’Arte – DILA”.
2) IL SEXTANTE & DILA vi invitano ad assistere alla lettura drammatizzata del testo di Andrés Pociña “Resa dei conti”.
La presentazione dell’opera drammatica “Resa dei conti”, edita da Il Sextante di Mariapia Ciaghi, avverrà mercoledì 19 dicembre 2018 alle ore 17:00 presso il Salone monumentale della Bibliotecain via S. Ignazio 52 a Roma.
Interverranno l’autore Andrés Pociña e la direttrice della Casanatese Lucia Marchi
Presenterà: l’editrice de Il Sextante Mariapia Ciaghi
Lettura drammatizzata del testo a cura di Corrado Veneziano
Interpreti: Francesca De Santis, Gennaro Momo, Gabriele Tuccimei, Margherita Vicario.
INFO: www.casanatense.it – Tel. +39 06 6976031 – 0328
Questa poesia “Lamento plebeo”
(dedicata al Prof. Edoardo Malagoli) pubblicata nella raccolta “La Sagra del peccato” scritta di Bruno Mancini è stata letta da Stefano Degli Abbati nell’Aula magna della SIAM durante l’evento DILA approvato dal #BCM18 Bookcity (17 novembre 2018).
Lamento plebeo
Ho colto il senso
della tua assenza
dall’acre odore
di carta stampata.
Nel vecchio rodeo
di mitici emblemi
tu, fionda e Golia;
sul collo del vinto
catene preziose di pensieri.
Fasciati da dubbi,
contorti, snodati, strizzati,
salvati
uscimmo.
Era il millenovecentosessantuno.
Ne passa di tempo!
Oggi
il sole d’agosto
non sboccia più
semi nei sassi.
Il mare d’agosto
non gonfia più
vele nel golfo.
Manca l’addio
nella mia mente
non più plebea.
D’agosto
si muore
solo.
Il Dispari 20181210 – Redazione culturale
Il Dispari 20181210
EDITORIALE
Caterina Guttadauro La Brasca ha vinto il premio di narrativa “Otto milioni” 2018.
17 /11/2018 #BCM18 Bookcity:
nell’Aula magna della SIAM, l’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA”, tramite la sua Presidente Roberta Panizza, ha proclamato la vittoria di Caterina Guttadauro La Brasca, scrittrice e giornalista nonché opinionista della pagina culturale del quotidiano “Il Dispari“, nella sezione “Narrativa” del Premio “Otto milioni” 2018.
A Caterina vanno tutti i più calorosi complimenti da parte della Direzione e della Redazione di Il Dispari.
Questi sono i testi completi con i quali Roberta Panizza e Stefano Degli Abbati hanno comunicata la sua vittoria.
ROBERTA PANIZZA:
Ha vinto, quindi, Caterina Guttadauro La Brasca con il racconto “La storia siamo noi”, ma chi è Caterina Guttadauro La Brasca?
Caterina Guttadauro La Brasca è nata e vissuta in Sicilia dove ha completato i suoi studi classici. Vive da 40 anni a Bologna, sposata è madre di una figlia, medico-psicoterapeuta.
È da sempre amante dello scrivere.
È stata Relatrice alla Fiera dell’Editoria World book International di Cattolica nel 2014, Presidente di Giuria in ben quattro edizioni del Concorso Letterario Nazionale: “L’Anfora di Calliope”e al World Literary Price, Concorso Letterario Mondiale itinerante, alla riscoperta delle capitali mondiali.
Recensionista, creatrice ed organizzatrice di eventi letterari nazionali ed internazionali.
Scrive per la Rivista parigina “La Voce”, bimensile cartaceo bilingue che diffonde la cultura italiana all’estero e per “Fattitaliani”, quotidiano on line.
Con i suoi libri è stata presente al Salone Internazionale del Libro di Torino e a Roma alla Fiera del Libro ”Più Libri Più Liberi”.
