Views: 109
2014 – PENSIERO di FINE ANNO
Alberto Liguoro
Socio Fondatore dell’Associazione culturale DILA “Da Ischia L’Arte”.
2014 – PENSIERO di FINE ANNO
Alcuni gravissimi episodi (ma ormai, dovremmo, forse, cambiare aggettivo, per come vanno le cose e sostituirlo con un più realistico “ORDINARIO”) che dominano le cronache degli OBBROBRI (dove noi Italiani ci distinguiamo, ma non siamo soli, fortunatamente o sfortunatamente), mi riportano, per associazione di idee, ad alcuni miei precedenti articoli che richiamavano l’attenzione sulla NECESSITA’ ASSOLUTA di non dimenticare gli OBBROBRI di oggi e quelli di ieri, soprattutto per DUE IRRINUNZIABILI PRIORITA’:
Innanzitutto NON ASSUEFARCI all’ORDINARIO, appunto, alla NORMALITA’ degli OBBROBRI, ma cercare, in tutti i modi di combatterli per non dare a noi stessi e ai posteri un Mondo e un futuro, nient’altro che OBBROBRIOSI; inoltre NON RIPETERE gli ERRORI. E’ di tutta evidenza che per migliorare e non ritrovarsi ottusamente a commettere più volte gli stessi errori, è fondamentale la MEMORIA di essi.
Mi riferisco al ben noto episodio dell’incendio a bordo del traghetto di nazionalità italiana Norman Atlantic, in navigazione dalla Grecia ad Ancona; allo scontro, al largo del porto di Ravenna, tra due mercantili, uno battente bandiera dello Stato centro-americano del Belize e l’altro turco, con affondamento di quest’ultimo; alla “maledizione 2014” dell’Aeronautica Civile Malese, con un aereo sparito nel mare di Giada con 155 passeggeri a bordo, tra cui 17 bambini, e 7 membri dell’equipaggio, dopo l’altra misteriosa scomparsa nell’Oceano Indiano di un altro aereo con 239 persone a bordo, tra il 7 e l’8 Marzo 2014, e l’abbattimento sullo spazio aereo al confine tra Ucraina e Russia, di un terzo aereo civile malese con 283 passeggeri, oltre l’equipaggio, il 17 luglio scorso; alla misteriosa uccisione della 29enne piacentina Gaia Molinari, in Brasile la vigilia di Natale, e, oserei dire, ecc… ecc…; ad ogni annessa e connessa manchevolezza, superficialità incoscienza e così via.
Ricordiamo, inoltre che il 26 dicembre u.s. ricorreva il 10° anniversario del tremendo tsunami dell’Oceano Indiano, uno dei più catastrofici disastri naturali dell’era moderna, con oltre 280.000 vittime.
E come non ricordare che il 13 gennaio prossimo ricorrerà il TERZO ANNIVERSARIO dell’”allegro” naufragio della Costa Concordia?
Ripropongo, allora in un unico contesto, due articoli, che ho selezionato per questa occasione, già pubblicati, circa un anno fa, sotto l’unico titolo GLI ORRORI di OGGI; dove, tra l’altro, faccio particolare menzione anche del maremoto/tsunami con epicentro al largo di Sumatra, di cui sopra.
GLI ORRORI di OGGI
QUALCHE ACCENNO agli OBBROBRI di OGGI (prima parte)
C’è già una contraddizione intrinseca in questo titolo.
Come si può fare solo qualche accenno agli “obbrobri di oggi”, quando ci sarebbe da scrivere un’altra enciclopedia, oltre quelle alle quali ho già fatto riferimento, in senso traslato ovviamente, in altri miei interventi e scritti circa gli obbrobri di “ieri” e dell’ “altro ieri”?
