Alice e Barbablu – traduzioni

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Alice e Barbablu – traduzioni

Alice e Barbablu – Traduzione in Inglese di Liga Sarah Lapinska

Alice e Barbablu – Traduzione in Russo di Liga Sarah  Lapinska

Dalila Boukhalfa – Alice e Barbablu – Traduzione in Arabo

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Alice e Barbablu – Traduzione in Spagnolo di Liga Sarah  Lapinska

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Dialogo di una schiava – testo – video

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Dialogo di una schiava – Testo

Dialogo di una schiava

Scena: una poltrona con cuscini, uno specchio, bottiglia di whisky e bicchiere, lampada, melodie napoletane in sottofondo tra le quali “indifferentemente”, maschera, cappello.

  • Scena illuminata dalla lampada sulla poltrona dove è seduta l’attrice.

Pelle bianca, sono bella e sono sexy, sono colta e sono ricca, sono femmina e sono giovane.

Certo!

Sono bella, bionda, alta, coscia lunga, lingua soffice e tagliente, mani curate e graffianti, occhi azzurri come il fuoco, capelli soffici nebulose, sono tutto ciò che vuoi se mai mi vorrai.

Come la Bambolina di un film a luci rosse, posso spigionare le tenerezze e le seducenti malinconie della mia femminilità contro la forza plastica delle altrui certezze; versare i misteri intriganti, che fungono per me da seconda pelle, sulla parte più suadente di tutti gli inni alla passione; dominare con il candore della mia esuberante vitalità ogni lussureggiante invadenza.

Ma non mi chiamo Bambolina. Io sono Chiara.

  • Si alza, effettua due tre piroette e si avvicina alla ribalta
  • La lampada viene spenta e si accendono luci dal basso verso l’alto

Alla età di quattro anni giocavo con la mia gattina, le accarezzavo la testa screziata di colori tra il giallo paglierino e le terre di Siena, sussurrandole nell’orecchio che non riusciva a tenere fermo un attimo, “Vedrai, da grande, la tua Lucilla ti porterà in giro per giardini pieni di fiori e di tante fate, e tu diventerai una fata e quando sarai una fata turchina farai diventare anche me una fata bellissima con un vestito rosa e la bacchetta magica e io farò nascere tante stelle nel giardino e tante bambole e tante lucertole per farti giocare… e un principe azzurrissimo per me, soltanto per me.

Ma non mi chiamo Lucilla. Io sono Chiara.

  • Pausa: sorride

Quando diventai un po’ più grande andavo in bicicletta… ero magra gli occhi grigio chiaro e i capelli biondi… non sapevo andarci… avevo le orecchie a sventola, il naso leggermente appuntito con un po’ di lentiggini… perché i pedalini mi scivolavano… la mia bocca era piuttosto grande… e cascavo e qualcuno mi rimetteva in piedi.

A dieci anni nei cortili polverosi e nelle pinete ischitane eravamo in tanti a correrci incontro e giocare in mille modi diversi, lontani dagli adulti, ma protetti dai loro lunghi sguardi vigili.

Nonne e zie vegliavano discretamente su tutte le nostre azioni, eppure qualche bacetto con i compagni, di nascosto, ci scappava sempre.

Per le amichette io ero “Farfallina”, i maschietti preferivano chiamarmi Serenella.

Ma non mi chiamo Farfallina e nemmeno Serenella.  Io sono Chiara.

  • Pausa: ride
  • Il palco viene illuminato di rosso

A tredici anni l’uomo dalla camicia rossa mi abbracciò…

Ricordo un giardino, rinchiuso in un muro di cinta sgangherato, di pietre pomici e laviche sgraziate, bitorzolute, coperte da muschi ed erbe selvatiche, grigiastre; alto oltre la mia testa, se anche fossi salita su uno dei massi sporgenti posti alla base.
Ricordo le gabbie dei conigli, sovrapposte, con mangiatoie formate da intrecci di fili di ferro arrugginiti; i conigli, maschi da una parte, le femmine da un’altra e i piccoli, selezionati per grandezza, collocati in gabbie differenti.
Tutti i pomeriggi fungevo da vivandiera, passando sotto l’albero di limone, intorno al pozzo con al centro il secchio pieno d’acqua, giù per i quattro scalini fino all’angolo del muro pietroso, posto di sghembo a seguire il confine con la boscaglia di castagni e di querce della collina immediatamente sovrastante.
Ricordo che giunta appena oltre la grande pietra sporgente sulla quale poggiava lo spigolo della parete, mi sembrava che il bosco coprisse ogni altra prospettiva, e divenisse, in pochi passi, ingombrante, avvolgente, incatenante…
… però i conigli erano lì, e quel giorno c’era pure lui.
Ma forse è stato un sogno.