È stata nel direttivo dell’Associazione Culturale “Lo Specchio di Alice”, dove scriveva sulla Rivista Quaderni, ed ha preso parte ad un Romanzo Collettivo, assieme ad altri scrittori.
I libri che ha pubblicato, sono:
“La Barriera Invisibile” nel 2010;
“Silenzi d’Amore” nel 2011;
“La Vita appesa ai muri” nel 2013;
“La voglio gassata” nel 2015. Questo libro è stato adottato dall’A.I.L (Associazione italiana contro le leucemie, mielomi e fibromi) e reca in copertina il Logo Nazionale dell’Associazione per concessione del Presidente Nazionale Prof. Mandelli. Parte del ricavato è stato devoluto all’A.I.L.
Attualmente è al lavoro al suo quinto libro che è un romanzo storico/saggio, ambientato nel 1940.
Caterina ama dire: “I libri sono come i figli, li facciamo ma non ci appartengono, sono di tutti perché ognuno trova in essi la sua verità.”
Dal 2017 propone un sua rubrica nella pagina culturale del quotidiano Il Dispari di Gaetano Di Meglio, invitandoci ad entrare nel mondo artistico e letterario che lei ambisce di presentare a tutti coloro che seguono con interesse l’arte, la cultura, e le attività sociali.
Stefano Degli Abbati, vi leggerà il racconto di Caterina Guttadauro La Brasca “La storia siamo noi” primo classificato nel premio “Otto milioni” 2018.
STEFANO DEGLI ABBATI
Caterina Guttadauro: La Storia siamo noi
Era la solita ora, pomeriggio inoltrato e nelle vie assolate di un povero paese della Sicilia si ripeteva lo stesso rituale: tre bambini avevano più o meno finito di fare i compiti ed erano sull’uscio di casa, pronti a fare qualsiasi cosa fosse loro chiesto pur di avere poi il permesso per andare a giocare a pallone, nella piazzetta antistante la chiesa.
Le mamme brontolavano ma, erano maschietti e lo sport li aiutava a scaricare la loro vivacità e a farsi degli amici.
Cosi Erasmo, Giuseppe e Gaetano si riunivano, strada facendo, e giù a rotta di collo, lungo la via acciottolata, con il rischio di percorrerla ruzzolando, se uno dei tre avesse perso il passo.
La verità che raccontavano era tale solo in parte: si recavano sì nella piazzetta ma per andare al “Circolo dei Reduci”.
Era una casa a piano terra, malandata, dove seduti su delle sedie poco stabili c’erano i vecchi del paese, quelli che erano parte della sua storia, che erano andati in guerra ed avevano avuto la fortuna di tornare.
Tre di loro portavano gli stessi nomi di quei ragazzi dei quali erano i nonni.
Un’insegna di cartone, attaccata alla porta con lo spago e che regolarmente cadeva quando c’era vento, spiegava a chi aveva la fortuna di sapere leggere, che coloro che si riunivano in quella casa erano uniti da un passato di eroismo e di battaglie che, tenuti in vita dalle parole, erano diventati ricordi.
Tutti e tre avevano servito la loro Patria, ognuno in modo diverso dall’altro ma con lo stesso patriottismo e lo stesso coraggio.
Quasi tutti avevano un bastone a cui si appoggiavano per alzarsi, le ferite di guerra parlavano ancora e l’intensità del dolore non permetteva loro di dimenticare.
In quella misera stanza, ogni giorno, si consumava la liturgia del racconto ed erano diventati così bravi che se uno si fermava perché, quasi soffocato dal fumo del sigaro, ripetutamente aspirato e spento, l’altro continuava anche per lui.
Le donne non capivano questa necessità di parlare sempre del passato, soprattutto ai ragazzi che potevano rimanere turbati.
Ma i vecchi erano testardi e sapevano che credere in qualcosa significava lottare perché non sia dimenticata.
Così i ragazzi si accovacciavano ai loro piedi e, in religioso silenzio, ascoltavano quello che tre giovani soldati avevano fatto nella prima guerra mondiale per farli nascere in una terra più libera.