La prima considerazione da fare sorge spontanea, come si suol dire, è un postulato, una affermazione dalla dimostrazione implicita o intrinseca se preferite: gli obbrobri di oggi sono la diretta conseguenza della mancata elaborazione critica degli obbrobri precedenti, che sono stati solo vagamente sorvolati o, più consistentemente, messi a tacere per quieto vivere, per noia, per inconfessabili interessi , o, nella stragrande maggioranza dei casi, per ignoranza, per confronto falsato con la realtà.
E’ vero, imparare è difficile. Proprio per questo non si finisce mai di imparare.
Per forza di cose dobbiamo qui tralasciare, ma non metterne sotto un macigno la memoria, il nostro passato prossimo e meno prossimo: mi vengono in mente gli unici due bombardamenti atomici, che la storia ricordi, quelli degli Americani contro i Giapponesi, su Hiroshima il 6 agosto ’45 e Nagasaki, tre giorni dopo (gli Americani, in genere, arrivano in testa, in questi casi; parimenti lo sono stati nel genocidio di intere tribù autoctone in quelle che erano, a quei tempi, le Indie Occidentali, ma non lo negano); mi si accendono scintille nella mente (non è possibile di più qui), se penso alla stragismo, a piazza Fontana, a piazza della Loggia, all’aereo di Ustica, agli omissis e ai “non ricordo” di andreottiana matrice; ma ecco che già altre nefaste scintille, sinistri bagliori, si accendono nella mente di chi scrive, e certo anche di chi legge: il Cile, l’Argentina, il Viet-Nam, la Grecia, l’apartheid in Sud Africa, il Medio Oriente e, in particolare, la Palestina, il Libano, la Giordania, così come Sarajevo, i Balcani in generale, le invasioni dell’Ungheria e della Cecoslovacchia e i soprusi, le violenze, i gulag del Regime Sovietico prima della sua caduta, preceduta dalla caduta del muro di Berlino il 9.11.1989, non dimenticando i soprusi di dopo, in primis del Regime Zarista di Putin, amnistia compresa; la Cecenia, il continuo, endemico, capitolo della Palestina, la Libia, la repressione e ciò che ancora accade in Cina, l’Afghanistan, le guerre dimenticate dell’Africa subsahariana, e c’è dell’altro; qualcosa mi sfugge, ma non posso ignorare la disperazione di migliaia di uomini, donne, bambini che, dopo essere stati svenati da avventurieri che nulla hanno da invidiare ai mercanti di schiavi, affrontano l’attraversamento del deserto, in condizioni impossibili, in alcun modo monitorate, il passaggio di frontiere proibite, con modalità sconosciute, la traversata, forse senza neanche la bussola, di un mare, che si prende una quantità indefinita delle loro vite, per giungere infine (solo una minoranza, come appare evidente), ad una terraferma ostile e cinica, dove non ti sta a sentire nessuno, e quindi provi a cucirti le labbra con un gancio ricavato da un accendino, sperando che qualcuno ti stia, almeno, a guardare. Altrimenti che cosa farai? Ti cucirai, magari anche gli occhi.
E’ necessario che ci atteniamo, qui, strettamente all’ATTUALITA’, non si può fare altro, ma anche in tal caso, solo brevi cenni posso offrire al lettore perché la realtà dell’oggi degli obbrobri è vasta e invasiva e, nel momento stesso in cui ne parlo, è già scavalcata da altre realtà.
“Nola, cronaca dall’eccidio” è il mio ultimo libro, di cui parlo spesso da qualche mese, in vari contesti, dato che occupa in modo diffuso e penetrante la mia mente, perché… chi sa perché! Forse perché racconta principalmente, appunto, dell’eccidio o strage di Nola, dell’11 settembre del ’43, uno degli orrori da non dimenticare, e sono già troppi, a tutt’oggi, 70 anni di sostanziale oblio; forse perché, pur essendo trascorso moltissimo tempo, per quello che accadde, il modo in cui accadde, le conseguenze dirette e devastanti che ne derivarono, è particolarmente toccante e inquietante; forse proprio perché riguarda, in modo particolare, anche (anzi, in un certo senso, soprattutto) la storia della mia famiglia d’origine, nonché mia, e trovo solo oggi, dopo circa 70 anni dai fatti, in essa un senso di riscatto; forse perché dà addirittura un senso, una ragion d’essere alla mia vita, ma questa è, con tutta probabilità, una esagerazione emotiva.
Comunque ne parlavo, giorni fa, casualmente in un bar, proprio a San Marco dei Cavoti, il mio paese d’origine, con qualcuno, mentre prendevamo un caffè.
“Bada bene – mi ha detto il mio interlocutore, ad un certo momento – che in questo stesso momento in cui siamo qui a prenderci il caffè, altre stragi, altre brutali aggressioni, sono in atto in varie parti del Mondo. Non lo dimenticare mai.”
Questo mi ha fatto pensare che io stavo parlando ai fantasmi, ne ho ricavato lì per lì un senso di frustrazione e di angoscia; ma poi ci ho riflettuto sopra e ho realizzato che proprio perché non se ne era parlato quando, invece, se ne doveva parlare, erano diventati fantasmi quelli che avrebbero potuto ascoltare e interloquire.
Perché erano morti per cause naturali o per le vicende della vita? NO! La Morte avrebbe preso comunque, chi doveva prendere. In realtà era perché si era diffuso l’oblio, il disinteresse.
Questo stato di cose, allora, poteva riferirsi anche ad altri fatti più vecchi, contemporanei o successivi, e a quelli che io colloco in quello che chiamo, nel mio libro (pg.154), il grande piazzale dell’attualità, (dove) “una notte immensa e profonda di luna piena illumina i miei passi come una lanterna, mentre un pacifico e fidato geco s’avventura guardingo e scattante tra il Mare delle Tempeste e il Mare della Tranquillità, sul nitido riflesso d’un enorme frammento di cristallo incastonato tra antiche macerie, come una porta del tempo, qualcosa che sa di già visto altre volte”.
Non c’erano, quindi, fantasmi, o erano scomparsi, o potevano scomparire e io stesso avrei potuto fare in modo che essi scomparissero, e il loro posto fosse preso da persone reali, che avevano a cuore il proprio futuro e quello delle successive generazioni e l’affermazione dei valori, come la libertà, la giustizia, la solidarietà.
Recuperare la memoria, fermare il tempo dei ricordi, questa era la strada, gli strati della strada.
Ho allora ripreso negli articoli che poi ho scritto, negli appunti per i prossimi articoli, nelle commemorazioni delle singole ricorrenze, nei dibattiti o incontri ai quali ho partecipato o nelle previsioni di quelli ai quali parteciperò in futuro, tutto ciò che veniva classificato come “da dimenticare” ed era destinato ai fantasmi, e l’ho destinato a lettori, ascoltatori e contraddittori in carne ed ossa: risaliamo, allora a 70 anni fa, ed anche 71 o 72 anni fa (così è anche nel libro sopra menzionato), 69, 68 anni fa (“in giro per l’Italia” su GOLEM); c’è poi tutta la “terra di mezzo” fino a qui, al “grande piazzale dell’attualità”, dove, come ho preannunziato, potrà essere fatto solo qualche accenno (per i motivi detti, per non naufragarci dentro), ma almeno quello sì; e prima ancora, c’è il passato remoto delle guerre di occupazione e coloniali, che il nostro amato e disgraziato Paese, ha maldestramente praticato, collezionando obbrobri, fin dai primi tempi, fin dalla sua unificazione, rincarando, poi, in modo vistoso ed assurdo, la dose nell’epoca aurea del trionfo di tutti gli obbrobri, il Fascismo, al quale ancora oggi tributa omaggi la feccia del nostro Paese: quella sua parte più ottusa e retrograda, nella quale troviamo, ahimé, molti giovani (ma è colpa loro fino ad un certo punto. Non hanno conosciuto il Fascismo e chi avrebbe dovuto insegnare loro qualcosa, badava ad altro), che è, per fortuna, ancora (abbastanza) contenuta, ma suscettibile, da un momento all’altro, di esplodere grazie all’indifferenza e incoscienza che c’è in giro e, in particolare dilaga tra coloro che hanno in mano le sorti di questo Paese.