Non sono la sua Piccina. Io sono Chiara.


Era così bello toccare le sue braccia muscolose, alzava un secchio d’acqua con un dito; così misteriose le sue parole, più soffio che altro sul mio collo, e quando andavo via mi dava sempre un bacio, e mi stringeva forte sul petto.
Quel giorno aveva una camicia rossa ed una birra in mano.
Io avevo un graffio sul ginocchio.
Ma forse è stato un sogno

Gli dissi che non ero la sua Piccolina. Io sono Chiara.

 Lui coprì il graffio sul ginocchio con la grande mano, per un attimo.

Poi prese a coccolarlo con le dita che formavano sentieri di brividi sulla mia pelle, nel nuovo gioco di un morbido girotondo tra le crepe ed i cespugli, le grotte ed i ruscelli della mia intimità.

Fu quando disse che mi voleva bene, lo disse, ne sono sicura, quando quella voce e quelle parole giunsero alla mia mente, fu allora che io gli gettai le braccia al collo così forte da farlo rotolare fino alla piccola zolla di prato nascosta tra due alti cespugli di mirtillo.
Sopra di me.

Poi, mentre mi accarezzava la bocca, sentii dolore lì.

 Qui giù

E continuava a chiamarmi Bambina. Io sono Chiara.

Ma forse fu dopo il frugare con la mano scivolosa, tremante, tra i bordi allentati delle mie mutandine.
Io non sapevo niente di inganni e di violenze, io non sapevo niente, lo giuro, di Russi e di Ungheresi in lotta tra libertà ed oppressione, io non piangevo, quel giorno, per loro.

Piangevo dicendo “Non sono la tua Piccina. Io sono Chiara.

  • Lunga pausa: piange
  • Si spengono le luci rosse e si crea una luminosità soffusa.

 Avevo venti anni quando incontrai “l’Amore“.

Gino! Gino…

E lui mi chiamava Amore e mi chiamava Tesoro.

Amore… Tesoro…

Fu bello fino a quando non venne il momento della verità.

E lui non andò via, ma mi dedicò una poesia:

Eppure se tu fossi stata violata
– il vicino di casa maledetto -,
se nel fatato mondo d’innocenza
tu
come madre fanciulla del figlio di nessuno
tu fossi stata
come vergine immolata nel tempio d’Efeso,
tu fossi stata violata
come gazzella indifesa dal branco di lupi,
tu fossi stata violata nella grotta pollaio
come una preda soggiogata dall’amico di famiglia,

tu saresti rinata
tra le mie braccia
di pescatore d’emozioni,
incubata in un tenero affetto
oltre ogni possibile attesa,
alitata dal vento del sud che cancella le orme
– maledette –
dei tanti vigliacchi stupratori

… e non potresti perdermi.

Io sono vento

io sono forza

io sono crudo esempio di follia.

Spingimi nei tuoi dilemmi
di lupa insoddisfatta,
nessuno avrà il tuo scalpo.

Modifica il tuo stato
rimuovi l’occupato,
e vieni al sole.)

Ma non credevo di essere Amore, non mi chiamavo Tesoro. Io sono Chiara.

Così, per restare nelle sue catene, fui tumulto e brividi, imprimendogli sul corpo e nella mente i segni squassanti di una passione da lungo attesa, artatamente impudica e violenta, tenera e implacabile, ponendo in un solo amplesso tutti i registri delle mie tentazioni, tutta la prorompente eccessiva sfacciata bellezza del mio corpo di donna non più bambina, i giochi estremi di mani vellutate di labbra avvampate di pelle di luna: tenerezze ossessioni, morbidezze stupori, in un’altalena di grida e di sussurri che per anni la mia mente aveva elaborato, posizionato, montato come in un film… con arte e per salvezza.

E poi il tormento di chiedermi cosa avrei fatto senza di lui, da lì ad un mese, o cosa avrei pensato in quello stesso giorno di un luglio futuro, oppure in un qualsiasi altro giovedì 11 Settembre, 18 Settembre, nel Dicembre del…

  • Si accovaccia su un cuscino della poltrona sistemato a terra.

