Perline d’argento

Perline d’argento

L’agreste podere ricco di viti,
vibrava nelle notti ancor miti!
Si fondeva nella luce sopita,
che dalla luna prendeva la vita!

E gli agili tirsi alle canne,
s’intrecciavan costruendo capanne!
E i sarmenti lunghi e caduchi,
nascondevan i nidi dei fuchi!

Imperlate di roridi umori,
sulle pàmpane sembravan sudori,
come vegete perline d’argento,
del terreno diventando l’unguento!

Le pàmpane verdi foglie nervate,
eran con ghirigori ricamate!
Tutto sembrava adesso divino,
però strano, irreale, ialino!

Non era una realtà terrestre,
dirò: un alieno labirinto campestre,
come un mondo di allegoria,
o d’una folle fantasmagoria!
*
Tratta dal libro edito “Làbrys – Opus Hybridum de Labyrinthismo”
Aletti Editore

PAGINA PERSONALE DI MAURO MONTACCHIESI

Làbrys-Opus Hybridum de Labyrinthismo di Mauro Montacchiesi

Làbrys-Opus Hybridum de Labyrinthismo di Mauro Montacchiesi

Làbrys-Opus Magnum de Labyrinthismo (Labirintismo), Mauro Montacchiesi

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…simile ad un’eco di amore

Ho tentato di ripescare
inabissati sussulti d’amore
dalle opache acque dell’oblio
e la malinconia, prepotente,
ha triturato l’indebolita corteccia dell’anima.
Un silenzioso dolore ha sigillato ermeticamente
le memorie tra le austere segreta di una buia cripta:
un dispotico, vacuo tormento
ha impedito loro di volare senza catene.
La notte che nasce, con le sue tetre gramaglie
si sta preparando ad ottenebrare fosche,
indistinte sagome,
mentre rigogliosi germogliano riverberi
di placide serenità,
di respiri remoti.
Credo che a nessuno interessi
se sono stato uomo sincero,
se qualcuno ha sfruttato la mia retta integrità.
Questa caliginosa maturità,
che umidamente penetra le ossa,
corrobora la nostalgia,
e la rende simile
ad un maestoso picco di montagna,
irrorato di bruma notturna,
che svetta isolato,
sopra una vallata di fiori intorpiditi,
sui quali il firmamento armonicamente plana,
simile ad un’eco di amore
che pulsa nella notte.
Mi smarrisco nei mistici alisei dei ricordi,
fino a naufragare nella quiete di vaghe fantasie.
Il cuore si spoglia in un’inerzia pigra,
l’anima è abulica al cospetto dei foschi giorni a venire.
Un suono svanisce nell’aura remota delle memorie,
come all’alba il sereno e molesto trillo di un’allodola,
come i rumori della vita nella canicola estiva.
Intanto il cielo comincia a piangere fresche,
roride stille.
I giorni sono stereotipi di sé stessi
e somigliano ormai a tratturi lacerati dalle transumanze.
Il cuore è stanco già prima di venire al mondo,
in questo mondo che sembra avere terrore della realtà.
Nient’altro resta che una chimera,
una fantasia fuggiasca,
e l’isolato strepito di un tormento
che si disperde,
similmente al riverbero di un carillon fioco che muore.
Intanto le tenebre cancellano gli ultimi bagliori:
sta calando il sipario di nero velluto,
in attesa di una nuova, giovane alba.
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Tratta dal libro edito “Làbrys – Opus Hybridum de Labyrinthismo”
Aletti Editore

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Làbrys-Opus Hybridum de Labyrinthismo di Mauro Montacchiesi

Làbrys-Opus Hybridum de Labyrinthismo di Mauro Montacchiesi

Làbrys-Opus Magnum de Labyrinthismo (Labirintismo), Mauro Montacchiesi

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Il Saggio

Il Saggio

Il mondo prova
un senso di angoscia,
di sospetto,
verso l’uomo
che nulla più ignora
della propria anima.
Quest’uomo ha
un alone energetico
un potere di suggestione,
di attrazione,
un ascendente,
una forza di persuasione,
capaci di emancipare
le menti più verdi
e più profonde
dalle catene
del pavido conformismo.
Quest’uomo è il Saggio,
che il mondo
non riesce a incatenare.
Un ingegno magno,
riuscito a scendere
nelle profondità più estreme
del suo labirinto.
Non può essere compreso
dal mondo.
Il Saggio
è come quella forza occulta
che genera caos.
Il popolo non ama
essere destato dall’oppio
della propria miseria.
Il popolo vive
nello stereotipo
della desolazione.
Il Saggio non è desolato
e il popolo
lo considera un alieno,
perché non riesce
a integrarlo.
Il Saggio è l’invasore
extraterrestre del pianeta.
Non rientra in qualsivoglia
stereotipo.
Non conosce limiti o confini.
Il Saggio è forte, straordinario.
Gestisce la propria volontà,
la propria sorte.
E’ irradiato dal sole,
sorgente di luce.
Dalle sue mani
sgorgano fiamme,
le fiamme della rivelazione,
premio della rinuncia.
Il Saggio è un principe,
poiché ha disintegrato
la schiavitù dell’ipocrisia.
Il Saggio si è plasmato,
ha aperto la sua mente
all’energia del creato.
Ha risalito gli abissi
dell’oscurità.
Ha reciso i legami
senza forma
con il suo Io precedente,
senza coscienza.
Il Saggio è diventato
Araba Fenice,
airone dalle piume d’oro,
fiammeggianti.
E come l’Araba Fenice,
che si nutriva di rugiada
e volava verso terre
straniere,
così lui, il Saggio,
si nutre di sapienza
e vola verso il cielo.
Il Saggio ha un grande coraggio,
perché vive nella luce,
per la luce della verità.
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MAURO MONTACCHIESI

