Dalla raccolta di poesie “La mia vita mai vissuta”
(1990 – 2014):
Ignazia – La tempesta
Un altro giorno si allontana,
è vero, ma tornerà
se solo avvolgo il mulinello
dei miei ricordi senza nome
stretti in capitoli numerici.
Passivi segreti serbati da una pass
di sette lettere e di cinque numeri.
Dopo tre anni avanza una tempesta
sento correnti di aria fresca
lambirmi le caviglie
e vedo, immagino, vedo
legioni di zanzare volare verso ricetto d’alberi
e vado, immagino, vado,
da Lei che mai non fugge in cerca di un riparo.
Ho voglia di nudarmi
uscire per mezzora
a cielo aperto
e poi vociare a muso duro
“Fulminami, io sono il tuo bersaglio,
colpisci al basso ventre, creando un rombo – tu –
che scuota gli assonnati”.
Soffro dilemma tra luce e buio,
Ignazia-La tempesta.
Avanza e smuove il casco di banane
sospeso alla trave del terrazzo.
Procede, variando ombre
intorno alle pareti della stanza
per l’oscillare dei lampioni sulla strada.
Nemmeno il tempo di capire l’attimo:
fenomeni aumentano d’intensità.
Se solo avessi modo d’incontrarla
“Bagnami!”
“Affrontami!”
“Tu passerai io resto,
oppure sarò vento di tempesta”.
Rimbomba, rombando lontano,
in deviazione verso la valle degli uomini
– ottusi – che non sapevano competere.
Eppure
Cenerentola perse scarpetta di cristallo
in fuga verso casa a mezzanotte
lasciando traccia al principe dei sogni.
Dalla raccolta di poesie “La mia vita mai vissuta”
(1990 – 2014):
Un saldo-Un rogo
Si tenta e si ritenta
si prova e si riprova.
Si gira e si rigira
si volta e si rivolta:
volteggio rivoluzione.
E viene il giorno in cui si pensa
– l’accavallarsi delle lancette:
orologio a cucù con cassa in legno –
spero davvero che sia oppresso d’altri impegni.
Amanti e mogli,
peccati e giuramenti
baldracche e sante,
un saldo un rogo,
amici in fuga dai problemi
e vizi costanti nei bisogni
lasciano i grattacieli puntati in alto
nessuno è giunto al centro della terra.
Dalla raccolta di poesie “Segni”
(1964 – 1987):
I tuoi occhi
I tuoi occhi
sono rupi.
La tua pelle è
liscia come ghiaccio.
Capelli
nebulose.
Il tuo orecchio ricorda la scia di un motoscafo concentrica in un
lago calmo alpino e limpido.
Le tue ciglia
cipressi.
Il tuo braccio e la tua spalla
un cavallo, una cavalla.
Formiche
le tue unghie.
I tuoi occhi
sono rupi
le tue ciglia
cipressi
Le tue dita mi ricordano il differenziale una tastiera di pianoforte di fisarmonica le tue dita mi sembrano le leve che fanno suonare clarini e sassofoni.
Bacio il tuo
petto
la guancia
come premute di arancia siciliana.
Questa luce di lanterna
questo cuscino
questo muro che ti tocca
questi libri intorno
questa luce
di lanterna
rossa
attutita da una stoffa
questa aria
tutta nostra
già respirata
già sudata
ti bacio
gli occhi
capelli
nebulose.
La tua gola
è la ruota di una carrozzella, la tua gola sono i raggi di una ruota di carrozzella, la tua gola è una bottiglia.
la tua fronte
è una marina
i tuoi denti
sono teste di cerini
il tuo labbro sai
il tuo labbro
è curvo come un arco
e il tuo naso
è la freccia
bella
la tua fronte
è una marina.
Il tuo cuore
lo sai
non è tuo
Il tuo cuore
non è tuo
il tuo cuore.
I tuoi occhi
sono rupi
le tue ciglia
cipressi.
Ancora non cantano le prime voci dell’alba
tu canti una nuova canzone
tu guardi e sorridi
tu cerchi le mani
tu cerchi i pensieri
questa luce
di lanterna
attutita da una stoffa
gli affetti più densi
gli amori più enormi
più calmi
più belli.
I tuoi occhi
sono rupi
le tue ciglia
cipressi
la tua fronte
è una marina.
di Bruno Mancini
Il volume è acquistabile tramite lulu.com http://www.lulu.com/spotlight/comeicinesiDel dopo gioventù
“Ristoro”
chiese il viandante ad una palma ombrosa.
Rispose:
“Inseguimi ”
nel moto rotatorio di un satellite.
Viandante Ignazio
mostrò l’arma a forma di pistillo
e udì il perenne urlo
“Abbattimi”
detto alla lama che la spaccava in due.
Lucia D’Ambra legge la poesia – Ristoro – di Bruno Mancini
Bruno Mancini è nato a Napoli nel 1943 e risiede ad Ischia dall’età di tre anni.
A lui piace dire che l’origine della sua ispirazione o forse solo un iniziale impulso ancestrale ed istintivo, il vero basilare momento poetico della sua vita, si è concretizzato nell’incontro, propriamente fisico, tra i suoi sensi acerbi, infantili, e le secolari, immutate, tentazioni autoctone dell’Isola d’Ischia, dove le leggi della natura sembravano fluire ancora difese da valori di primitive protezioni.
Anche se aggiunge, con molta auto ironia e con un pizzico di provocazione:
“Le mie primissime esternazioni poetiche le ho espresse in tenerissima età, quando ancora non avevo pronunziato per la prima volta la parola mamma, ed alla fine di ogni abbondante poppata liberavo graziose ispirazioni poetizzando mediante dei rimati vagiti“.
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21 gennaio 2021 ore 01:35
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Terminate le audizioni delle dieci città finaliste in corsa per il titolo «Capitale italiana della cultura» per l’anno 2022. La giuria presieduta dal prof. Baia Curioni avrà adesso il compito di valutare il progetto più idoneo che sarà reso noto lunedì 18 Gennaio alle ore 10.00 alla presenza del Ministro per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, Dario Franceschini.
Capitale italiana della cultura 2022
I giornalisti interessati a partecipare alla cerimonia di proclamazione sono pregati di accreditarsi inviando una mail a accreditistampa@beniculturali.it per ricevere il link di accesso alla piattaforma zoom.
Sarà inoltre possibile seguire la cerimonia sul canale youtube del Mibact https://youtube.com/MiBACT dove è anche presente una playlist con la registrazione delle audizioni delle delegazioni delle dieci città.
Qui di seguito le sintesi dei dossier di candidatura.
L’isola di Procida è stata nominata Capitale italiana della cultura 2022
Ancona. La cultura tra l’altro
Ancona nasce e si sviluppa in funzione dell’Altro, come porto, luogo di incrocio, di conoscenza e scoperta.
A una cultura che oggi è chiamata ad occuparsi della coesione, della differenza, della civiltà, la città offre un terreno fertile di scambio e di produzione di nuovi contenuti e nuove mappe attraverso progetti che guardano all’accessibilità, alla sostenibilità, alla tutela, ai giovani e al dialogo tra le discipline della conoscenza.
