Views: 211
Recensioni
Recensioni
Vincenzo (Enzo) Monti – Poeta aderisce al progetto “La mia Isola” Antologie Poetiche a cura di Roberta Panizza e Bruno Mancini
PRESENTAZIONE ‘O TRIATO ‘E VICIENZO Raccolta poetica in vernacolo
Nell’introdurre questo libro, la Professoressa Roberta Panizza, che cura la Direzione Artistica del progetto “La mia isola”, pone nella giusta luce la particolare struttura fonetica, grammaticale e sintattica proposta dall’autore, e precisa le ragioni che l’hanno indotta a non intervenire con modifiche sull’elaborato proposto, ritenendo “in ogni caso sicuramente stimolante ascoltare nella sua spontaneità e nei suoi propri contenuti cromatici questa voce del vernacolo ischitano“.
Opera in tal modo, nonostante la consapevolezza che a qualche lettore possa risultare poco agevole accettare alcune forme lessicali, le quali, avulse da una precisa idea propositiva, potrebbero essere intese come eccessive trasgressioni nei confronti della nostra lingua, dalla vita propria e dal profilo ben definito.
A mio avviso, giusta e saggia decisione tanto più in presenza di un esordiente il quale avverte, in anticipo, di non aver voluto scrivere nel nostro linguaggio codificato, né tanto meno in un dialetto provvisto di una specifica schematica composizione scolastica.
Cosa propone Enzo Monti?
Enzo Monti vuole presentare le sue poesie in un “Dialetto Personale”, finanche tanto spregiudicato da non utilizzare, in alcune occasioni, la stessa forma scritta per una identica espressione.
Lui vuole proporre una lingua parlata, e noi sappiamo bene che non esistono né lingue né dialetti immobili, mentre, in essi tutti, noi non ci comportiamo, a parole o per iscritto, nello stesso modo.
E mentre Roberta Panizza ha fatto benissimo a chiarire che anche le virgole e gli accenti dei testi riproducono l’esatta scrittura proposta dall’Autore, io completo la sua analisi affermando che Enzo Monti non ritiene importante la coerenza della presentazione grafica della sua scrittura.
Lui punta alla sostanza, all’idea, alla dinamica di un rapporto con i suoi lettori, assimilabile ad un comune pellegrinaggio verso la faticosa ricerca di una lingua che non esiste. Vincenzo (Enzo) Monti è nato a Casamicciola nel 1939, e si è diplomato perito elettronico all’Istituto Alessandro Volta di Napoli.
Un anno in Svizzera, Lugano, per specializzazione.
Assunto ad Ischia, presso l’allora SET con incarico di controllo dei ponti radio, diventata poi dipendente SIP ed in seguito TELECOM ,con qualifica di capotecnico.
Ha lasciato l’incarico all’età di 57 anni.
Dalla tecnica a valvole ai semiconduttori, e via via fino alle fibre ottiche, ha seguito l’intero progresso tecnologico acquisendo una esperienza notevole.
Grande passione per la pesca subacquea… e per altre attività nei più svariati campi, ha continuato ad operare con il “fai da te “ mettendo le sue competenze a disposizione della famiglia e degli amici.
La sua famiglia… una moglie, tre figli e quattro splendidi nipoti.
Nato nel periodo bellico dell’ultima guerra mondiale, è cresciuto tra le luci e le ombre della storia del popolo italiano modellando via via il suo carattere che ora possiamo dire avergli suggerito sempre di essere al servizio di un unico padrone: “Il Dovere d’essere Onesto”.
E’ facile riassumere in poche parole i destinatari di questa sua incrollabile determinazione, basta scrivere: Famiglia, Lavoro, Società.
Una persona, quindi, “normale” come in teoria dovremmo essere tutti! Ma un poeta può essere una persona “normale”?
Certamente no!
Quindi parrebbe logico dedurre che Enzo Monti non abbia la “costituzione emozionale” di un poeta, né la “procellosa e trepida (qui mi permetto di cambiare un termine per rendere i versi di Alessandro Manzoni più pertinenti alla sua indole) ansia di un gran disegno”!
Eppure, nella sua speciale normalità, Enzo Monti è riuscito a trovare un modo discreto di proporsi Poeta!
