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Mostre in Italia dal 25 al 31 Agosto 2012
MOSTRE: LE PROSSIME APERTURE DAL 25 AL 31 AGOSTO 2012
Tamara Kvesitadze Mec-Human
Nell’ambito del Concorso Polifonico Internazionale Guido d’Arezzo, la musica incontra l’arte contemporanea; e lo fa scoprendo il concetto di rumore che diventa continuità e sfondo infinito. L’opera d’arte è meccanica.
Si chiama F=-F a firma Tamara Kvesitadze, qui ad Arezzo a cura di Fabio Migliorati, dall’ultima Biennale di Venezia. Nel 2011, infatti, l’artista rappresenta il suo Paese, la Georgia, alla 54° Biennale Internazionale d’Arte, proprio con l’opera che sarà in mostra alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea. Il titolo F=-F come a simboleggiare una misteriosa parità finalmente raggiunta, magari mediante quella matematica che pretende di sistemare tutto coi numeri… L’installazione inaugura la Project Room della Galleria: luogo in cui si attenderanno appunto progetti, esperimenti, contaminazioni, ma sempre – senza essere norma – attraverso opere uniche; siano (come in questo caso) installazione, oppure dipinto, scultura, video, o anche performance.
L’opera di Tamara Kvesitadze s’inserisce bene nel contesto dello spazio trovato: pare foderare il fondo della stanza, nel vuoto di una luce bianca che vorrebbe svelare… Tanti volti di resina.
Si muovono? Si deformano? La tecnologia interviene, e anima. L’arte limita, e risolve. L’autonomia della macchina confina con un sentimento d’oblio che si compie nella sproporzione del rapporto uomo/mezzo. E questo stare di fronte all’opera si spande, aleggia, grava intorno a chi non ne subisca l’indeterminatezza ma, al contrario, l’adatti a sé, per comprenderne gli esiti.
L’arte di Kvesitadze, così, premia. Ma lo fa con il ronzio ipnotico del meccanismo: un’estetica fredda soltanto in apparenza; pronta invece al rischio della conoscenza mimetica, o al fraintendimento della somiglianza. Si passa di qui, allora, per lambire un’astratta vastità del piacere: vera perché vaga e sfumata; dall’emozione funzionale alla percezione concettuale.
Tamara Kvesitadze (1968, Tbilisi) ha donato un moto straniante e misterioso all’immagine umana; tanti visi, tutti uguali, si prestano a mostrarsi come forse non sono. E quel rumore, continuo, è la vita di quella fisionomia: forse noi, forse tutti voi.
Ad Arezzo c’è un’opera della scorsa Biennale di Venezia. Anche Arezzo, così, può mostrare il linguaggio contemporaneo ritenuto migliore di una nazione: in questo caso la Georgia. La mostra si svolge in collaborazione con PaiviProArte, documentata da un catalogo Maretti Editore. Tamara Kvesitadze – Mec-Human è voluta e realizzata dall’Assessorato Cultura e Spettacolo del Comune di Arezzo, con la collaborazione di PaiviProArte e la documentazione di Maretti Editore.
Tamara Kvesitadze – Mec-Human sarà inaugurata alla presenza del Prof. Pasquale Giuseppe Macrì, Assessore alla Cultura e allo Spettacolo del Comune di Arezzo; di Paivi Tirkkonen, Commissario del Padiglione Repubblica della Georgia alla 54° Biennale di Venezia; di Christian Maretti, Maretti Editore; di Fabio Migliorati, Critico d’Arte e Direttore per le Attività Espositive di Arezzo.
vernice: sabato 25 agosto, ore 19.00
Progetti culturali ideati da Bruno Mancini
Nel percorso espositivo un particolare rilievo è stato dato a Vittorio Visalli storico eufemiese di rilievo nazionale e appassionato studioso di storia risorgimentale.
Inaugurazione 26 agosto 2012, ore 10,00 – Palazzo Comunale Sant’Eufemia d’Aspromonte
3. Mostra Internazionale di Architettura
Sarà aperta al pubblico da mercoledì 29 agosto a domenica 25 novembre 2012, ai Giardini della Biennale e all’Arsenale, la 13. Mostra Internazionale di Architettura dal titolo Common Ground, diretta da David Chipperfield e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta. La vernice avrà luogo nei giorni 27 e 28 agosto, la cerimonia di premiazione e di inaugurazione si svolgerà mercoledì 29 agosto 2012.
La Mostra sarà affiancata, come di consueto, negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia, da 55 Partecipazioni nazionali. Le nazioni presenti per la prima volta saranno 4: Angola, Repubblica del Kosovo, Kuwait, Perù.
