All’energia degli abissi

Sagome dalla tinta scura, quasi nera,
si danno convegno nella volta celeste,
si precipitano a ossequiare con omaggi
la luce tenue e diffusa del giorno incipiente
che fa capolino sulla natura,
per irradiarla di bagliore, di energia.
I nembi cupi, gonfi di pioggia e grandine,
si dissolvono al manifestarsi sul confine del cielo
della sfera bionda e similmente a spettri
si eclissano all’ultima luce che spunta.
L’energia degli abissi
si frantuma sulla rena giallastra
e i ciottoli volteggiano turbinosamente
nel risucchio verso il mare.
I frangenti lontani, sulla sconfinata vastità,
stimolano labirinti spumeggianti
che salgono al firmamento,
per poi morire, nelle voragini degli abissi.
Adesso l’acqua permane immota, inerte,
e nonostante l’affacciarsi dei marosi,
non resta sconvolta dal loro movimento
di gitana burrasca.
Impassibile insiste la sua essenza
a intercettare dall’infinito un’energia misteriosa.
*
Tratta dal libro edito “Làbrys – Opus Hybridum de Labyrinthismo”
Aletti Editore

MAURO MONTACCHIESI

PAGINA PERSONALE DI MAURO MONTACCHIESI

Làbrys-Opus Hybridum de Labyrinthismo di Mauro Montacchiesi

Làbrys-Opus Hybridum de Labyrinthismo di Mauro Montacchiesi

Làbrys-Opus Magnum de Labyrinthismo (Labirintismo), Mauro Montacchiesi

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…fuori dal tempo

Nell’anima,
impetuose sgorgano poesie di armonia con il creato,
e intanto il mare in bonaccia e le montagne lontane,
sembrano attentamente vegliare sull’argento della luna,
che fiocamente traspare tra le diafane,
variopinte organze del vespro!
Nel cuore inquieto,
si risveglia il mistero dei simulacri dell’oblio,
e con lui,
la speranza, il desiderio di gioia.
Ma è un attimo fuggente,
perché una trepidazione vibrante,
scuote la speranza,
una nebbia dei sensi,
offusca il desiderio!
È un pathos,
che di lirica linfa irrora le vene del silenzio.
Vorrei strappare le organze alla luna,
carezzare la sua pelle d’argento,
in uno struggente, tenero amplesso!
Vorrei rivivere le verdi primavere,
purificate da ogni sublime follia,
e incastonare di diversi, variopinti tasselli,
il complicato mosaico del vivere,
per poi proseguire nel fantastico universo dei sogni,
dove rimarginare le piaghe.
Nuove stelle,
vanesie si specchieranno sulle ciarliere onde opaline,
quando la sera salirà sul proscenio del mondo
e il cielo accoglierà tra le sue iridescenti galassie
la redenta ragione dell’Io,
che avrà sanato le sue piaghe,
con pure sorgenti di espiazione.
La chioma di una cometa gitana,
luminosa vaga,
in un firmamento onirico,
fuori dal tempo,
mentre l’oscurità incipiente,
Amore mio,
pulsa della tua fragranza inebriante,
che prorompe dagli intrecciati ghirigori del vespro,
in un lirico afflato delle prime, tremule stelle.
La notte, ampie spalanca le porte
e libera i misteri dell’oblio,
imprigionati negli arabeschi del cielo.
In una fugace eco di eterno,
Amore mio,
incendierò tutti i miei desideri,
in struggenti, colorate fantasie.

*
Tratta dal libro edito “Làbrys – Opus Hybridum de Labyrinthismo”
Aletti Editore

MAURO MONTACCHIESI

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Làbrys-Opus Hybridum de Labyrinthismo di Mauro Montacchiesi

Làbrys-Opus Hybridum de Labyrinthismo di Mauro Montacchiesi

Làbrys-Opus Magnum de Labyrinthismo (Labirintismo), Mauro Montacchiesi

 

 

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A te, amore mio

E ti gioiosamente balocchi,
a ciascun trionfo del fulgido sole,
con i bagliori del creato.
Come ospite evanescente
ti posi sui variopinti boccioli,
sulle fresche sorgenti.
Come questa rosa rossa
sei tu,
e nella mia mano ti catturo,
con le tue spine penetranti,
con i tuoi petali vermigli.
Da quando
è sbocciato innocente il mio amore,
non riesco più a vederti
ad altra simile.
Voglio ritrarti in acquerello,
in un diadema variopinto.
Nella notte
che ha ceduto a questo giorno,
la coda di una cometa
ha costruito i tuoi occhi
tra i brillanti labirinti di Orione
ed io ho visto te,
prim’ancor che tu nascessi.