ITALIANI, BRAVA GENTE (il mio articolo reperibile su Internet in vari blog cercando “ITALIANI, BRAVA GENTE Alberto Liguoro”), è un titolo tormentato; assume un tono decisamente grottesco e sarcastico se rapportato al film omonimo di Giuseppe De Santis del 1965, che invece si riferisce ad un altro obbrobrio del Governo Fascista e dei suoi Vertici Militari, dove vittime sono oltre 229mila soldati italiani mandati allo sbaraglio sul fronte orientale, senza moderni armamenti, con divise obsolete e inidonee ad affrontare il rigido clima della steppa russa, male armati e foraggiati, che tuttavia si sono battuti da eroi, ricoprendosi di gloria, dal giugno 1941, alla disfatta e alla rovinosa ritirata, dal fronte del Don, dall’11 dicembre 1942, al 31 gennaio 1943, lasciando sul campo 84mila perdite, tra morti, i cui resti (ma molti furono sepolti dalla pietà dei contadini russi) furono trovati con stracci sbriciolanti addosso e scarpe squassate o sostituite da bende, dispersi e prigionieri (10mila dei quali, furono successivamente restituiti all’Italia).
“Italiani, brava gente?” è anche il titolo del libro di Angelo Del Boca del 2005 – Neri Pozza editore, dove quel punto interrogativo esprime più di qualsiasi articolato commento: un resoconto capillare, di tutte o quasi, le nefandezze commesse dagli Italiani dall’Unità del nostro Paese, alla fine della IIa Guerra Mondiale, dove è precisato anche che “molti altri popoli si sono macchiati di imprese delittuose, quasi in ogni parte del Mondo; tuttavia, soltanto gli italiani hanno gettato un velo sulle pagine nere della loro storia ricorrendo ossessivamente e puerilmente a uno strumento autoconsolatorio: il mito degli «italiani brava gente», un mito duro a morire che ci vuole «diversi», più tolleranti, più generosi, più gioviali degli altri, e perciò incapaci di atti crudeli”.
Il mio articolo è in sintonia col libro di Del Boca. Il punto interrogativo è sostituito da una sorta di ironia o di autoironia, la cui dissimulazione è affidata al contenuto dell’articolo stesso.
Ed ora che è stata fatta tutta questa indispensabile premessa, dobbiamo fermarci per il momento, per tirare un po’ il fiato e per non appesantire in modo eccessivo il discorso.
A dire il vero, non è stato fatto neanche quel cenno che si era promesso, agli “obbrobri di oggi”, ma dopo tante riflessioni, collegamenti, esperimenti, ho imparato qualcosa; mi sono, definitivamente, reso conto che è semplicemente insensato muovere passi illudendosi di poter fare tabula rasa di tutto ciò che è passato. Non era quindi, nel modo più assoluto, possibile eludere tutto quanto è stato premesso.
* * *
Prima di chiudere questa parte, sento però l’imperativo categorico di dare contezza del mio operato, di dover rispondere ad una domanda virtuale che ha dell’ovvio.
Perché tutto questo? Perché mi sto “specializzando” in obbrobri, qualcosa di triste, di aspro? Mentre potrei puntare su qualcosa di più ameno, più distensivo.
Bene, credo che c’entri qualcosa che ha a che fare con la coscienza.
Un po’ la stessa situazione ritroviamo a proposito della catastrofi naturali, o le catastrofi procurate dall’uomo o le (più frequenti) catastrofi procurate dalla natura con la cooperazione dell’uomo (a parte quelle deliberatamente cagionate, con dolo e premeditazione, dal più feroce, sistematico e assiduo nemico della natura; il più feroce nemico di se stesso: l’Uomo).
Anche qui non potrò che essere estremamente sintetico, con molte omissioni: ricordo il ciclone Cleopatra che il 19 novembre 2013 ha messo in ginocchio la Sardegna, già predestinata, eppure non era il tifone Hayan che dal 2 all’11 novembre 2013 ha devastato le Filippine, né il tornado di giugno in Oklahoma, né l’uragano Katrina che il 29 agosto del 2005 rase al suolo New Orleans; come respingere, qui, dalla mia mente, le immagini dell’alluvione di Firenze del 4 novembre ’66, che appariva essere, ai miei occhi, allora giovanili, una catastrofe di proporzioni tali che mai più ce ne sarebbero state di simili al Mondo o, quanto meno, in Italia. Fu in quella occasione che i Governanti dell’Italia, introdussero sovrattasse e accise che poi non avrebbero più tolto; mentre il degrado ambientale è rimasto immutato.
Ricordo ancora il terremoto in Iran, in Emilia Romagna, l’esplosione della centrale atomica di Fukushima nel marzo del 2011, il terremoto ad Haiti del 2010, il terremoto di L’Aquila del 2009, fonte di grandi sghignazzate telefoniche per l’enorme acquisizione di appalti e relativi intrallazzi che comportava, con la benedizione del nostro Governo di allora; ma portabandiera in questo ambito è il terremoto dell’Irpinia dell’80 che fruttò al Paese anche una nuova classe politica corrotta e incapace; e poi ci sono i 160 morti e interi paesi distrutti, nel maggio del ’98, sotto il fiume di fango e detriti a Sarno e Quindici, tra le provincie di Avellino e Salerno, dove boschi secolari erano stati abbattuti per fare posto agli abusi edilizi approvati da pubbliche Amministrazioni criminali; lo tsunami del 26 dicembre del 2004 nell’Oceano Indiano (ma ritornerò su questo), Seveso (10.7.76), Chernobyl (26.4.86) provocò un disastro di proporzioni immani, ma anche la caduta di un Regime già morto in piedi; Exxon Valdez è il nome della petroliera che, il 23 marzo dell’1989, si incagliò nel Golfo dell’Alaska e dalla quale fuoriuscirono 42mila metri cubi di petrolio greggio, inquinando 1900 km. di costa; e ce ne sono di disastri meno conosciuti, ma altrettanto devastanti, anzi, forse per questo, per essere nel cono d’ombra, ancora più devastanti: c’è un’isola, questo tutti dovrebbero saperlo, ma soprattutto gli “allegri” frequentatori delle Grandi Crociere e gli altrettanto “allegri” organizzatori, nell’Oceano Pacifico, formata di oltre 3 milioni di tonnellate di rifiuti, in particolare plastica, che si sono accumulati in decine di anni di vandalico scarico in mare e di disinteresse, col “favore” delle correnti, ed ha anche un nome: PACIFIC TRASH VORTEX. E’ la maggiore, ma non l’unica del suo genere, ed ha una grandezza, secondo alcune stime, maggiore della Penisola Iberica, secondo altre, degli Stati Uniti. Un supernuovissimo Continente?
Ci sarebbe dell’altro, ma qui mi fermo, e dico che dobbiamo interrogare la nostra coscienza, che deve darci risposte, come negli eccidi, le stragi, le distruzioni delle guerre di ogni genere, delle guerriglie, delle religioni, del controllo dei traffici, dell’imperialismo egemonico. Dobbiamo dimenticare, far finta di niente, disinteressarci, forse approvare aprioristicamente per interessi egoistici, mutare addirittura le carte in tavola, o interessarci, occuparcene, essere pronti alla dialettica e alle critiche?