Bari 2022 – La cultura vien dal mare
La ricchezza semantica e culturale, così come i valori del mito di San Nicola, sono alla base della candidatura di BARI2022. Il rapporto di identificazione tra San Nicola e Bari è millenario, è profondo, ha segnato il destino urbanistico e architettonico della città, il suo rapporto con il mare, con le culture dei paesi dell’area adriatico-mediterranea, ne ha determinato la riconoscibilità internazionale, esercitando sui baresi una forte influenza simbolica, antropologica, sociale, culturale, artistica, ancorché religiosa.
Per questo abbiamo scelto di declinare l’universo nicolaiano in sei archetipi che ci aiuteranno a raccontare il cuore e la storia di questa città: il sacro, la luce, il mare, l’oriente, il dialogo, il femminile.
Cerveteri 2022. Alle origini del futuro
Cerveteri può diventare un centro di sperimentazione di modelli innovativi di governance della cultura a livello locale.
Il dossier è il piano strategico su cui intendiamo lavorare nei prossimi anni, partendo dalle nostre radici etrusche, che rappresentano un glorioso passato e che sono al contempo alle origini del futuro.
Un futuro che adeguerà gli standard della salvaguardia e della valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale ai valori della sostenibilità, dell’accessibilità e della partecipazione civica.
L’Aquila, AQ2022, La cultura lascia il segno
Per dare origine ad un nuovo ciclo di sviluppo, il dossier per L’Aquila Capitale italiana della cultura traccia il percorso per raggiungere quattro precisi obbiettivi:
1) Ripopolare la città e il territorio e riannodarne il tessuto sociale;
2) Promuovere un nuovo modello di sviluppo e benessere a base culturale;
3) Diventare il centro di competenze di riferimento a livello europeo sulla resilienza post- catastrofe a base culturale;
4) Formulare una strategia di sviluppo scalabile alle altre realtà simili delle aree interne italiane.
Pieve di Soligo (Treviso), Pieve di Soligo e le Terre Alte della Marca Trevigiana
“Non si tratta di conservare il passato ma di realizzarne i sogni”.
Il nostro passato sono i nostri padri, le loro idee e i loro sogni, e il nostro paesaggio, con le sue peculiarità e con la nostra azione che nel tempo lo ha cambiato, plasmato e spesso anche deturpato. Il nostro dossier invita a “paesagire”, a mettere in atto azioni di paesaggio in grado di tradurre i nostri sogni, ovvero le linee guida del Piano Strategico, in progetti attivatori, moltiplicatori e creatori di reti diffuse culturali basate sulla connessione materiale e immateriale del territorio, delle sue socialità e delle sue economie.
Procida, La cultura non Isola
Procida si candida a Capitale Italiana della Cultura perché la terra isolana è luogo di esplorazione, sperimentazione e conoscenza, è modello delle culture e metafora dell’uomo contemporaneo.
Potenza di immaginario e concretezza di visione ci mostrano Procida come capitale esemplare di dinamiche relazionali, di pratiche di inclusione nonché di cura dei beni culturali e naturali.
Il percorso che ha portato alla creazione e consegna del dossier di candidatura è una significativa esperienza di innovazione sociale, per la centralità di un modello di vita urbana attiva, orientata alla cultura e ai desideri della comunità.
Procida è l’isola che non isola, laboratorio culturale di felicità sociale.
Taranto, Taranto e Grecia Salentina. La cultura cambia il clima
Può un deserto far germogliare una pianta e questa dare frutti ad una comunità?
Come può cambiare il clima di una terra lacerata dalla monocultura industriale e dalle ingiurie agli ecosistemi, alle coscienze e persino ai sogni delle future generazioni, e attraverso la cultura e la voglia di partecipazione sospingere la rinascita socio-economica e ambientale?
Tante Taranto, dal mare a luoghi unici dell’arte contemporanea, attraverso ventotto secoli di storie ed esperienze sensoriali, per un laboratorio nazionale di cultura resiliente e sostenibile.
Dove c’era un deserto.
Trapani, Capitale italiana delle culture euro mediterranee
Trapani crocevia di popoli e culture, approdi e policromie.
Arte e cultura, vento di rigenerazione. “Trapani è approdo, culla di contaminazioni, popoli, lingue, miti.
È un abbraccio fra terra e mare, crocevia, mistero.
Trapani è un tripudio: di natura, cultura, gusto, colori.
Trapani è terra di vento, un alito antico che da millenni porta il mondo in questa localitè e ad essa si unisce.
La candidatura è un impegno corale alla definizione di una nuova identità culturale per la città e per il suo territorio, che concretamente si espliciterà in una piattaforma che consenta agli attori in campo di valorizzare le proprie specificità.
Una proposta culturale complessiva e armonica.
Un ricco calendario di progetti, iniziative ed eventi per trasformare Trapani in una fabbrica della creatività e in un luogo di produzione culturale”.
Verbania Lago Maggiore – La cultura riflette
Il progetto culturale alla base della candidatura intende mettere a sistema le eccellenze culturali del territorio facendo emergere il loro legame inscindibile con l’eccezionalità ambientale e paesaggistica del lago.
Il fil rouge è l’elemento “acqua” che, oltre a connotare esteticamente e visivamente la città, ne ha influenzato lo sviluppo sia economico che identitario.
Volterra. Rigenerazione umana
Volterra si candida a Capitale italiana della cultura 2022 con un dossier dal titolo Rigenerazione umana.
Il tema, scelto prima della diffusione del virus Covid-19, si rivela oggi più che mai di straordinaria attualità e utile a costruire una nuova comunità a partire dalle sfide che la pandemia ci impone.
Roma, 15 gennaio 2021 Ufficio Stampa Mibact
Il programma di Procida
La cultura non isola
Una serie di sessioni hanno visto il coinvolgimento attivo della popolazione:
44 progetti culturali,
330 giorni di programmazione
240 artisti
40 opere originali
8 spazi culturali rigenerati.
il direttore della candidatura, Agostino Riitano, ha dichiarato
“La nostra azione di promozione è andata di pari passo alla costruzione di un’ampia rete di protagonisti legati alla candidatura di Procida, che ha sempre messo – direttamente o indirettamente – i cittadini.
Numeri così significativi e adesioni così importanti testimoniano la compenetrazione di una comunità e di una community: con la pandemia, la prima si è trasformata nella seconda, alimentando scambi culturali e incontri digitali, grazie anche al partenariato con Regione Campania e Scabec”.
Il sindaco Dino Ambrosino ha dichiarato:
“Siamo orgogliosi del percorso compiuto finora – sottolinea – e ancor di più per il coinvolgimento appassionato della nostra comunità e di tante realtà, nazionali e internazionali, che hanno manifestato apprezzamento, sostegno e vicinanza”.
E poi ha scritto sul suo profili fb:
“Procidani del posto, e procidani di cuore., la comunità che vive sull’isola conta poco più di diecimila abitanti, ma non si contano le persone che Procida se la portano dentro, dovunque tornano nel mondo.
Oggi li stiamo riabbracciando tutti, anche a distanza.
La cultura non isola e Procida unisce.
Grazie per la vicinanza e il sostegno
Qui vorrei ricordare le 220 scuole, di tutte le province campane, che hanno espresso condivisione del progetto con parole affettuose e convinte.
Una marea di mail che hanno raggiunto i nostri indirizzi.
Grazie ai dirigenti scolastici, a Giovanna Martano e all’assessore Lucia Fortini, che ha sostenuto da subito con forza la nostra candidatura.”
PROCIDA, LA CULTURA NON ISOLA
Procida si candida a Capitale Italiana della Cultura perché la terra isolana è luogo di esplorazione, sperimentazione e conoscenza, è modello delle culture e metafora dell’uomo contemporaneo.
Potenza di immaginario e concretezza di visione ci mostrano Procida come capitale esemplare di dinamiche relazionali, di pratiche di inclusione nonché di cura dei beni culturali e naturali.
Il percorso che ha portato alla creazione e consegna del dossier di candidatura è una significativa esperienza di innovazione sociale, per la centralità di un modello di vita urbana attiva, orientata alla cultura e ai desideri della comunità.
Procida è l’isola che non isola, laboratorio culturale di felicità sociale.
Pièce teatrale scritta da Bruno Mancini per l’attrice Chiara Pavoni
Scena: una poltrona con cuscini, uno specchio, bottiglia di whisky e bicchiere, lampada, melodie napoletane in sottofondo tra le quali “indifferentemente”, maschera, cappello.
Scena illuminata dalla lampada sulla poltrona dove è seduta l’attrice.
Pelle bianca, sono bella e sono sexy, sono colta e sono ricca, sono femmina e sono giovane.
Certo!
Sono bella, bionda, alta, coscia lunga, lingua soffice e tagliente, mani curate e graffianti, occhi azzurri come il fuoco, capelli soffici nebulose, sono tutto ciò che vuoi se mai mi vorrai.
Come la Bambolina di un film a luci rosse, posso spigionare le tenerezze e le seducenti malinconie della mia femminilità contro la forza plastica delle altrui certezze; versare i misteri intriganti, che fungono per me da seconda pelle, sulla parte più suadente di tutti gli inni alla passione; dominare con il candore della mia esuberante vitalità ogni lussureggiante invadenza.
Ma non mi chiamo Bambolina. Io sono Chiara.
Si alza, effettua due tre piroette e si avvicina alla ribalta
La lampada viene spenta e si accendono luci dal basso verso l’alto
Alla età di quattro anni giocavo con la mia gattina, le accarezzavo la testa screziata di colori tra il giallo paglierino e le terre di Siena, sussurrandole nell’orecchio che non riusciva a tenere fermo un attimo, “Vedrai, da grande, la tua Lucilla ti porterà in giro per giardini pieni di fiori e di tante fate, e tu diventerai una fata e quando sarai una fata turchina farai diventare anche me una fata bellissima con un vestito rosa e la bacchetta magica e io farò nascere tante stelle nel giardino e tante bambole e tante lucertole per farti giocare… e un principe azzurrissimo per me, soltanto per me.”
Ma non mi chiamo Lucilla. Io sono Chiara.
Pausa: sorride
Quando diventai un po’ più grande andavo in bicicletta… ero magra gli occhi grigio chiaro e i capelli biondi… non sapevo andarci… avevo le orecchie a sventola, il naso leggermente appuntito con un po’ di lentiggini… perché i pedalini mi scivolavano… la mia bocca era piuttosto grande… e cascavo e qualcuno mi rimetteva in piedi.
A dieci anni nei cortili polverosi e nelle pinete ischitane eravamo in tanti a correrci incontro e giocare in mille modi diversi, lontani dagli adulti, ma protetti dai loro lunghi sguardi vigili.
Nonne e zie vegliavano discretamente su tutte le nostre azioni, eppure qualche bacetto con i compagni, di nascosto, ci scappava sempre.
Per le amichette io ero “Farfallina”, i maschietti preferivano chiamarmi Serenella.
Ma non mi chiamo Farfallina e nemmeno Serenella. Io sono Chiara.
Pausa: ride
Il palco viene illuminato di rosso
A tredici anni l’uomo dalla camicia rossa mi abbracciò…
Ricordo un giardino, rinchiuso in un muro di cinta sgangherato, di pietre pomici e laviche sgraziate, bitorzolute, coperte da muschi ed erbe selvatiche, grigiastre; alto oltre la mia testa, se anche fossi salita su uno dei massi sporgenti posti alla base. Ricordo le gabbie dei conigli, sovrapposte, con mangiatoie formate da intrecci di fili di ferro arrugginiti; i conigli, maschi da una parte, le femmine da un’altra e i piccoli, selezionati per grandezza, collocati in gabbie differenti. Tutti i pomeriggi fungevo da vivandiera, passando sotto l’albero di limone, intorno al pozzo con al centro il secchio pieno d’acqua, giù per i quattro scalini fino all’angolo del muro pietroso, posto di sghembo a seguire il confine con la boscaglia di castagni e di querce della collina immediatamente sovrastante. Ricordo che giunta appena oltre la grande pietra sporgente sulla quale poggiava lo spigolo della parete, mi sembrava che il bosco coprisse ogni altra prospettiva, e divenisse, in pochi passi, ingombrante, avvolgente, incatenante… … però i conigli erano lì, e quel giorno c’era pure lui. Ma forse è stato un sogno.
Non sono la sua Piccina. Io sono Chiara.
Era così bello toccare le sue braccia muscolose, alzava un secchio d’acqua con un dito; così misteriose le sue parole, più soffio che altro sul mio collo, e quando andavo via mi dava sempre un bacio, e mi stringeva forte sul petto. Quel giorno aveva una camicia rossa ed una birra in mano. Io avevo un graffio sul ginocchio. Ma forse è stato un sogno
Gli dissi che non ero la sua Piccolina. Io sono Chiara.
Lui coprì il graffio sul ginocchio con la grande mano, per un attimo.
Poi prese a coccolarlo con le dita che formavano sentieri di brividi sulla mia pelle, nel nuovo gioco di un morbido girotondo tra le crepe ed i cespugli, le grotte ed i ruscelli della mia intimità.
Fu quando disse che mi voleva bene, lo disse, ne sono sicura, quando quella voce e quelle parole giunsero alla mia mente, fu allora che io gli gettai le braccia al collo così forte da farlo rotolare fino alla piccola zolla di prato nascosta tra due alti cespugli di mirtillo. Sopra di me.
Poi, mentre mi accarezzava la bocca, sentii dolore lì.
Giù.
Qui giù
E continuava a chiamarmi Bambina. Io sono Chiara.
Ma forse fu dopo il frugare con la mano scivolosa, tremante, tra i bordi allentati delle mie mutandine. Io non sapevo niente di inganni e di violenze, io non sapevo niente, lo giuro, di Russi e di Ungheresi in lotta tra libertà ed oppressione, io non piangevo, quel giorno, per loro.
Piangevo dicendo “Non sono la tua Piccina. Io sono Chiara.“
Lunga pausa: piange
Si spengono le luci rosse e si crea una luminosità soffusa.
Avevo venti anni quando incontrai “l’Amore“.
Gino! Gino…
E lui mi chiamava Amore e mi chiamava Tesoro.
Amore… Tesoro…
Fu bello fino a quando non venne il momento della verità.
E lui non andò via, ma mi dedicò una poesia:
Eppure se tu fossi stata violata
– il vicino di casa maledetto -,
se nel fatato mondo d’innocenza
tu
come madre fanciulla del figlio di nessuno
tu fossi stata
come vergine immolata nel tempio d’Efeso,
tu fossi stata violata
come gazzella indifesa dal branco di lupi,
tu fossi stata violata nella grotta pollaio
come una preda soggiogata dall’amico di famiglia,
tu saresti rinata
tra le mie braccia
di pescatore d’emozioni,
incubata in un tenero affetto
oltre ogni possibile attesa,
alitata dal vento del sud che cancella le orme
– maledette –
dei tanti vigliacchi stupratori
… e non potresti perdermi.
Io sono vento
io sono forza
io sono crudo esempio di follia.
Spingimi nei tuoi dilemmi
di lupa insoddisfatta,
nessuno avrà il tuo scalpo.
Modifica il tuo stato
rimuovi l’occupato,
e vieni al sole.
Ma non credevo di essere Amore, non mi chiamavo Tesoro. Io sono Chiara.
Così, per restare nelle sue catene, fui tumulto e brividi, imprimendogli sul corpo e nella mente i segni squassanti di una passione da lungo attesa, artatamente impudica e violenta, tenera e implacabile, ponendo in un solo amplesso tutti i registri delle mie tentazioni, tutta la prorompente eccessiva sfacciata bellezza del mio corpo di donna non più bambina, i giochi estremi di mani vellutate di labbra avvampate di pelle di luna: tenerezze ossessioni, morbidezze stupori, in un’altalena di grida e di sussurri che per anni la mia mente aveva elaborato, posizionato, montato come in un film… con arte e per salvezza.
E poi il tormento di chiedermi cosa avrei fatto senza di lui, da lì ad un mese, o cosa avrei pensato in quello stesso giorno di un luglio futuro, oppure in un qualsiasi altro giovedì 11 Settembre, 18 Settembre, nel Dicembre del…
Si accovaccia su un cuscino della poltrona sistemato a terra.
Oggi, so troppo bene quello che penso e ciò che faccio e quel che so.
Che strano, oggi la primavera è forte, la terra si risveglia, nascono tutti i fiori che mi piacciono tanto e muore tutto ciò che mi piaceva senza una ragione precisa.
Accetto di riconoscermi.
Accetto di riconoscermi perché mi sento sola come non mai, peggio, sola come sempre.
Chi avrebbe potuto prevedere che tutte le mie incertezze si riproponessero ai miei quasi quaranta anni.
Quasi quaranta, uguale zero.
Mi sento come un eroe dimenticato, un vecchio quadro polveroso, la piccola violetta al centro del diario.
I traguardi raggiunti, le paure superate, tutto daccapo.
Essere, essere stata, aver voluto… non vale più.
Non c’è più niente in me, o meglio non ci sarà più niente, perché io non ho più niente da dargli, da chiedergli, nulla che assomigli a vorrei-se tu potessi-se ancora volessi-proviamo-ascoltami-ancora una volta…
Sono lucidissima, so che sto pensando, volutamente pensando, non è un mio sfogo né un momento di depressione né una nuvola passeggera, è il temporale, e il peggio è che non vedo più il sereno.
Decisamente grigio.
Mi sento più bambina di allora…
… il grande amore…
SESSO. SESSO.
L’ho accettato da lui solo perché pensavo fosse una cosa diversa.
La sua poesia!
Immensa e spirituale, il naturale epilogo di due persone che si amano.
E noi non ci amiamo più, non ci amiamo più.
Facciamo l’amore – molto meglio di allora -, ma tutto il resto è un niente immenso.
Mi sembra di aver vissuto fino ad ora in una dimensione diversa e sono piombata all’improvviso, o quasi, sulla terra.
Tutto il passato non importa più.
Sento il disagio che maturando nel silenzio mi opprime.
Non sono Noia non sono Indifferenza. Io sono Chiara.
Pausa: pensierosa
Continua a guardare in un punto, tacendo. Tacendo si alza dal cuscino di finta pelle su cui è accovacciata e riempie di whisky un piccolo bicchiere. Va in giro per la scena, un po’ lentamente e un po’ quasi correndo.
Si posiziona davanti allo specchio, scopre un seno, e inizia a mimare una voglia che scoppia di solitudine.
è dolce toccare il corpo di una donna.
Intanto, come se compisse un sacrilegio, prende a carezzare la morbidezza del seno: più chiara delle gambe, la punta più rossa dei capelli.
A lungo fasciato da disattenzione, di una evidente semplicità, il piacere di questo contatto, divenuto scoperta inattesa, si riveste di una dimensione erotica, intrigante, carnale.
O forse devo intendere che anche “Chiara” sia riferito ad uno pseudonimo per occultare?
Sarebbe come dire, sono pronta ad uscire dalla mia pelle, dalla mia vita, da me, senza moine da una porta qualsiasi?
Come dire, se finora la mia vita è stata un gioco, un esercizio di stile, può finire, sono ancora in tempo, il mio è un segreto tuttora inviolato, e se così scelgo, inviolabile.
E sento ancora il bacino muoversi con impercettibili segnali di invito, sempre più invadenti.
Il mio petto, gonfiarsi, altero?
Inizia la canzone indifferentemente
Vero: la luna, le stelle, la nuova melodia napoletana indifferentemente si tu m’accire nun te dico niente, la bella mattina trascorsa su un mare d’incanto, la cena ai frutti di mare, il gelato alla panchina e la ginestra -ginestra, fiore amato da sempre- che avevo posto tra i capelli.
Ma quante altre volte avevo reso avvincente un giorno!
Neppure sono certo che Chiara non sia stato, abbandonate remore pudiche, un desiderio necessario di rinascita.
Ma ora so che per me non c’è ritorno, una ipotesi, unica: farlo o dimenticarmi.
Sì gira, rallentando i movimenti in movenze di farfalla, e, come una schiava, lascia scivolare l’esile gonna giù, alle caviglie. Le mani stringono i glutei che aveva imparato ad ammirare in prospettive di specchi, e compie i gesti dei tocchi discreti di creme spalmate con cura.
Di botto tutte le luci si spengono.
Nella più fitta oscurità l’allarme di un negozio sostituisce le melodie ormai prive di senso.
Come in una cantilena lei dice
Gli amori sono tutti uguali, come i cinesi, ma ciascuno riconosce il proprio per minimi dettagli, come i cinesi. La sessualità è uguale per tutti, come i cinesi, ciascuno però riconosce la propria per minimi dettagli, come i cinesi.
