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Denuncia penale contro Governo
Riceviamo e pubblichiamo
STUDIO LEGALE
AVVOCATO MARCO MORI
CORSO G. MAMELI 98/4 – 16035 RAPALLO
VIA CORNIGLIANO 53/3 – 16152 GENOVA
TEL. E FAX 0185/231221
C.F.: MRO MRC 78P29 H183L
Pec: studiolegalemarcomori@pec.it
P.I. 01579720994
Ecco la denuncia da me predisposta che potrete scaricare e consegnare, dopo averla firmata ed inserito i vostri dati, presso le Forze dell’Ordine o le Procure della Repubblica. Stavolta dobbiamo essere in milioni, la dittatura sanitaria deve finire oggi! Ora basta!
Denuncia-Covid
PROCURA DELLA REPUBBLICA
ATTO DI DENUNCIA – QUERELA
Promosso da
nato a il
e residente in
ed ai fini del presente atto elettivamente domiciliato presso lo studio e la persona dell’Avv. Marco Mori del foro di Genova (C.F.: MRO MRC 78P29 H183L – Tel e Fax: 0185.23122 – Pec: studiolegalemarcomori@pec.it), sito in Rapallo (GE), C.so Mameli 98/4.
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-L’art. 287 c.p. punisce: “Chiunque usurpa un potere politico, ovvero persiste nell’esercitarlo indebitamente, è punito con la reclusione da sei a quindici anni (…)”.
-L’art. 605 c.p. punisce: “Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni.
La pena è della reclusione da uno a dieci anni se il fatto è commesso: (…) 2) da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni.
Se il fatto di cui al primo comma è commesso in danno ad un minore, si applica la pena della reclusione da tre a dodici anni. Se il fatto è commesso (…) in danno ad un minore di anni quattordici, si applica la pena della reclusione da tre a quindici anni”.
–L’art. 323 c.p. punisce: “Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, nello svolgimento delle sue funzioni o del servizio, in violazione delle norme di legge o di
regolamento (…) intenzionalmente (…) arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni”.
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PREMESSO IN FATTO ED IN DIRITTO CHE
1) Con deliberazione del 31.01.2020 il Consiglio dei Ministri presieduto dal Presidente Giuseppe Conte ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale in conseguenza del rischio sanitario derivante da agenti virali trasmissibili: “ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 7, comma 1, lettera c) dell’art. 24, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018 n. 1, è dichiarato per sei mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”. L’emergenza ovviamente era riferita all’arrivo del ben noto Covid-19.
2) La legittimità di tale dichiarazione di emergenza risultava fin dal principio quanto mai dubbia. La prima pronuncia che ne ha giustamente contestato il contenuto è certamente quella del Giudice di Pace di Frosinone, che con sentenza 516/2020, ha avuto modo di affermare: “se si esamina la fattispecie richiamata dalla deliberazione (appunto il decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, n.d.s.) sopra citata si potrà notare che non si rinviene alcun riferimento a situazioni di “rischio sanitario” da “agenti virali”. Per tale ragione l’emergenza non poteva essere in alcun modo dichiarata. Il Giudice di Pace nel proseguo della motivazione, approfondendo ulteriormente la fattispecie, ha potuto altresì sottolineare anche un qualcosa che, in tutta onesta, non sarebbe dovuto sfuggire neppure ad uno studente del primo anno di giurisprudenza e che dunque non si comprende come possa essere “sfuggito” al nostro Presidente del Consiglio, che svolge oltretutto la professione di avvocato. Nelle motivazioni della sentenza è stato rammentato specificatamente come la nostra Costituzione, in quanto espressione di una democrazia parlamentare, abbia disposto in via assolutamente tassativa le ipotesi in cui al Governo possono essere attribuiti poteri peculiari che esulano dalle sue normali funzioni, fuori da queste ipotesi il Governo che si attribuisce ulteriori poteri commette ovviamente un atto illecito.
