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“La nostra isola”
Presentazione antologia poetica
“Ischia, un’isola di…”
intervista Nunzia Zambardi
http://www.youtube.com/watch?v=AcSFEh6FxaA
Progetto culturale “La nostra isola” ideato da Bruno Mancini – Ischia 19-24 Luglio 2010 – Sala congressi Hotel Miramare e Castello – Presentazione dell’Antologia poetica “Ischia, un’isola di… a” a cura di Roberta Panizza e di Bruno Mancini – Tele Ischia – Mirna Mancini intervista Nunzia Zambardi
Nunzia Zambardi nel suo studio
GALLERIA DIPINTI 1
GALLERIA DIPINTI 2
GALLERIA DIPINTI 3
GALLERIA DIPINTI 4
RASSEGNA STAMPA
Nunzia Zambardi nasce ad Ischia nel 1941.
La sua formazione culturale non sfugge alle caratteristiche proprie dei popoli che vivono l’insularità come una condizione dalla quale trarre fonte di meditazione, intimistiche sensazioni ed un profondo senso della dignità intellettuale.
Libertà Giustizia e Fantasia sono gl’ingredienti più importanti del suo modo di essere.
La prima personale: “Sedici tele polimateriche in un affascinante bagno di colori, frutto della curiosità della materia” viene presentata nel 2002 nel prestigioso Hotel Terme Elisabetta dell’Isola d’Ischia, e ad essa hanno fatto seguito innumerevoli altre esposizioni tra le quali vanno ricordate la prestigiosa mostra presso il museo archeologico di Phitecusae di Lacco Ameno, la brillante presentazione presso la Torre Del Mulino di Ischia Porto, e la mistica collezione esposta nell’Arciconfraternita di Santa maria Visitapoveri in Forio.
Lei, Nunzia Zambardi afferma che “La curiosità della materia mi spinge ad una ricerca costante su tutti quegli elementi che, una volta presi e plasmati nell’officina della mia anima, sono riportati a nuova vita.”
Noi riprendiamo le parole di Arianna Mercanti ed aggiungiamo che “… nelle sue opere, le forme si sottraggono alla tentazione del simile… in una referenzialità interna, non naturalistica, ma psichica e inconscia.”
Ischia, un’isola d’amore – Antologia poetica con illustrazioni di Nunzia Zambardi
Il Golfo – 7 Gennaio 2010 Massimo Colella recensisce Nunzia Zambardi
Il Golfo – 7 Gennaio 2010 Massimo Colella recensisce Nunzia Zambardi
L’Italia in frammenti dell’Informale di Nunzia Zambardi
L’occhio della Materia
Quando l’arte diventa un grido di pace
Massimo Colella
Parlare di Nunzia Zambardi e della sua arte significa tentare di accedere ad un universo informale-materlco che ha del mirabile e del portentoso, tutto racchiuso com’è nelle linee concettuali e programmatiche, non facilmente intuibili ma magistralmente rese, di una Trasfigurazione potente e di una Palingenesi che tutti coinvolge e sempre, nel ciclo perenne delle rinascite. Significa, cioè, tentare di comprendere il pensiero vibrante che scorre nelle e sulle tele della Zambardi stessa per cercare di scoprirne la sostanza. Significa parlare di un arte che già nel suo farsi e nel suo esserci, ossia già nei suoi materiali, rivela lo scopo ultimo del suo “venire al mondo”, creatura viva nella vitalità dell’Universo che non rigetta la Materia, ma anzi la riconduce a sè tanto da farla divenire arte.
La Materia è il punto di partenza del percorso artistico della Zambardi; la Materia, offesa, vituperata, respinta ai margini, lasciata andare, gettata via, è dalla Zambardi recuperata e resa Arte mediante un processo informale d’altissimo livello tecnico-artistico.