Smetto la lotta, definitivamente, nella certezza di essere la mia femminilità ed il mio maschio, che io sono LucillaFarfallina PiccinaPiccolinaBambina Amore Tesoro Serena… l’uomo dalla camicia rossa, Gino, sì Gino, anche Gino e anche l’uomo dalla camicia rossa… Non sono Noia e Indifferenza… io sono Chiara una donna una volta uomo, un uomo una volta donna, perché per me non c’è definizione, io sono poliforme maschio e femmina a volte disgiunti, a volte intricati e avviluppati in un groviglio di impossibili intrecci stretti in un nodo di complicità inestricabili, in un nodo, un nodo indissolubile nonostante tutti gli sforzi di auto-gestione e tutte le arti di persuasione e tutti i limiti e i condizionamenti e tutto l’amore di un’altra donna o di un altro uomo.
Come dire nonostante il mondo.
Un faro illumina SOLO la testa e il busto dell’attrice che ora ha un cappello maschile tipo basco che le ingabbia metà parte dei capelli e una cravatta molto evidente.
Mostra una maschera.
Dove tutto resta, lasciando impronte evidenti, io passo muovendomi nel vuoto.
Io sono l’Anima e il Cervello e so lo sbaglio di chi pensa di averne uno proprio, disponibile e muto, io non appartengo, io sono.
Non sono schiava delle convenzioni.
Si distende sul divano seguita da un raggio di luce
La scoperta del piacere di accarezzare il seno più liscio delle gambe, più rosso dei capelli, più tenero del mio tormento, diviene ansia di più profonde sensazioni, e già le labbra si aprono ardenti e le sento stimolate da carezze di piuma, e già tocco l’interno delle cosce, più su, più giù, più su dopo ogni stasi, più su in modo spregiudicato; e poi già l’ansia e la smania col respiro in affanno con il sangue in tempesta con la vita in un soffio, si mutano in galoppante allucinazione mentre accarezzo il mio sesso con voluttà sconosciuta, ossessiva puttana pazza, a gambe aperte – Star di un film a luci rosse- nella notte più stellata di prima e più di prima illuminata dalla luna.
Nel fresco frizzante dell’alba imminente il caldo della mano non mi conceda sospiri.
Si ode l’avvicinarsi, nel buio, di un’ambulanza.
E lei lancia un urlo di sirena.
Sììììììììììììììììììììììììììììììììììì
Felice ad alta voce
Io sono Chiara, non sono Chiara, io sono me.
Io sono la libertà.
Io sono Chiara… NON sono Chiara.
Liberata
A braccia alzate
Non sono più la schiava del perdono.
Bruno Mancini
Chiara Pavoni nel video “Dialogo di una schiava”.
I progetti Made in Ischia dell’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA” aprono alla grande il 2021 con una strepitosa interpretazione di Chiara Pavoni che ha registrato in video il monologo “Dialogo di una schiava” che avevo scritto per lei.
Registra, scenografa, produttrice e soprattutto raffinata attrice, Chiara Pavoni mette in mostra, in una lunga performance quasi cinematografica, tutto il suo bagaglio di esperienze teatrali e cinematografiche che l’hanno avviata a diventare icona delle passioni e delle vicende, a volta inconfessabili -anche a sfondo sessuale-, espresse mediante tutte le varie forme artistiche della letteratura.
Con una grinta soffusa attraverso le innumerevoli corde della sua professionalità, Chiara nel video rende palpabile, senza fronzoli e senza effetti scenici di melodrammatica fattura, un sentimentalismo atroce nel dualismo tra l’ego dilaniato e la libertà che si ottiene con il perdono.
In effetti, pur trattandosi di un “monologo”, ho intitolato il brano “Dialogo di una schiava” perché in esso c’è uno specchio che rappresenta l’emblema dell’alter ego.
Tecnicamente, il racconto si sviluppa affidando le proprie stratificazioni -ideologiche e morali e psicologiche e comportamentali- ai differenti posizionamenti narrativi con i quali l’attore, di volta in volta, è impegnato nel descrivere, ricordare, agire, riferire ecc.
Se appare abbastanza evidente che la trama si sviluppa intorno al punto focale del perdono per uno stupro (non per uno stupratore), non da meno essa affronta anche altre sottili diatribe su “perdoni” per azioni proprie che, se non interiorizzati, minano la stima per se stessi, mancando la quale si diventa tutti schiavi di convenzioni, di dogma, e comunque di principi non riconosciuti come tali.
Forse solo una tale dolorosa e profonda analisi personale può servire a riconquistare serenità (dove, per serenità, nel monologo s’intende liberazione dalla schiavitù subita da tutto ciò che è simile a consuetudini, verità indiscutibili, pregiudizi ecc.).
Perdonare “lo stupro” (così come tutti gli altri temi che fanno parte del monologo… e non solo quelli) vale anche come antidoto per stemperare le, sincere o false, espresse o nascoste, manifestazioni di compassione e di vicinanza.
Certamente il brano si presta a molte possibili interpretazioni su come porle in scena quelle libertà che si ottengono “perdonando”, o su come rappresentare la forza liberatoria che opera quando non ci sente più privati (uomini e/o donne) della propria identità, ma certamente Chiara Pavoni esprime queste ed altre tematiche con una limpida chiarezza recitativa.
La musica di Mauro Restivo, simile alla malia di nostalgiche apparenze, profonda nelle tinte di sdegno e di sconfitte, soave nell’accompagnare il canto liberatorio, segue con cadenze appropriate tutte le fasi recitative e ogni silenzio riflessivo snocciolato nel video.
Gli abbigliamenti, le maschere e i volti truccati da Silvia Bastet e Angela Sercia incorniciano con eleganza, discrezione e abbandoni di falsi pudori il mimetismo necessario ad esternare nel lungo tempo di diversi decenni lo sviluppo dei ricordi impressi nelle scene del monologo.
Il video potrete visionarlo su youtube ai link
Lunedì prossimo, salvo imprevisti, pubblicheremo su questa pagina il testo integrale del monologo.
Ringraziando Mauro Restivo, Silvia Bastet e Angela Sercia che hanno GRATUITAMENTE messo a disposizione non solo le loro competenze professionali, non solo il loro tempo, ma anche tutte le apparecchiature e gli apparati scenografici utilizzarti nel video.
Qui di seguito proponiamo una succinta presentazione del chitarrista Mauro Restivo, ripromettendoci di parlavi di Silvia Bastet e di Angela Sercia in una prossima occasione.
Con ciò, sono convinto che questa opera di vera arte scenica, di grande amore per le attività letterarie, e di disinteressata collaborazione con i progetti Made in Ischia, possa fare entrare Chiara Pavoni e la troupe di suoi (ed ora anche nostri) elitari amici nei vostri cuori, ed auspico che il video ottenga un posto di primo piano nelle vostre videoteche.
Bruno Mancini
Chiara Pavoni
MAURO RESTIVO
La sua musica simile alla malia di nostalgiche apparenze, profonda nelle tinte di sdegno e di sconfitte, soave nell’accompagnare il canto liberatorio, segue con cadenze appropriate tutte le fasi recitative e ogni silenzio riflessivo snocciolato nel video monologo “Dialogo di una schiava” scritto da Bruno Mancini ed interpretato da Chiara Pavoni
Nato a Roma nel 1960, ha ricevuto le prime lezioni di chitarra classica dal M° Gino Palombo, ottenendo il relativo diploma.