Erasmo era stato ben cinque anni in guerra, spesi in parte a combattere e in parte prigioniero degli Austro Ungarici che gli avevano rubato l’infanzia dei suoi figli.
Giuseppe era il più malridotto dei tre: arruolato fresco di laurea, fu mandato in prima linea, al comando di un drappello di uomini coraggiosi.
Era il primo ad andare all’assalto e l’ultimo a rientrare.
Già, perché allora si combatteva così, corpo a corpo ed a fermarti erano solo le bombe o la morte.
Tutte le volte che rientravano da un’operazione, Giuseppe contava i suoi uomini e, se qualcuno mancava all’appello, si tornava indietro a cercarlo, vivo o morto.
Durante una ritirata, ormai sopraffatti dalla superiorità numerica del nemico, fu individuato e, mentre correva, per sfuggire alle bombe che piovevano dall’alto ed al fuoco di una mitragliatrice che si faceva strada tra gli alberi, saltò dentro un pozzo dove riuscì, fortunatamente, a trovare un appiglio: era un arbusto dalle profonde radici che lo sosteneva mentre le sue gambe, ferite, penzolavano inerti dentro l’acqua di un inverno ghiacciato.
Quella notte – Giuseppe pensò – che fosse l’ultima e proprio mentre lasciava andare le mani, ormai ferite per la lunga presa, prima di perdere i sensi sentì una voce che gridava: «Venite, qui c’è il Capitano.»
Lo salvarono ma le sue gambe rimasero per sempre indolenzite.
Gaetano era il più giovane dei tre e il suo amor patrio era pari alla sua voglia di vivere e divertirsi.
Era sbadato e fu grato a Dio quando fu assegnato alla foresteria, lontano dal fronte dove sarebbe andato incontro a morte sicura.
Il minimo rumore di combattimento lo disorientava al punto da fargli mollare qualunque comando stesse eseguendo per rifugiarsi in qualche posto più sicuro.
Quando arrivò alla conclusione che nessuna guerra poteva essere la sua, decise di accorciare i tempi e si cacciò uno spicchio d’aglio dentro un orecchio.
La paura aveva vinto sul coraggio, ma, spese notti intere a scrivere messaggi da recapitare ai fami-liari per quei feriti che non sarebbero più tornati.
Si procurò un’otite purulenta ed il Comando fu costretto a rimpatriarlo perché il timpano si danneggiò a tal punto da rimetterci l’udito.
Le tasche della sua divisa, sopravvissuta anch’essa alla guerra, erano piene di bigliettini e, laddove fu possibile, arrivarono a destinazione.
Tutti e tre erano partiti perché quando la Patria chiama il dovere impone di andare, ma in guerra ti misuri con te stesso oltre che con il nemico e, quando torni, ti accorgi che le macerie non sono solo fuori ma anche dentro di te.
Ilze Zeimule Stepanova
ha ricevuto da Liga Sarah Lapinska, per conto di DILA, una delle antologie del Premio “Otto milioni” insieme alla rivista Eudonna (pubblicata dalla casa editrice Il Sextante di Mariapia Cìaghi) nella quale è stata pubblicata l’intervista da lei rilasciata a Liga Sarah Lapinska opinionista della pagina culturale pubblicata su questo quotidiano Il Dispari.
Ilze e non solo è un’apprezzata giornalista, ma è anche bella attrice e poetessa finalista del premio di Poesia “Otto milioni”.
Nellija Matjučenko,
ha ricevuto con molto piacere da Liga Sarah Lapinska (opinionista della pagina culturale pubblicata su questo quotidiano Il Dispari) per conto di DILA, l’antologia “Mare Monti Mare” dedicata al compianto Comandante Agostino Lauro.
Nellija Matjučenko lavora nella Biblioteca Scientifica di Jelgava nella quale non è la prima volta che sono stati resi disponibili i nostri libri in gratuita lettura.
Il Dispari 20181203 – Redazione culturale
Il Dispari 20181203
EDITORIALE
Silvana Lazzarino ha vinto il premio di giornalismo “Otto milioni” 2018.
17 /11/2018 #BCM18 Bookcity: nell’Aula magna della SIAM, l’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA”, tramite la sua Presidente Roberta Panizza, ha proclamato la vittoria di Silvana Lazzarino, poetessa e giornalista nonché opinionista di questa pagina, nella sezione “Giornalismo” del Premio “Otto milioni” 2018.
A Silvana vanno tutti i più calorosi complimenti da parte della Direzione e della Redazione di Il Dispari.
Questi sono i testi completi con i quali Roberta Panizza e Stefano Degli Abbati hanno comunicata la sua vittoria.
ROBERTA PANIZZA:
Ha vinto Silvana Lazzarino con l’articolo/intervista dedicato alla pittrice Patrizia Canola.
Chi è Silvana Lazzarino?
Silvana Lazzarino, di Roma, dopo la laurea in Lettere si è dedicata al giornalismo, con particolare attenzione a recensioni di film e mostre d’arte.
Tra le collaborazioni in questo campo, vanno ricordate quelle con Radio Vaticana e con il quotidiano “Il Giornale”.
Attualmente scrive recensioni di mostre di d’arte e di eventi per alcuni periodici on-line tra i quali ABOUTART.
Scrive anche sul quotidiano cartaceo “Il Dispari” (che esce a Napoli e ad Ischia) e sulla rivista trimestrale “Eudonna” edita da Il Sextante di Mariapia Ciaghi.
Ha scritto inoltre la prefazione al libro “Sexappeal” pubblicato nel 2015 dal fotografo delle “Dive” Bruno Oliviero.
Di notevole interesse agiografico sono tutte le interviste (rilasciate a lei in esclusiva) con le quali ha definito caratteri e comportamenti artistici e sociali di numerosi ed importanti personaggi pubblici quali: Vincenzo Savarese giornalista sportivo, Elisa Barone avvocato e scrittrice, Clelia Loppi collezionista di icone, Patrizia Canola pittrice, Milena Petrarca pittrice, Angela Maria Tiberi poetessa, Bruno Mancini scrittore e poeta.
Vasta e qualificata è stata ed è la sua collaborazione nel settore delle Mostre D’Arte italiane.
In questo ambito ha presentato e scritto l’introduzione al catalogo, edito da Il Sextante, della mostra collettiva “Soul in The Art” presso la Ipso Art Gallery di Perugia svoltasi nel dicembre 2017 dedicata ad artisti contemporanei di spicco.
Ha scritto un articolo per il Catalogo edito da Silvana Editoriale riferito alla Mostra di Alba Gonzales “Miti mediterranei” svoltasi a Palermo presso villa Malfitano da maggio a settembre di quest’anno.
Ha pubblicato, inoltre, un articolo sulla Rivista “Art Style” dedicato alla scultrice Alba Gonzales.
Accanto all’arte e al cinema Silvana Lazzarino, Socia Sostenitrice dell’Associazione “Da Ischia L’Arte – DILA” ha la passione per la poesia.
Pertanto, ha partecipato a diversi concorsi di poesia giungendo in finale e ottenendo importanti riconoscimenti in un gran numero di casi, tra i quali ci piace indicare il secondo posto assoluto ottenuto alla quinta edizione del premio internazionale di poesia “Otto milioni” con la poesia: “Il bacio”.
A diffusione della sua attività poetica ha pubblicato tre raccolte di versi: Cosmogonia , Oltre le immagini tra visone ed emozione, La Seduzione dell’Immagine. Dall’Arte ai Versi poetici. Alba Gonzales Patrizia Canola mie muse ispiratrici.
Stefano Degli Abbati vi leggerà il suo articolo primo classificato.
L’articolo è datato 2017 e, quindi, in alcune frasi ci sono riferimenti a fatti riportati come futuri, mentre in realtà essi sono già accaduti.