3) Nel nostro ordinamento la regola generale, ma in troppi sembrano averlo dimenticato, è quella del divieto assoluto esistente in capo al Governo di emanare decreti aventi forza di legge, salve le eccezioni, appunto tassative, ivi espressamente contemplate. Qualora il Governo si attribuisca poteri che non ha è evidente che si debba parlare della fattispecie delittuosa di cui all’art. 287 c.p., ovvero l’usurpazione del potere politico
4)L’art. 77 Cost., fermo il precitato divieto generale posto in capo al Governo di emanare decreti, specifica l’eccezione dei casi di straordinaria necessità in cui è possibile emettere atti avente forza di legge. Parimenti il Governo può vedersi delegata la funzione legislativa, ma unicamente con principi e criteri direttivi definiti e per un tempo e oggetto limitato, da parte del Parlamento ex art. 76 Cost. L’ultima fattispecie eccezionale in cui il Governo assume i poteri che oggi quello attuale ha invece indebitamente usurpato è infine quella relativa alla dichiarazione dello stato di guerra che segue la procedura dall’art. 78;
5) Qualsiasi provvedimento restrittivo incidente su diritti fondamentali costituzionalmente tutelati, peraltro nei pochissimi casi in cui poi sia effettivamente possibile comprimere tali diritti (ma di questo si dirà infra), poteva dunque essere attuato unicamente con decreto legge o attraverso una delega determinata e specifica, oltre che limitata nel tempo, da parte del Parlamento al Governo;
6) Nel caso di specie il Governo ha deliberatamente ignorato la Costituzione utilizzando impropriamente lo strumento della regolamentazione attraverso atti amministrativi che abbiamo imparato a conoscere con il nome di DPCM (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri);
7) Tale scelta non trova ragione nella maggior rapidità di risposta all’emergenza Covid, che poteva essere affrontata all’interno della legalità costituzionale con lo strumento del decreto legge o con quello dell’attività legislativa delegata da parte del Parlamento. Il primo dei due strumenti è infatti completamente identico, per rapidità di utilizzo ed efficacia, ai DPCM poi effettivamente utilizzati e dunque la giustificazione di “fare più fretta” non sussiste
8)In realtà la scelta di agire in questo modo è legata al merito della questione. Posto che si è inciso su diritti addirittura incomprimibili anche davanti ad un’emergenza sanitaria, come ad esempio la libertà personale dell’art. 13, si è scelta la forma dei DPCM solamente per rendere oggettivamente più difficile l’esercizio del diritto di difesa per i cittadini.
9) I DPCM danno il vantaggio di non essere soggetti a vaglio da parte della Corte Costituzionale ed il Giudice ordinario, laddove decidesse su una sanzione elevata per la loro violazione, può semplicemente disapplicare il provvedimento con efficacia ovviamente limitata alle parti in causa e al singolo caso. La pregiudiziale fase di impugnazione davanti al Prefetto, porta altresì a ritardare nel tempo il momento in cui diventerà possibile attivare il G.O., così limitando il numero di precedenti potenziali idonei ad inficiare la prosecuzione dello stato d’emergenza. Al contrario se si fosse agito con decreto legge, qualora si assumesse la sua illegittimità, ad esempio per violazione dell’art. 13 Cost., il G.O. avrebbe dovuto e potuto trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale, con conseguente possibilità di far dichiarare illegittimo lo stato d’emergenza non già tra le parti ed in riferimento al singolo caso, ma addirittura erga omnes.
10) L’unico rimedio collettivo nei confronti di un DPCM, quale atto amministrativo, è il ricorso al Tribunale Amministrativo. Tuttavia il rischio del TAR è stato ponderato e facilmente risolto dal Governo. Visto che i DPCM si susseguono uno all’altro, chi ha impugnato il precedente decreto perde l’interesse a portare avanti il Giudizio amministrativo precedentemente instaurato che così si conclude con la cessazione degli effetti del contendere senza entrare nel merito. L’uso dei DPCM è dunque una scelta deliberata, non si può davvero pensare altrimenti, per aggirare i divieti Costituzionali ed impedire a chicchessia di contestare con effetti erga omnes l’intero impianto.