Parallelamente ha conseguito i diplomi in Arti applicate e in Maestro D’Arte, finalizzando gli studi alla realizzazione di mostre e concerti.
Per circa quindici anni ha ricoperto il ruolo di Presidente della sezione artistica dell’ATAC.
Ha svolto attività concertistica in Italia e all’estero, con particolare riferimento alla Repubblica Ceca dove si è esibito più volte in recital trasmessi da emittenti radiofoniche.
Il suo interesse per il repertorio musicale bandistico gli ha procurato l’invito, da parte del M° Olivio di Domenico, a collaborare come chitarrista nella Banda Musicale dell’ATAC.
Degno di nota è stato il suo concerto eseguito in occasione della beatificazione di Padre Pio, trasmesso in diretta su tre emittenti Vaticane.
Si è esibito nell’ambito del Fiuggi Guitar Festival con musiche di A. Lauro, F. Tarrega e L. Almeida.
In seguito al successo ottenuto ha iniziato a collaborare con il M° Massimo Delle Cese e con l’Accademia Romana della Chitarra.
Sua è anche l’organizzazione del Frascati Guitar World Festival dedicato alla Chitarra Classica.
Ha suonato al Palazzo dei Congressi di Roma ed ha composto musiche in abbinamento con le poesie di numerosi scrittori.
Ha collaborato con l’Associazione Rosso Rossini.
Ha eseguire delle Master nel “Festival i Colori della Musica di Celano” nel quale ha fatto anche parte della Giuria.
Ha composto alcuni brani per chitarra classica ispirati ai disegni da lui stesso realizzati.
Insegna presso varie Associazioni.
Responsabile delle Relazioni Esterne della Ass. Circolo Culturale Lya de Barberiis può annoverare il successo d’importanti concerti.
Mauro Restivo, con la sua splendida interpretazione musicale in accompagnamento al monologo “Dialogo di una schiava” scritto da Bruno Mancini ed interpretato da Chiara Pavoni , su youtube al link https://youtu.be/mF4SlGAKxT4, entra a far parte a pieno titolo degli amici dell’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA“, di questo quotidiano diretto da Gaetano Di Meglio, della casa Editrice “Il Sextante” di Mariapia Ciaghi e dell’Associazione culturale algerina “ADA” di Dalila Boukhalfa.
Benvenuto da tutti noi.
Chiara Pavoni
Silvia Bastet
Angela Sercia
Mauro Restivo
Il Dispari 20210104
Il Dispari 20210104 – Redazione culturale DILA
IL 2020 NELLE FOTO DI ALCUNI DEI PRINCIPALI PROTAGONISTI DILA
Ringraziamenti, complimenti e auguri a coloro che maggiormente hanno fatto grande, comunque, il 2020 dei progetti Made in Ischia della Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA”.
In un anno terribile per tutti, sono state innumerevoli le manifestazioni di entusiastica partecipazione ai progetti e agli eventi Made in Ischia dell’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA” che, seppure limitati in ambiti territoriali e carenti di risorse finanziarie, hanno ribadite le forti spinte artistiche, culturali e sociali a volte ideate e a volte organizzate dalla nostra associazione.
La realizzazione di due eventi immessi nel palinsesto di BookCity; l’inserimento di 20 puntate video nella rassegna di promozione editoriale “Il Maggio dei libri”; l’attuazione della nona edizione del premio internazionale di arti varie “Otto milioni”; la stampa delle antologie “Sinfonia per l’Africa” e “Arte Altrove”; la pubblicazione di notizie e di aggiornamenti culturali, di recensioni e di contenuti letterari, di attività e di collaborazioni sociali proposte con cadenza settimanale su questa pagina del quotidiano IL DISPARI; numerosi scambi di partecipazioni ad eventi internazionali sviluppati principalmente in l’Algeria e in Lettonia; le attività redazionali nel magazine Eudonna e nelle collane poetiche della Casa Editrice Il Sextante… sono solo parte del bilancio annuale che ci rendono particolarmente orgogliosi di avere continuato sulla strada giusta indicata dal primo slogan che abbiamo lanciato all’inizio di questa storia “Operare affinché l’Arte in generale e la poesia in particolare riconquistino il palco di primo piano che compete loro nell’attuale società italiana”.
Con molta umiltà firmo io questo editoriale, ma sono certo dell’adesione incondizionata da parte di tutti i personaggi ai quali viene rivolto il piccolo omaggio di questa rassegna fotografica.
Auguri a tutti, ma proprio a TUTTI, per uno splendido 2021!
I progetti Made in Ischia dell’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA” aprono alla grande il 2021 con una strepitosa interpretazione di Chiara Pavoni che ha registrato in video il monologo “Dialogo di una schiava” che avevo scritto per lei.
Registra, scenografa, produttrice e soprattutto raffinata attrice, Chiara Pavoni mette in mostra, in una lunga performance quasi cinematografica, tutto il suo bagaglio di esperienze teatrali e cinematografiche che l’hanno avviata a diventare icona delle passioni e delle vicende, a volta inconfessabili -anche a sfondo sessuale-, espresse mediante tutte le varie forme artistiche della letteratura.
Con una grinta soffusa attraverso le innumerevoli corde della sua professionalità, Chiara nel video rende palpabile, senza fronzoli e senza effetti scenici di melodrammatica fattura, un sentimentalismo atroce nel dualismo tra l’ego dilaniato e la libertà che si ottiene con il perdono.
In effetti, pur trattandosi di un “monologo”, ho intitolato il brano “Dialogo di una schiava” perché in esso c’è uno specchio che rappresenta l’emblema dell’alter ego.
Tecnicamente, il racconto si sviluppa affidando le proprie stratificazioni -ideologiche e morali e psicologiche e comportamentali- ai differenti posizionamenti narrativi con i quali l’attore, di volta in volta, è impegnato nel descrivere, ricordare, agire, riferire ecc.
Se appare abbastanza evidente che la trama si sviluppa intorno al punto focale del perdono per uno stupro (non per uno stupratore), non da meno essa affronta anche altre sottili diatribe su “perdoni” per azioni proprie che, se non interiorizzati, minano la stima per se stessi, mancando la quale si diventa tutti schiavi di convenzioni, di dogma, e comunque di principi non riconosciuti come tali.
Forse solo una tale dolorosa e profonda analisi personale può servire a riconquistare serenità (dove, per serenità, nel monologo s’intende liberazione dalla schiavitù subita da tutto ciò che è simile a consuetudini, verità indiscutibili, pregiudizi ecc.).
Perdonare “lo stupro” (così come tutti gli altri temi che fanno parte del monologo… e non solo quelli) vale anche come antidoto per stemperare le, sincere o false, espresse o nascoste, manifestazioni di compassione e di vicinanza.
Certamente il brano si presta a molte possibili interpretazioni su come porle in scena quelle libertà che si ottengono “perdonando”, o su come rappresentare la forza liberatoria che opera quando non ci sente più privati (uomini e/o donne) della propria identità, ma certamente Chiara Pavoni esprime queste ed altre tematiche con una limpida chiarezza recitativa.
