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FRANCESCO VACCARONE E LA POESIA VISIVA
Attuale, creativo, poliedrico nell’uso delle espressioni visive ed emotive è il linguaggio della POESIA VISIVA che, sorto negli anni Sessanta quale risposta al bombardamento progressivo della civiltà delle immagini, della pubblicità ossessionante, diventa occasione per ricreare a partire dal quotidiano da quanto è attuale, opere d’arte innovative attraverso l’assemblaggio di ritagli di giornali ed oggetti di uso abituale.
A raccontare questo innovativo contesto artistico che parte dai linguaggi propri della pubblicità e dei consumi tipici di quegli anni, decodificandoli e manipolandoli è la mostra in corso al museo di Villa Croce di Genova aperta fino al 6 marzo 2016.
L’esposizione GENOVA 1965- LA POESIA VISIVA DI FRANCESCO VACCARONE a cura di Valerio Dehò è dedicata in particolare alle sperimentazioni degli anni Sessanta presenti nelle opere di questo artista nato a La Spezia nel 1940, che attraverso le diverse forme espressive dal disegno alla pittura, alla scultura ha saputo recuperare le emozioni dell’uomo nel suo passare lungo i luoghi di una realtà in cosante divenire dove ritrovare il senso del suo esistere.
Fin da molto giovane già a 16 anni Vaccarone si dedica alla pittura sotto la guida di G. U. Caselli e G. Bellani che lo incoraggiano a continuare in questo percorso prendendo parte dalla fine degli anni Cinquanta e inizi Sessanta ad esposizioni collettive e personali con cui via via si fa conoscere e apprezzare in diverse città italiane, E’ di questi anni l’uso di un linguaggio creativo figurativo che guarda con attenzione all’espressionismo tedesco. Successivamente verso la metà degli anni Sessanta a contatto con poeti tra cui Gruppo 63 e artisti dell’avanguardia sperimentale italiana quali: Trerosso, il Gruppo 70 di Firenze, LineaSud di Napoli, Vaccarone entra a far parte del Gruppo Studio di Genova che trova il suo centro di azione ed espressione nella galleria-club La Carabaga in cui vengono realizzate una serie di esposizioni dedicate alla poesia visiva.
Si avvicina così ad un linguaggio sempre più sperimentale verso una ricerca di espressioni visive nuove, in linea con. il gruppo genovese Studio, formato da Zivieri, Tola e Guala e da altri, radunati intorno alla galleria La Carabaga,
In questa mostra si può osservare come Francesco Vaccarone sperimenti le nuove possibilità comunicative dell’arte visiva giocando con il linguaggio contemporaneo facendo in particolare uso dei media classici delle ricerche pop. Sperimentare significa per lui, com’era per i suoi colleghi, attingere da diversi ambiti: dal contesto della parola scritta o declamata agli oggetti di uso quotidiano per dare vita ad opere costituite da ritagli di parole e frasi estratte da riviste e giornali, montate con accostamenti forti, carichi di messaggi politici e poetici.
Una nuova prospettiva per l’arte che diventa contenitore di messaggi visivi ed emotivi in linea con le trasformazioni della realtà sociale di quegli anni. Il linguaggio della poesia visiva nasce quale risposta alla proliferazione di immagini tipiche della società dei consumi, utilizzando i suoi stessi mezzi, manipolandoli e decodificandoli. L’artista si concentra sulle ricerche verbo visive che prendono le mosse da un’analisi del linguaggio dei mass-media e delle tecnologie che lo supportano, per assumerlo come linguaggio artistico, stravolgendone il significato per rovesciare i rapporti sociali in una sorta di giocosa rivoluzione. Immagini e oggetti sono assemblati in un ritmo visivo a metà strada tra Pop Art e Nouveau Réalisme.
Leggerezza e ironia, ma anche senso di inquietudine e sfiducia nella complessa traiettoria dell’esistenza attraversano l’opera di Francesco Vaccarone. Nelle sue rappresentazioni forme e linee si inseguono a formare e frantumare figure ora dai colori accesi e avvolgenti, ora più tenui, ma sempre combinati con originalità e fantasia attraverso cui ripensare ad un possibile incontro tra l’uomo e quanto è a lui vicino. Quanto accade fuori e interiormente la sua esistenza è restituito mediante l’uso di simbologie che si annidano in diverse sue descrizioni sia riferite a luoghi a lui cari come le cinque terre, sia ai gabbiani, ai clochard e ad altri aspetti del paesaggio dove si muovono e agiscono anche figure umane.
Entro quegli spazi liberi e avvolgenti in cui armonia costruttiva e equilibrio di forme si confondono, in un susseguirsi di poesia e leggerezza, malinconia e solitudine, si può intravedere un percorso /lungo cui viaggiano in silenzio gli interrogativi dell’uomo sul suo destino, le cui risposte sembrano celarsi nei simboli che la realtà porta con sé.
Tra i numerosi musei e spazi pubblici e privati italiani e stranieri in cui Francesco Vaccarone ha esposto va citato il Castello Aragonese di Ischia dove ha preso parte alla collettiva “Don Chisciotte della Mancia” dal 19 settembre al 30 ottobre del 1992.
GENOVA 1965- LA POESIA VISIVA
DI FRANCESCO VACCARONE
a cura di Valerio Dehò
Museo d’Arte Contemporanea/ Villa Croce
Genova Via Jacopo Rufffini,3
Fino al 6 marzo 2016
Ingresso libero
Francesco Vaccarone
Note biografiche
Francesco Vaccarone, nato a La Spezia il 4 ottobre 1940, si dedica giovanissimo alla pittura sotto la guida di G. U. Caselli e di G. Bellani, dedicandosi contemporaneamente a studi classici e filosofici. Dal 1957 al 1964 presenta le sue prime mostre personali e prende parte a numerose mostre collettive in molte città italiane, utilizzando un linguaggio creativo figurativo che guarda con attenzione all’espressionismo tedesco. Dal 1965 incomincia ad interessarsi alle ricerche verbo visive in stretto contatto con artisti e poeti attivi in quel periodo (Gruppo 63, Tre Rosso, il Gruppo 70 di Firenze, LineaSud di Napoli), e fa parte del Gruppo Studio di Genova. Il Gruppo partecipa all’aggiornamento culturale della città con la fondazione delle riviste “Marcatrè” e “Tre Rosso” ed è sostenuto dalla galleria-club La Carabaga che tra il 1963 e il 1965 realizza una serie di esposizioni dedicate alla poesia visiva. Nel 1970 si sposta a Roma dove perfeziona le sue conoscenze delle tecniche calcografiche presso la stamperia il Cigno e frequenta vari artisti tra cui Marini, Gentilini, Raphael Mafai, Zancanaro, Guttuso, Fieschi. Sono degli anni Settanta due dei suoi più importanti cicli i “Gabbiani” e i “Clochards”. Nel 1973 viene pubblicata la prima monografia dedicata al suo lavoro, con prefazione di Enzo Carli e del poeta Dino Carlesi, a cura della Galleria d’Arte Macchi di Pisa. Numerose sue mostre sono state allestite in Italia ed in Svizzera e negli anni ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti.