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20250120 DILA APS – IL DISPARI
20250120 DILA APS – IL DISPARI
Gli INCIPIT scelti da Chiara Pavoni.“Tu sei porcospino” di Grazia Distefano
– Dai mamma muoviti, ho le gare e rischio di fare tardi se ancora ti trastulli tra quelle noiose carte che ti porti a casa dall’ufficio;
– Ecco Daria ho quasi fatto, aspettami in giardino… arrivo;
– mamma daiii faccio tardi!!!
– mamma mia Daria sei sempre così agitata, tranquilla che arriviamo puntuali alle tue gare, tranquilla;
– oggi è un giorno speciale, sono molto agitata mamma e tu non mi aiuti, potevi uscire prima da quello stramaledetto ufficio che non ti lascia libera neanche il giorno delle mie gare!!
– eccoci Daria siamo arrivate, vai corri;
– sì, certo devo correre e subito in acqua.
Si sente il megafono che invita le squadre a radunarsi con il proprio allenatore o allenatrice per rispettare l’ordine di partenza.
Lo spazio intorno alla piscina rimpiccolisce sensibilmente quando gli atleti costretti nelle sedie a rotelle si sistemano per entrare in acqua. Al segno di partenza ogni atleta entra in acqua secondo le proprie modalità. C’è chi si tuffa direttamente dalla sedia posta ai bordi della piscina, c’è invece chi – come me – si tuffa con le proprie gambe.
L’acqua ha la capacità di accogliere i nostri corpi come fossimo liberi da ogni invalidità.
La mente, la testa, gli arti diventano miracolosamente agili e la voglia di vincere infrange qualsiasi tabù. È la forza della testa, del cuore e dell’anima che ci fa nuotare a una velocità di 0.5m/s o anche più.
La gara è dei 50 stile libero, poi 100 stile libero e 50 stile farfalla, quindi quattro volte avanti e indietro cambiando stile fino a che capisci che HAI VINTO e gridi tutta la rabbia che hai dentro, urli la voglia di vivere e la gioia di esistere.
SI – HO VINTO – campionessa di nuoto nel Campionato di Società stile libero.
Si – IO ESISTO – anche se un giorno dell’estate del 2003, uno spregevole essere umano ha fatto in modo di cambiare la mia vita.
E pensare che sarei dovuta rimanere a dormire a casa di una mia amica, chissà fore tutto quello che è successo dopo non sarebbe mai successo.
Ma la vita a volte è davvero crudele, la fatalità spesso trionfa e le coincidenze sono un fruscio che tradisce quel legame tra il possibile e l’inevitabile.
Mi sono sempre detta che le coincidenze non avvengono per caso, ma perché il destino ha deciso che così deve essere.
Sento una terribile botta, cado per terra, sbatto la testa e mi addormento. È stato tutto terribilmente fulmineo, ma dopo il primo dolore non ho sentito più nulla, una luce bianca mi appariva in fondo al tunnel e una voce mi sussurrava: sono qui ti tengo la mano.
Non so di chi fosse quella mano e quella voce: se di mia mamma o del Signore che mi aveva protetta, non mi aveva cioè fatto morire.
Grazia Distefano, poetessa e scrittrice siciliana, vive a Roma ormai da molti anni.
Ha pubblicato finora otto libri e scritto più di millecinquecento poesie.
Ha iniziato a scrivere dopo la morte di suo marito, a cui ha dedicato la sua ultima silloge, “Ti amo”, Daimon Edizioni.
Ha partecipato e ha vinto vari concorsi a livello nazionale, spesso arrivando ai primi tre posti.
Collabora e scrive con la casa editrice Edizioni Simple, partnership “The New Romantics”. “Tu sei porcospino” è il suo ultimo romanzo, dopo “Le tre ali di Pegaso”, prima edizione, e “Namasté“, edizione La Bussola.
Antonella Ariosto
Bruno Mancini
dalla raccolta di poesie
La sagra del peccato
I s c h i a: 1 9 5 7 – 2 0 0 3 (c i r c a)
Volava in Viet-Nam.
Volava in Viet-Nam.
– Sui fiumi in Viet-Nam.
Mai baciato un bimbo.
– Baciarli tutti.
Mai venduto niente.
– Niente ho regalato.
