Il Dispari 20210125 – Redazione culturale DILA

Views: 3

Il Dispari 20210125 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20210125

Tina Bruno |Recensione: Non è facile far ridere una donna triste

Le poesie del poeta Bruno Mancini hanno sempre un richiamo sentimentale che le unisce e le accomuna con il grande sentimento dell’amore.
La poesia che mi accingo a commentare in queste pagine, “Non è facile far ridere una donna triste“, è tratta dal volume “ARTE ALTROVE”, antologia internazionale di arti varie edita dalla Casa Editrice IL SEXTANTE di Mariapia Ciaghi, presentata in anteprima durante l’ultima edizione di BookCity 2020.

Promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e dall’Associazione BOOKCITY MILANO (costituita da Fondazione Corriere della Sera, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Fondazione Umberto e Elisabetta Mauri e Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori), la rassegna internazionale dell’editoria e della lettura BookCity #BCM20 è stata sostenuta da Intesa Sanpaolo (main partner), da Esselunga (premium partner), da Fondazione Cariplo con le partecipazioni di Borsa Italiana, Enel, Pirelli, Burgo Group, Federazione Carta e Grafica, Spazio Lenovo, Fondazione AEM, Intesa Sanpaolo Assicura, Messaggerie Libri SpA, Rotolito, Progetto M360, Action Aid (Charity partner), Bird&Bird, ed è stata realizzata sotto gli auspici del Centro per il Libro e la Lettura, in collaborazione con AIE (Associazione Italiana Editori), ALI (Associazione Librai Italiani), AIB (Associazione Italiana Biblioteche), e LIM (Librerie Indipendenti Milano) e con il patrocinio di Regione Lombardia, annoverando come  media partner il Corriere della Sera, il Gruppo Mondadori, la RAI Radio3, la Feltrinelli, ilLibraio.it.  e ibs.it.

La mia personale chiave di lettura mi spinge a ritenere “Non è facile far ridere una donna triste” una poesia molto bella che centra lo stato d’animo delle persone dopo una grande perdita, in questo caso la perdita del compagno.
Il poeta, con molta saggezza, descrive il cambiamento che la vita subisce dopo un grande dolore. La donna descritta dal poeta, anche se continua ad essere gentile nel portamento, nell’ordine, nelle movenze, nei rapporti con gli altri, non sente nessun trasporto per qualcuno e si lascia trascinare nel buio dalla solitudine.

Passano le feste, scorrono le giornate e, come una pellegrina per strada in silenzio con se stessa, lei si muove nella sua casa vuota.
Ha preso coscienza che la vita è triste dopo essere stata tanto amata.
A nulla valgono le gentilezze offerte dagli amici, la loro protezione, il loro amore, perché ciò che ama è chiudersi sempre di più alla vita.

 

Non è facile far ridere una donna triste

Poesia tratta dalla raccolta
di Bruno Mancini
“La mia vita mai vissuta”

Oscillava, l’amata,
in delicate armonie
di tristezze e tenerezze
invasa
oltre capienza del suo pensiero,
da lontananze tenebrose,
resa
sbilenca,sghemba, sbieca
nel quotidiano
frammentare randellare frantumare
filanti attese di ritorni…
e sempre Mario sapeva sprigionare i suoi sorrisi.

Che vale essere angeli cent’anni
se un tocco di follia
mi uccide il corpo
e lascia anime deserte?

Dalila Boukhalfa, Presidente DILA per la nazione Algeria, presenta

Mohamed Yossef Ismail Ali, nuovo collaboratore dei nostri progetti Made in Ischia.

Mohamed Yossef Ismail Ali, giornalista, poeta e scrittore è nato in Egitto nel 1967.

Laureato in chimica, facoltà di scienza presso l’Università egiziana di Ain Shams, ha insegnato a Roma presso una scuola superiore libica.

Corrispondente delle TV: Egiziana Nile News in Italia,  TV Arabia Saudita, TV Qatar sport,

TV Sudan,  TV Siriana, TV Palestina, TV Bahrein, e della Radio Arabia Saudita; nonché del quotidiano Al Masry Al Youm e della rivista Rosa AlYoussef.

Direttore di Arab News Agency (Egitto) in Italia, di Newtr News Agency (Turkia) in Italia, è il portavoce della Comunità Egiziana in Italia.

L’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA”, il quotidiano IL DISPARI di Gaetano Di Meglio, la Casa Editrice IL SEXTANTE e il magazine EUDONNA di Mariapia Ciaghi, rivolgono un caloroso “benvenuto” a Mohamed Yossef Ismail Ali nella certezza di una proficua collaborazione nei campi artistici culturali e sociali.

Bruno Mancini

EV7386 – Spazio scenico – Puntata n. 411

EV7386 – Spazio scenico – Puntata n. 411

Il Dispari 20210118 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20210118

Il Dispari 20210118

Dialogo di una schiava

Pièce teatrale scritta da Bruno Mancini per l’attrice Chiara Pavoni

  •  Scena: una poltrona con cuscini, uno specchio, bottiglia di whisky e bicchiere, lampada, melodie napoletane in sottofondo tra le quali “indifferentemente”, maschera, cappello.
  •  Scena illuminata dalla lampada sulla poltrona dove è seduta l’attrice.

 Pelle bianca, sono bella e sono sexy, sono colta e sono ricca, sono femmina e sono giovane.

Certo!

Sono bella, bionda, alta, coscia lunga, lingua soffice e tagliente, mani curate e graffianti, occhi azzurri come il fuoco, capelli soffici nebulose, sono tutto ciò che vuoi se mai mi vorrai.

Come la Bambolina di un film a luci rosse, posso spigionare le tenerezze e le seducenti malinconie della mia femminilità contro la forza plastica delle altrui certezze; versare i misteri intriganti, che fungono per me da seconda pelle, sulla parte più suadente di tutti gli inni alla passione; dominare con il candore della mia esuberante vitalità ogni lussureggiante invadenza.

Ma non mi chiamo Bambolina. Io sono Chiara.

  • Si alza, effettua due tre piroette e si avvicina alla ribalta
  • La lampada viene spenta e si accendono luci dal basso verso l’alto

Alla età di quattro anni giocavo con la mia gattina, le accarezzavo la testa screziata di colori tra il giallo paglierino e le terre di Siena, sussurrandole nell’orecchio che non riusciva a tenere fermo un attimo, “Vedrai, da grande, la tua Lucilla ti porterà in giro per giardini pieni di fiori e di tante fate, e tu diventerai una fata e quando sarai una fata turchina farai diventare anche me una fata bellissima con un vestito rosa e la bacchetta magica e io farò nascere tante stelle nel giardino e tante bambole e tante lucertole per farti giocare… e un principe azzurrissimo per me, soltanto per me.

Ma non mi chiamo Lucilla. Io sono Chiara.

  • Pausa: sorride

Quando diventai un po’ più grande andavo in bicicletta… ero magra gli occhi grigio chiaro e i capelli biondi… non sapevo andarci… avevo le orecchie a sventola, il naso leggermente appuntito con un po’ di lentiggini… perché i pedalini mi scivolavano… la mia bocca era piuttosto grande… e cascavo e qualcuno mi rimetteva in piedi.

A dieci anni nei cortili polverosi e nelle pinete ischitane eravamo in tanti a correrci incontro e giocare in mille modi diversi, lontani dagli adulti, ma protetti dai loro lunghi sguardi vigili.

Nonne e zie vegliavano discretamente su tutte le nostre azioni, eppure qualche bacetto con i compagni, di nascosto, ci scappava sempre.

Per le amichette io ero “Farfallina”, i maschietti preferivano chiamarmi Serenella.

Ma non mi chiamo Farfallina e nemmeno Serenella.  Io sono Chiara.

  • Pausa: ride
  • Il palco viene illuminato di rosso

A tredici anni l’uomo dalla camicia rossa mi abbracciò…

Ricordo un giardino, rinchiuso in un muro di cinta sgangherato, di pietre pomici e laviche sgraziate, bitorzolute, coperte da muschi ed erbe selvatiche, grigiastre; alto oltre la mia testa, se anche fossi salita su uno dei massi sporgenti posti alla base.
Ricordo le gabbie dei conigli, sovrapposte, con mangiatoie formate da intrecci di fili di ferro arrugginiti; i conigli, maschi da una parte, le femmine da un’altra e i piccoli, selezionati per grandezza, collocati in gabbie differenti.
Tutti i pomeriggi fungevo da vivandiera, passando sotto l’albero di limone, intorno al pozzo con al centro il secchio pieno d’acqua, giù per i quattro scalini fino all’angolo del muro pietroso, posto di sghembo a seguire il confine con la boscaglia di castagni e di querce della collina immediatamente sovrastante.
Ricordo che giunta appena oltre la grande pietra sporgente sulla quale poggiava lo spigolo della parete, mi sembrava che il bosco coprisse ogni altra prospettiva, e divenisse, in pochi passi, ingombrante, avvolgente, incatenante…
… però i conigli erano lì, e quel giorno c’era pure lui.
Ma forse è stato un sogno.

Non sono la sua Piccina. Io sono Chiara.

Era così bello toccare le sue braccia muscolose, alzava un secchio d’acqua con un dito; così misteriose le sue parole, più soffio che altro sul mio collo, e quando andavo via mi dava sempre un bacio, e mi stringeva forte sul petto.
Quel giorno aveva una camicia rossa ed una birra in mano.
Io avevo un graffio sul ginocchio.
Ma forse è stato un sogno

Gli dissi che non ero la sua Piccolina. Io sono Chiara.

Lui coprì il graffio sul ginocchio con la grande mano, per un attimo.

Poi prese a coccolarlo con le dita che formavano sentieri di brividi sulla mia pelle, nel nuovo gioco di un morbido girotondo tra le crepe ed i cespugli, le grotte ed i ruscelli della mia intimità.

Fu quando disse che mi voleva bene, lo disse, ne sono sicura, quando quella voce e quelle parole giunsero alla mia mente, fu allora che io gli gettai le braccia al collo così forte da farlo rotolare fino alla piccola zolla di prato nascosta tra due alti cespugli di mirtillo.
Sopra di me.

Poi, mentre mi accarezzava la bocca, sentii dolore lì.

Giù.

Qui giù

E continuava a chiamarmi Bambina. Io sono Chiara.

Ma forse fu dopo il frugare con la mano scivolosa, tremante, tra i bordi allentati delle mie mutandine.
Io non sapevo niente di inganni e di violenze, io non sapevo niente, lo giuro, di Russi e di Ungheresi in lotta tra libertà ed oppressione, io non piangevo, quel giorno, per loro.

Piangevo dicendo “Non sono la tua Piccina. Io sono Chiara.

  • Lunga pausa: piange
  • Si spengono le luci rosse e si crea una luminosità soffusa.

 Avevo venti anni quando incontrai “l’Amore“.

Gino! Gino…

E lui mi chiamava Amore e mi chiamava Tesoro.

Amore… Tesoro…

Fu bello fino a quando non venne il momento della verità.

E lui non andò via, ma mi dedicò una poesia:

Eppure se tu fossi stata violata
– il vicino di casa maledetto -,
se nel fatato mondo d’innocenza
tu
come madre fanciulla del figlio di nessuno
tu fossi stata
come vergine immolata nel tempio d’Efeso,
tu fossi stata violata
come gazzella indifesa dal branco di lupi,
tu fossi stata violata nella grotta pollaio
come una preda soggiogata dall’amico di famiglia,

tu saresti rinata
tra le mie braccia
di pescatore d’emozioni,
incubata in un tenero affetto
oltre ogni possibile attesa,
alitata dal vento del sud che cancella le orme
– maledette –
dei tanti vigliacchi stupratori

… e non potresti perdermi.

Io sono vento

io sono forza

io sono crudo esempio di follia.

Spingimi nei tuoi dilemmi
di lupa insoddisfatta,
nessuno avrà il tuo scalpo.

Modifica il tuo stato
rimuovi l’occupato,
e vieni al sole.

Ma non credevo di essere Amore, non mi chiamavo Tesoro. Io sono Chiara.

Così, per restare nelle sue catene, fui tumulto e brividi, imprimendogli sul corpo e nella mente i segni squassanti di una passione da lungo attesa, artatamente impudica e violenta, tenera e implacabile, ponendo in un solo amplesso tutti i registri delle mie tentazioni, tutta la prorompente eccessiva sfacciata bellezza del mio corpo di donna non più bambina, i giochi estremi di mani vellutate di labbra avvampate di pelle di luna: tenerezze ossessioni, morbidezze stupori, in un’altalena di grida e di sussurri che per anni la mia mente aveva elaborato, posizionato, montato come in un film… con arte e per salvezza.

E poi il tormento di chiedermi cosa avrei fatto senza di lui, da lì ad un mese, o cosa avrei pensato in quello stesso giorno di un luglio futuro, oppure in un qualsiasi altro giovedì 11 Settembre, 18 Settembre, nel Dicembre del…

  • Si accovaccia su un cuscino della poltrona sistemato a terra.

Oggi, so troppo bene quello che penso e ciò che faccio e quel che so.
Che strano, oggi la primavera è forte, la terra si risveglia, nascono tutti i fiori che mi piacciono tanto e muore tutto ciò che mi piaceva senza una ragione precisa.

Accetto di riconoscermi.

Accetto di riconoscermi perché mi sento sola come non mai, peggio, sola come sempre.

Accetto di riconoscere anche la mia solitudine.

Amore, affetto, comprensione, intese, solitudine, solitudine, solitudine, solitudine.

Chi avrebbe potuto prevedere che tutte le mie incertezze si riproponessero ai miei quasi quaranta anni.

Quasi quaranta, uguale zero.

Mi sento come un eroe dimenticato, un vecchio quadro polveroso, la piccola violetta al centro del diario.

I traguardi raggiunti, le paure superate, tutto daccapo.

Essere, essere stata, aver voluto… non vale più.

Non c’è più niente in me, o meglio non ci sarà più niente, perché io non ho più niente da dargli, da chiedergli, nulla che assomigli a vorrei-se tu potessi-se ancora volessi-proviamo-ascoltami-ancora una volta…

Sono lucidissima, so che sto pensando, volutamente pensando, non è un mio sfogo né un momento di depressione né una nuvola passeggera, è il temporale, e il peggio è che non vedo più il sereno.

Decisamente grigio.

Mi sento più bambina di allora…

… il grande amore…

SESSO. SESSO.

L’ho accettato da lui solo perché pensavo fosse una cosa diversa.

La sua poesia!

Immensa e spirituale, il naturale epilogo di due persone che si amano.

E noi non ci amiamo più, non ci amiamo più.

Facciamo l’amore – molto meglio di allora -, ma tutto il resto è un niente immenso.

Mi sembra di aver vissuto fino ad ora in una dimensione diversa e sono piombata all’improvviso, o quasi, sulla terra.

Tutto il passato non importa più.

Sento il disagio che maturando nel silenzio mi opprime.

 Non sono Noia non sono Indifferenza. Io sono Chiara.

  • Pausa: pensierosa
  •  Continua a guardare in un punto, tacendo. Tacendo si alza dal cuscino di finta pelle su cui è accovacciata e riempie di whisky un piccolo bicchiere. Va in giro per la scena, un po’ lentamente e un po’ quasi correndo.
  •  Si posiziona davanti allo specchio, scopre un seno, e inizia a mimare una voglia che scoppia di solitudine.

è dolce toccare il corpo di una donna.

  • Intanto, come se compisse un sacrilegio, prende a carezzare la morbidezza del seno: più chiara delle gambe, la punta più rossa dei capelli.

A lungo fasciato da disattenzione, di una evidente semplicità, il piacere di questo contatto, divenuto scoperta inattesa, si riveste di una dimensione erotica, intrigante, carnale.

O forse devo intendere che anche “Chiara” sia riferito ad uno pseudonimo per occultare?

Occultare cosa? Metamorfosi? Identità? Simbiosi? Inganno? Apparenza?

Una proiezione fantastica nella femminilità!

Sarebbe come dire, sono pronta ad uscire dalla mia pelle, dalla mia vita, da me, senza moine da una porta qualsiasi?

Come dire, se finora la mia vita è stata un gioco, un esercizio di stile, può finire, sono ancora in tempo, il mio è un segreto tuttora inviolato, e se così scelgo, inviolabile.

E sento ancora il bacino muoversi con impercettibili segnali di invito, sempre più invadenti.

Il mio petto, gonfiarsi, altero?

  • Inizia la canzone indifferentemente

Vero: la luna, le stelle, la nuova melodia napoletana indifferentemente si tu m’accire nun te dico niente, la bella mattina trascorsa su un mare d’incanto, la cena ai frutti di mare, il gelato alla panchina e la ginestra -ginestra, fiore amato da sempre- che avevo posto tra i capelli.

Ma quante altre volte avevo reso avvincente un giorno!

Neppure sono certo che Chiara non sia stato, abbandonate remore pudiche, un desiderio necessario di rinascita.

Ma ora so che per me non c’è ritorno, una ipotesi, unica: farlo o dimenticarmi.

  • Sì gira, rallentando i movimenti in movenze di farfalla, e, come una schiava, lascia scivolare l’esile gonna giù, alle caviglie. Le mani stringono i glutei che aveva imparato ad ammirare in prospettive di specchi, e compie i gesti dei tocchi discreti di creme spalmate con cura.
  •  Di botto tutte le luci si spengono.
  •  Nella più fitta oscurità l’allarme di un negozio sostituisce le melodie ormai prive di senso.
  •  Come in una cantilena lei dice

Gli amori sono tutti uguali, come i cinesi, ma ciascuno riconosce il proprio per minimi dettagli, come i cinesi. La sessualità è uguale per tutti, come i cinesi, ciascuno però riconosce la propria per minimi dettagli, come i cinesi.

Smetto la lotta, definitivamente, nella certezza di essere la mia femminilità ed il mio maschio, che io sono Lucilla Farfallina Piccina Piccolina Bambina Amore Tesoro Serena… l’uomo dalla camicia rossa, Gino, sì Gino, anche Gino e anche l’uomo dalla camicia rossa… Non sono Noia e Indifferenza… io sono Chiara  una donna una volta uomo, un uomo una volta donna, perché per me non c’è definizione, io sono poliforme maschio e femmina a volte disgiunti, a volte intricati e avviluppati in un groviglio di impossibili intrecci stretti in un nodo di complicità inestricabili, in un nodo, un nodo indissolubile nonostante tutti gli sforzi di auto-gestione e tutte le arti di persuasione e tutti i limiti e i condizionamenti e tutto l’amore di un’altra donna o di un altro uomo.

Come dire nonostante il mondo.

  • Un faro illumina SOLO la testa e il busto dell’attrice che ora ha un cappello maschile tipo basco che le ingabbia metà parte dei capelli e una cravatta molto evidente.
  •  Mostra una maschera.

Dove tutto resta, lasciando impronte evidenti, io passo muovendomi nel vuoto.

Io sono l’Anima e il Cervello e so lo sbaglio di chi pensa di averne uno proprio, disponibile e muto, io non appartengo, io sono.

Non sono schiava delle convenzioni.

  • Si distende sul divano seguita da un raggio di luce

La scoperta del piacere di accarezzare il seno più liscio delle gambe, più rosso dei capelli, più tenero del mio tormento, diviene ansia di più profonde sensazioni, e già le labbra si aprono ardenti e le sento stimolate da carezze di piuma, e già tocco l’interno delle cosce, più su, più giù, più su dopo ogni stasi, più su in modo spregiudicato; e poi già l’ansia e la smania col respiro in affanno con il sangue in tempesta con la vita in un soffio, si mutano in galoppante allucinazione mentre accarezzo il mio sesso con voluttà sconosciuta, ossessiva puttana pazza, a gambe aperte – Star di un film a luci rosse- nella notte più stellata di prima e più di prima illuminata dalla luna.

