20240812 DILA APS – IL DISPARI

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Antonella Ariosto intervista il giovane tenore Matthew Lamberti

Il mondo artistico è un palcoscenico variegato di grandi talenti, più o meno famosi, ma tutti con la loro passione ben evidente.

I giovani oggi, anche tramite il mondo online, hanno la possibilità di esibirsi e di mostrarsi in tutto il mondo.

Oggi, ho il piacere di intervistare un tenore, Matthew Lamberti, figlio di padre della provincia che ha acconsentito, prontamente, alla mia richiesta di poterlo intervistare.

Matthew è giovane tenore ma molto bravo e molto impegnato nel canto.

Spesso si esibisce con il maestro di piano Lorenzo  Savarese ed è davvero piacevolissimo ascoltarli.

Gli farò cinque domande che ci permetteranno di conoscerlo un  po’.

D- Quando è iniziata la  tua passione per la musica?

R- Credo che sia nata con me, ma poi, verso i dodici anni, ho capito e deciso che era proprio questa la strada che volevo percorrere nella mia vita.

D-Puoi parlarci di te, del tuo percorso musicale?

R- Come già detto, ho iniziato il mio percorso musicale all’età di dodici anni e la mia insegnante  di allora era la maestra Luciana Serra.

Studiavo contemporaneamente canto lirico e pianoforte, ma successivamente ho scelto di continuare solo con lo studio del canto.

Ho frequentato una Accademia Musicale privata, poi il Liceo Musicale ed infine il Conservatorio.

D- Ho seguito ed ascoltato diverse tue esibizioni: canti religiosi, arie liriche e canzoni popolari sia italiane che napoletane, ma tu cosa preferisci cantare?

R- Amo tutta la musica, ma, se posso scegliere, mi piacciono molto le arie delle opere e i concerti teatrali.

D- Hai dei progetti a breve termine e per il tuo futuro?

R- Si ho tanti progetti in valutazione al momento, tutti interessanti.

In passato, ma anche adesso, ho partecipato ad eventi in Salotti artistici e musicali.

Eventi religiosi e non solo.

Mi piace interpretare le arie delle opere, ma mi esibisco pure con canzoni della tradizione napoletana e italiana, accompagnato al piano dal maestro Lorenzo Savarese.

Mi piace molto viaggiare e il mio desiderio più grande sarebbe poterlo fare con la mia musica.

D-  Ti chiedo di farti una domanda, e dare la risposta, che nessuno mai ti fa e che tu vorresti.

R- No, non ho domande particolari che vorrei al momento, sono giovane, ho ventisei anni e tanti progetti in corso, da realizzare.

Forse tra qualche anno magari troverò una domanda specifica che al momento non ho.

Matthew, la nostra intervista  è conclusa, non mi rimane che ringraziarti per la tua disponibilità, augurandoti una carriera brillantissima.

Antonella Ariosto

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Dalla raccolta poetica

di Bruno Mancini

Davanti al tempo

I s c h i a 1960-1962

https://www.emmegiischia.com/wordpress/poesie/davanti-al-tempo/

L’estate del ping-pong

Solfeggia l’àncora
in posa plastica
tra posidonia e rocce vulcaniche,
appoggia
il terzo gancio sul blocco di cemento.

Flusso indistinto
corrente marina
pinne di cefali sguscianti.

Nell’underground musica e vita
ed io eremita
sul cassero del ponte
sperando il volo
dell’ultimo piccione viaggiatore.