Lui, l’uomo della totale disponibilità, dell’altruismo, del self control, della onestà morale cercata ma non indotta da dogmatismi di qualsiasi natura, l’uomo dei sentimenti placidi e virulenti, che poco ha chiesto, ma molto ha dato… lui non ha mai affidando i suoi pensieri alla retorica oppure (Peggio? Meglio?) alla polemica.
Ha sempre pensato, consegnando ogni volta in custodia idee e sentimenti ed emozioni, a ciò che di meno “normale” esiste nella formulazione dello spirito umano, sì, li ha sistemati sotto le ali protettrici della Poesia!
Ho molto a cuore suggerirvi di leggere queste sue strofe seguendone la genesi priva di qualsivoglia indottrinamento letterario o politico o religioso che sia. I versi di Enzo Monti sono puro succo di una mente libera che onora la poesia.
Leggiamolo con il rispetto che si deve ai semplici, agli onesti… ed a chi è riuscito ad essere il “Poeta della normalità”.
Virginia Murru pioniera del progetto culturale “La mia isola” Antologie Poetiche a cura di Roberta Panizza e di Bruno Mancini
Insularità poetica
Virginia Murru è poetessa per chi crede che le poesie sono un concentrato di vita proposto in poche parole ai pochi che le parole non bistrattano per renderle incomprensibili.
Lei scruta sostantivi e verbi come farebbe una cacciatrice di stelle, immobile, dietro le lenti di un telescopio nelle notti prive di luna, per poi riproporli in arabesche apparenze di minuziosi mosaici nell’attimo in cui li vive come precisi e decisi graffi sul ghiaccio incisi dalla sua lama-penna di danzatrice-poetessa.
Irriducibile esca la parola – quando tesse alla mente la prigione – e son salva d’orgoglio – chiave d’acciaio che apre all’evasione.
Saranno parole e verbi, aggettivi, virgole e pause e locuzioni, avverbi, stasi, interspazi, tutti asserviti alla grande costruzione emotiva di uno, mille, tante, passioni accartocciate nel pudore del sentimento.
Lei, Virginia, non esiste, lei non si manifesta, lei come una medium davanti alla sfera di cristallo, evoca, incute, segna con intagli sui tronchi delle foreste di pensieri titoli e sintesi di pene-dolci-tormenti, e chiede di genufletterci davanti alla forza-follia-fobia della Poesia, mentre, tra sogno e vita lei, Virginia, assorbe le spore lasciate vagare liberamente dalle nostre sensazioni incontrollate.
Tienila stretta questa notte che allunga infide braccia d’arbitrio come fossero spire senza scampo- latrati nel tuo seno.
Il verso onomatopeico è di antica e robusta tradizione – basti a tal proposito ricordare la “La fontana malata” di Aldo Palazzeschi oppure “La pioggia nel pineto” di Gabriele d’Annunzio”, eppure, nonostante secoli di meditati studi e valutazioni critiche, mai, neppure in Filippo Tommaso Marinetti o in generale nei Futuristi, la sua applicazione è andata oltre la ricerca di uno o più effetti sonori provocati da sillabe artatamente assemblate per tentare di riprodurre il/i particolare/i “rumore/i” di un preciso evento.
Se è vero che già affidandoci a poca fantasia “Clof clop cloch” ci appare come la trascrizione fonetica (non solo ma anche) di alcune gocce d’acqua sgorganti da una fontana rotta “malata”, è anche vero che diventa molto più arduo e complesso l’impegno con cui dobbiamo applicarci se vogliamo poter apprezzare fino a quale punto Virginia Murru, poetessa sarda, c’immerge tra i suoni evocati negli ambienti che descrive (mare-casa-fuga) attraverso il nevralgico movimento lessicale, e non semplicisticamente fonetico con cui struttura l’insieme di molte sue sue poesie
Ho spinto quella sera piano piano come porta cigolante sul destino e c’eri tu sull’orlo dell’istante a rovesciare tempo su di noi.
Non appena è giunta in contatto con il nostro gruppo, dopo minimi preamboli, Virginia Murru è entrata nel progetto “La mia isola” quasi ad occhi chiusi, lanciata in un galoppo che sentiva l’avrebbe condotta verso una seconda fonte ispirativa.