Nel fresco frizzante dell’alba imminente il caldo della mano non mi conceda sospiri.

  • Si ode l’avvicinarsi, nel buio, di un’ambulanza. 
  • E lei lancia un urlo di sirena.

Sììììììììììììììììììììììììììììììììììì

  • Felice ad alta voce

Io sono Chiara, non sono Chiara, io sono me.

Io sono la libertà.

Io sono Chiara… NON sono Chiara.

  • Liberata 
  • A braccia alzate

Non sono più la schiava del perdono.

Il Dispari 20210118

 

 Bruno Mancini

Il Dispari 20210111 – Redazione culturale DILA

Chiara Pavoni nel video “Dialogo di una schiava”.

I progetti Made in Ischia dell’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA” aprono alla grande il 2021 con una strepitosa interpretazione di Chiara Pavoni che ha registrato in video il monologo “Dialogo di una schiava” che avevo scritto per lei.

Registra, scenografa, produttrice e soprattutto raffinata attrice, Chiara Pavoni mette in mostra, in una lunga performance quasi cinematografica, tutto il suo bagaglio di esperienze teatrali e cinematografiche che l’hanno avviata a diventare icona delle passioni e delle vicende, a volta inconfessabili -anche a sfondo sessuale-, espresse mediante tutte le varie forme artistiche della letteratura.

Con una grinta soffusa attraverso le innumerevoli corde della sua professionalità, Chiara nel video rende palpabile, senza fronzoli e senza effetti scenici di melodrammatica fattura, un sentimentalismo atroce nel dualismo tra l’ego dilaniato e la libertà che si ottiene con il perdono.

In effetti, pur trattandosi di un “monologo”, ho intitolato il brano “Dialogo di una schiava” perché in esso c’è uno specchio che rappresenta l’emblema dell’alter ego.

Tecnicamente, il racconto si sviluppa affidando le proprie stratificazioni -ideologiche e morali e psicologiche e comportamentali- ai differenti posizionamenti narrativi con i quali l’attore, di volta in volta, è impegnato nel descrivere, ricordare, agire, riferire ecc.

Se appare abbastanza evidente che la trama si sviluppa intorno al punto focale del perdono per uno stupro (non per uno stupratore), non da meno essa affronta anche altre sottili diatribe su “perdoni” per azioni proprie che, se non interiorizzati, minano la stima per se stessi, mancando la quale si diventa tutti schiavi di convenzioni, di dogma, e comunque di principi non riconosciuti come tali.

Forse solo una tale dolorosa e profonda analisi personale può servire a riconquistare serenità (dove, per serenità, nel monologo s’intende liberazione dalla schiavitù subita da tutto ciò che è simile a consuetudini, verità indiscutibili, pregiudizi ecc.).

Perdonare “lo stupro” (così come tutti gli altri temi che fanno parte del monologo… e non solo quelli) vale anche come antidoto per stemperare le, sincere o false, espresse o nascoste, manifestazioni di compassione e di vicinanza.

Certamente il brano si presta a molte possibili interpretazioni su come porle in scena quelle libertà che si ottengono “perdonando”, o su come rappresentare la forza liberatoria che opera quando non ci sente più privati (uomini e/o donne) della propria identità, ma certamente Chiara Pavoni esprime queste ed altre tematiche con una limpida chiarezza recitativa.

La musica di Mauro Restivo, simile alla malia di nostalgiche apparenze, profonda nelle tinte di sdegno e di sconfitte, soave nell’accompagnare il canto liberatorio, segue con cadenze appropriate tutte le fasi recitative e ogni silenzio riflessivo snocciolato nel video.

Gli abbigliamenti, le maschere e i volti truccati da Silvia Bastet e Angela Sercia incorniciano con eleganza, discrezione e abbandoni di falsi pudori il mimetismo necessario ad esternare nel lungo tempo di diversi decenni lo sviluppo dei ricordi impressi nelle scene del monologo.

Il video potrete visionarlo su youtube ai link

Lunedì prossimo, salvo imprevisti, pubblicheremo su questa pagina il testo integrale del monologo.

Ringraziando Mauro Restivo, Silvia Bastet e Angela Sercia che hanno GRATUITAMENTE messo a disposizione non solo le loro competenze professionali, non solo il loro tempo, ma anche tutte le apparecchiature e gli apparati scenografici utilizzarti nel video.

Qui di seguito proponiamo una succinta presentazione del chitarrista Mauro Restivo, ripromettendoci di parlavi di Silvia Bastet e di Angela Sercia in una prossima occasione.

Con ciò, sono convinto che questa opera di vera arte scenica, di grande amore per le attività letterarie, e di disinteressata collaborazione con i progetti Made in Ischia, possa fare entrare Chiara Pavoni e la troupe di suoi (ed ora anche nostri) elitari amici nei vostri cuori, ed auspico che il video ottenga un posto di primo piano nelle vostre videoteche.

 

Bruno Mancini

Chiara Pavoni

Chiara Pavoni

MAURO RESTIVO

La sua musica simile alla malia di nostalgiche apparenze, profonda nelle tinte di sdegno e di sconfitte, soave nell’accompagnare il canto liberatorio, segue con cadenze appropriate tutte le fasi recitative e ogni silenzio riflessivo snocciolato nel video monologo “Dialogo di una schiava” scritto da Bruno Mancini ed interpretato da Chiara Pavoni

Nato a Roma nel 1960, ha ricevuto le prime lezioni di chitarra classica dal M° Gino Palombo, ottenendo il relativo diploma.
Parallelamente ha conseguito i diplomi in Arti applicate e in Maestro D’Arte, finalizzando gli studi alla realizzazione di mostre e concerti.

Per circa quindici anni ha ricoperto il ruolo di Presidente della sezione artistica dell’ATAC.

Ha svolto attività concertistica in Italia e all’estero, con particolare riferimento alla Repubblica Ceca dove si è esibito più volte in recital trasmessi da emittenti radiofoniche.
Il suo interesse per il repertorio musicale bandistico gli ha procurato  l’invito, da parte del M° Olivio di Domenico, a collaborare come chitarrista nella Banda Musicale dell’ATAC.
Degno di nota è stato il suo concerto eseguito in occasione della beatificazione di Padre Pio, trasmesso in diretta su tre emittenti Vaticane.
Si è esibito nell’ambito del Fiuggi Guitar Festival con musiche di A. Lauro, F. Tarrega e L. Almeida.

In seguito al successo ottenuto ha iniziato a collaborare con il M° Massimo Delle Cese e con l’Accademia Romana della Chitarra.

Sua è anche l’organizzazione del Frascati Guitar World Festival dedicato alla Chitarra Classica.
Ha suonato al Palazzo dei Congressi di Roma ed ha composto musiche in abbinamento con le poesie di numerosi scrittori.

Ha collaborato con l’Associazione Rosso Rossini.

Ha eseguire delle Master nel “Festival i Colori della Musica di Celano” nel quale ha fatto anche parte della Giuria.

Ha composto alcuni brani per chitarra classica ispirati ai disegni da lui stesso realizzati.

Insegna presso varie Associazioni.

Responsabile delle Relazioni Esterne della Ass. Circolo Culturale Lya de Barberiis può annoverare  il successo d’importanti concerti.

Mauro Restivo, con la sua splendida interpretazione musicale in accompagnamento al monologo “Dialogo di una schiava” scritto da Bruno Mancini ed interpretato da Chiara Pavoni , su youtube al link https://youtu.be/mF4SlGAKxT4,  entra a far parte a pieno titolo degli amici dell’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA“, di questo quotidiano diretto da Gaetano Di Meglio, della casa Editrice “Il Sextante” di Mariapia Ciaghi e dell’Associazione culturale algerina “ADA” di Dalila Boukhalfa.

Benvenuto da tutti noi.

Chiara Pavoni

Chiara Pavoni

Silvia Bastet

Silvia Bastet

Angela Sercia

Angela Sercia

Mauro Restivo

Mauro Restivo

 

DILA

NUSIV

VIRUSISCHIA

Vincenza Fava – Video singole poesie di Bruno Mancini

Views: 4

Vincenza Fava – Video singole poesie di Bruno Mancini

 

Vincenza Fava – Video

094 M Lapinska Prandin Erotismo Mancini Savigni Vazzoler Fiore Cataldi Zanarella Lorin Arlotta Fava

093 Serratore Panizza Pietrangeli Cocciardo Lorin Ganci Zanarella Fava Alessandrino Mancini

Enrico Pietrangeli Intervento di Vincenza Fava a Legnago del 3 maggio

Video poesie di Bruno Mancini

Enrico Pietrangeli – Video singole poesie di Bruno Mancini

Views: 2

Enrico Pietrangeli – Video singole poesie di Bruno Mancini

Enrico Pietrangeli – Video

093 Mancineide Pietrangeli

BR37 Enrico Pietrangeli legge la poesia “La zingara” scritta da Bruno Mancini

093 Serratore Panizza Pietrangeli Cocciardo Lorin Ganci Zanarella Fava Alessandrino Mancini

Da ischia l’Arte 6 1 Pietrangeli Teleischia 2013 01 31 OK

 

Video poesie di Bruno Mancini

Massimo Colella – Video singole poesie di Bruno Mancini

Views: 4

Massimo Colella – Video singole poesie di Bruno Mancini

Massimo Colella – Video

BR25 Massimo Colella legge la poesia “Alla carezza gelida” scritta da Bruno Mancini

BR26 Massimo Colella legge la poesia “Non fosti pioggia” scritta da Bruno Mancini

091 Mancineide Massaro Pace Cocciardo Colella Savarese Wendy Guarracino Cedrini Mencarini Mancini

TG LENOIS 2014 Giulio Alessia parte 2 Colella OK audio

TG LENOIS 2014 Giulio Di Lorenzo parte 2 Colella

Video poesie di Bruno Mancini

Giuseppe Lorin – Video singole poesie di Bruno Mancini

Views: 5

Giuseppe Lorin – Video singole poesie di Bruno Mancini

Giuseppe Lorin – Video

 

Sigla Giuseppe Lorin legge il monologo “Metempsicosi spirituale” scritto da Bruno Mancini

Giuseppe Lorin nel monologo “Metempsicosi spirituale” scritto da Bruno Mancini

BR32 Giuseppe Lorin legge la poesia “Equivoco” scritta da Bruno Mancini

BR14 Giuseppe Lorin – “L’estate con la parrucca” – Bruno Mancini

Giuseppe Lorin legge “Il brivido più lungo” di Bruno Mancini dalla raccolta “Erotismo, sì!”