11) In questo senso si inquadra, ad avviso di chi scrive, anche la scelta di eliminare conseguenze penali dalla violazione delle misure di contenimento e di sanzionarle solo in via amministrative, così non applicando tra l’altro l’art. 650 c.p. Non c’era la volontà di portare il cittadino colpito dalla norma in tempi rapidi davanti ad un Giudice, rischiando il clamore che una disapplicazione dei DPCM in capo penale avrebbe potuto
12) L’obiezione che a questo punto può sorgere è che, dopo le rimostranze dei giuristi più attenti e di molti costituzionalisti, con decreto legge 25 marzo 2020 n. 19, convertito dal Parlamento con la legge 35 del 22 maggio 2020, decreto comunque successivo all’inizio del lockdown generale in Italia attuato a decorrere dal 9 marzo con mero DPCM, il Governo avrebbe sanato ex post l’illecito precedentemente commesso.
13) Tuttavia anche in questo decreto, poiché rimaneva centrale la volontà del Governo di evitare ricorsi che potessero portare alla valutazione del proprio operato innanzi alla Corte Costituzionale con effetti erga omnes, le misure di contenimento non sono state fissate direttamente nel corpo stesso dell’atto, ma si è usata una sottigliezza ulteriore, apertamente lesiva anche del dettato dell’art. 76 Cost.
14) n sostanza il Governo si è auto delegato con decreto legge ad emettere atti amministrativi fissando i contorni di massima, (la cornice) in pratica, dei provvedimenti che poteva successivamente emettere. Con la successiva conversione del Parlamento la delega auto conferita in difformità dell’art. 76 Cost. sarebbe poi stata da considerarsi sanata. Ma ovviamente così non è, l’attività delegata del Governo deve nascere da una volontà parlamentare, non può essere il Governo stesso ad auto conferirsi nuovi poteri delegandoseli da solo per poi ottenere il successivo via libera del Parlamento tra l’altro con ricorso frequente, anche in questi mesi, alla questione di fiducia.
15) Nulla è più pacifico quindi dell’avvenuta usurpazione del potere politico da parte dell’esecutivo come di fatto elegantemente evidenziato dal Giudice di Pace di Frosinone e come successivamente confermato anche con ordinanza 16.12.2020 del Tribunale di Roma, ordinanza a firma del Dott. Alessio Liberati resa nel procedimento N.R.G. 45986/2020.
16)Anche in questa ordinanza, resa incidentalmente all’interno di un procedimento di convalida di sfratto, si leggono accuse pesantissime sull’operato del Governo, tra cui anche quella di non aver motivato in alcun modo le ragioni che giustificano i provvedimenti restrittivi emessi, provvedimenti che contengono motivazioni “de relato” (i contenuti dei verbali del CTS non sono riportati) che secondo il Governo evidentemente dovrebbero essere accettate come atti di fede e per questo idonee a comprimere le nostre libertà fondamentali. Inoltre a pag. 8 dell’ordinanza si ribadisce ancora come “si tratta pertanto di provvedimenti contrastanti con gli articoli che vanno dal 13 al 22 della Costituzione e con la disciplina dell’art. 77 Cost., come rilevato da autorevole dottrina costituzionale”. L’unico modo per non essere d’accordo con tale assunto è avere talmente paura, essere talmente destabilizzati dal punto di vista del pensiero, da accettare l’idea che la democrazia e la libertà possano essere sospese per una malattia, cosa che ovviamente il nostro ordinamento, come specificato, non consente affatto.