Originaria della bella e aspra Sardegna dallo spregiudicato sfoggio di una insularità raramente permeata da invadenti modernismi eppure da sempre isola di felice accoglienza per chi ne rispetti le tradizioni e la cultura, Virginia ha tracimato, dalla sua terra, le antiche sorgenti nell’alambicco del suo porsi poetessa su palcoscenici internazionali, così dettando i paradigmi di una immaginifica tradizione esistenziale attraverso idiomi di forte derivazione cosmopolita fino a sbandierarli in una essenza poetica unica, semplice e complessa.
Era sera d’ormeggi vele immobili all’evento ed io tremavo in approdi di possibile sul porto.
Un giorno scrisse “… Io sono sarda e come tutti i sardi sono un pò testarda…” ed ora la tenacia con cui ha seguito l’indole poetica le consente di esporre una bacheca di premi e di riconoscimenti di altissimo valore internazionale, tra i quali lei mostra in primo piano il I° Premio di poesia nel sito www.poesiaedintorni.it – 2008!
Bruno Mancini
POESIE
Bruno Mancini
Bianca Monti Esordio letterario all’insegna del ricordo di una storia ischitana.
Nell’accettare l’invito (non riuscirei a spiegare quanto gradito) dell’Amica Bianca Monti a leggere la prima opera letteraria da lei proposta al pubblico “Il richiamo dell’appartenenza”, mi sono legato immediatamente all’idea di scrivere una nota introduttiva che la descrivesse, infine, utilizzando, un unico aggettivo.
Un’idea bislacca che avrebbe voluto dare al commento la sintesi propria dell’Arte e che ora, a lettura completata, mi fa trovare con un aggettivo chiaro e definito che mi martella il cervello e con la recensione neppure abbozzata!
Nel suo libro non ha ammesso preamboli, Bianca Monti, né strutturali e tali cioè da accogliere dolcemente per gradi il lettore nel confronto con l’assoluta novità della sua proposta letteraria (e qui mi riferisco alla mancanza di una introduzione che potesse indicare un percorso di analisi valutativa del testo, accendendo una pur minima fiammella quantunque personalizzata da parte del recensore), ma neppure ha concesso indicazioni di carattere personale, poiché tutto ciò che al lettore è dato di sapere su di lei è essenzializzato in ultima di copertina:
“Bianca Monti è nata a Ischia nel 1964. Attualmente vive a Ladispoli. Il richiamo dell’appartenenza è la sua prima opera.
Solo questo!
Con “La telefonata di mia madre è arrivata puntuale all’ora del primo caffè.” Bianca Monti apre la scena del suo racconto presentando personaggi già in azione, nella precisa determinazione, appunto, di non sbiadire la forza degli eventi con alcun preludio potenzialmente divagante.
Ci fa subito comprendere di non aver scritto un “C’era una volta” di antica memoria, ma la narrazione di un vissuto per niente sbiadito nei particolari.
Bianca Monti è nata ad Ischia ed oggi ha un’età che non è più quella dei sentimentalismi, e lei non ammette sentimentalismi, né ammantandone le particolarità umane o caratteriali dei suoi personaggi, né, ancor meno concedendoli come modello di trascrizione delle intensità emotive espresse nel racconto, lei, l’Autrice, non aspetta di scrivere la seconda pagina per farcene rendere conto, lo fa subito, con una precisione ed un tempismo di raro riscontro in tanti esordienti, scrivendo
“Credo che quel «vieni» pronunciato da mia madre poco prima di salutarci, abbia colto di sorpresa prima lei e poi me: era giunto il momento tanto atteso e temuto”.
Bianca Monti svolge il suo racconto lasciando la trama defluire indifferentemente tra passato e presente, vita vissuta e desideri, affetti e disincanti, neppure distribuendo indizi a vantaggio di un lettore che tentasse d’entrare nella sua storia passando solo attraverso la porta della realtà, o che volesse, banalmente, disinteressarsi d’esplorare il tragitto fantasticamente discreto di questo suo racconto.
Alla sua prima esperienza ha lasciato ai probi le virtù umane di prudenza e di convenienza, si è affidata alla virtù cardinale della speranza, ed ha impresso il suo sigillo sul racconto che palesa appieno la sua ineguagliabile attitudine all’armonia ed alla simmetria.