La musica di Mauro Restivo, simile alla malia di nostalgiche apparenze, profonda nelle tinte di sdegno e di sconfitte, soave nell’accompagnare il canto liberatorio, segue con cadenze appropriate tutte le fasi recitative e ogni silenzio riflessivo snocciolato nel video.
Gli abbigliamenti, le maschere e i volti truccati da Silvia Bastet e Angela Sercia incorniciano con eleganza, discrezione e abbandoni di falsi pudori il mimetismo necessario ad esternare nel lungo tempo di diversi decenni lo sviluppo dei ricordi impressi nelle scene del monologo.
Il video potrete visionarlo su youtube ai link
Lunedì prossimo, salvo imprevisti, pubblicheremo su questa pagina il testo integrale del monologo.
Ringraziando Mauro Restivo, Silvia Bastet e Angela Sercia che hanno GRATUITAMENTE messo a disposizione non solo le loro competenze professionali, non solo il loro tempo, ma anche tutte le apparecchiature e gli apparati scenografici utilizzarti nel video.
Qui di seguito proponiamo una succinta presentazione del chitarrista Mauro Restivo, ripromettendoci di parlavi di Silvia Bastet e di Angela Sercia in una prossima occasione.
Con ciò, sono convinto che questa opera di vera arte scenica, di grande amore per le attività letterarie, e di disinteressata collaborazione con i progetti Made in Ischia, possa fare entrare Chiara Pavoni e la troupe di suoi (ed ora anche nostri) elitari amici nei vostri cuori, ed auspico che il video ottenga un posto di primo piano nelle vostre videoteche.
Bruno Mancini
Chiara Pavoni
MAURO RESTIVO
La sua musica simile alla malia di nostalgiche apparenze, profonda nelle tinte di sdegno e di sconfitte, soave nell’accompagnare il canto liberatorio, segue con cadenze appropriate tutte le fasi recitative e ogni silenzio riflessivo snocciolato nel video monologo “Dialogo di una schiava” scritto da Bruno Mancini ed interpretato da Chiara Pavoni
Nato a Roma nel 1960, ha ricevuto le prime lezioni di chitarra classica dal M° Gino Palombo, ottenendo il relativo diploma.
Parallelamente ha conseguito i diplomi in Arti applicate e in Maestro D’Arte, finalizzando gli studi alla realizzazione di mostre e concerti.
Per circa quindici anni ha ricoperto il ruolo di Presidente della sezione artistica dell’ATAC.
Ha svolto attività concertistica in Italia e all’estero, con particolare riferimento alla Repubblica Ceca dove si è esibito più volte in recital trasmessi da emittenti radiofoniche.
Il suo interesse per il repertorio musicale bandistico gli ha procurato l’invito, da parte del M° Olivio di Domenico, a collaborare come chitarrista nella Banda Musicale dell’ATAC.
Degno di nota è stato il suo concerto eseguito in occasione della beatificazione di Padre Pio, trasmesso in diretta su tre emittenti Vaticane.
Si è esibito nell’ambito del Fiuggi Guitar Festival con musiche di A. Lauro, F. Tarrega e L. Almeida.
In seguito al successo ottenuto ha iniziato a collaborare con il M° Massimo Delle Cese e con l’Accademia Romana della Chitarra.
Sua è anche l’organizzazione del Frascati Guitar World Festival dedicato alla Chitarra Classica.
Ha suonato al Palazzo dei Congressi di Roma ed ha composto musiche in abbinamento con le poesie di numerosi scrittori.
Ha collaborato con l’Associazione Rosso Rossini.
Ha eseguire delle Master nel “Festival i Colori della Musica di Celano” nel quale ha fatto anche parte della Giuria.
Ha composto alcuni brani per chitarra classica ispirati ai disegni da lui stesso realizzati.
Insegna presso varie Associazioni.
Responsabile delle Relazioni Esterne della Ass. Circolo Culturale Lya de Barberiis può annoverare il successo d’importanti concerti.
Mauro Restivo, con la sua splendida interpretazione musicale in accompagnamento al monologo “Dialogo di una schiava” scritto da Bruno Mancini ed interpretato da Chiara Pavoni , su youtube al link https://youtu.be/mF4SlGAKxT4, entra a far parte a pieno titolo degli amici dell’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA“, di questo quotidiano diretto da Gaetano Di Meglio, della casa Editrice “Il Sextante” di Mariapia Ciaghi e dell’Associazione culturale algerina “ADA” di Dalila Boukhalfa.
Benvenuto da tutti noi.
Chiara Pavoni
Silvia Bastet
Angela Sercia
Mauro Restivo
Il Dispari 20210104
Il Dispari 20210104 – Redazione culturale DILA
IL 2020 NELLE FOTO DI ALCUNI DEI PRINCIPALI PROTAGONISTI DILA
Ringraziamenti, complimenti e auguri a coloro che maggiormente hanno fatto grande, comunque, il 2020 dei progetti Made in Ischia della Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA”.
In un anno terribile per tutti, sono state innumerevoli le manifestazioni di entusiastica partecipazione ai progetti e agli eventi Made in Ischia dell’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA” che, seppure limitati in ambiti territoriali e carenti di risorse finanziarie, hanno ribadite le forti spinte artistiche, culturali e sociali a volte ideate e a volte organizzate dalla nostra associazione.
La realizzazione di due eventi immessi nel palinsesto di BookCity; l’inserimento di 20 puntate video nella rassegna di promozione editoriale “Il Maggio dei libri”; l’attuazione della nona edizione del premio internazionale di arti varie “Otto milioni”; la stampa delle antologie “Sinfonia per l’Africa” e “Arte Altrove”; la pubblicazione di notizie e di aggiornamenti culturali, di recensioni e di contenuti letterari, di attività e di collaborazioni sociali proposte con cadenza settimanale su questa pagina del quotidiano IL DISPARI; numerosi scambi di partecipazioni ad eventi internazionali sviluppati principalmente in l’Algeria e in Lettonia; le attività redazionali nel magazine Eudonna e nelle collane poetiche della Casa Editrice Il Sextante… sono solo parte del bilancio annuale che ci rendono particolarmente orgogliosi di avere continuato sulla strada giusta indicata dal primo slogan che abbiamo lanciato all’inizio di questa storia “Operare affinché l’Arte in generale e la poesia in particolare riconquistino il palco di primo piano che compete loro nell’attuale società italiana”.
Con molta umiltà firmo io questo editoriale, ma sono certo dell’adesione incondizionata da parte di tutti i personaggi ai quali viene rivolto il piccolo omaggio di questa rassegna fotografica.
Auguri a tutti, ma proprio a TUTTI, per uno splendido 2021!
Lucia Annicelli Gaetano Di Meglio Lucia Marchi Mariapia Ciaghi
Il Dispari 20201228 – Redazione culturale DILA
Il Dispari 20201228
Il Dispari 20201228
TINA BRUNO | La poesia: un po’ di storia
Nei primi anni del secolo scorso una serie di fattori di vario genere ha contribuito a modificare profondamente il panorama letterario.