17) Nel merito della lesione dei singoli diritti costituzionali, come già detto e come rileva ai fini della presente denuncia di sequestro di persona, vi è certamente la violazione dell’art. 13 Cost. che come noto recita: “la libertà personale è inviolabile. Non è ammessa alcuna forma di detenzione (…) se non per ordine dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto”;
18) Pare quasi superfluo sottolineare come il regime di detenzione domiciliare imposto con il lockdown e mantenuto con il vigente coprifuoco in una specifica fascia oraria (22:00-5:00), essendo attuato in totale contrasto con l’art. 13 Cost. configura ad avviso di chi scrive il delitto di sequestro di persona, ferma la diversa qualificazione giuridica del fatto da parte di Codesta le Procura. Ma sul fatto che quanto commesso sia reato, davvero non può esserci discussione.
19) Sul punto ancora una volta è stato estremamente preciso il Giudice di Pace di Frosinone nell’evidenziare che: “tale disposizione, stabilendo un divieto generale e assoluto di spostamento al di fuori della propria abitazione, con limitate e specifiche eccezioni, configura un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare. Tuttavia nel nostro ordinamento giuridico penalistico, l’obbligo di permanenza domiciliare è già noto e consiste in una sanzione penale restrittiva della libertà personale che viene irrogata dal Giudice (…). Sicuramente nella giurisprudenza è indiscusso che l’obbligo di permanenza domiciliare costituisca una misura restrittiva della libertà personale.Peraltro la Corte Costituzionale ha ritenuto configurante una misura restrittiva della libertà personale ben più lievi dell’obbligo di permanenza domiciliare come ad esempio, il prelievo ematico (Sentenza n. 238 del 1996). Anche l’accompagnamento coattivo alla frontiera dello straniero è stata ritenuta misura restrittiva della libertà personale e dichiarazione dell’illegittimità costituzionale della disciplina legislativa che non prevedeva il controllo del Giudice ordinario sulla misura poi introdotto dal legislatore in esecuzione della decisione della Corte Costituzionale”. Dunque nulla a che vedere con la mera libertà di circolare in determinate aree che attiene all’art. 16 Cost. e che in ogni caso sarebbe stata soggetta a riserva di legge, peraltro non rispettata in virtù delle forme con cui si è normato e di cui si è già detto.
20) Ovviamente è parimenti illecito anche l’obbligo di chiudere le attività commerciali, obbligo che non solo è lesivo della libertà personale, ma altresì del diritto al lavoro su cui la Repubblica stessa si fonda (con lesione dunque anche degli 1, 4 e 41 Cost.). In riferimento a tale aspetto della normativa d’emergenza si si chiede all’Ill.ma Procura adita di ritenere consumato quantomeno il delitto di abuso d’ufficio, come parimenti dovrebbe essere considerato reato, sempre ai sensi dell’art. 323 c.p., anche quanto disposto con il cd. “decreto legge di Natale” con cui si è addirittura intervenuti per comprimere la libertà personale dei cittadini fino al punto, completamente intollerabile, di imporre un limite alle frequentazioni nelle giornate di festa anche nelle proprietà private. Provvedimenti inaccettabili in una Repubblica, provvedimenti che rappresentano azioni tipiche delle sole dittature e ciò a prescindere da ogni valutazione di merito sulla pericolosità del virus per il quale sono stati emessi. Neppure se ci fosse stato un virus con mortalità al 100%, in democrazia, si sarebbe potuto agire in questo modo e fortunatamente abbiamo visto che la letalità del Covid 19 è di parecchi ordini di grandezza più bassa fino a diventare addirittura statisticamente irrilevante per le persone in buona salute.