Oggi, so troppo bene quello che penso e ciò che faccio e quel che so.
Che strano, oggi la primavera è forte, la terra si risveglia, nascono tutti i fiori che mi piacciono tanto e muore tutto ciò che mi piaceva senza una ragione precisa.

Accetto di riconoscermi.

Accetto di riconoscermi perché mi sento sola come non mai, peggio, sola come sempre.

Accetto di riconoscere anche la mia solitudine.

Amore, affetto, comprensione, intese, solitudine, solitudine, solitudine, solitudine.

Chi avrebbe potuto prevedere che tutte le mie incertezze si riproponessero ai miei quasi quaranta anni.

Quasi quaranta, uguale zero.

Mi sento come un eroe dimenticato, un vecchio quadro polveroso, la piccola violetta al centro del diario.

I traguardi raggiunti, le paure superate, tutto daccapo.

Essere, essere stata, aver voluto… non vale più.

 

Non c’è più niente in me, o meglio non ci sarà più niente, perché io non ho più niente da dargli, da chiedergli, nulla che assomigli a vorrei-se tu potessi-se ancora volessi-proviamo-ascoltami-ancora una volta…

Sono lucidissima, so che sto pensando, volutamente pensando, non è un mio sfogo né un momento di depressione né una nuvola passeggera, è il temporale, e il peggio è che non vedo più il sereno.

Decisamente grigio.

Mi sento più bambina di allora…

… il grande amore…

SESSO. SESSO.

L’ho accettato da lui solo perché pensavo fosse una cosa diversa.

La sua poesia!

Immensa e spirituale, il naturale epilogo di due persone che si amano.

E noi non ci amiamo più, non ci amiamo più.

Facciamo l’amore – molto meglio di allora -, ma tutto il resto è un niente immenso.

Mi sembra di aver vissuto fino ad ora in una dimensione diversa e sono piombata all’improvviso, o quasi, sulla terra.

Tutto il passato non importa più.

Sento il disagio che maturando nel silenzio mi opprime.

 Non sono Noia non sono Indifferenza. Io sono Chiara.

  • Pausa: pensierosa
  • Continua a guardare in un punto, tacendo. Tacendo si alza dal cuscino di finta pelle su cui è accovacciata e riempie di whisky un piccolo bicchiere. Va in giro per la scena, un po’ lentamente e un po’ quasi correndo.

 Si posiziona davanti allo specchio, scopre un seno, e inizia a mimare una voglia che scoppia di solitudine.

è dolce toccare il corpo di una donna.

  • Intanto, come se compisse un sacrilegio, prende a carezzare la morbidezza del seno: più chiara delle gambe, la punta più rossa dei capelli.

A lungo fasciato da disattenzione, di una evidente semplicità, il piacere di questo contatto, divenuto scoperta inattesa, si riveste di una dimensione erotica, intrigante, carnale.

O forse devo intendere che anche “Chiara” sia riferito ad uno pseudonimo per occultare?

Occultare cosa? Metamorfosi? Identità? Simbiosi? Inganno? Apparenza?

Una proiezione fantastica nella femminilità!

Sarebbe come dire, sono pronta ad uscire dalla mia pelle, dalla mia vita, da me, senza moine da una porta qualsiasi?

Come dire, se finora la mia vita è stata un gioco, un esercizio di stile, può finire, sono ancora in tempo, il mio è un segreto tuttora inviolato, e se così scelgo, inviolabile.

E sento ancora il bacino muoversi con impercettibili segnali di invito, sempre più invadenti.

Il mio petto, gonfiarsi, altero?

  • Inizia la canzone indifferentemente

Vero: la luna, le stelle, la nuova melodia napoletana indifferentemente si tu m’accire nun te dico niente, la bella mattina trascorsa su un mare d’incanto, la cena ai frutti di mare, il gelato alla panchina e la ginestra -ginestra, fiore amato da sempre- che avevo posto tra i capelli.

Ma quante altre volte avevo reso avvincente un giorno!

Neppure sono certo che Chiara non sia stato, abbandonate remore pudiche, un desiderio necessario di rinascita.

Ma ora so che per me non c’è ritorno, una ipotesi, unica: farlo o dimenticarmi.