Neppure se stesso.
– Neppure me stessa.
°———°———°———
Ha conosciuto Ignazia
in una sera triste
lamentosa di cicale
le gambe abbandonate.
– Lentamente.
La star, la splendida
contro l’eroe dell’est
agguati e trappole
le gambe abbandonate.
– La mente mente.
“Ti porterò in America”.
Svanì l’attesa
l’ebbe di corsa
le gambe abbandonate.
– Immanente lamento.
“Sarai sempre con me”.
Le braccia aperte
il sangue stretto
le gambe abbandonate.
– Confusione ingorgo.
“Se mi lasci mi uccido”.
Occhi addolciti
le labbra socchiuse
le gambe abbandonate.
– Frontiera senza sbarre.
“E non mi basti mai”.
Il volo si ferma
il cuore si ferma
le gambe abbandonate.
– Ignazio, Ignazio…
P.S.
Eventuale titolo esplicativo: L’Eroe e l’eroina.
https://www.amazon.it/sagra-del-peccato-Bruno-Mancini/dp/1409282007/ref=sr_1_26?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&nsdOptOutParam=true&s=books
https://www.lulu.com/it/shop/bruno-mancini/la-sagra-del-peccato/paperback/product-n4pg97.html?srsltid=AfmBOoouVUsd_RkbczEGcP2H6b8jMpr-bmAqGSqu1fRMPfcUsWxdpWho&page=1&pageSize=4
Antonella Ariosto
MARE
Quei giorni andati
tra il vento del mare
e l’intenso profumo del sale.
Baci appassionati
mentre giovani innamorati
scoprivamo l’amore
sugli scogli del lungomare.
L’emozione era tutta
nei nostri sguardi
rapiti dal sentimento.
Indimenticabili emozioni
nello scorrere del tempo.
L’anima giovane rimane
legata a quei baci
a quegli intensi amplessi
dall’odore di mare.
20250113 DILA APS – IL DISPARI
Gli INCIPIT scelti da Chiara Pavoni.
“Ara il romanzo della Gurfa” di Caterina Luisa De Caro
Caterina Luisa De Caro scrittrice siciliana, autrice di“Ara il romanzo della Gurfa”, edito da edizioni Aurora Boreale, ha scritto 5 libri tra saggi e romanzi.
Ha pubblicato, inoltre, diversi articoli su giornali e riviste di approfondimento culturale.
Incipt Ara il romanzo della Gurfa
_ “A breve la vita si risveglierà!” pensò Ara, mentre si lasciava cullare nel silenzio dalla musica divina degli astri, meditando sulla bellezza del racconto di come il cielo fosse un’immagine specchiata di quello che gli uomini rappresentavano con i riti in terra. Ogni rumore echeggiava tra le rocce. L’armonia del santuario imitava la musica remota delle stelle che tramontavano. Per lei era l’ultimo canto della notte. Volse lo sguardo a quello che rimaneva dell’immenso cielo stellato, falcato dall’arco della Via Lattea che tutto percorreva e che con la lucevelocemente svaniva.
Sorrise Ara nel vedere come il bagliore l’alba stesse esibendosi in lontananza. Ora, tornata in sé, si preparava a farsi sostituire dalla vigilante fedele cui toccava vegliare la fiamma. Il fuoco sacro ardeva sulla pira al centro del piazzale del grande edificio sacro. Questo per i Sicani era il santuario più santo dedicato nel territorio dei tre fiumi alla Madre.
Maestosa e pur nascosta, la grotta adibita a santuario, richiamava la presenza della Dea in tutto il creato: la Gurfa, come centinaia di secoli dopo l’avrebbero chiamata i popoli venuti dal mare o il Magnifico Santuario, come lo chiamava Ara, era il centro ove officiava i Misteri alternandosi con le altre sacerdotesse.
Il compito più arduo delle religiose era rimanere sveglie nella notte, poiché bisognava evitare lo spegnersi della pira accesa sull’altare posto all’aperto in questa stagione autunnale, affinché non entrassero influenze nefaste a gettare un cattivo auspicio alla tribù. Servivano le preghiere e i sortilegi avvaloranti la potenza delle guarigioni che potevano avvenire solo in un luogo non contaminato da presenze estranee e funeste.