Ieri.

Soltanto ieri.

Finalmente, ho carpito dalle grinfie avide dei mercenari acquattati in ogni dove al soldo d’invadenti multinazionali, i tempi ed i modi per una voluta prigionia, ed ho serrato le porte nell’attesa di muovermi verso i templi delle mie origini culturali.

Metaforicamente, praticamente, completamente.

L’assalto continuo, attraverso proposte indicanti modi d’essere adeguati agli inutili prodotti che i padroni universali del commercio e dei servizi inviano a pioggia di grappoli dai contorni impalpabili come foschia estiva di primo mattino, assume virulenze epidemiche una volta giunto a contatto con le blande aspirazioni di tranquillità e di serena assuefazione al ritmo quotidiano proprie di esistenze vissute senza sprechi e prive di inutili orpelli.

Semplici, essenziali, autonome.

Le menzogne ballerine, create ad immagine di lusinghe dai loro maghi prezzolati, saltellano allegramente ben oltre ogni perdonabile entusiasmo, frattanto che abbattono ostacoli a forma di evanescenti birilli e ideologie di carta straccia, male, o per niente, supportate da nervose manovre atte a ripristinare condivisibili pretese di libertà individuali.

Senza ritrosie, in ragione della forza amorale ricevuta dalle loro strutture interdipendenti, superano, con vigliacca disinvoltura gli specifici spessori delle singole vite incontrate lungo le vie che percorrono.

Ne deriva una complessa organizzazione della socialità immemore dei suoi stessi scopi istitutivi. Mentre srotola piacevolezze esistenziali frammiste ad essenziali bisogni cognitivi ed impellenti necessità comunicative, essa, la falsa dignità universale – quella degli uomini invisibili oltre le cortine delle organizzazioni finanziarie, quella degli innominabili padroni del vizio e della schiavitù dei deboli, quella dei tizi in doppio petto sproloquianti in pubblico senza cuori brucianti all’interno del torace per giustizia ed uguaglianza, quella di tutti gli uomini-animali da sé stessi assurti a mortificanti auto glorificazioni, quella dei nuovi Dei, meschini e blasfemi – essa la falsa dignità universale accaparra, tutto intero, senza pentimenti, l’indivisibile legame tra le vite ed i singoli uomini.

Non ero convinto che fosse sufficiente, ma limitare il raggio di azione dei miei giorni futuri nel perimetro, orto compreso, di questa vecchia casa colonica, mi era apparso il sistema più agevole per tentare la metempsicosi spirituale che intendevo costruire tra il mio passato ed il mio futuro.

Appena giunto qui, attratto come da una calamita, stordito come da un etere, ciondolando come un ubriaco, il capo chino come un cane, le braccia pendule come una scimmia, gli occhi fissi come un ebete, ho raggiunto la scala di comunicazione tra il piano terra e gli ambienti sottostanti: cantina, dispensa, lavanderia, chiesa fino alla vecchia biblioteca.

Ho respirato forte per riempirmi di ricordi, ho accarezzato la polvere dei libri della cultura universale, ho chiuso gli occhi, ho stretto i pugni per non piangere, ho espresso un desiderio, un’esigenza, una ragione di vita: “ESISTERE” e ho iniziato a scrivere il mio “Manifesto della Pace”

che vi propongo nella sua interezza e vi invito a sottoscrivere.

 

 

«La mia personale “militanza” tra coloro che hanno difesa la ferma determinazione di dichiararsi “PACIFISTI”, quando ancora erano gli anni in cui la Polizia ci inseguiva qualificandoci sovversivi e caricava nei cellulari a randellate i manifestanti meno lesti nel fuggire (Bologna Settembre 1963 / Aprile 1964), ritengo possa rappresentare un esplicito e doveroso chiarimento atto a consentirmi di precisare, senza generare equivoci, che noi, uomini e donne d’Arte e di Cultura aderenti a questo manifesto, non intendiamo assumere mai il ruolo di storiografi, sociologi, o di specialisti in altre discipline tese a classificare eventi ed a chiarirne genesi, cause ed effetti; e che noi non intendiamo neppure presentarci nella veste di un gruppo, più o meno politicizzato, per il quale esistano i “sempre nel giusto” ed i “sempre malvagi“; e che noi, infine, non ci proponiamo (questo può sembrare un paradosso) nemmeno come portatori di nostre personalità semplicemente umane, le quali, comunque, potrebbero indurci in errori invogliandoci –per debolezze- a giustificare, oppure –per vendette- a punire.