Il Padiglione Italia all’Arsenale è organizzato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la PaBAAC – Direzione Generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee. Gli Eventi collaterali ufficiali della 13. Mostra Internazionale di Architettura saranno proposti da enti e istituzioni internazionali che allestiranno le loro mostre e le loro iniziative in vari luoghi della città.
Common Ground formerà un unico percorso espositivo dal Padiglione Centrale ai Giardini all’Arsenale: David Chipperfield presenterà una Mostra con 65 progetti realizzati da architetti, fotografi, artisti, critici e studiosi. Molti di loro hanno risposto al suo invito presentando proposte originali e installazioni create espressamente per questa Biennale e coinvolgendo nel proprio progetto altri colleghi con i quali condividono un Common Ground. I nominativi presenti sono in totale 112.
Anche per il 2012 è prevista l’attività Educational che si rivolge a singoli e gruppi di studenti delle scuole di ogni ordine e grado, delle università e scuole di architettura, professionisti, aziende, esperti, appassionati e famiglie. Le iniziative, condotte da operatori selezionati e formati dalla Biennale di Venezia, mirano ad un coinvolgimento attivo dei partecipanti e si suddividono in Percorsi Guidati e Attività di Laboratorio.
La cerimonia di inaugurazione e di premiazione della 13. Mostra avrà luogo mercoledì 29 agosto ai Giardini, con la consegna dei premi ufficiali assegnati dalla giuria internazionale.
In occasione della 13. Mostra, saranno banditi due concorsi online attraverso il sito relazionalewww.labiennalechannel.org, ovvero:
COMMON GROUND | Fotografia: la miglior foto della Mostra (concorso aperto esclusivamente ai fotografi accreditati)
COMMON GROUND | Saggio: il miglior testo critico sulla Mostra.
Otto der Grosse und das Römische Reich. Kaisertum von der Antike zum Mittelalter
In occasione di tale evento saranno esposte opere bibliografiche custodite presso la Biblioteca nazionale “Vittorio Emanuele III” di Napoli.apoli.
Data Inizio:27 agosto 2012
Data Fine: 09 dicembre 2012
Luogo: Germania – Magdeburg, Kulturhistorisches Museum
Bertil Vallien, 9 Rooms
Bertil Vallien, 9 Rooms
Per la prima volta in Italia con una mostra retrospettiva, Bertil Vallien, maestro svedese del vetro d’arte, presenta oltre 60 delle sue opere presso gli spazi di Palazzo Cavalli Franchetti, sede dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, in occasione della 13. Biennale di Architettura di Venezia.
La mostra, ideata e curata da Adriano Berengo e Börge Kamras con il contributo di Francesca Giubilei, si articolerà in nove sezioni e mirerà a sottolineare il contributo di questo artista al movimento dello Studio Glass, che quest’anno celebra il suo cinquantesimo anniversario. La mostra intende mettere in luce la forte relazione tra gli aspetti progettuali della sua ricerca e la concretizzazione delle idee, che divengono opere in vetro in stretta relazione e dialogo con l’ambiente che le ospita, sottolineando il particolare interesse dell’artista per il rapporto dell’uomo con l’ambiente, con la storia, con il sacro e con il tempo, insomma con i segni della società contemporanea.
Redattore: ANTONIO GIACOMINI
Informazioni Evento:
Data Inizio:28 agosto 2012
Data Fine: 25 novembre 2012
Laboratorio Italia. Esperienze delle selezioni italiane per il Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa
140 progetti partecipanti alle prime due edizioni della selezione italiana per il Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa, in esposizione a Palazzo Ducale in occasione della 13. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia.
La mostra organizzata dal Servizio Architettura e Arte Contemporanee della Direzione generale PaBAAC, in collaborazione con la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Venezia e Laguna, sarà inaugurata il 27 agosto alle ore 18.00 alla presenza di:
Paolo Baratta, Presidente Fondazione La Biennale di Venezia;
Maddalena Ragni, Direttore Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte Contemporanee – Commissario Padiglione Italia della Biennale di Venezia;
Renata Codello, Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna;
Maria Grazia Bellisario, Direttore servizio Architettura e Arte contemporanee;
Giuliano Segre, Presidente Fondazione Venezia;
Roberto Masiero, Ordinario di Storia dell’architettura e del paesaggio – IUAV;
Alessandra Fassio, Curatore della manifestazione.
“Carbonia Landscape Machine”, Vincitore per l’Italia della seconda edizione del Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa, e i progetti provenienti da tutto il territorio nazionale, rappresentano i migliori interventi che hanno interpretato i principi della Convenzione Europea del Paesaggio e realizzato una riqualificazione di qualità urbana ed extra urbana.
L’evento sarà preceduto da un incontro sull’Isola della Certosa, promosso da “ Vento di Venezia”.