21) La paura della morte, abilmente instaurata dalla stessa propaganda governativa, non deve indurre a legittimare ciò che è stato compiuto, posto che siamo davanti ad un precedente tanto pericoloso da essere potenzialmente mortale per la stessa sopravvivenza della democrazia in questo Paese. Se tutto questo non verrà stoppato e duramente sanzionato, ogni scusa sarà un domani lecita per sospendere diritti costituzionali fondamentali, sospensione che in oggi si protrae da quasi un<
22) In conclusione si vuole rammentare un principio giuridico che pare essere stato dimenticato da tutti e che forse è a monte del “cortocircuito” logico che ha portato taluni a legittimare, davvero incredibilmente e certamente perché annebbiati dalla paura, l’operato del Governo. Si è dimenticato che la libertà personale vale più della vita, che l’art. 32 Cost. non è in alcun modo sovraordinato agli altri valori Costituzionali. Lecito bilanciare diritti Costituzionali contrapposti, ma giammai la tutela di un diritto può portare alla soppressione di tutti gli altri. D’altronde se giuridicamente non fosse pacifico, completamente pacifico, che la libertà vale più della vita, principio di diritto naturale ricompreso tra i diritti inviolabili dell’uomo riconosciuti dalla Repubblica ex art. 2 Cost. allora il lockdown avrebbe dovuto essere fatto in passato e dovrebbe essere fatto anche in futuro davanti a qualsivoglia malattia infettiva. Non c’è un limite di morti dopo il quale la libertà personale può essere soppressa in nome della salute. Se è la salute che deve prevalere sempre, lo dovrebbe fare in presenza di ogni virus, compreso quello influenzale ad esempio, le cui complicazioni uccidono circa 650 mila persone l’anno nel mondo. Dunque se fosse davvero la salute l’unico diritto assoluto e prevalente su ogni altro diritto costituzionale dovremmo chiuderci tutti sotto una campana di vetro per sempre, perché purtroppo le malattie esistono. Se appunto prevale la salute tra dieci, cento, diecimila o un milione di morti, nulla cambia: la libertà va soppressa per far vivere tutti un po’ più a lungo.
Il Governo di turno, così ragionando, sarebbe in ogni caso obbligato a chiudere tutto. Ma comprenderete facilmente il paradosso, l’aberrante paradosso anzi a cui porta questo ragionamento, è ovviamente inaccettabile sospendere la vita perché esistono le malattie
Bilanciare motivatamente i diritti sarebbe stato invece il solo modo per intervenire, partendo in primis dall’immediato adeguamento dei numeri del nostro sistema sanitario a questa nuova malattia, dalla protezione, esclusivamente facoltativa, delle classi più deboli attraverso reali strumenti e indennizzi. Ma il comportamento del Governo tenuto fino ad oggi non può più essere tollerato e va punito duramente.
Tutto ciò richiamato e premesso l’esponente
CHIEDE
Che i responsabili dei reati di cui in narrativa, dunque il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e gli altri Ministri di questo Governo, siano puniti per i reati indicati o per quelli meglio visti e ritenuti.
Si esprime la volontà di ricevere informazione circa eventuale iniziativa archiviatoria presso il domicilio eletto.
Si chiede altresì l’emissione dei provvedimenti cautelari meglio visti e ritenuti per restituire la libertà personale ai cittadini senza ulteriori ritardi.
Con la massima osservanza.
Luogo e data.
Firma
Chi è l’Avvocato Merco Mori?
Leggiamo su genova24.it
Da “perfetto sconosciuto” ad outsider delle prossime comunali: chi è Marco Mori
Genova. Tra le frecce al suo arco non c’è quella della diplomazia – e sembra andarne piuttosto fiero – se uno dei suoi post su Facebook maggiormente condivisi è quello in cui afferma: “Se fossi sindaco, alzerei il telefono, chiamerei Gentiloni e lo manderei a fan*^°o!”.
Lo farebbe, se si trattasse di lottare contro il patto di stabilità, Marco Mori, 38 anni, avvocato con uno studio a Rapallo, dove vive, e uno a Cornigliano, è il candidato sindaco di Riscossa Italia. Una candidatura annunciata con largo anticipo, nell’ottobre scorso (dalla senatrice Paola De Pin, quando il movimento si chiamava Alternativa per l’Italia) e che poi è stata soffocata dalla presenza mediatica di altri, più noti, candidati.
Il punto di debolezza, ma forse anche quello di forza, di Marco Mori è il suo essere un perfetto sconosciuto. “Marco Mori chi?!” sarà la reazione della maggior parte delle persone a cui farete il suo nome, per strada, al lavoro, a casa.
INFO:
ilsextante@emmegiischia.comemmegiischia@gmail.com