  • Sì gira, rallentando i movimenti in movenze di farfalla, e, come una schiava, lascia scivolare l’esile gonna giù, alle caviglie. Le mani stringono i glutei che aveva imparato ad ammirare in prospettive di specchi, e compie i gesti dei tocchi discreti di creme spalmate con cura.
  • Di botto tutte le luci si spengono.
  • Nella più fitta oscurità l’allarme di un negozio sostituisce le melodie ormai prive di senso.
  • Come in una cantilena lei dice

Gli amori sono tutti uguali, come i cinesi, ma ciascuno riconosce il proprio per minimi dettagli, come i cinesiLa sessualità è uguale per tutti, come i cinesi, ciascuno però riconosce la propria per minimi dettagli, come i cinesi.

Smetto la lotta, definitivamente, nella certezza di essere la mia femminilità ed il mio maschio, che io sono Lucilla Farfallina Piccina Piccolina Bambina Amore Tesoro Serena… l’uomo dalla camicia rossa, Gino, sì Gino, anche Gino e anche l’uomo dalla camicia rossa… Non sono Noia e Indifferenza… io sono Chiara

 una donna una volta uomo, un uomo una volta donna, perché per me non c’è definizione, io sono poliforme maschio e femmina a volte disgiunti, a volte intricati e avviluppati in un groviglio di impossibili intrecci stretti in un nodo di complicità inestricabili, in un nodo, un nodo indissolubile nonostante tutti gli sforzi di auto-gestione e tutte le arti di persuasione e tutti i limiti e i condizionamenti e tutto l’amore di un’altra donna o di un altro uomo.

Come dire nonostante il mondo.

  • Un faro illumina SOLO la testa e il busto dell’attrice che ora ha un cappello maschile tipo basco che le ingabbia metà parte dei capelli e una cravatta molto evidente.
  • Mostra una maschera.

Dove tutto resta, lasciando impronte evidenti, io passo muovendomi nel vuoto.

Io sono l’Anima e il Cervello e so lo sbaglio di chi pensa di averne uno proprio, disponibile e muto, io non appartengo, io sono.

Non sono schiava delle convenzioni.

  • Si distende sul divano seguita da un raggio di luce

La scoperta del piacere di accarezzare il seno più liscio delle gambe, più rosso dei capelli, più tenero del mio tormento, diviene ansia di più profonde sensazioni, e già le labbra si aprono ardenti e le sento stimolate da carezze di piuma, e già tocco l’interno delle cosce, più su, più giù, più su dopo ogni stasi, più su in modo spregiudicato; e poi già l’ansia e la smania col respiro in affanno con il sangue in tempesta con la vita in un soffio, si mutano in galoppante allucinazione mentre accarezzo il mio sesso con voluttà sconosciuta, ossessiva puttana pazza, a gambe aperte – Star di un film a luci rosse- nella notte più stellata di prima e più di prima illuminata dalla luna.

Nel fresco frizzante dell’alba imminente il caldo della mano non mi conceda sospiri.

  • Si ode l’avvicinarsi, nel buio, di un’ambulanza.
  • E lei lancia un urlo di sirena.

ììììììììììììììììììììììììììììììììììì

  • Felice ad alta voce

Io sono Chiara, non sono Chiara, io sono me.

Io sono la libertà.

Io sono Chiara… NON sono Chiara.

  • Liberata
  • A braccia alzate

Non sono più la schiava del perdono.

Bruno Mancini

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Le mie primissime esternazioni poetiche le ho espresse in tenerissima età, quando ancora non avevo pronunziato per la prima volta la parola mamma, ed alla fine di ogni abbondante poppata liberavo graziose ispirazioni poetizzando mediante dei rimati vagiti“.

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DILA APS & Bookcity 2024

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DILA APS & Bookcity 2024

DILA APS sarà alla sala Auditorium della Società Umanitaria di Milano il 16/11/2024 dalle ore 10.30

Evento BookCity 2024

Ai Soci dell’Associazione di Promozione Sociale “Da Ischia L’Arte – DILA APS”

Al CD DILA APS

Ai partecipanti al Premio OTTO MILIONI 2024

Ai partecipanti alle antologie DILA APS

A tutti gli Amici e Collaboratori dei progetti DILA APS

Alle Associazioni Partner di DILA APS

Agli Enti Patrocinanti i progetti culturali DILA APS

Carissimi,

oggi abbiamo ricevuto la notizia ufficiale della nostra partecipazione alla nuova edizione del BookCity 2024 di Milano BCM24 che avverrà il prossimo 16 novembre 2024 nella sala Auditorium della Società Umanitaria di Milano

Invitando tutti voi a presenziare a questo nuovo impegnativo evento culturale vi invitiamo a divulgare la notizia attraverso i tutti i vostri contatti social e personali.