CONTATTI
Segreteria organizzativa > ACMA 39 0270639293, acma@acmaweb.com
Servizio architettura e arte contemporanee > 39. 065843 4815, dg-pbaac.servizio5@beniculturali.it www.premiopaesaggio.it
Redattore: RENZO DE SIMONE
Informazioni Evento:
Data Inizio:28 agosto 2012
Data Fine: 25 novembre 2012
LE QUATTRO STAGIONI – Architetture del Made in Italy da Adriano Olivetti alla Green Economy
“Non è un anno come gli altri. Il Padiglione Italia alla 13. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia deve porsi al centro di questa differenza e diventare un’occasione per riflettere sul rapporto tra crisi economica, architettura e territorio, deve essere uno spazio in cui immaginare un progetto di crescita del nostro Paese, il “common ground” deve tradursi in un progetto concreto e visionario, in cui cultura ed economia scrivano un nuovo patto.”
Questa la “doverosa premessa” di Luca Zevi, scelto dalla Direzione Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte Contemporanee del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, quale curatore del Padiglione Italia alla 13. Mostra Internazionale di Architettura.
Il progetto curatoriale si snoda come il racconto di un incontro possibile, della riscrittura del ‘patto’ – luogo condiviso e spazio possibile – in cui le ragioni dell’architettura, del territorio, dell’ambiente dialoghino con quelle dello sviluppo economico. Un ‘common ground’ tra imprenditoria e architettura come necessità imprescindibile per la ripresa.
Il racconto descrive le “quattro stagioni” dell’architettura del Made in Italy lungo un percorso accidentato e fecondo, mirato alla ricerca di un rapporto virtuoso tra architettura, crescita e innovazione.
I stagione : Adriano Olivetti nostalgia di futuro
Un percorso che non può non prendere le mosse dall’esperienza di Adriano Olivetti nell’Italia del ‘secondo dopoguerra’ come paradigma di un modello di sviluppo in cui politica industriale, politiche sociali e promozione culturale si integrano nella proposta di una strada innovativa nella progettazione delle trasformazioni del territorio. Esperienza unica per i tempi e per il contesto, che per la sua attualità induce una positiva “nostalgia di futuro”.
Olivetti è innovatore per il modo di fare impresa, la visione del mondo, le scelte e i principi. E’ convinto che il ‘fare impresa’ non possa prescindere da un atteggiamento etico e responsabile nei confronti dei lavoratori e del territorio che accoglie le fabbriche, appassionato di avanguardie in arte e architettura, coinvolge tutti i più geniali architetti e designer degli anni ’50 facendo di ogni complesso industriale un’opera d’arte. Ivrea diventa luogo di sperimentazione di una “città-fabbrica” virtuosa, considerata modulo sperimentale di uno sviluppo territoriale possibile.
Il Padiglione si apre con questo racconto perchè la visione olivettiana – che tiene insieme architettura, economia e territorio – può diventare il punto chiave sul quale cominciare a riscrivere il futuro del paese.
II stagione: l’assalto al territorio
A partire dagli anni ‘80, nel fervore imprenditoriale diffuso seguito alla scomparsa delle grandi industrie dal nostro paese, si verifica una sorta di “assalto” al territorio italiano attraverso iniziative di grande vitalità sotto il profilo produttivo, ma altrettanto disinteressate a qualsivoglia forma di espressione architettonica o di inserimento appropriato nel paesaggio: è la fase della produzione “nel sottoscala o nel capannone, spesso conditi da una villetta in stile chalet svizzero”, il “grado zero” dell’architettura del Made in Italy.
III stagione: architetture del Made in Italy
Negli ultimi quindici anni alcune imprese del Made in Italy – caratterizzate da una “tipologia olivettiana” quanto a dimensioni e produzione specializzata – hanno scelto di costruire i propri stabilimenti e i propri centri direzionali secondo un progetto architettonico d’eccellenza. Sono nate così strutture attente alla poetica dei luoghi e degli oggetti, alla vita delle persone, alla sensibilità ambientale, documentate e “narrate” nella mostra. Il ‘fare impresa’ virtuoso anche nell’immaginazione dei luoghi di produzione e commercializzazione sta contribuendo a creare nuovi paesaggi.
La promenade espositiva si trasforma in un percorso di scoperta, conoscenza e riflessione sulle emergenze architettoniche e insediative del Made in Italy. E’ nel loro agire il senso della prospettiva: l’industria che all’architettura chiede la traccia dei luoghi, della quotidianità, della sua stessa identità.
IV stagione: reMade in Italy
La sfida della “quarta stagione” – la messa a sistema delle imprese del Made in Italy nella direzione di una Green Economy – è destinata fatalmente a incontrare la sfida di Expo 2015 ‘Nutrire il pianeta’, che diventa una straordinaria occasione per riflettere sul rapporto tra territorio e ambiente, città e produzione agricola, e sul senso del ‘progetto’ nel nord e sud del mondo.