STEFANO DEGLI ABBATI:
Patrizia Canola a Ischia con la Mostra “Negli orizzonti della vita tra luce e colore”.
Nel dare forma e vita ai ritmi infiniti della natura con i suoi volti sempre diversi di stagione in stagione, la luce nei suoi molteplici riflessi unitamente al colore, irrompe con equilibrio e armonia nei dipinti lirici e avvolgenti di Patrizia Canola, artista di fama internazionale capace come poche di rappresentare le emozioni della vita tra materia e spirito, desideri e attese.
Pittrice affermata e di successo, Patrizia Canola ha all’attivo numerose mostre in Italia e all’estero.
Tra le più recenti quella a Gualdo Tadino (Pg) “Nel Respiro di Gaia la Madre Terra” Settembre 2016, a Venezia “Art Walk” a Palazzo Zenobio (Febbraio-Marzo 2017) e l’Esposizione “Triennale di Roma” (26/03-22/04 2017) alla Fondazione Crocetti.
La natura protagonista delle sue opere, tra silenziosi paesaggi invernali con neve e ghiacciai, distese di campi di grano e fiori dalla tinte accese, ruscelli, maestosi faggi e ancora cieli a perdita d’occhio di cui colpiscono i notturni dai riflessi argentati simili ad arabeschi, apre ad una sorta di compenetrazione visivo-emotiva riportando in superficie desideri lontani, sogni in cui sperare.
Nata a Milano, ma attiva in Brianza, sito privilegiato dove da forma e vita ad opere avvolgenti che raccontano dei suoni e dei bisbiglii, dei respiri e silenzi della natura, Patrizia Canola, nei suoi dipinti crea scenari dal forte impatto emotivo dove si intrecciano linee e forme avvolgenti che, cadenzate dal ritmo di una luce filtrata, guidano lo sguardo verso sentieri visti e sognati a recuperare sensazioni, lontane eppure vicine, che il tempo non cancella.
Così, Patrizia Canola, artista raffinata e sensibile, rivela le emozioni della vita che riaffiorano anche dopo tempo posando lo sguardo negli spazi tra terra e cielo dove la linea di confine sembra svanire a suggerire una possibile interazione tra l’orizzonte fisico e metafisico.
Gli scenari sono quelli di un paesaggio filtrato nei suoi diversi volti e manifestazioni dalla forza rivelatrice della luce.
Luce che forma e fonde il colore a svelare i dettagli di questa natura solare e rasserenante che rimanda all’eterno ciclo dell’esistenza nel passare delle stagioni.
La luce da lei catturata, sia diurna sia crepuscolare, avvolge ogni singolo particolare del paesaggio o veduta: ecco che un bosco, un campo di grano, un torrente d’acqua cristallina e poi le mimose, le peonie e l’uva bianca, si riempiono di questa essenza che traspare in ogni loro dettaglio creando il senso del movimento.
La luce liberandosi nel cielo sembra irrompere e palpitare fra i rami e le cime degli alberi come in Luci d’Autunno, mentre fermandosi su spazi ghiacciati trasforma gli stessi in specchi per cieli quasi marmorei e custodi di verità come in Incanto d’inverno.
Verità sul senso della vita inafferrabile, ma percepibile attraverso colori intensi e vivaci, delicati e avvolgenti nel loro restituire profumi ed energia ad alberi, fiori, fili d’erba, ninfee che raccontano della continuità, del passare dalla nascita alla morte, per poi rinascere.
È la rinascita del respiro cosmico che abbraccia il finito e l’infinito tra la terra e il cielo parlando all’uomo del mistero della vita.
Accanto alla pittura di paesaggio dove lo studio della luce come si è visto è fondamentale e dove la stessa definisce ogni dettaglio, Patrizia Canola si è dedicata al ritratto, allo studio dei cavalli (in particolare affascinata dal loro movimento), ai singoli alberi e alle nature morte dove campeggiano fiori e frutta.