*
Tratta dal libro edito “Làbrys – Opus Hybridum de Labyrinthismo”
Aletti Editore





MAURO MONTACCHIESI
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Làbrys-Opus Hybridum de Labyrinthismo di Mauro Montacchiesi
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Làbrys-Opus Magnum de Labyrinthismo (Labirintismo), Mauro Montacchiesi

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…ho intarsiato un gioiello

Sono come monolitici macigni, oggi,
le mie statiche, amorfe emozioni.
Le fantasie,
eteree sfavillano nell’ininterrotto fluir delle ore
ed intanto il pendolo,
indifferente, instancabile,
scandisce bagliori di vita
che si dileguano tra mutevoli refoli di brezza.
Ho soffiato sulla sopita brace di memorie prive di fiamma
ed allegoriche, deformi figure hanno rasentato il cuore.
Le false verità mellifluamente respirano,
quanto il prezioso incanto di uno struggente tramonto,
quanto le utopie incastrate tra labirintici raggi di stelle.
Congiungo le mani, intreccio le dita,
quasi come in una devota preghiera,
tentando di non cedere agli incerti tremori degli anni.
Da ponente, dolce e leggero,
uno zefiro marino blandisce l’anima
e risuscita un esotico aroma di remote,
struggenti memorie.
Con vitrei sguardi fatti di quiete,
inseguo illusorie, sconosciute frontiere
e la mente rigenera un tourbillon di meraviglie,
di un nuovo,
fantasmagorico mondo.
In questo lento vespro che inizia a tinteggiar l’universo,
di preziose memorie ho intarsiato un gioiello
e ne ho fatto un anello,
per l’utopia di un anniversario che mai si festeggerà.
Lo sguardo erra gitano, inseguendo
barocche sagome di chiaroscuri
e lassù si spalanca un ampio tratto di cielo,
una metafisica porta nell’universo.
Le fantasie, libere di volare,
si trasformano in leggeri petali di roride gemme,
incastonate in un variopinto diadema per decorare la mente.
Sotto la luna e le stelle dipingo tele di policromi pensieri,
mentre dal cuore sgorgano spontanee poesie d’amore,
per debellare, per cancellare ogni odio tra gli uomini.
Di germogli di brezza cospargo un inusitato universo
e trovo una retta ragione, un’equilibrata sapienza,
rischiarate da mistici, iridati bagliori.
Un caleidoscopio di minuziose riflessioni,
trapunte di figure sfumate,
da corpo a singolari immagini,
oltre l’arcobaleno di assurde chimere.
Da quel sentimento chiamato amore,
sgorga un frastuono più scintillante,
che si incunea in uno spazio privo di suoni,
dove il tempo non esiste, dove non esiste il dolore!
*
Tratta dal libro edito “Làbrys – Opus Hybridum de Labyrinthismo”
Aletti Editore





MAURO MONTACCHIESI
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Làbrys-Opus Hybridum de Labyrinthismo di Mauro Montacchiesi
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In questa notte che nasce

Le luci del giorno stanno fiocamente sfumando
e le mie un tempo floride fantasie sembrano petali avvizziti.
Il freddo, grigio novembre inonda di tristezza la mia anima
e mi sembra di non avere più niente da chiedere alla vita
e così, mi vedo come un solitario naufrago
su una zattera corrosa dalla salsedine,
alla deriva, in uno sconfinato mare aperto.
Ci sono momenti in cui ho la sensazione
di aver già esaurito gli anni che mi sono stati concessi
e disperatamente combatto per impossessarmi
di tutto il tormento che vibra nell’universo
e l’ansia, il disagio di questo mondo, mi aggrediscono.
A te rivolgo un’altra, fedele preghiera, Madre Celeste:
durante questo mio irto percorso terreno,
concedimi la catarsi nell’ordalia,
concedimi la forza nell’ordalia.
Stabat mater dolorosa
iuxta crucem lacrimosa
dum pendebat filius!
È ormai calata, silenziosa la sera
e gli acuminati cristalli di ghiaccio,
come denti di fiera selvaggia,
hanno azzannato i battenti,
i cristalli delle mie finestre
e così, dolorosamente, profondamente,
la mia anima!
I tuoi baci, le tue dolcezze,
Amore mio,
non ci sono più a riscaldarla,
non c’è più il tuo casto, lussurioso sorriso
a incendiare il cuore,
quel sorriso, che come sinuosa fiamma scarlatta,
un giorno vibrante ardeva, inesauribile,
noncurante del tempo.
In questa solitaria notte che nasce,
la lontananza ha fatto esplodere in me
quel lancinante tormento che se ne stava quieto,
sommerso, solo celatamente aspettando di riaffiorare.
Stille del mio pianto cadono,
come dal cielo ialine gocce ad aprile,
e si smarriscono, disorientate,
nell’oscurità del mio universo.
Ogni singolo istante tento di assalire il brullo,
arido deserto della mia vita,
illusoriamente tentando di bilanciare
l’oscillante dimensione della mia anima
e da nessuna parte, se non nel tormento,
riesco ricomporre la mia identità,
e così, incapace di reagire, vivo nel de profundis!
Le tenebre in gramaglie mi ammantano all’improvviso,
nella fragorosa quiete delle mie astratte chimere,
nelle illusioni oniriche
che cominciano a dileguarsi
nel lento progredir dell’aurora,
mentre ti sto chiamando,
Amore mio,
con echi di dignitosa malinconia.
Il tuo viso, tra i variopinti,
intangibili oceani del tempo,
è come un impetuoso maroso che corrode la battigia.
Senza esito, disperatamente
cerco di ridurre in minuscole schegge la mia tristezza
e identifico nel lacerante tormento la mia sola certezza esistenziale.
Pur insistendo in questa struggente trepidazione,
avverto che il cinico sorriso dell’aurora,
oggi si sveglierà, seppur lento, prima del tempo.
*
Tratta dal libro edito “Làbrys – Opus Hybridum de Labyrinthismo”
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