La nutrizione, che sarà al centro dell’Expo 2015, spinge a rimettere sotto analisi il concetto di comunità sostenibile: il rapporto tra città e campagna, industrializzazione e produzione agricola.
Il Padiglione Italia diviene così luogo in cui progettisti, imprenditori e politici si cominciano a confrontare seriamente sulle questioni del vivere, nella previsione di un’era in cui l’ossessione della megalopoli deve lasciare spazio a nuove regole di ispirazione comunitaria, in cui nutrirsi, muoversi e abitare diventano funzioni della stessa equazione.
Verranno illustrati alcuni recenti esperimenti italiani che muovono in questa direzione: riqualificazione di insediamenti attraverso l’inserimento di attività produttive di nuova generazione; ripensamento degli spazi pubblici mirati a una città a misura dei bambini, che diventano parametro della qualità di vita negli spazi urbani, cercando di ripensare la città come luogo eminentemente pubblico.
Un Padiglione Italia sostenibile
Il Padiglione Italia non si limita a rivendicare un nuovo modo di abitare, ma tenta di offrirsi come una sorta di prototipo di diversa modalità insediativa, che tiene insieme cultura dell’ambiente e Green Economy. Strumenti multimediali e tecnologia innovativa permetteranno al visitatore di interagire con il racconto, di porre quesiti, di incontrare in modo virtuale i protagonisti della storia narrata.
L’interazione con elementi animati – ologrammi, personaggi virtuali e video – scandirà ogni tappa della narrazione. Conversazioni, interviste, performances attraverseranno giorno dopo giorno lo spazio.
L’opera di Michelangelo Pistoletto L’Italia Riciclata realizzata per il Padiglione Italia nel Giardino delle Vergini, sarà un metaforico centro di energie e luogo fisico per una serie di incontri.
CONFERENZA STAMPA PADIGLIONE ITALIA
Martedì 28 Agosto ore 12.00
Si prega di confermare la propria presenza inviando una mail a chiaralunardelli@gmail.com
Per accedere agli spazi espositivi dell’Arsenale bisogna essersi già accreditati presso la Biennale
PW: italia2012
INAUGURAZIONE PADIGLIONE ITALIA
Martedì 28 Agosto ore 17.00
Padiglione Italia 13. Mostra Internazionale di Architettura
Curatore
Luca Zevi, padiglione.italia.zevi@gmail.com
69. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
La 69. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica è organizzata dalla Biennale di Venezia e si svolgerà al Lido di Venezia dal 29 agosto all’8 settembre 2012, diretta da Alberto Barbera.
La Mostra vuole favorire la conoscenza e la diffusione del cinema internazionale in tutte le sue forme di arte, di spettacolo e di industria, in uno spirito di libertà e di tolleranza. La Mostra include retrospettive e omaggi a personalità di rilievo, come contributo a una migliore conoscenza della storia del cinema.
I film selezionati sono:
· Poslednjaja noc’ (L’ultima notte) di Julij JakovlevicRajzman (Urss, 1936, 100’, 35mm, bianco e nero). Da uno dei registi “ufficiali” più premiati del cinema sovietico, la Rivoluzione d’Ottobre vista attraverso le vicende intrecciate di due famiglie, una operaia e una borghese, nel giro di una sola notte: l’“ultima notte” del vecchio mondo e la “prima notte” del nuovo.
· Dieu a besoin des hommes di Jean Delannoy (Francia, 1950, 100’, 35mm, bianco e nero). Gli abitanti della selvaggia isoletta di Seil, battuta dalle tempeste dell’Atlantico, vivono il loro intenso bisogno di spiritualità in modi non convenzionali. E’ il film con cui Delannoy ottenne il riconoscimento internazionale, e a cui furono attribuiti diversi premi (fra cui l’Ocic) alla Mostra del 1950, da lungo tempo invisibile.
· Genghis Khan di Manuel Conde e Salvador Lou (Filippine, 1950, 91’, 35mm, bianco e nero) Film d’avventura girato rocambolescamente in lussureggianti ambienti naturali, con pochi mezzi ma ambizioni hollywoodiane, è diretto anche da Manuel Conde, figura di spicco del cinema filippino, di cui molti film sono andati perduti.
· Il brigante di Renato Castellani (Italia, 1961, 174’, 35mm, bianco e nero). La copia Asac è l’unica traccia della versione più lunga del film, tagliata dopo Venezia dal produttore per ragioni commerciali. I minuti in più sono oltre trenta. Tratto da un romanzo di Giuseppe Berto, è la storia di un contadino calabrese che occupa latifondi, ingiustamente accusato di omicidio. Premio Fipresci alla Mostra del 1961.