Partire dalla Materia potrebbe sembrare, nell’orizzonte di chi guarda alla questione con l’ottica platonica e neo-platonica, partire da una presunta “negatività” (così la considerava già Plotino) per attuare una Catarsi ovviamente purificatrice che ammetta la Materia nella sfera dello Spirito; ed invece è nei fatti un processo non ascensivo (perché la Materia non è il grado ultimo della vita al margine con la non-vita, ma ha forma già essa stessa e pertanto esistenza a tutti gli effetti), bensì di scoperta – nella materia – della vita e – nella vita – della materia. Scoperta, cioè, di quanto Vita e Materia, lungi dal coincidere semplicisticamente, possano costituire è costruiscano un binomio inscindìbite per chi riesca a percepire l’intima motilità del cosmo tutto (e del materico in esso compreso) associata al ciclo delle nascite e delle rinascite che governa il “kòsmos” dell’esistenza universale. Partire dalla Materia non significa, dunque, recuperare il negletto e l’abbandonato per valorizzarlo, ma centrare con perfezione il cuore del mondo e restituirgli, questo si, una sua centralità sottraendolo alla sua triste condizione periferica. In altri termini, la riscoperta dalla Materia è nei fatti riscoperta del Centro perduto e non elevazione spirituale di un polo negativo; messa a punto di un sistema dimenticato e non creazione di una nuova strategia dello Spirito.
La Materia, vista per quello che è e non in opposizione all’anima, liberandosi dalle catene interpretative platoniche e neo-platoniche del contrasto materia/spirito, corpo/anima, diviene così nella Zambardi il referente simbolico-compositivo di un discorso eminentemente spirituale: la Materia allora si fa portavoce dello Spirito ed è essa stessa Spirito. Una serie di dipinti definita dall’artista “Occhio tricolore” (al centro anche di una recente mostra) ha per tema l’unione delle tre cromie della nostra bandiera, senza che questa tematizzazione peraltro possa o voglia assumere carattere politico e senza che le tre cromie possano essere banalizzate da interpretazioni riduttive nel senso di un esclusivo valore patrio. Si cantano, dunque, il verde, il bianco e il rosso per ciò che essi possano rappresentare, per quel tanto o quel poco che suggeriscono a ciascuno dei fruitori nella propria individualità. Eppure è indubbio che una riflessione “politica” c’è: e “politica” nel senso più alto e nobile del termine: “politica” da “polis”, la città-Stato dell’antica Grecia, simbolo di condivisione delle esigenze della collettività, di ciò che i Greci identificavano con un’espressione che in italiano potrebbe essere tradotta con “mettere in mezzo”, porre al centro del pubblico. E questa riflessione “politica” la Zambardi la realizza, com’è naturale, mediante le sue sapienti cromie, attraverso il suo tipico e peculiare linguaggio materico-informale: Nunzia ci parla di un’Italia in crisi, deframmentata talora in mille schegge che tardano a ricomporsi, di un’Italia dolorante che non riesce a ritradursi in unità, di un’Italia unita che ha perso la sua identità. Eppure a fronte di quest’Italia, c’è sempre e meravigliosamente un’altra Italia, un’Italia del passato che ha combattuto a denti stretti per ottenere la sua libertà: in un dipinto, meraviglioso, che da solo esemplifica l’arte della Zambardi, i colori lasciati, gocciolare lungo i meandri del percorso materico della tela stessa mediante la tecnica del “gripping” che tutto unifica e rende uniforme e armonioso,invece che alludere con la monocromia di un rosso accecante al sangue delle vittime italiane, realizzano uno scenario che pur a partire dalla morte canta la vita e pur a partire dalla guerra canta la pace. Le venature cromatiche del tricolore allora non sono che l’esaltazione massima di un canto di pace, un inno quasi ad una pacificazione che tarda ad arrivare. Sono colori che ritornano con insistenza in queste tele della Zambardi, a significare un grido di speranza a che il Paese possa ritrovare una sua unità e stringersi attorno ad un programma di rinascita generalizzata, guardando al passato e al futuro sincronicamente. Ma l’arte di Nunzia non è latrice in senso stretto di messaggi che possano essere. decodificati con esatta precisione: il fruitore dell’opera estetica è totalmente libero nell’interpretazione personale ed autonoma delle tele, che peraltro non sono identificate neppure da un titolo in quanto l’artista desidera non influenzare con la sua visione l’esperienza a suo modo unica dell’osservatore. E tuttavia valori universali si percepiscono nelle tele della Zambardi: la lettura, per quanto personale, non può non fare i conti con alcune linee direttive che costituiscono la nervatura dell’opera della pittrice; così, in un dipinto di enormi dimensioni, il buio asfissiante della Crisi chiaramente leggibile e non travisabile – non può che trovare il suggello ultimo nello spiraglio di luce che pure si apre in cima a significare quell’orizzonte di speranza e di progettualità che solo può giustificare l’esistenza.