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Tratta dal libro edito “Làbrys – Opus Hybridum de Labyrinthismo”
Aletti Editore
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Làbrys-Opus Magnum de Labyrinthismo (Labirintismo), Mauro Montacchiesi

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E con la sera…

Una costellazione di ghiaccio
trapunta di dubbi,
inasprisce gli insondabili arcani dell’anima,
nell’ora in cui
vespertina scende una quiete sublime
e instancabile il cuore ripercorre le anse dei giorni,
degli anni per sempre sfioriti.
Intanto la sera posa le ali sui confini del mondo,
e con la sera,
in silenzio cala sul mondo una brezza sottile
che riporta i tuoi sublimi, fragranti riverberi
dalle mie giovanili memorie.
Memorie di quando,
nel nostro variopinto giardino d’amore,
curavi le bianche camelie, le rosse orchidee
vicino al mandorlo in fiore,
con una materna premura
che mi trovava piacevolmente stupito.
Stasera le mie labbra riarse,
bramano con trepidazione le tue,
così,
come in quelle sere illuminate da fuochi di passione.
Ancor non capisco come mai,
in quel tempo pensavamo di essere eterni,
come Dei dell’Olimpo,
come un fulgido sole dopo una violenta tempesta.
All’improvviso avevamo sussulti di esaltazione,
o l’impressione di non avere catene,
di essere simili a uno zefiro che blandisce
le piume dei candidi alcioni sul mare.
Ci ritrovavamo a inventare mielate poesie
sotto il cielo stellato,
aspettando l’alba,
ancor sonnolenta nella sua culla d’oriente.
Rovi spinosi oggi demarcano il mio impervio cammino
e sono incrollabili i bastioni del martirio,
dell’interminabile tormento,
similmente a quel tempo,
a quei giorni, prima di te,
in cui incedevo orgoglioso,
benché ben sapessi di essere solo
contro le iniquità della vita.
La mente estrosa dipinge fantasie
nella zuccherosa brezza vespertina,
che resuscita i simulacri degli anni andati,
mentre avverto delicate dolcezze
che placidamente ritemprano
l’anima stanca, i ricordi sfocati.
Florida germoglia la malinconia
quando non si avverte più il mondo per quel che è:
le montagne,
cariatidi immobili e austere pronte al giudizio,
l’oceano,
un’immensità dove solitario naufragare,
il firmamento,
una brughiera trapunta di stelle
dove smarrire sé stesso,
le fantasie,
ossessioni prive di luce
da scaraventare nell’oblio.

MAURO MONTACCHIESI

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Tratta dal libro edito “Làbrys – Opus Hybridum de Labyrinthismo”
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Làbrys-Opus Magnum de Labyrinthismo (Labirintismo), Mauro Montacchiesi

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All’energia degli abissi

Sagome dalla tinta scura, quasi nera,
si danno convegno nella volta celeste,
si precipitano a ossequiare con omaggi
la luce tenue e diffusa del giorno incipiente
che fa capolino sulla natura,
per irradiarla di bagliore, di energia.
I nembi cupi, gonfi di pioggia e grandine,
si dissolvono al manifestarsi sul confine del cielo
della sfera bionda e similmente a spettri
si eclissano all’ultima luce che spunta.
L’energia degli abissi
si frantuma sulla rena giallastra
e i ciottoli volteggiano turbinosamente
nel risucchio verso il mare.
I frangenti lontani, sulla sconfinata vastità,
stimolano labirinti spumeggianti
che salgono al firmamento,
per poi morire, nelle voragini degli abissi.
Adesso l’acqua permane immota, inerte,
e nonostante l’affacciarsi dei marosi,
non resta sconvolta dal loro movimento
di gitana burrasca.
Impassibile insiste la sua essenza
a intercettare dall’infinito un’energia misteriosa.
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Tratta dal libro edito “Làbrys – Opus Hybridum de Labyrinthismo”
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MAURO MONTACCHIESI

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