Spett.le —–

————– 

Buongiorno,

nella funzione di Presidente dell’Associazione di Promozione Sociale “Da Ischia L’Arte – DILA APS”, mi pregio rapportarvi sulla avvenuta assegnazione della Sede “sala Auditorium della Società Umanitaria” relativa alla nostra partecipazione al prossimo BookCity Milano BCM24.

             

Premio

OTTO MILIONI

Antologia

Più voci più immagini

Con

  • Chiara Pavoni
  • Mariapia Ciaghi
  • Alberto Liguoro
  • Dalila Boukhalfa
  • Jeanfilip
  • Yousra Chenah
  • Angela Prota
  • Franco De Biase
  • Grazia Distefano
  • Redazione Il Dispari

 

Società Umanitaria

Sala Auditorium

2024-11-16

10:30:00

Il Sextante

 In partenariato con

DILA APS & Bookcity 2024

 Sarà gradita la conferma del Patrocinio.

Molto cordialmente 

Ischia 12 settembre 2024

Bruno Mancini

Bookcity 2024 comunicato master PDF Download 

Locandine Artisti DILA APS partecipanti al BCM24

DILA & Bookcity

DILA & Bookcity

Bookcity Milano

Bookcity 2024 Succinta galleria fotografica

Bookcity 2024 video evento

Succinta rassegna stampa

Al Bookcity vi invitano…

Al Bookcity vi invitano anche…

 

 

20240913 DILA ASP IL DISPARI professionisti

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20240913 DILA ASP IL DISPARI professionisti

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20240913 DILA ASP IL DISPARI professionisti

20240913 DILA ASP IL DISPARI professionisti

Liga Sarah Lapinska intervista Alvi Dakho, storico e folclorista
Credo che il Bene vincerà – Parte prima

 Liga: A quale tribù, detto Taipu in lingua cecena, Lei appartiene e quali sono i suoi ricordi d’infanzia più cari?

Alvi: Appartengo alla tribù cecena Tumsoy -Mohka che fa parte dell’unione delle tribù chiamata Shatoi.
Ho molti cari ricordi della mia infanzia. 

Sono legato al ricordo dei miei genitori e di altre persone a me vicine, agli hobby e alle avventure della mia infanzia.

Volevo essere un assistente di mio padre in tutto, volevo diventare come lui.
Un giorno un ospite di mio padre mi domandò: “Cosa vuoi diventare da adulto?”
Non avevo una risposta a una domanda così complessa. 

Mio padre, forse scherzando forse sul serio, disse “Dovrebbe diventare il primo cosmonauta ceceno”. 

Da allora, avevo cinque o sei anni, ho cercato di scoprire chi è un astronauta, che tipo di professione è. 

Trovavo nei libri e nei giornali immagini che ritraevano gli astronauti e le disegnavo su carta.
All’età di 10-11 anni, ho scoperto che c’è molto da imparare, studiare, padroneggiare, sulla nostra stessa Terra.
E perché dovrei volare nello spazio?!

Liga: Torna spesso nella Sua città nativa, Achkhoy – Martan ?

Alvi: Non è solo la mia città nativa, ma voglio anche accennare che la vita e le attività di mio padre sono legate a questo insediamento.
Secondo i racconti, orali e scritti, della mia famiglia, i miei antenati hanno vissuto qui almeno dal secolo XI-XII fino ad oggi.
È vero, dopo l’attacco del sovrano Timurleng (Amir Timur, in Europa talvolta chiamato Timur lo Zoppo), tutto qui è stato distrutto e rovinato, compresi gli abitanti. 

Solo pochi sopravvissero e furono costretti a nascondersi nelle zone montuose vicino alla gola di Argun e nel luogo di residenza dei miei antenati, cioè, presso la tribù Tumsieu – Mokha.
Invece nella prima metà del XVI secolo, gli anziani della mia tribù decisero di tornare nell’area della Achkhoy -Martan, restaurando completamente gli antichi luoghi di residenza della loro tribù. 