Nasce, infatti, l’Ermetismo che si caratterizza come corrente poetica che teorizza la necessità di attribuire all’arte una funzione etica-metafisica e alle parole la funzione di tramite con l’assoluto (o addirittura tra la realtà alternativa e quella empirica).
La poesia diventa principio e fine di se stessa.
Questa concezione fa sì che i riflessi sulla letteratura e sulla poesia siano, soprattutto, rilevanti sul fine della poetica o della concezione dell’arte, nei termini di una rinnovata discussione sullo statuto tradizionale o, a maggior ragione, intorno alla figura del poeta o della poesia.
La poesia è l’arte di rappresentare la parte intima dell’essere umano: sentimenti, emozioni, solitudine, gioia, amore, spazio, natura, inoltre è il mezzo di comunicazione che unisce gli stati d’animo delle persone.
Strutturalmente la poesia si presenta in lirica, in rima o in prosa.
La lirica è caratterizzata dal processo di ripensare, da capo, il linguaggio poetico–tradizionale le cui caratteristiche sono: dissoluzione delle forme metriche, dissoluzione delle forme, degli accenti.
Sillabe e accenti consentono di controllare la musicalità delle parole, il ritmo e i versi stessi.
I versi risultano, così, dettati dagli accenti e dalle sillabe che li differenziano nel ritmo.
Si ha un suono musicale quando è ben ritmato, con gli accenti nella giusta posizione.
I versi si distinguono per il numero delle sillabe e vanno dal quaternario all’endecasillabo.
Dopo questi brevi cenni sulla storia della poesia riprendo a monitorare la raccolta poetica di Bruno Mancini fermandomi a leggere una poesia racchiusa nell’antologia “Penne Note Matite” ANNO 2017” dal titolo.
————————–
UN’OMBRA
Un’ombra
sconvolge
la piana dì alghe statiche
con ritmo lento di medusa
con pause di dolcezze lunari
-sotto
le sabbie
smosse
più calde e umide-,
un’ombra una carne un’ora
Tu.
—————-
La poesia “Un’ombra”, scritta dal poeta e scrittore Bruno Mancini, fa parte della raccolta “Segni” (1964 – 1987), ed è stata poi, nel 2017, inserita nell’Antologia “Penne Note Matite” presentata nell’Aula Magna del Museo delle Culture (MUDEC di Milano che si caratterizza come polo multidisciplinare dedicato alle diverse testimonianze e culture del mondo) sede espositiva delle civiche raccolte etnografiche.
Si tratta di una poesia di pochi versi ma di ampia musicalità, dove gli accordi ambientali seguono di pari passo quelli dei personaggi coinvolti, e dove il silenzio statico del posto, interrotto dal ritmo lento delle meduse, accompagna il lettore verso la sabbia umida e calda mossa dalla armonia alternata di silenzi e di accodi lunari che danno vita ad una danza di suoni e di pause mentre un’ombra sconvolge quell’ordine naturale.
Il poeta con stupore e meraviglia domanda.
TU.
Il Dispari 20201228
Grave lutto per Liga Sarah Lapinska
Tutta la redazione di questo giornale si associa alle espressioni di cordoglio che DILA rivolge a Liga Sarah Lapinska per la morte della sua cara madre.
Liga Sarah Lapinska, Socia fondatrice dell’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA” della quale è ambasciatrice per la Lettonia, è, da sempre, una delle figure maggiormente attive nello sviluppo dei progetti Made in Ischia, oltre ad essere una regolare collaboratrice di questa pagina culturale.
Traduttrice di varie lingue (russo, Italiano, inglese oltre che del lettone, sua lingua madre) Liga ha costantemente assunto impegni di notevole importanza in ambito sociale e politico, sempre disponibile a difendere le ragioni dei deboli e degli emarginati.
Scrittrice, poetessa, pittrice, ceramista, musicista, Liga ha ottenuto numerosi riconoscimenti nelle varie edizioni del premio “Otto Milioni” dedicato alla memoria del Commendatore Agostino Lauro e, nel 2014, è venuta a Ischia per ritirare il diploma di vincitrice messo in palio dall’Istituto Agostino Lauro tramite il suo presidente On. Salvatore Lauro.
A Liga vanno tutti i nostri sentimenti di affettuosa vicinanza.
TWITTERONE: Ottobre 2020
Da Liga Sara Lapinska:
1) Ārija Norkalne con piacere ha regalato la nostra antologia “Penne Note Matite” a Daiga, una ragazza giovanissima e dolce, studiosa dell’arte e delle tecniche del restauro che si è mostrata felicissima di ricevere questo regalo.
2) Per conto di DILA ho regalato al pianista e musicologo Raffi Kharajanyan il mio disegno “We Are Returned”.
Pensando anche alla memoria di sua moglie Nora Novik pianista come lui.
Tutti e due hanno suonato per lunghi anni insieme numerosi studi e sonate con sorprendente virtuosismo.
Lui ha fatto i complimenti al mio disegno qualificandolo: significativo ed espressivo.
Attualmente sto scrivendo la fiaba “Portami a casa!” nella quale narro la nostra storia trasformata in mito e, in essa, questo disegno sarà uno di quelli che ne illustreranno alcune scene.
Presto verrà pubblicata la nostra Antologia annuale “Arte Altrove” nella quale si potrà leggere l’intervista, tradotta in italiano, che mi ha rilasciato Raffi Kharajanyan per questa testata giornalistica
Lo ringrazio di tutto cuore per le espressioni di stima sempre molto ideali!
3) Per conto di DILA, Ivan Defabiani ha ricevuto la nostra antologia “Una pagina un’emozione”; la pergamena che attesta che lui è uno dei vincitori nel nostro concorso “Otto Milioni” come cantante tenore dai timbri sia forti sia pieni di emozioni; e il mio disegno “The Lullaby by a Goddess”.
Ivan Defabiani canta nel teatro dell’Opera “La Scala” a Milano e spesso viaggia con i suoi concerti. Quando è possibile… nonostante la pandemia.
Ivan partecipa a nostri concorso un anno dopo l’altro.
Lo ringrazio per la sua sincerità!
4) Per conto di DILA ho regalato la mia grafica “Two Sisters”, che illustra la mia fiaba”Ninnananna” pubblicata in una dalle nostre antologie, alla mia vicina di casa Anna Tereza Greivule.
Nonostante la sua vita non sia facile, lei è capace di credere ai miracoli.
5) Per conto di DILA ho regalato la mia grafica “The Time to Meditate” e la nostra antologia “Da Ischia l’Arte” a Viesturs Āboliņš.
Egli scrive anche fiabe e testi narrativa.
Lo ringrazio per i magnifici fiori che mi ha fatto giungere in occasione del mio compleanno e per la discreta cordialità che lo aiuta a conoscere gli altri.
6) Ho regalato al mio amico pugliese che attualmente abita in Germania, Antonio Di Nauta, la mia grafica “Be Tender, Oh My Heart!”.
Nel stesso tempo lui ha ricevuto la pergamena nella qualità di vincitore di una sezione del nostro concorso “Otto Milioni”.
Grazie per le tue canzoni, amico mio!
In ricordo dei nostri viaggi verso l’isola chiamata Ischia!