· Free at Last di Gregory Shuker, James Desmond e Nicholas Proferes (Usa, 1968, 73’, 16mm, col.). Prodotto per la Tv pubblica Usa (PBS) documenta, con lo stile del cinema-verité, la marcia su Washington di Martin Luther King nel 1968 interrotta dal brutale omicidio. La copia originale Asac è l’unica esistente al mondo. trattandosi di pellicola ektachrom reversal che non prevedeva l’esistenza del negativo.
· Pagine chiuse di Gianni Da Campo (Italia, 1968, 98’, 35mm, bianco e nero). Film ingiustamente dimenticato, che incarna la vena intima e pacata della contestazione giovanile di quegli anni. Felice esordio cinematografico del regista e scrittore veneziano allora venticinquenne Gianni Da Campo, che in seguito girò La ragazza di passaggio (1970) e Il sapore del grano (1986). Presentato alla 29. Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia (1968) tra le polemiche, ottenne poi il premio della Giuria al festival di Cannes dell’anno successivo e numerosi altri riconoscimenti.
· Stress-es tres-tres di Carlos Saura (Spagna, 1968, 94’, 35mm, bianco e nero). Un road-movie che scava nella condizione e nelle fantasie della coppia moderna, con un originale stile asciutto e onirico allo stesso tempo. Uno dei primi film di Carlos Saura con Geraldine Chaplin, compagna di vita per molti anni del grande regista spagnolo.
· Pytel blech (Un sacco di pulci) di Vera Chytilová (Cecoslovacchia, 1963, 44’, 35mm, bianco e nero). La tristezza quotidiana, il vuoto esistenziale, la tronfia retorica educativa del comunismo dall’interno di un ostello della gioventù. Documentario con spunti ironici e grotteschi, e uno dei primissimi lavori di Vera Chytilová, figura chiave della “nová vlna”, la nuova ondata anni ’60 del cinema cecoslovacco. Unica copia esistente al mondo.
· Zablácené mesto (La città nel fango) di Václav Táborský (Cecoslovacchia, 1963, 8’, 35mm, bianco e nero). Nel nuovo quartiere in costruzione di Praga evitare il fango è la preoccupazione principale dei cittadini: un’ironica fantasia visiva sulle ambigue – e talvolta assurde – politiche di sviluppo urbano e sociale nella Cecoslovacchia degli anni Sessanta.
· Ahora te vamos a llamar hermano di Raoul Ruiz (Cile, 1971, 13’, 35mm, col.). Una testimonianza sulla prima legge proclamata da Allende che dichiara gli indiani Mapuches cittadini a tutti gli effetti, con tutti i diritti relativi. Manifestazioni di allegrezza e discorsi degli indiani descritti col talento visivo e il gusto per la sperimentazione del maestro del cinema cileno Raoul Ruiz. Unica copia sopravvissuta.
I film scelti saranno sottoposti a un procedimento di restauro digitale presso il laboratorio “L’Immagine Ritrovata” di Bologna, o restaurati analogicamente in modo da ottenere una nuova copia in 35mm.
La rassegna è resa possibile dalla collaborazione con numerose cineteche e società italiane e straniere, parte delle quali contribuiranno anche economicamente alla realizzazione dei restauri: Cineteca Italiana di Milano, Cineteca di Bologna, Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale, Istituto Luce e Mediaset per l’Italia, nonché Gosfilmfond (Mosca), Filmoteca Española (Madrid), Paramount (Los Angeles), CNC-Centre National de la Cinématographie (Parigi), Cinémathèque française (Parigi), Film Development Council of Philippines (FDCP, Manila), British Film Institute (Londra), Národní filmový archiv (Praga) e Wnet New York Public Media, che hanno fornito l’acceso ai materiali originali di comparazione in loro possesso, o i negativi per la ristampa delle copie.
Di tutti i film restaurati, rimarrà di proprietà della Biennale una copia in 35mm o in DCP/HD-cam, per la conservazione e le eventuali circuitazioni successive.
Redattore: RENZO DE SIMONE
Informazioni Evento:
Data Inizio:29 agosto 2012
Data Fine: 08 settembre 2012
Il Tiziano mai visto. La fuga in Egitto e la grande pittura veneta
12 anni di restauri al museo Ermitage e il primo capolavoro di Tiziano, imponente per dimensioni, torna a splendere.
Dopo 250 anni esce per la prima e unica volta dalla Russia e giunge a Venezia in una grande mostra.
Ci sono voluti 12 anni di restauri accurati da parte dell’Ermitage per far riemergere i colori, la luce, i particolari, la forza rivoluzionaria dell’opera con cui Tiziano nel 1507 “scopre” la natura in pittura; ed è stato necessario un accordo internazionale tra il Museo Statale Ermitage, la Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico e Etnoantropologico e per il Polo museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare, la National Gallery di Londra e la Fondazione Ermitage Italia per consentire che quest’opera, imponente per dimensioni (204 × 324 cm) e sconcertante per la vitalità del paesaggio, potesse tornare – dopo quasi 250 anni – in Italia, nella sua Venezia, in un’esposizione irripetibile dal 29 agosto al 2 dicembre 2012.