NO… NO… NO…

Noi sottoscrittori di questo manifesto siamo presenti sulla scena sociale come ARTISTI e agiamo per invitare a creare ed a godere anche i nobili sentimenti e le intime emozioni indotti dalla parole PACE, la quale, sebbene celebrata in mille e mille modi diversi, non consentiremo mai che venga scritta con la penna di un solo colore.

Scegliere tra rosso e nero può andare bene in un gioco stupido come la roulette, ma l’ARTE ha altre ambizioni, l’Arte è rosso, nero, giallo, verde.

ARTE sono i grigi delle nebbie, le variazioni d’indaco dei mari, le terre di Siena, i viola…

L’Arte ha diritti e cittadinanza, forza e bellezza, sebbene espressa e scritta con qualsiasi colore dell’arcobaleno.

Ma ciò non basta a definire del tutto gli ideali che si intendono proporre con questo manifesto, poiché noi crediamo –con uguale grande fermezza- che la parola PACE non sia soltanto in antitesi, in contrasto, l’opposto della parola GUERRA, ma possa esprimere una forza di resistenza ineguagliabile nei confronti di altre iatture e di tutte le reali nefandezze perpetrate da parti infime ed infide del genere umano:

 

RAZZISMO, MAFIA, SPECULAZIONI DI OGNI TIPO, ABUSI DI POTERE, sono tutte Guerre contro le quali gli “Artisti” innalzano lo stendardo della PACE.

 

Così come abbiamo affermato che gli inchiostri di tutti i colori sono adatti a scrivere la parola PACE, nello stesso modo e con identica determinazione garantiamo che combatteremo e contrasteremo con ogni mezzo non violento, come abbiamo sempre fatto, tutti coloro che hanno voluto, vogliono o vorranno intingere le penne d’oca utilizzate per la scrittura della parola PACE in calamai pieni delle lacrime dei popoli affamati, oppressi, schiavizzati, così come nel sangue innocente dei morti sul lavoro.»

Firmato

Bruno Mancini

 

 

 

 

Video poesie di Bruno Mancini

Eduardo Cocciardo – Video singole poesie di Bruno Mancini

Views: 6

Eduardo Cocciardo – Video singole poesie di Bruno Mancini

Eduardo Cocciardo – Video

BR13 Eduardo Cocciardo legge la poesia “T’azzannano” scritta da Bruno Mancini

BR12 Eduardo Cocciardo legge la poesia “Eppure tu” scritta da Bruno Mancini

091 Mancineide Katia Massaro – Silvia Pace – Eduardo Cocciardo – Massimo Colella – Vincenzo Savarese – Wendy – Antonio Guarracino – Mirella Cedrini – Antonio Mencarini – Bruno Mancini

093 Antonio Serratore – Roberta Panizza – Nicola Pantalone – Enrico Pietrangeli – Eduardo Cocciardo – Giuseppe Lorin – Salvatore Ganci – Michela Zanarella – Vincenza Fava – Anna Alessandrino – Nunzia Zambardi – Antonio Mencarini – Bruno Mancini

067 Biblioteca Antoniana – Sacha Savastano – Eduardo Cocciardo . Antonio Mencarini – Fravecatore . Vito Nicola Paradiso . Enzo Ruju – Bruno Mancini – Ignazia la tempesta

068 Lucia Annicelli – Eduardo Cocciardo – Carmela Di Lustro – Roberta Panizza – Sacha Savastano – Antonio Mencarini – Corrado Visone – Vito Paradiso – Antonio Mencarini – Bruno Mancini

Carmela Di Lustro – Marina De Caro – Eduardo Cocciardo – Adotta una poesia 2

PMN Show Bruno Mancini 2 Teleischia 20111021 Eduardo Cocciardo

Biblioteca Antoniana Ischia 15 Gennaio 2011 – Eduardo Cocciardo legge poesie di Bruno Mancini

Biblioteca Antoniana – Ischia 15 Gennaio 2011- Eduardo Cocciardo e Carmela Di Lustro leggono poesie di Bruno Mancini e di Roberta Panizza

Video poesie di Bruno Mancini

Carmela Di Lustro – Video singole poesie di Bruno Mancini

Views: 7

Carmela Di Lustro – Video singole poesie di Bruno Mancini

Carmela Di Lustro – Video

BR40 Carmela Di Lustro legge la poesia “Non rubate la mia vita” scritta da Bruno Mancini

Carmela Di Lustro – Marina De Caro – Eduardo Cocciardo – Adotta una poesia 2

Bruno Mancini Non rubate la mia vita Legge Carmela Di Lustro

 

Video poesie di Bruno Mancini

Carmen Auletta – Video singole poesie di Bruno Mancini

Views: 6

Carmen Auletta – Video singole poesie di Bruno Mancini

Carmen Auletta – Video

BR07 Carmen Auletta legge la poesia “L’aspra vicissitudine” di Bruno Mancini

BR06 Carmen Auletta legge la poesia “Intorno a Mezzanotte” di Bruno Mancini

“Intorno a mezzanotte” poesia di Bruno Mancini letta da Carmen Auletta e musica di Vito Paradiso

L’aspra vicissitudine – Legge Carmen Auletta

Video poesie di Bruno Mancini