A quel tempo, uno dei miei antenati più importanti, Temang, che combatté nella prima metà del XVI secolo, raccolse un’unità militare e riuscì a riconquistare la terra nativa dagli allora invasori.
Al momento mio fratello minore vive a casa dei miei genitori con la sua famiglia, ma ovviamente ogni tanto vado a trovarlo e insieme ricordiamo sia i nostri genitori che tutti gli altri che non sono più tra i vivi.
Il fiume Mart scorre attraverso Achkhoy -Martan, dividendola in due parti.
Spesso mi fermo sulla sua sponda meditando o cammino ai piedi nudi sui suoi banchi di sabbia e sulle sue secche, osservando il suo corso e ascoltando la melodia delle sue onde setose.
Il fiume Mart mi aiuta a comprendere meglio il corso degli eventi, valutare le mie stesse azioni , per di più, mi ricarica di energia.
Fino alla prima guerra nella Repubblica cecena abitavo nella città di Grozny.

La nostra famiglia, aveva un appartamento di tre stanze.
Durante la prima campagna di guerra la nostra casa e il nostro appartamento hanno sofferto gravemente, quindi la Commissione speciale del Municipio di Grozny ci ha dato un altro riparo, che è stato distrutto ancor di più del nostro primo appartamento a Grozny durante la seconda campagna della guerra.
La vita a Grozny a quel tempo non era solo difficile, ma era pericolosa, quindi portai la mia famiglia ad Achkhoy-Martan.
All’inizio vivevamo nella casa dei miei genitori, ma poi ho acquistato da un parente una piccola proprietà con la capanna d’argilla, costruita nel 1957, quando i ceceni tornarono dalla deportazione. 

Le case moderne non sono di mio gusto, forse per la mia età, ma forse perché io sono creato così.
Preferirei vivere in una nuova piccola, costruita con le mie stesse mani.

20240913 DILA ASP IL DISPARI professionisti

20240913 DILA ASP IL DISPARI professionisti

20240830 DILA ASP IL DISPARI professionisti

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Intervista con Jevgenija Sundejeva, una dalle vincitrici del Premio “Otto Milioni – 2023”

ultima parte

 Liga Sarah: Quali film, attori, musicisti sono tra i tuoi preferiti?

Jevgenija: Adoro il cinema drammatico, ad esempio il film “Il pianista”, che racconta dell”Olocausto, con Adrien Brody nel ruolo principale. 

Ho dipinto un ritratto di questo grande attore – sorridente. 

Uno dei motti della mia vita è: sorridi ogni volta che puoi!

Nella musica mi piacciono, ad esempio, gli americani Madonna, Michael Jackson, Frank Sinatra, il kazako Dimash Qudaibergen, che ha una gamma eccezionalmente ampia, chanson francese, opera italiana e, naturalmente, le registrazioni del gruppo fondata in Lettonia “Tribes of the City”.  

Ascolto raramente le canzoni in russo, perché fin dall’infanzia sono abituata ad ascoltare altra musica da tutto il mondo.

Liga Sarah: L’anno 2024: tuoi sogni e progetti che vuoi affidare ai lettori?

Jevgenija: Voglio esporre sia le mie opere più antiche che quelle più recenti del ciclo pittorico “La mia Jūrmala” e fare ancora un viaggio. 

Cosa voglio dire ai lettori del quotidiano “Il Dispari”? 

Non aver paura di sognare ad occhi aperti, perché solo così i vostri sogni si materializzeranno e diventeranno la realtà!   

Provate a fare nella vita quello che volevate fare quando eravate ancora un po’ bambini! 

È essenziale che vi sentiate soddisfatti di voi stessi e della vostra vita! 

Non aver paura di fantasticare! 

Sorridete nelle gioie e nei dolori!

Ecco, io faccio tutto questo e ciò mi rende felice.

 

Liga Sarah: Il compito della vera arte, indipendentemente dal suo genere, dallo stile o dalla performance è di sviluppare in noi la creatività e la speranza, ricordarci i sogni dell’infanzia con gli occhi sia aperti che chiusi, ispirare l’amore, nonché sviluppare la nostra fantasia e quella degli altri, la sostanza dei sogni.

Nel caffè, a nome dell’Associazione di Promozione Sociale “Da Ischia L’Arte DILA APS” ho consegnato a Jevgenija il suo meritato diploma del terzo classificato nella sezione Arti Grafiche del Premio Internazionale di Arti Varie “Otto milioni – 2023”.

