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Giuni Tuosto | Storia dell’emancipazione femminile dal 1900 ai giorni nostri
Seconda puntata: il NO che liberò le donne
La storia dell’emancipazione femminile si intreccia con la legislazione.
Perché la storia si fa attraverso buone leggi.
L’Italia ha conosciuto una vittoria giuridica ad opera di una giovane donna di soli 17 anni.
Siamo nella Sicilia degli anni Sessanta. Per la precisione, è il 2 gennaio 1966.
Il nuovo anno è appena iniziato ed è scoppiato uno scandalo nazionale, una vergogna pubblica: una ragazza di Alcamo (Sicilia occidentale) è stata rapita e stuprata, ha perso la verginità e deve andare in sposa al suo aguzzino, perché dopo questa esperienza nessuno la vorrà.
Lo dice la legge italiana, promulgata dal “Codice Rocco”.
L’articolo 544 del Codice Penale prevede il cosiddetto “matrimonio riparatore” per risolvere situazioni incresciose come queste.
Ma lei ha detto no, contro tutto e tutti.
Il suo nome è Franca Viola ed è una ragazza qualunque.
Compie gli anni il 9 gennaio Franca, ma non ha fatto in tempo a festeggiare il suo compleanno che è già sulle pagine dei quotidiani nazionali.
Capelli neri lunghi e un viso ancora bambino.
Lo scandalo l’ha battuta sul tempo e lei resta fanciulla indifesa all’anagrafe, ma donna adulta nel cuore.
Eppure Franca non è una ribelle, non ha mai pensato di cambiare la legge o fare rumore; è schiva e semplice, ma ha una cosa che le altre donne della sua epoca non hanno: il rispetto di sé.
Il suo NO fa notizia, si impone sui giornali, scalfisce gli animi di uomini e donne, tormenta i suoi aguzzini, apre dibattiti giuridici.
Il suo no è forte e chiaro. No al matrimonio riparatore. No all’amore imposto.
“Io non sono proprietà di nessuno”, dice.
In quella Sicilia di fine anni ‘60, fatta di famiglie perbene e mezzadri, Franca Viola ebbe il sostegno di donne, uomini, genitori, sebbene i suoi rapitori continuassero a minacciare lei e la sua famiglia.
In un freddo giorno di gennaio prima del suo compleanno, Franca cambiò la storia delle donne: il processo a Trapani contro i suoi rapitori si concluse con una clamorosa condanna.
Il dissenso rivoluzionario di Franca colpì nel segno il “Codice Rocco”, svelando crepe giudiziarie e morali.
E le leggi cambiarono. Grazie a lei, il matrimonio riparatore e il delitto d’onore furono aboliti per sempre.
L’articolo 544 del Codice penale fu abrogato nel 1981, insieme all’art. 194 che legalizzava il delitto d’onore.
Un’altra vittoria giunse tardiva nel 1996 quando lo stupro, dapprima configurato come “reato contro la pubblica moralità e il buon costume” fu riconosciuto come “reato contro la persona”, penalmente perseguibile.
La storia di Franca Viola è una storia scritta col no, al tempo del sì.
Il “Si” è l’avverbio che in lingua italiana enuncia una risposta positiva.
Ma nessuno spiega alle donne quanto un SI possa essere pericoloso. Il SI è accondiscendenza cieca, accettazione pericolosa, volontà debole; è assenso sciocco.
Il si è sottomissione.
Permette, accoglie, imbraga.
Il si può uccidere.
Per un sì all’uomo sbagliato si può morire.
Il no invece respinge, disturba, assorda.
Il no apre la strada al dissenso, all’indignazione, alla libertà.
Grazie a quel no, le donne italiane furono liberate per sempre dall’infelicità eterna dei matrimoni senza amore.
La storia di Franca Viola ci insegna che a volte basta un no per salvarsi per sempre.
Il cambiamento si fa attraverso buone leggi, ma prima bussa alla porta del dissenso e vince con un fragoroso NO.
Giuni Tuosto
Storia dell’emancipazione femminile dalle Suffragette ai giorni nostri
Prima puntata: Come tutto è iniziato…
Se nasci donna, c’è un prezzo da pagare a questo mondo.
Dalla mela avvelenata di Eva all’acido muriatico sulle guance.
È il pedaggio necessario per uscire dall’anonimato ed entrare nella storia.
Nessuna donna è mai entrata nella storia in punta di piedi o coi tacchi rosa di Barbie.
Di solito le donne si conquistano un posto nel mondo tra urla, sofferenze, battaglie e resistenze. Talvolta, con la morte.
Come un soldato, che combatte in prima linea una guerra non sua, senza la protezione di un generale stellato, ogni donna avanza nel mondo nel sottofondo della guerriglia.
È così che è iniziata la lotta femminista, una lotta di donne per le donne, durata oltre un secolo e mai terminata.
Le femministe nascono in Inghilterra, nella Gran Bretagna del 1900, quando l’industrializzazione è avviata e la Prima Guerra Mondiale è alle porte.
Le Suffragette(nome dato dai giornali per schernire le prime contestatrici) erano attiviste, operaie, politiche, che volevano il voto.
Un voto a suffragio universale femminile.
Come soldati, le Suffragette hanno portato avanti la loro battaglia contro il governo inglese con volantini e polvere da sparo.
Erano pericolose.
Armate di ideali più forti delle loro bombe.
Utilizzavano slogan, petardi e dinamite.
Ma esiste una preistoria del femminismo: femministe insospettabili, ante-litteram, dimenticate, come Olympe De Gouges signora della Rivoluzione Francese, Mary Wollstonecraft, filosofa inglese, e Madame de Stael, intellettuale europeista.
Le antesignane delle Suffragette.
Volevano donne istruite, lavoratrici e stipendiate.
Scrissero saggi e opere, alla fine del 1800,per diffondere il verbo dell’uguaglianza tra Francia e Inghilterra.
Furono proprio le Suffragette a raccogliere la loro eredità intellettuale, ma capirono che il pensiero di Olympe de Gouges e di Mary Wollstonecraft non bastava a liberare le donne.
Ci voleva la forza.
Dovevano fare rumore per essere ascoltate.
Dovevano protestare davanti Buckingham Palace, pena l’arresto.
Ed avevano ragione: ci voleva un braccio armato per avere il voto.
Le Suffragette, nonostante gli arresti che subirono, le bombe che sparsero qua e là per l’Inghilterra e gli incatenamenti alle pubblicheringhiere, riuscirono ad ottenere il diritto di voto dal Parlamento Inglese nel 1918, ben 28 anni prima dell’Italia.
La prima ondata di quote rosa.
Ma fu una vittoria parziale, in quanto il voto fu concesso solo alle mogli dei capifamiglia con più di 30 anni.
Ci vollero altri dieci anni per estendere il voto a tutte le donne inglesi senza distinzioni di età o di genere.
Era il 1928.
Giuni Tuosto
Direttore Gaetano Di Meglio
Pagina a cura di Bruno Mancini
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