In una domenica – Davanti al tempo-132

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In una domenica – Davanti al tempo-132

Davanti al tempo 132

In una domenica del mese di maggio trascorsa nella inutile attesa di una telefonata

Nel buio
interrotto da un raggio di
luce posato su un angolo
nudo
nel tempio
dei miei pensieri
muto
su un letto supino
su un sogno viaggiando
nell’ora che più della vita io
sento l’angustia
che più sollievo ti rende
compagna
di questo soffrire
sola nella mia solitudine
riodo
d’un puro sassofono il suono.
Spira nell’aria
pacato, leggero,
vibrando un vento di swing.
Si infiamma
accettando di innumeri trombe la voce.
Diviene continuo.
Cresce assillante.
Insofferente
nervoso bestiale, mi rende.
Sussulti, sussurri
mi passan dinanzi.
Tumulti di vita passata,
incubi d’ore future,
s’inseguono veloci.
Un impeto d’ira mi vince
mi scuoto;
percuoto furente ogni cosa che vedo paurosa.
Fin quando non cessa;
fin quando prostrato,
giacente affannante
nel prostilo scuro
non sento
dello stimolo primo la fine,
e m’appari nel nulla.
Visione.
Realtà d’un amore.
Necessità d’una vita.
E continuo l’attesa.
Riacquisto fiducia.
Sospiro sorrido.
Mi beo del gelo del marmo,
del suono del fiato
di quest’insetto che aspira
all’eterno, di questo continuo
presagio di morte sconfitto
da un volto lucente,
di questo soffrire più degno d’un reo
d’un animo turpe
meschino reietto
che non di due cuori
d’un unico amore,
mistero calore,
invasi, scaldati.
Ma l’ombre dell’aere schiude alla
vista dorati pianeti,
e tremule fiamme d’amore
da terra dischiude il dolore.
Come l’onda che l’urto frantuma
in chiarore di colore tramuta
ciò che più del futuro era scuro
e, terribile
cheta diviene,
nel suo infrangersi
nel suo dolersi,
e il terrore in dolcezza,
la furia in placida calma,
cozzando nel sasso si cangia,
così pure troncò i miei furori
quell’averti veduta

adorata.

Davanti al tempo


Sono quella cornice vuota

E sento bestemmiare

Il volo verticale di un elicottero

Un taglio alla fune del timone

Ho fatto un bagno casto

In un giorno

Tacetevi le parrucche

Pa pa pa

Capodanno

Ove non fossi stato

Là per la china

Davanti al tempo

Pulita ebbra visione

Tu non ignori

Lontano

E il battito del tramonto s’avanza

Misero

Allora sotto un mucchio di pàmpani

Ritroverai

Alzasti un altare

Tutto

Sruma

Giammai nuotai paesaggi

Nutre del suo rossore

Parla creatura

Ceri nel buio di una stanza

Orrore di gente perduta

Io desidero che l’ossa si sveglino

Padroni e dannati

Aprile millenovecento

Sorgi dal sonno possente speranza

Solo un’anguilla

Nel silenzioso

Un orrido abbandono

Un volto nel riposo dei colori

Scarno come il suo volto

Un gelido profumo d’acquavite

Io sono tuo silenzio

Insabbiando la barca

L’armonica lunga

Opachi chiarori di onde

Mentre insegue il sibilo del tempo

Mesta d’iridi fosforescente aurora

Scomposizione n°21-1

Scomposizione n°21-2

Scomposizione n°21-3

Scomposizione n°21-4

Attesa

La zingara parla

Bimbi verranno a lacerare i sonni

Aspramente

Segni d’amanti pregni di mistero

Candiano

Il sole già ti rende bianco

Fermarsi ancora un secolo

Un cielo d’ottobre

Apocalisse

Pensieri

E mi consolo

Ricordo

Il sapore dell’amore

Sarà speranza vana di salvezza

Passa la calamita d’uomini

Lampi di vitrea luce

Un eremita

Trapasso nel tuo essere sapendoti

Estasi

Felicità

Popolo pluriforme

Pensieri pensieri pensieri

Lacrimabondo salice

Perché

Sempre

Nel fremere delle foglie

Ora nel tuo ricordo

L’estate del ping-pong

Io non potrò più resistere

Venti cipressi per te

Io annego

Niente

Silfide nebulosa

Sui sassi

Bolle d’aria

Profuma

Scorre sul fiume gelida

Bianca la sua casa

Tremando

Quasi prova di fede e di amore

Rombo furente

Furtiva si stacca da quella quercia

Abbandono

Lapidato

Su un prato

Capelli al vento

Vivi e morti

Ottobre

Sentimento del passato

Nel mio deserto soffoco

Tu saresti…

Solleva dalla terra

Terra lontana

Voglio in un respiro vibrare

Nel nostro inferno poso

Il terrore della sterilità

Gocce d’anima

Sulla sabbia vergine

Alla carezza gelida

Estate

Sassi strappati nel salto di frana

Sul mare Tirreno

Son solo

Sul balcone assolato

Visione

Nudo

Mentre il sole è al nathir

Uomini

In una notte d’agosto

Sulle gocce del mare

Musica

Invidia

Vivo

Similitudine

Presso Formia

Conforto

Alba

Un ultimo lamento

Quando i suoni son note

Quando il silenzio è

Perché non basta volere

Quante volte ho vinto

Milano-Napoli

In un pomeriggio

In una domenica

Quando vivere è men che morire

Un nugolo di febbri mi dilania

Salgo su treni in corsa

In una stanza la luce

Torrente bianco

Chicchi di gioia

Quando quest’ora

T’azzannano nel tremore

Fingiamoli coriandoli

Temerario

DILA

Premi Otto milioni

Bruno Mancini

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