Infatti lei parla del suo rapporto con l a scrittura affermando:
“Per me è importante… che anche la mia ricerca espressiva si affermi come l’approccio alla vita ed agli eventi che la caratterizzano: niente fronzoli… raccontare nel modo più diretto possibile le mie emozioni e quello che accade e che vedo. Alcune volte mi dico che la mia scrittura è puro “dialetto” inteso come linguaggio grezzo, non costruito… linguaggio emozionale (se così lo si può definire)… fatto di toni alti e bassi di gestualità, di esclamazioni… anche di domande senza risposta.
Il mio intento è quello di riuscire a togliere per raggiungere il nocciolo, non di aggiungere a quello che percepisco…
Qualche volta mi paragono ad un quadro astratto che nei colori, contrasti… nei movimenti liberi rivela…
Le rappresentazioni curate ed i contorni (come anche menzionato nel libro) mi limitano, mi soffocano, mi costringono a rannicchiarmi in un angolino con il timore di essere d’impaccio (i contorni sono una sicurezza, un riparo che spesso si tramuta in prigionia e da cui ci si vuole spesso liberare).
Un quadro astratto avvolge e rivela attraverso lo scontro-incontro di sensazioni che possono appartenere o meno a chi l’osserva… un quadro astratto è per chi già ha.”
Io sono qui a renderle un oltraggioso omaggio, definendo effettivamente con un solo aggettivo questo suo “Il richiamo dell’appartenenza”.
Oltraggioso come è tutto quanto comprima in una sola aggettivazione ciò che meriterebbe ben altra quantità di espressioni.
Un aggettivo che contempli, per lei finora sconosciuta Autrice, in un completo insieme, la coerenza del percorso stilistico, la sontuosa valenza dei molti personaggi proposti, i fraseggi linguistici musicalmente e dall’apprezzabile fonetica, la piena forma letteraria, la sobria ma preziosa veste grafica, l’accattivante copertina che non ammicca in funzione di speranze non realizzabili.
Io scelgo “INDIMENTICABILE!”, voi provate a contraddirmi.
Bianca Monti “Il richiamo dell’appartenenza”
Gruppo Editoriale s.r.l.
ACIREALE – ROMA
BRUNO MANCINI
BRUNO MANCINI | Roberta Panizza folgorata dalla poesia
Roberta Panizza, laureatasi nel 1992 presso l’Università di Bologna, vive e lavora in Trentino Alto Adige dove insegna presso una Scuola Media.
Ha sempre amato molto la lettura ed in un momento particolarmente difficile della propria vita ha scoperto l’effetto catartico della poesia e ad essa si dedica ogni qualvolta i sentimenti riaffiorano intensamente.
Quando ha scoperto la poesia ne è rimasta letteralmente folgorata, rapita dalla visione dalle incredibili potenzialità della parola, un pozzo senza fondo a cui attingere per infiniti incastri di significato che si apriva davanti ai suoi occhi come un meraviglioso e sconfinato panorama.
Il luogo, forse inusuale, del suo incontro con la poesia è stato il web, dove, con la frequentazione di alcuni siti di scrittura, ha potuto entrare in contatto con il mondo del verso e della metafora.
Nel novembre del 2003 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie dal titolo “Le mille porte”- Aletti Editore, ed il suo nome compare nella “Enciclopedia dei Poeti Italiani Emergenti” -Aletti Editore, Dicembre 2003.
Nel 2004 ha svolto il ruolo di giurata nel XXIX Concorso di arte espressiva “1° Premio Val di Sole” – sezione poesia.
Ancora nel 2004, allo scopo di coltivare il proprio amore per la poesia e favorire la diffusione di quest’ultima, ha creato un sito dedicato ad essa ed alla scrittura in generale, “Poesia e dintorni”, ora non più attivo.
Dal 2006 collabora con Bruno Mancini alla realizzazione di progetti culturali tendenti alla diffusione della poesia.
A partire da quell’anno sono molteplici gli eventi alla realizzazione dei quali ha dato il proprio contributo: serate di poesia, concorsi di poesia, antologie, ecc ecc.
Nel 2008 ha svolto il ruolo di giurata per la seconda edizione della “Biennale di Poesia in ricordo di don Nicolino Vacca” a S. Giovanni Suergiu.