Anche gli altri templi nelle varie vallate dell’isola si stavano preparando al giorno. I santuari collocati dove le forze telluriche emettevano magnetismo erano in accordo con il dinamismo astra-le che rispecchiava la Grande Madre: quell’Hybla la cui presenza si manifestava in tutto nelle sue triplici espressioni di potere sul mondo terrestre, celeste e acquatico.
Ara si guardò intorno. Da est stava albeggiando. Le lievi vibrazioni delle piccole placche di pietre, metalli, ossa di uccello e onagro, appese sui lunghi fili di lino, echeggiavano al suono del vento freddo. Il rumore delle piastre era stato trovato dagli uomini per tenere lontani gli spiriti maligni che lo temevano, infastidendoli e tormentandoli, facendoli fuggire. Le entità poteva-no essere scacciate solo dalle sonorità armoniche degli strumenti musicali e dei canti sciamanici che, nel santuario, si eseguivano durante i riti fortificando le vibrazioni esistenti.
In quell’autunno mite dell’isola, tutte le piante del bosco consacrato alla Dea Hybla realizzavano un paesaggio onirico melodioso immergendo il santuario in una dimensione magica. Ogni cosa nel santuario, sovrastante il bosco, era armonia e bellezza.Gli alberi di melograno, in bella mostra con i loro colori vivaci abbellivano il santuario, erano pieni di frutti maturi, evocanti i crani coronati dei re sacri che avevano regnato alla Gurfa. _
Bruno Mancini
Dalla raccolta poetica
LA MIA VITA MAI VISSUTA
Fantasia – Chi sa se tornerò
Ho fermato il rotto della cuffia e sono uscito
come un cavallo alato
dalla nuova leggenda dei porcospini:
elfi di foreste germaniche
incappucciati,
seduti su ignari dormienti,
ammaliano giovani con incantesimi da incubo;
silfi tra nuvole teutoniche
evanescenti eteree
nel pantheon d’immaginifiche leggende
timide ingannano con inquietanti silenzi;
gnomi celtici in labirintici sottosuoli
barbuti o baffuti
ammantano tesori immondi
di fate, coboldi, folletti e demoni.
Non fuggo!
Verifico.
Li vedo ancora intenti a bivaccare
intorno a finto buio
artate nebbie
e squallide desolazioni d’anime.
Argonauta dei miei bisticci,
claunesca bocca forno
col cuore in panne,
cristallo amorfo di lava
oggi neolitica ossidiana,
ipotenusa – obliqua geometria distante dalla genesi
d’irrisolti dilemmi in rotte divergenti,
vendo i miei versi a meno di un centesimo!
Non fuggo
Sfido!
Venite avanti
sciacalli ipocondriaci,
voi tracimando, aggiungerò al dolce amaro
il nero cardamono nepalese del blasfemo.
Che sia notte di festa!
Natale, Capodanno, Ferragosto,
la vincita al lotto, il viaggio verso l’eremo … oppure no,
notte di emozioni violente vertigini
con turbolenta imbambolata
sull’amaca in giardino;
notte di poesia
perfetta sbilenca
come murena in fuga tra gli anfratti;
notte di abbandoni-addii
rotonda frustrante
per me che non m’ubriaco più di niente, distorto contorto.
Non fuggo!
Cerco.
Io vado come a funghi
coi petardi lasciati in giro
ancora non esplosi fragile
amante amato dalla mia sola Lei
rosolio-assenzio
Fantasia-Poesia
che ancora non ha infranto il gusto del proibito,
né so se tornerò umano e basta.
Soltanto dopo morto,
scommetti pure, Argo,
sarò cornice immobile
di un film in movimento.
Antonella Ariosto
COLORI
Con quali colori
mi avresti dipinto
se la passione
nelle vene bruciava?
Velata o discinta
mi avresti disegnata
con gli occhi
ancora accesi di passione?
Luce o penombra
in quegli anfratti intimi
abitati solo da noi.
Ore di dedizione
sull’altare di un sogno
ancora palpitante
e uno specchio
che riflette
senza lasciare tracce.
Indizi scomparsi
nel buio della sera
mentre andavo via.
Il tuo odore sulla pelle mia
in un viaggio di ritorno
a testa bassa.
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