La Zambardi si apre anche a nuove prospettive artistiche allorquando manifesta il suo estro pittorico anche attraverso la ricodificazione di un’arte come quella della fotografia per ottenere superbi effetti cromatici e intensi giochi di pieni e vuoti, luci e ombre, Interni ed esterni.
Il cuore dell’operazione d’atto profilo intellettuale della Zambardi è tutto lì, nei tracciati che l’anima sa compiere, nel gioco delle forme geometriche perfette/imperfette magistralmente rese, nella circolarità, ad esempio, di una Madre che mantiene in grembo suo figlio, nell’equilibrismo di un’arte potentemente materica, che tracima dalla tela per occupare realmente e idealmente lo spazio d’interscambio con l’osservatore, per fuoriuscire dagli stretti confini dell’opera bidimensionale tradizionale e farsi talora scultura e altorilievo quasi a trattenere il fruitore con le sue lunghe “reti” fisicamente e matericamente presenti. Discesa negli inferi di un Paese in crisi, scoperta magmatica di una verità tricolore, paradiso cromatico di ancestrali richiami, la pittura della Zambardi è la coloritura di un mondo che stenta a trovare un proprio colore, archetipico dispiegarsi di simbologie cabalistiche, furiosa speranza di una palingenesi. Si parte dalla Materia non per arrivare allo Spirito, dunque, ma perché là Materia “è” assolutamente e sicuramente Spirito: la Materia è la chiave di volta della Ri-Modellazione del Reale perché “è” il Reale ed è attraverso di essa che si può auscultare/decifrare il mondo e tentare di cambiarlo. SI, perché si può cambiare il mondo anche con i colori. Tentando di colorare un mondo buio e in agonia. Tentando di vincere le resistenze dell’oscurità. Sì può cambiare il mondo con i colori, ma solo se questi colori non sono l’incitazione campanilistica ad una battaglia basata sulle contrapposizioni e sulle bandiere, bensì sono traccia ed emblema di una volontà di pacificazione totale, cosicché quell’occhio tricolore possa smettere di essere inondato di lacrime e l’Italia – non più divisa in mille e mille frammenti – possa tornare ad essere realmente unita e condivisa. E il cambiamento, l’aspirazione al cambiamento, avviene attraverso la materia, chiave d’indagine del reale, che è riscoperta nel suo valore primigenio di creatrice delle forme della Vita. Di una vita oltre, al di sopra e al di sotto della Vita. Vita che si rinnova in nuovi corpi e in nuove con formazioni. Esattamente come la Materia. Esattamente come il Ciclo Esistenziale Che si auto-rigenera. E si auto-colora. Dei colorì – infiniti – della vita.
PREMIO POESIA PED- IL GOLFO
MIRAMARE 2010 – Il Golfo inaugurazione Prima pagina
C O N T A T T A C I emmegiischia@gmail.com
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Nuovo amico del progetto culturale “La mia isola” ideato da Bruno Mancini
http://www.lulu.com/product/a-copertina-morbida/ischia-unisola-di/11280350?showPreview
Bruno Mancini – Catalogo Racconti | ||||
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003 | Bruno Mancini | Per Aurora volume terzo | 166 |
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13.00 |
114 | Bruno Mancini | Per Aurora volume quinto | 108 |
15.00 |
116 | Bruno Mancini | Per Aurora tutti i racconti | 454 |
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016 | Bruno Mancini | Non rubate la mia vita | 55 |
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018 | Bruno Mancini | Io fui mortale | 100 |
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000 |
Bruno Mancini – Catalogo Antologie | ||||
022 | AA.VV. | Ischia, un’isola di poesia | Pag. 121 |
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040 | AA.VV. | Ischia, un’isola d’amore | 169 |
18.00 |
041 | AA.VV. | Ischia, un’isola di… | 192 |
18.00 |
043 | Roberta Panizza Bruno Mancini |
Ischia, mare e poesia | 190 |
18.00 |
042 | Roberta Panizza Bruno Mancini |
Ischia, un’Antologia | 100 |
14.00 |
401 | AA.VV. | Poesia e dintorni | 96 |
20.00 |
000 | AA.VV. | Il club degli autori 2004/2005 | 000 |
finito |
000 | AA.VV. | L’ippocampo | 000 |
finito |