20241122 DILA ASP IL DISPARI professionisti

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Pierluigi Albertoni | L’anima buona di Castelnuovo ne’ Monti

 Qualche settimana fa, un quotidiano nazionale, ha pubblicato dopo gli aumenti sindacali, lo stipendio di Maurizio Landini: 7.610€ lordi mensili, pari a 4.288€ netti.

Non una grossa cifra, come non è una grossa novità.

Per conoscerla bastava andare su internet e digitare: stipendio di Maurizio Landini.

La divulgazione della notizia ha però fatto infuriare il Segretario Generale della CGIL, il quale, con scarsa delicatezza, ha subito precisato che i soldi da lui percepiti non sono dello Stato, bensì derivanti dai tesserati.

Ora che il compagno di base debba foraggiare con le sue esigue risorse lo stipendio di Landini (spesso sei volte superiore al suo) non deve essere la massima delle felicità.

Soprattutto perché a lui, peones, gli aumenti sindacali non sono ancora arrivati.

Per averli deve attendere la fine delle vertenza e soprattutto il beneplacito, cioè l’accettazione della proprietà.

è insomma la solita annosa questione. I sacrosanti diritti dei lavoratori non riconosciuti da un padrone esoso, maligno, nemico della giustizia sociale.

Il capestro è: prendere o lasciare; con la certezza che se lasci c’è subito un poveraccio pronto a sostituirti.

Certo Maurizio Landini queste cose le sa e bellamente le ignora.

In Italia il Sindacato non ha mai tutelato il disoccupato.

Anzi ha sempre tutelato il lavoratore indispensabile all’azienda, quello che può gestirsi da solo, quello che può fare come meglio gli piace.

Anche Landini è ben tutelato.

Lui se ne sta nelle stanze ovattate della Sede Centrale a Roma, incurante di queste misere questione.

Gira con  la macchina del Sindacato, con l’autista e i segretari.

Quello che forse non sa il povero compagno di base o non gli è stato chiaramente detto, è che il Leader Maximo Landini, oltre alle 4.288 Euro dello stipendio ha ben altre risorse e facilitazioni, come le 2-000€ mensili del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) uno dei tanti Enti inutili che doveva essere chiuso (ultimo a proporlo il Governo Monti) tenuto in vita proprio per dare uno stipendio a persone agevolate (Presidente Renato Brunetta) e per foraggiare i segretari sindacalisti e i sindacati.

La nota dei proventi non finisce qui. Occorre calcolare le eventuali diarie, gli interventi ai convegni, i passaggi televisivi. gli extra e gli eventuali.

Ultimo e non ultimo, è il mantenimento del posto da metalmeccanico. Nonostante il distacco sindacale, oramai annoso, Landini il suo posto da metalmeccanico non glielo leva nessuno.

Tutto in regola, si capisce. Niente d’anormale. I due milioni di pensionati e i cinque milioni di lavoratori, tesserati della CGIL non hanno nulla da recriminare.

Col ringhioso Landini sono in buone mani.

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Vogliamo parlare un po’ di vino?

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Il vino è una bevanda antichissima le cui prime tracce si trovano nelle storie dei Sumeri e degli Egizi oltre che essere citata più volte anche nella Bibbia.

Intorno all’anno mille a.c. alcune navi greche si spinsero fino alle più lontane terre del bacino mediterraneo, comprese le attuali Liguria e Francia, dando inizio alla sua produzione sulle nostre coste.

Fino ad allora, e già da molti secoli prima, i Liguri alpini e mediterranei producevano dalla vite selvatica soltanto un liquido acido, scarsamente fermentato, simile ai succhi di frutta selvaggia che ancora oggi si trovano nelle nostre campagne.

Invece i Greci già a quel tempo conoscevano le tecniche ed i segreti della vinificazione, tanto che le vigne della Tracia e della Macedonia erano celebri in tutto il mondo di allora.

Più tardi furono accorsate le vigne delle isole Ionie e di Chio, conosciuta come la sovrana.

I Focesi (coloni greci provenienti dall’Asia Minore), intorno all’anno 600 a.c., fondarono Marsiglia ove coltivarono la vigna producendo vino e destando enorme stupore nella popolazione indigena.

Con successive colonizzazioni, partendo dalla foce del Rodano, i Focesi si spinsero su una fascia costiera di circa 300 Km. fondando Nikais (Nizza), Monoikos (Monaco), Antipolis (Antibes) ed entrando in contatto con i Celti che si erano spostati dall’Alto Reno e dal Danubio combattuti e sconfitti da continue scorribande di orde barbariche.

A partire dal 155 a.c. i Romani, chiamati in aiuto dagli abitanti di Marsiglia, ne approfittarono per insediarsi definitivamente tanto che in un breve periodo di tempo successivo all’anno 125 a.c. fondarono Narbo Martius ( Narbonne), Portus Veneris (Vendres) dando vita alla Gallia Nerbonensis, che fu il caposaldo della produzione vinicola francese.

Inoltre, quasi subito, dettero impulso ad alcune reti strutturate di trasporti fluviali e terrestri, e, utilizzando i fiumi Mosella, Saona e Rodano con barche a fondo piatto, portarono le anfore vinarie  fino al Mare del Nord, mentre, sfruttando la Goronna, da Tolosa arrivarono a Bordeaux  e attraverso la via Domitis e la Via Aurelia svilupparono il loro commercio terrestre da e per l’Italia.

Le campagne belliche (58 a.c. – 51 a.c.) condotte da Giulio Cesare in Gallia ebbero il merito di aprire nuovi mercati e di consentire l’espansione dei vigneti in Provenza ed in Borgogna diventate, nei secoli successivi, produttrici di vini tra i più pregiati del mondo.

Ignazio Di Frigeria

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