Ha fatto parte della commissione cultura del comune di Vermiglio.
Dal 2010 ha diretto e presentato per cinque anni, per il Comune di Vermiglio, lo spettacolo di poesia e musica “Cant’autorando” che nel 2013, nel 2014 e nel 2015 ha ospitato la premiazione del Concorso di Poesia “Nuove Parole” indetto dal Comune stesso.
Nel 2018 ha ricoperto il ruolo di Presidente dell’Associazione Culturale DILA (Da Ischia L’Arte) della quale attualmente è Direttrice Artistica.
A proposito della poesia in internet ha scritto:
“In questo inizio di terzo millennio, dove l’elettronica e l’informatica hanno definitivamente stretto indissolubili legami con la nostra società, c’è da chiedersi quale posto riescano ormai a ricavarsi antiche arti come quella della poesia che pare manifestarsi solo in fugaci e per forza di cose spesso poco approfonditi incontri tra le mura scolastiche.
La poesia sembra una pratica non più viva, uno stile di scrittura riservato ad amanti della letteratura, appassionati fruitori di trasmissioni televisive notturne o impavidi esploratori degli scaffali più nascosti di librerie e biblioteche.
La realtà però è spesso molto diversa da come appare, in questo caso certamente, e si tratta di un tipo piuttosto singolare di realtà, quella virtuale delle reti che si ramificano in internet, alla portata di chiunque possieda un pc e una linea telefonica.
A chi si avventura in tale mondo per la prima volta, alla ricerca di quelle che forse immagina possano essere solo labili tracce di rime, metafore e similitudini, si apre invece un universo sconfinato di siti dedicati alla scrittura ed in particolare alla poesia, fino a scoprire quindi che il numero di coloro che ancora oggi si cimentano nella scrittura poetica è incredibilmente elevato e che il panorama degli autori di poesia è estremamente ricco, variegato e composito.
Una miriade di sconosciuti autori espone infatti quotidianamente alla immensa platea di internet i suoi versi, confidando solo ed unicamente in qualche gradita lettura e, nei siti dove ciò è possibile, in un commento che sveli le reazioni dell’occasionale lettore.Di tale mondo poetico fanno parte autori che usano il verso essenzialmente per mettere su carta sensazioni e sentimenti del momento e per i quali la poesia costituisce quasi uno sfogo terapeutico alle forti sollecitazioni emozionali della vita. Tali autori, il più delle volte, non si preoccupano troppo della forma che assumono i loro scritti sperando solo che qualcuno possa cogliere in essi il grido a volte accorato della loro anima.
Accanto a tali poeti «del sentimento» si muove un meno folto, ma comunque ben nutrito, gruppo di autori che ha fatto proprio il linguaggio della poesia e di esso sa sfruttare appieno le potenzialità utilizzandolo come una seconda lingua, ma non solo, come un modo di pensare e di leggere la realtà.
Il risultato di tale maestria della penna, in questo caso, sono poesie che paiono oltrepassare le due dimensioni del foglio di carta su cui sono scritte ed acquisire rilievi di senso che rapiscono il lettore rendendolo consapevole di trovarsi di fronte a veri propri esercizi di alchimia della parola.”
Poesie di Roberta Panizza
Senza Paradiso
Giace esanime il pensiero
nel limbo della mente
estranea a te che guardi altrove
e dici e non fai
come il vento che va
e d’un tratto torna
al mutare dei calori
e di gelo bagna
e copre bianco e muore
lo stretto inferno del mio cuore.
Tra Capri e Sant’Angelo
Sorridi
a queste onde antiche
(l’eterna patria
di marinai senza paura)
tu che viaggi sempre
i vortici del nulla
e non sai chimere per la chiglia
le schiume d’arcobaleni
e le incerte scie
di luminosa pace.
Rinunci al guado
in questo attimo di luce
ma non ti celi.
Per chi ti cerca
urli come brace.
Sete d’estate
Nell’aria immobile
di lenta attesa
balena luccicando
un sogno.
Risali ancora la mia china
lenta cuspide ombrosa
di arcobaleni accartocciati.
Lascia che oggi piovano
scomposti i desideri.
Saprò bere i temporali
dell’estate.