Le ho regalato, inoltre, alcune copie del giornale “Il Dispari”, curato dall’Editore Gaetano Di Meglio, contenenti riproduzioni delle sue opere ed esaurienti informazioni sui vincitori di questo concorso.

Nell’antologia “Ispirazioni”, compilata da Bruno Mancini sempre attivissimo, sono stati pubblicati due dipinti di Jevgenija, l’uno che divenne uno dei vincitori – il terzo classificato – composto su tessuto leggero, luminoso, rossastro-dorato, chiamato “Venezia”, e l’altro, che si chiama “I pini di Jūrmala”, e rappresenta il ciclo più ampio di Jevgenija, “La mia Jūrmala”.

Il pittore italiano Jeanfilip, che ha compilato diverse copertine dei libri di poesie di Bruno Mancini in stile neorinascimentale, neoclassico e, in misura minore, preraffaellita, preferendo l’armonia dei toni del blu, giallo e bianco, ha apprezzato molto il dipinto di Jevgenija, “Venezia”, e lo ha elogiato pubblicamente a Brera, a Milano, il 17 novembre 2023, quando l’ex primo ministro di Lettonia, il lettone Einars Repše è stato nominato vincitore del concorso con il suo dipinto “Fiorellini”, che, leggermente modificato dall’intelligenza artificiale, combina armoniosamente il Fauvismo, Cubismo e realismo della scuola classica.

Jevgenija elogia l’appropriata innovazione di Einars Repše e la mia fantasia orientale nei nostri dipinti e schizzi, saluta con un sincero “grazie” tutti coloro che hanno notato la sua arte sul WEB e l’hanno votata attivamente.

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Direttore Gaetano Di Meglio

Pagina a cura di Bruno Mancini

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I MIEI COMPAGNI DI VIAGGIO 12

Dario Rustichelli è il nome d’arte di Tonino Esposito, nato a Marigliano, alle porte di Napoli.

Già all’età di sei anni inizia gli studi musicali del violino e pianoforte.

In seguito si dedica con successo anche alla fisarmonica e più tardi, quasi per gioco, esibendosi per caso vocalmente, gli si scopre un eccellente talento che lo induce ad intraprendere, con grande impegno e passione, anche lo studio del canto e composizione.

Ha conseguito il diploma di canto presso il Conservatorio Francesco Cilea di Reggio Calabria, dove, in seguito, viene nominato titolare di cattedra.

Il maestro Rustichelli ha partecipato a diversi festival della canzone napoletana, classificandosi al primo posto (morale) in quello del 1980, con l’interpretazione del brano “SI”, riscuotendo grande notorietà ed affermazione, non solo in Italia, ma anche all’estero.

Il suo stile fortemente passionale, da tenore napoletano, e il vocalismo di calore voluttuoso, gli consentono di rappresentare, con dizione chiara e corretta, la più elevata espressione del bel canto partenopeo.

Si è imposto all’attenzione di un vasto pubblico, per la nobiltà e la purezza dei portamenti della sua voce, di notevole estensione (fino al FA oltre il DO acuto) e duttilità caratterizzata da emissione di timbro smagliante.

La sua carriera artistica lo ha visto esibirsi anche con i grandi della lirica e della canzone italiana, ottenendo grandi consensi ed ammirazione, in particolare dal grande tenore Giuseppe Di Stefano a Toronto, e da Luciano Pavarotti in tournée negli U.S.A. .

Premio internazionale alla carriera Nino Rota 2007 al tenore Dario Rustichelli.

Filignano (CE) 2007- Tenore Dario Rustichelli in Concerto alla memoria del grande tenore Mario Lanza (Paese di origine).

Dario ha registrato molte mie canzoni, alcune scritte in collaborazione, tra le quali, più note, NUTTATA NAPULITANA (L. Somma- P. Ciani) CORE MIO SENZA ‘E TE (L. Somma- S. Cintura) con alcuni Cd all’attivo e molti inserimenti in Radio e TV.

Altri brani IO VOGLIO BBENE ‘O MARE (L. Somma- A. Esposito) BALLAD IN RE MINORE (L. Somma-D. Rustichelli)ADESSO CHA VAI VIA (l. Somma-I. Battaglia) COMM’A NA CREATURA (L. Somma-S. Cintura).

Una collaborazione molto intensa con un compagno di viaggio grande tenore ed amico!