Ma il suo stile, da qualche tempo, parallelamente si è indirizzato verso un pensiero metafisico dove le figure non sono più definite e dove prevalgono colori molto chiari, tendenti al bianco, per raccontare il suo modo di sentire la vita filtrata attraverso una grande sensibilità dove al centro è il destino dell’uomo, con le domande sul senso della vita.
Quindi prevalgono tematiche legate al sentimento della libertà, al futuro il cui delinearsi dipende dall’uomo: futuro che può apparire incerto e indefinito, ma necessita di una scelta.
Aspetti che Patrizia Canola, con grande eleganza e poesia, riesce a definire sulla tela regalando emozioni senza tempo perché avvolgono la vita dell’uomo fatta di scelte e speranze. In questa scia si possono leggere dipinti come: Va pensiero, Futuro e Incontri.
Per la prima volta i più bei dipinti di questa straordinaria artista arrivano ad Ischia per restarvi in una suggestiva esposizione a lei dedicata negli spazi del Museo Etnografico del Mare. Bruno Mancini, Presidente della DILA ha conosciuto Patrizia Canola in occasione dell’evento del Bookcity dello scorso Novembre 2016 a Milano dove la DILA è stata protagonista con un ricco programma di appuntamenti tra musica, presentazione dell’Antologia “Otto milioni” e letture di testi e poesie.
La mostra “PATIRIZIA CANOLA. NEGLI ORIZZONTI DELLA VITA TRA LUCE E COLORE”, organizzata da Bruno Mancini e curata da Silvana Lazzarino, sarà in esposizione dal 15 Maggio al 15 Settembre 2017 al Museo Etnografico del Mare di Ischia.
In permanenza si possono ammirare sette dipinti dell’artista dove a trionfare è la natura con luci e colori e in particolare il motivo dell’acqua delle coste marine della Sardegna e delle Marche rispettivamente con Colori di Sardegna ed Estate marchigiana dove lo sguardo si lascia catturare da avvolgenti riflessi di colori che uniscono cielo e mare; elemento dell’acqua che culla e accarezza le bianche Ninfee leggere come ballerine. Intense poi le atmosfere lungo l’Adda del dipinto I colori del fiume Adda dove campeggiano i gialli, il verde accompagnati da tonalità blu dell’acqua dove l’ambiente circostante si riflette, come anche di ampio respiro è Campo di lavanda con il viola della lavanda in primo piano che risalta sull’azzurro e le increspature scure del cielo, e poi le colorate Melagrane.
Distante da tonalità così vivici e intense è l’atmosfera ovattata come da sogno che si respira nel dipinto Inverno dove cromie grigio, tendenti all’azzurro sembrano rarefatte come attutite ad indicare un momento di riflessione e sospensione del pensiero, necessario all’uomo per ritrovare se stesso guardando dentro di sé a partire dalla natura che si riposa.
Sette dipinti intensi di cui tre inediti grandi (Estate marchigiana, Ninfee e I colori del fiume Adda), tutti emozionanti dove viene privilegiato il tema dell’acqua e naturalmente dei colori che si richiamano all’isola verde come è denominata la splendida Ischia. Il tema dell’acqua come ritmo delle emozioni e della vita che scorre è la linfa della Terra e della natura cui dona energia e fertilità.
Acqua cristallina come quella delle coste della Sardegna, acqua dai contrasti luminosi verdi e blu come quella dell’Adda, e ancora acqua trasparente dove si specchiano le ninfee espandendo i propri tenuti colori.
Ogni angolo della natura che si rispecchi in “scenari d’acqua” unitamente ai riflessi della luce crea rifrazioni di infinite armonie di colori dove riscoprire le emozioni che arricchiscono pensieri tra attese e speranze. Nel suo lavoro Patrizia Canola rivolge il suo studio e la sua ricerca al colore e alla luce fondamentali per la sua arte.
Queste le sue parole: “I colori sono la musica e il direttore d’orchestra è la luce”.