Esposta a Londra subito dopo il restauro, La Fuga in Egitto – che a ragione può considerarsi il primo capolavoro di Tiziano – giungerà direttamente dall’Inghilterra alle Gallerie dell’Accademia, dove sarà il fulcro di una mostra preziosissima che avvicina al dipinto circa venti opere dei grandi maestri veneti che, tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento, hanno contribuito a innovare lo sguardo sulla natura
(Bellini, Giorgione, Sebastiano del Piombo, Lotto, ecc.), per poi rientrare all’Ermitage da dove, hanno già annunciato, sarà impossibile possa allontanarsi in futuro.
Un’occasione irripetibile per ammirare il grandioso paesaggio, eccezionale se non unico, non solo nel panorama della pittura veneziana degli inizi del XVI secolo – realizzato nel formato del tradizionale telero – ma di tutta la pittura italiana del tempo e per cogliere, grazie alle suggestioni e ai confronti proposti nella mostra curata da Giuseppe Pavanello e Irina Artemieva, l’elemento specifico e innovativo della visione paesistica di Tiziano, la sua natura “fremente” e vita che diventa tutt’uno con la figura umana, grazie alla pittura: colore, luce, ombra, atmosfera.
Promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico e Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare, dal Museo Statale Ermitage, dal Comune di Venezia e dalla Fondazione Musei Civici di Venezia, in collaborazione con la National Gallery di Londra e con
la Fondazione Ermitage Italia, l’esposizione alle Gallerie dell’Accademia, prodotta da Venezia Accademia e Villaggio Globale International (catalogo Marsilio), entra dunque nel vivo del nuovo modo di intendere il paesaggio e il rapporto tra uomo e natura
(una delle invenzioni più straordinarie di tutta la storia dell’arte veneta) non solo grazie al capolavoro tizianesco, che ha lasciato per la prima volta la Russia dal 1768, ma in forza anche delle sceltissime opere che
nell’occassione gli verranno affiancate: dall’Allegoria sacra (ora agli Uffizi) di Giovanni Bellini alla Tempesta e al Tramonto di Giorgione,
rispettivamente delle Gallerie dell’Accademia di Venezia e della National Gallery di Londra; dal San Girolamo di Cima da Conegliano della Galleria Palatina, all’analogo soggetto raffigurato da Lorenzo Lotto
e prestato da Castel Sant’Angelo; dalla Nascita e dalla Morte di Adone di Sebastiano del Piombo (Museo Civico Amedeo Lia, La Spezia) fino alla Fuga in Egitto di Albrecht Dürer e ai trittici di Santa Liberata e degli Eremiti di Hieronymus Bosch.
In sequenza e a confronto maestri veneziani e maestri oltremontani, in un contrappunto da cui emergono le rispettive personalità,
in modo da offrire al visitatore opportunità uniche e singolari di comprensione di un passaggio cruciale della pittura rinascimentale.
***
Vasari ci racconta che Tiziano, nel 1507 – lo stesso anno in cui realizza la Fuga in Egitto per Andrea Loredan e il suo nuovo palazzo sul Canal Grande, Ca’ Loredan Vendramin Calergi – lascia la bottega di Giovanni Bellini per quella di Giorgione.
Le esperienze cui attinge il giovanissimo pittore sono straordinarie: in quegli anniVenezia diventa infatti il luogo d’elezione per l’elaborazione della rappresentazione del paesaggio in senso moderno,
non più sfondo ma “specchiodel corpo vivente della natura” e Bellini prima, Giorgione poi sono tra i protagonisti indiscussi di questa avventura.
Il rapporto tra la figura e l’ambientazione paesistica è un problema che accomunerà, pur nella differenza degli esiti conseguiti, diverse generazioni d’artisti, fin da quando un nuovo sentimento della natura viene manifestandosi proprio nell’opera di Giovanni Bellini, che si mostra capace di illustrare la serena bellezza del creato nella sue variazioni temporali.
Un dipinto come l’Allegoria sacra degli Uffizi con figure di santi nel paesaggio – cui viene accostato in mostra il San Gerolamo di Cima da Conegliano – è un esempio di questo nuovo sentire che si esplicita anche nei soggetti sacri e che troverà approfondimenti decisivi nell’opera di Giorgione, nel cosiddetto Tramonto della National Gallery di Londra, carico di misteri e di enigmi come tutta la pittura del Maestro di Castelfranco e come la natura stessa.