Pages 177
Interior Color Black & White
Dimensions A5 (5.83 x 8.27 in / 148 x 210)
Copertina di Jeanfiip
ISBN 9781470915834
EUR 14.00
https://www.lulu.com/shop/bruno-mancini/davanti-al-tempo/paperback/product-ryypdy.html

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Premio internazionale di poesia Otto milioni 2021

L’occhio del Sole – Liga Sarah Lapinska – Lettonia

L’occhio del Sole

Forse il Sole non è l’occhio di Dio,
ma i fiorellini negli stagni lo sono,
mentre io voglio e non voglio
proseguire con il Sole e con le ombre.
Non sarò in nessun riflesso
simile allo stesso brivido di Athlantide.
Le felci sono miti e verdi.
Inoltre, le ombre crescono
come un fantasma
alto o un castello
con un corvo in cima.
L’enorme Sole può vedere tutti insieme.
Per stare fuori dai riflessi,
per giocare nei tuoi sogni.
Goccia di rugiada,
in una castagna rossa.
Capisco, ascolto.
Cantico come un battito di terra,
tutti insieme
senza le parole di questa frequenza.
L’occhio del Sole è simile al mio.

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Così o come

Un racconto di Bruno Mancini

inserito nel volume “Per Aurora volume terzo”

Ultima puntata

Parte terza

CAPITOLO PRIMO

Il nostro DNA assolutamente identico aveva richiamato nell’elaboratore, senza distinzione, le mie e le sue azioni!

Ecco la ragione della nostra chiamata simultanea.

Lo stesso fatto era stato assegnato sia a me sia a Lui, quindi, noi due, avevamo subito il carico del logorio non solo nostro proprio, cioè io della mia e lui della sua vita, ma io della mia più la sua e lui della sua più la mia.

Concorrendo quindi, essendo gemelli, ad esaurire entrambi nello stesso momento!

Eccitato e sollevato, non persi di vista Aurora neppure un istante, intanto che lei, la mia Amica immensa, nella riconfermata autorità di una «Signora», ancora più potente, ordinava di effettuare innumerevoli verifiche, controlli, prove e contro prove.

Fino a quando, accertato l’errore, la vidi giudicare i responsabili, licenziare, degradare, defenestrare.

Infatti, “L’efficiente tecnologia trasportata di là da nostre opportunistiche appendiciecc. ecc.” le cui caratteristiche operative mi era capitato di leggere nella schermata, quando quasi meccanicamente avevo attivato il clic sulla freccetta (non lampeggiante e non splendente) indicante “Continua”, affidata alla decrepita fossilizzata burocrazia onnipresente, “così o come” da sempre avviene a seguito di questo innaturale connubio, aveva elaborato, essa l’efficiente tecnica

spersonalizzata, decisioni certo indiscriminate, ma purtroppo prive della luce di una intelligente, umana, morale e sofferta, responsabile valutazione.

Basta così.

Gli insensibili mezze maniche avevano combinate “cose dell’altro mondo”.

20240805 DILA APS – IL DISPARI

CAPITOLO SECONDO

Miei cari amici, certamente avrete apprezzato il grande sforzo di chiarezza e perseverante puntigliosità che ho sfacciatamente articolato nella stesura di questo racconto.

“Lui diceva…”, “Lei faceva…”, “Loro pensavano…”, C’era scritto che…”, “Voglio dire…”, “Cioè…”, in una ininterrotta rilettura esplicativa… ma non è detta l’ultima parola, finché non è scritto l’ultimo rigo.

Se state cercando la sorpresa come quando rovistate nelle Balle di Pezze Americane ammassate su un banco di Resina, questa volta avete sbagliato indirizzo.

Ora, infatti, vi racconterò cosa accadde allorché la Signora, esaurito l’arduo compito di ristrutturare il fatiscente apparato burocratico, volle graziosamente dedicare a me la sua attenzione.

Nel catino d’Indianapolis la ferocia dei sorpassi e giustificata dagli stratosferici compensi economici.

Un metro avanti, può valere un miliardo di cose belle.

Io sapevo di non aver partecipato alla corsa per me stesso.

Sarei rimasto volentieri a bere birre popolari, nell’attesa dell’incaricato inviato a rendermi meno ostico il trasferimento.

Devo ancora chiarire che Egli, il traghettatore, non era mai giunto al mio indirizzo sempre a causa dello stesso errore.

Per l’uguaglianza tra i nostri DNA, lo avevano inviato alla residenza di Ignazio!

Dall’altra parte dell’Universo.