 LUCIANO SOMMA

 

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I MIEI COMPAGNI DI VIAGGIO

Non potevo assolutamente ignorare in questa mia rubrica monografica il giorno del mio matrimonio con la mia compagna di viaggio Anna avvenuto l’11 Agosto 1963.

Nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone, giovanissimi, convolammo a nozze.

Il viaggio di nozze lo facemmo in due posti vicini a Napoli e bellissimi.

A Scauri, provincia di Latina, e nella incantevole ISCHIA presso l’Albergo Conte.

Di viaggi, successivamente, ne facemmo tantissimi sia in tutta Italia, esclusa la Sardegna, sia all’estero Svizzera- Austria- Francia- Malta- Tunisia.

Nacquero due figli maschi il primo Sergio nel 1964 ed il secondo Stefano 1966 e successivamente tre nipoti Luciano Junior di 36 anni, e Cristina di 30, figli di Sergio, il primo rappresentante come il papà ed il nonno, io, e l’altra giornalista professionista.  

Il terzo nipote, figlio di Stefano ha oggi 26 anni ed è ingegnere gestionale.

Due nuore eccezionali la Dott.ssa Anna Rita De Rosa e Maria Russiello.

Una famiglia molto unita vanto di noi genitori che, senza togliere le volontà individuali, evidentemente abbiamo trasferiti in loro quei valori umani e sociali che tutte le buone famiglie dovrebbero avere.

Certo la foto non fa giustizia per come siamo oggi dopo 61 anni circa di matrimonio, del resto quando s’invecchia nessuno mantiene i segni giovanili, belli o brutti che siano, perché il tempo, facendo il suo corso, porta inesorabilmente alla vecchiaia.

Non mi dilungo volutamente, mi è bastato farvi conoscere un altro aspetto della mia vita, per me la più importante per un domani, a futura memoria…

LUCIANO SOMMA

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I MIEI COMPAGNI DI VIAGGIO

Molto amica del M° Franco Matricano, da diversi anni l’attrice-cantante MARIA ROSARIA CIVARDI,  in arte MARIA ROSARIA VARDI, ha collaborato con me incidendo diverse mie canzoni scritte con vari autori.

L’album più noto BUCIARDO TU (L. Somma- F. Matricano), prodotto e distribuito dalla ZEUS RECORD di Napoli pubblicato una decina di anni fa, ebbe un ottimo successo con buone vendite. Il CD contiene 16 brani dei quali 8 con miei testi.

Nel 1997 al Festival di Napoli vince il premio Partenope con “Se chisto nunn”è ammore…”, con giuria presieduta dal maestro Ernesto Guarino,

Nel 1998 è ancora al Festival di Napoli con “Angelo ‘e marenare…”

Ancora oggi collabora con me, ha inciso infatti LA MIA CITTA’ (L. Somma- F. Martoglio) e MOTO PERPETUO (L. Somma- A. Altieri).

Moltissime le trasmissioni televisive e radiofoniche con sue interviste varie sempre inerenti i brani prodotti insieme.

Voce calda molto intensa nelle sue interpretazioni, Maria Rosaria Vardi viene designata dal suo amato pubblico “La Signora della canzone classica antica storica napoletana” come d’altronde rappresenta nella sua personalissima interpretazione de “A vucchella”.

Oggi affiancata dalla maschera più amata di Napoli, Pulcinella il vero, impersonata magistralmente da Pasquale de Vito, è ospite gradita di molteplici emittenti partenopee ed attraverso le reti satellitari anche in tutta Europa.

Il suo nome è molto conosciuto anche nei paesi dell’America latina quali Cile, Perù ecc.

La ritroviamo nella terza edizione memorial di Libero Bovio, presieduta dall’Accademia Federico II, nella magistrale interpretazione di “Reginella” accompagnata dal Maestro etnico musicologo Giovanni D’Angelo. in collaborazione con il sottoscritto, con una personalissima cover dedicata al grande Eduardo De Filippo oltre ad un’importantissima collaborazione con il grande Maestro musicista cantante Antonio Altieri.

Prossima uscita firmata dalla nostra coppia Somma-Altieri, sarà un brano dai colori molto mediterranei dal titolo “Ammore Scustumato”.

 LUCIANO SOMMA

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MARIA ROSARIA CIVARDI,  in arte MARIA ROSARIA VARDI

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MARIA ROSARIA CIVARDI,  in arte MARIA ROSARIA VARDI

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