Quella che era una semplice componente prende qui il sopravvento e trasforma il quadro quasi in paesaggio puro: una composizione in cui le figurette dei personaggi sacri sono davvero inglobate e partecipano al vasto respiro della natura. È un annuncio della Tempesta dello stesso autore (presente nel percorso espositivo insieme alla giovanile Madonna dell’Ermitage) indicata da sempre come l’opera che apre una fase nuova non solo del fare pittorico ma una Weltanschauung con riflessi ed esiti di particolare rilievo soprattutto nell’attività giovanile di Tiziano e dei giovani contemporanei.
Se in Bellini – come già aveva scritto Mariuz – «i personaggi si accampano monumentali, per cui la natura sembra farsi abside e altare e accogliere icone viventi», in Giorgione il paesaggio e l’elemento atmosferico colti grazie all’osservazione diretta, divengono assoluti protagonisti.
È un’iniezione di nuova linfa nella pittura veneta e rinascimentale, che s’insinua e corre profonda.
Partecipe di questa sensibilità, sia pure su un altro fronte, è anche l’esordiente Lorenzo Lotto alter ego di Giorgione e del giovane Tiziano, sperimentatore anch’egli
del tema paesaggistico. Proprio nella raffigurazione del San Girolamo penitente di Castel Sant’Angelo – altra opera in mostra esemplare di questi cruciali quindici anni
– Lotto trova esiti diversi, fino a costituire un’alternativa personalissima. Così come originalissima e altrettanto fondamentale per l’elaborazione del tempo appare la soluzione paesistica, visionaria e metamorfica,
di Hieronymus Bosch nelle sue opere veneziane: quasi un contraltare al senso della natura arcadico e classicheggiante dei veneziani.
Sarà tuttavia Tiziano a portare a compimento lo sviluppo del percorso intrapreso da Bellini e rivoluzionato da Giorgione, grazie anche alle suggestioni del grande incisore e disegnatore di Norimberga, Albrecht Dürer,
che è a Venezia prima del 1498 e poi, per un intero anno, dal 1505 agli inizi del 1507.
Il giovane Cadorino introduce nel paesaggio di Giorgione – pur in una composizione dall’impianto ancora tradizionale come è, nonostante tutto,
La fuga in Egitto – il vasto fremito del bosco, la varietà delle sue forme, la sua animazione impetuosa.
Tiziano trae dalla stampe di Dürer il rapporto pulsante tra le figure e l’ambiente, convertendolo in pittura.
La sua diventa così una natura viva e vitale, con una freschezza d’osservazione e una libertà di resa che sembrano escludere il riferimento a qualsiasi schema precostituito; una natura nella quale è possibile calare le passioni e i sentimenti degli uomini.
La straordinaria opera realizzata per il Loredan, ampia finestra sul mondo naturale che aveva colpito anche l’immaginazione di Vasari, riconsegnata grazie al restauro al suo ruolo di capolavoro del Rinascimento,
è la prima grandiosa affermazione di questa originalità tizianesca, della sua capacità cioè di trasformare in pura pittura un’innovativa e sbalorditiva interpretazione della natura.
Tiziano nel realizzare questo telero stava per osare addirittura qualcosa in più, innovando completamente il rapporto tra figure e paesaggio anche nella composizione: i raggi X a cui è stato sottoposto il dipinto, presso i laboratori del Museo Statale Ermitage, hanno infatti rivelato sorprendentemente che l’autore aveva inizialmente abbozzato un diverso soggetto – un’Adorazione, ben visibile sotto lo strato pittorico – collocando nel centro della tela tre figure di dimensioni ridotte rispetto a quelle poi dipinte nella Fuga.
Non è chiaro quale sia il motivo che ha spinto il pittore ad abbandonare l’idea iniziale, scegliendo un altro soggetto, per altro ben poco presente nella tradizione della pittura veneta, né cosa abbia indotto Tiziano
ad adottare una più tradizionale impostazione delle figure, ma una scintilla era ormai scattata.
Quella spettacolare ambientazione boschiva di dimensioni impensabili, il ruscello dalla pennellata grumosa, i molti animali che animano la tela «i quali ritrasse dal vivo – come scrisse Vasari –
e sono veramente naturali e quasi vivi» rivelano una personalità unica e danno inizio a una nuova stagione.
Anteprima stampa per la mostra
martedì 28 agosto
ore 12.00
Campo della Carità, Dorsoduro 1050
La mostra sarà visitabile fino alle ore 16.00
“Le memorie ritrovate” a Padova
Venerdì 31 agosto alle ore 12:00 a Palazzo Zuckermann (Padova) sarà inaugurata la mostra Le memorie ritrovate. Antico perduto e ritrovato. Rinvenimenti archeologici dal convento di Santa Chiara a Padova che rimarrà aperta al pubblico fino a domenica 18 novembre 2012.
La Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, unitamente all’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova e ai Musei Civici di Padova, su idea e realizzazione di Cultour Active (società di promozione di eventi culturali), in collaborazione con McArthurGlen Designer Outlet di Noventa di Piave (VE) e la ditta Diego Malvestio & C., presentano venerdì 31 agosto la mostra «Le memorie ritrovate».
All’inaugurazione interverranno Vincenzo Tiné (Soprintendente per i Beni Archeologici del Veneto), Andrea Colasio (Assessore alla Cultura del Comune di Padova), Davide Banzato (Direttore Musei e Biblioteche del Comune di Padova), Francesco Cozza (Curatore della mostra) e Enrico Longo (Presidente Cultour Active).
Dopo il successo di pubblico con oltre 24.000 visitatori in pochi mesi e l’interesse dimostrato dalla critica, la mostra «Le memorie ritrovate», presentata per la prima volta al CEMA – Centro Espositivo Multimediale dell’Archeologia di Noventa di Piave (VE), approda ora a Padova, sua terra d’origine, con un nuovo allestimento, contenuti aggiornati, approfondimenti storiografici e iconografici.
Le «memorie» esposte sono state ritrovate nell’antico e perduto Convento di Santa Chiara De Cella Nova a Padova che fiorì tra il XIV e il XVIII secolo, ma che negli anni Sessanta del secolo scorso venne demolito per erigere la Questura. Nel 2000 l’indagine archeologica diretta da Mariangela Ruta e condotta da Petra scrl nel cortile della Questura di Padova ha portato alla luce una struttura esagonale, residuo dell’impianto originario del convento e punto di partenza di una scoperta senza eguali. Sulla base dei materiali rinvenuti e delle notizie d’archivio che narrano delle vicissitudini del monastero si ipotizza che tale struttura esagonale abbia svolto la funzione di ghiacciaia-dispensa in epoca tardo-medievale (XIII e XIV secolo) e sia stata adibita poi ad immondezzaio in età rinascimentale (XV e XVI secolo)
Il curatore della mostra Francesco Cozza – grazie anche agli interventi di restauro conservativo, condotti da restauratori del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e da liberi professionisti – ha saputo restituire ai numerosi oggetti esposti i loro significati, sia funzionali che simbolici, come si può apprendere dalla lettura del catalogo riccamente illustrato e acquistabile presso il bookshop dei Musei Civici Eremitani, in piazza Eremitani n.8.
Ceramiche maiolicate, graffite e invetriate, reperti vitrei decorati, manufatti metallici, strumenti fittili, in osso, legno e cuoio, costituiscono il «tesoro» perduto, ritrovato e restaurato. Un cuore strappato da due mani, una figura femminile dal volto maschile, un cane in atteggiamento di auto-castrazione accanto a figure prettamente religiose, come l’Annunciazione e il calice con l’Ostia, sono solo alcuni esempi dell’eterogeneità dell’esposizione.
«Portare la mostra a Padova», afferma il curatore Francesco Cozza, «significa riconsegnare alla città parte della sua storia perduta. Il successo del primo allestimento al CEMA – Centro Espositivo Multimediale di Noventa di Piave ha dimostrato che Le memorie ritrovate ha suscitato un reale e vivo interesse, quindi ci è sembrato doveroso far conoscere anche a Padova le scoperte e i tesori del suo territorio. Ringrazio la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto che ha voluto e sostenuto questa seconda esposizione, il Comune di Padova e i Musei Civici per aver accolto con entusiasmo la mostra e Cultour Active per aver curato anche il nuovo allestimento e l’organizzazione. Prima Noventa di Piave, ora Padova e in futuro speriamo di esportare le memorie per farle apprezzare da un pubblico sempre più vasto».
PALAZZO ZUCKERMANN
Palazzo Zuckermann sorge lungo corso Garibaldi, l’arteria viaria che partendo dalla Stazione Ferroviaria raggiunge l’area del Pedrocchi e del Bo, ovvero il cuore del centro storico, e fino a poco tempo fa è stato sede delle Poste Italiane. Si affaccia sul complesso che comprende l’Arena Romana, la Cappella degli Scrovegni e il Museo agli Eremitani: per la sua collocazione è stato individuato come la destinazione privilegiata dell’espansione espositiva delle collezioni dei Musei Civici.
Il Palazzo fu eseguito tra il 1912 e il 1914 dall’architetto milanese Filippo Arosio, in stile ancora ottocentesco, su incarico dell’industriale Enrico Zuckermann.
Può essere assunto come uno dei simboli della nuova città borghese sorta tra la fine dell’800 e l’inizio del secolo XX, seguendo la definizione del nuovo asse viario privilegiato che conduceva alla stazione.
Palazzo Zuckermanna ospita al piano terreno e al primo piano le collezioni di arti applicate e decorative del Museo d’Arte e, al secondo piano, il Museo Bottacin con le sue ricche raccolte numismatiche.
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