Dove comunque Ignazio non c’era più.

Ma ciò è irrilevante.

Continuando nel precedente ragionamento, mi pare di aver dimostrato con sufficiente evidenza, che io non avevo agito in preda ad alcuna ambizione personale, bensì solo con l’obiettivo di liberare Ignazio, l’umanizzazione della mia fantasia, dal timore dell’ignoto.

Petrus hic, nel frattempo, non aveva lesinato né birre né sigarette (neppure a se stesso).

Uno smoking bianco mi mostrava la sobria essenzialità dei movimenti che l’uomo dal fiore di ginestra all’occhiello del bavero, rendendo ogni volta più tormentosa la reiterata canzone dedicata al compiacimento dei miei desideri, eseguiva in pieno distacco dalla realtà, abbandonandosi alla musicalità dei suoi ricordi.

“INDIFFERENTEMENTE SI TU M’ACCIRE NUN T’DICO NIENTE”.

Il tratteggio, ordinato e ripetitivo, con cui la donna dalle mani ambrate muoveva le stecche di bambù del ventaglio giapponese procurava piacevole frescura alla mia placida serenità, ma fu troncato dall’avvicinarsi di Aurora, la donna guascona, “così o come” il canto mattutino del gallo, “così o come” la voglia senile di un figlio, “così o come” il dubbio “Io, chi sono?”.

Lei mi prese in disparte e disse:

-«Ignazio ritornerà ai suoi avventurosi accadimenti con la totale revisione del carico di azioni solo a lui imputabili.»

-«Ti ringrazio.»

-«Era semplicemente doveroso, con l’aggiunta delle nostre scuse.

Abbiamo eseguito miliardi e miliardi di controlli e, infine, siamo certi che non sono stati commessi altri errori.

Il tuo prezioso intervento è stato determinante per evitare che venisse azzerata la immacolata credibilità del nostro operato. Per questo, la Corte Suprema che ho l’onore di dirigere, ha deliberato di concederti il titolo e gli onori di: GRANDE SUPER GUIDA DELLE PRATERIE TRA L’ESSERE E IL NULLA.

In più, un contratto mille volte migliorativo rispetto a quanto percepivi con la professione di “Lettore di giornali in pubblico”.

Potrai mettere a punto i particolari con i nuovi, dinamici, giovani, funzionari, già nei prossimi giorni…»

-«Grazie ma non dovevi, non volevo che…»

-«Non io ho deciso.

Si tratta di delibera della Corte Suprema.

Non puoi rifiutare.

Poi, accettando di buon grado la proposta di Petrus, il Consiglio Direttivo ha il piacere di nominarti: CITTADINO ONORARIO CON LE CHIAVI DEL REGNO».

-«Accetto volentieri, per il piacere di potere incontrare ancora voi tutti.»

«Anche il Sindacato Generale vuole partecipare con un attestato di stima, e ti concede due tessere che potrai assegnare a tua completa discrezione.

I beneficiari saranno liberi da qualsiasi altro impegno che non sia la totale dedizione all’adempimento dei tuoi desideri. Per non permettere alla tua generosità di commettere inutili follie, e poiché sono anche un po’ “marpiona”, ho fatto i nomi dell’uomo dal fiore di ginestra e della donna dalle mani ambrate. Ho sbagliato?»

-«Oltre che marpiona, io trovo che tu sia di una sensibilità inaudita. Cosa potrei volere di più?

Ricongiungermi con la mia Anima e il mio Cervello!

Fantastico.

Hai ricostruito la triade della mia esistenza.

Temo solo di non meritare tanto, di non esserne degno.»

-«Di imbecilli ne ho incontrati a reggimenti, persone degne come te, davvero poche.

Quanto a me, nella disponibilità che mi conferisce il ruolo che esercito, io personalmente, la Signora, Donna Guascone, per te amica Aurora, ho decretato di assegnare al tuo DNA: UN BONUS, CIOÈ UN SUPPLEMENTO DI VITALITÀ.

