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Gli intoccabili delle pensioni d’oro sono 33mila e costano 3,3 miliardi di euro
di Fabio Pavesi
La casta, come spesso accade in questo Paese, ha vinto un’altra volta. E la casta degli intoccabili, salvati nei giorni scorsi da una sentenza della Corte Costituzionale è quella dei pensionati ricchi. Di quelli cioè che incassano pensioni da 90mila euro lordi l’anno. Per loro il governo Monti aveva predisposto un contributo di solidarietà che prevedeva tagli del 5% sopra i 90mila euro; del 10% sopra i 150mila euro e del 15% al di spora della soglia ultra-ricca delle pensioni di 200mila euro lordi annui.
La Corte ha bocciato il decreto perché discriminatorio dato che toccava i redditi dei soli pensionati e non di tutti i lavoratori. E così gli “intoccabili” delle pensioni d’oro hanno tirato nei giorni scorsi un sospiro di sollievo. Si vedranno anzi restituire il contributo di solidarietà già versato. Ora si preparano a una nuova battaglia con il Governo che intende estendere il prelievo non solo alle pensioni ma anche ai redditi. Una battaglia giusta? Vista con l’occhio della collettività pare uno scontro di mera salvaguardia corporativa.
Siamo lontani, molto lontani dai più poveri tra i super-ricchi che con i loro oltre 4mila euro di pensione al mese sono stati graziati dalla sentenza della Consulta. Quei 3,3 miliardi di spesa per le super-pensioni a 33mila soggetti valgono poco meno dei 4,1 miliardi che costano le magre pensioni sociali di oltre 800mila italiani. Si dirà che i super-fortunati prendono assegni d’oro perché hanno molto versato nel corso della vita lavorativa. Ma questa è una mezza verità: in realtà le pensioni d’oro in essere sono liquidate con il diseguale sistema retributivo dove la somma dei contributi non corrisponde all’entità assai più elevata delle prestazioni.