Avrei voluto concedertelo di durata infinita, ma dalla nostra ortodossia intellettuale il termine non è accettato. Né infinito né eterno, così, con una lieve forzatura, da voi si dice una “furbata” l’ho modellato per non farlo esaurire prima che finisca la “Tua Eternità”. Per tutto il tempo che Essa vorrà, indefinitamente.»

-«Significa che…»

-«Hai già capito tutto.

Non aggiungere parole.

Ora, se vuoi, è l’ora di andare.

Infine ho accettato la richiesta unanime di tutto il mio popolo virtuoso di affidare a te questo cimelio.

UNA BACCHETTA DA DIRETTORE D’ORCHESTRA.

Con essa, Arturo Toscanini diresse per la prima volta a New York il 13 aprile 1913 la Nona Sinfonia di Beethoven.

Nel suo resoconto sulla rappresentazione, il “New York Herald” mise il titolo: “Il Signor Toscanini, la Bacchetta Magica della Sinfonia”.

Eccola.

è tua».

Non appena la mia mano destra strinse la sottile asticella, l’ode “Alla gioia” di Schiller si elevò nello splendore di una solenne coralità:

“Gioia, bella scintilla……

Colui al quale è toccata la grande ventura d’essere amico di un amico, colui che ha ottenuto una dolce donna, mescoli alla nostra la sua gioia!”.

Finché strumenti a fiato, piatti, grancassa, giunsero al tripudio popolare traboccante con le voci del coro e dell’orchestra.

L’uomo dal fiore di ginestra, con larghi respiri seguiva il tempo della mia passione.

Non appena la mia mano destra strinse la sottile asticella, il soffitto, nebulizzato, lasciò spazio al cielo stellato della notte di San Lorenzo, lo specchio, in una dissolvenza… svanì Ignazio.

La donna dal bel ventaglio giapponese, entrò sorridente nei miei occhi.

Aurora guardò noi tre piangere abbracciati.

Per giungerci accanto, mosse due passi con il movimento armonico di mia sorella.

Accarezzò le nostre teste con la mano affusolata di mia madre.

Disse: «Vi bacio» con la voce profonda di mio padre e con un commosso sospiro di sollievo bagnò le nostre lacrime con le sue.

E tutti, tranne i malvagi: Giuseppe, l’amante di Giuseppe, la sorella di Giuseppe, il marito avvocato della sorella di Giuseppe, i loro due figli maschi e la unica femmina, il figlio avuto da Giuseppe con l’amante, Luigi, Salvatore, Scisciò, Francesco d’Avellino, Violetta, la moglie del futuro ministro, Cecilia, un graduato dei carabinieri, un segretario di tribunale, il fratello di un consigliere comunale campano di un altro comune, con la moglie il figlio e la figlia, un funzionario di polizia, un parente, due parenti, tre parenti, un ufficiale sanitario, un addetto alle dogane, un proprietario di bar, un non ricordo bene, ah sì, un armatore falso spiluccato dalle alici nel mar baltico, un cane, un cavallaro, trentamila pipistrelli e tutte le stramaledette zanzare dell’isola d’Ischia, “così o come” avviene nelle più belle favole, continuiamo, tutti, a vivere felici e contenti.

 

CAPITOLO FINALE

……la porta era aperta, il telefono squillava come un pazzo, mi affrettai a rispondere.

-«Ahh… ahh… pronto ahh…»

-«Bruno!

Dov’eri?

è tutto il giorno che ti chiamo!»

-«No, niente.

Ero qui.

Dormivo.

Sognavo.»

-«Sognavi? Ma se ti sento affannare!

Confessa, sei stato un’altra volta da quella zoccola, è vero?»

-«No, Amo’ non è vero, sognavo.»

-«Come si chiama… Aurora, se la incontro la uccido.»

-«Lascia stare… …

Ceniamo insieme?

Stasera alle venti?

Da Petrus, alla Nuvola Bianca?»

 

fine

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DILA

NUSIV

 

DILA

Premi Otto milioni

Bruno Mancini