In nessun caso abbiamo SOLUZIONI CERTE; non negli orrori o obbrobri “bellici”, così come non negli orrori o obbrobri “naturali”.
Potrebbe essere una delle soluzioni il movimento che nasce dalle tanto derise e vituperate correnti di pensiero di Nicholas Georgescu-Roegen, Serge Latouche, Maurizio Pallante ed altri? Non lo sappiamo.
Ma, di certo, dobbiamo saper rispondere in modo positivo e propositivo alle domande che qui si propongono.
Dobbiamo forse non dare peso al surriscaldamento della Terra? Ai problemi del depauperamento indiscriminato e selvaggio delle foreste, dell’inquinamento idrico ed atmosferico, ai mutamenti climatici, ormai diffusi e rapidi, sotto i nostri occhi, per così dire, ecc. ecc.?
Sono accaduti recentemente molti incidenti sciistici, tra cui quello capitato a Michael Schumacher non è neanche il più grave.
I fuoripista sono sempre stati (avventatamente) praticati. Come mai, negli ultimi tempi, provocano una serie indefinita di incidenti, e come mai tanti escursionisti e sciatori vengono travolti dalle valanghe?
E’ forse del tutto infondato chiedersi se, a seguito delle precipitazioni acide e della conseguente diversa consistenza della neve e della pioggia, oltre che della vegetazione al suolo, non siano mutate le condizioni di percorribilità dei luoghi interessati? Oppure verrebbero troppo disturbati gli interessi che ruotano attorno agli sport invernali?
Sapremo costruire dighe che non provochino altre sciagure come quella del Vajont del 9 ottobre del ’63?
O ce ne staremo a guardare la diga, confidando nella benevolenza di chi ci guarda dall’alto? Anche nel film “Inferno di cristallo” si invitavano ingegneri, costruttori e architetti ad operare con più oculatezza. Quello era un film, per quanto verosimile la storia raccontata. Nelle storie dei nostri “Vajont” invece c’è realtà degradata, ma soprattutto nella mente di chi dovrebbe occuparsene e porvi rimedio.
Nei prossimi terremoti, sapremo tener conto di quanto sopra si è detto circa i “terremoti all’italiana”? O dovremo prima morire nell’anima, se non nel fisico, di terrore, come è accaduto nel recente terremoto del 29 dicembre, per fortuna di non grave entità, tra il Molise e la Campania, dove la gente per strada era FORTEMENTE PREOCCUPATA, ma molto di più dagli avvoltoi che già si vedevano volteggiare indenni, anzi favoriti, nel loro farsi avanti, avvicinarsi per la “ricostruzione”, che non per la propria incolumità?
Riusciremo, prendendo spunto, semmai, proprio dall’ANNO che INIZIA, questo 2014 (ALLORA DICEVO…) che si prospetta carico di incognite, ma forse anche di speranze, ad avere una parola d’ordine, un impegno da rispettare: “BASTA!”; basta con la memoria del pesciolino rosso, nella quale, più o meno incoscientemente e furbescamente, ci crogioliamo.
O dovremmo, forse, comportarci come quella turista italiana, piuttosto seccata e sicura del fatto suo, che, intervistata all’aeroporto di Roma, di ritorno anzitempo, suo malgrado, per ovvi motivi, da una sua vacanza alle Maldive, a fine dicembre del 2004, di fronte ad uno tsunami che aveva provocato 280mila vittime, oltre a distruzioni incredibili (ecco che ci ritorno), disse: “Non mi sono divertita per niente. Una vacanza da dimenticare”?
GLI OBBROBRI di OGGI (seconda parte)
Sento di dover iniziare questo articolo, aprendo una parantesi, con un riferimento specificamente italiano, che poi chiuderò alla fine dell’articolo, con un altro riferimento, a sua volta spiccatamente italiano.
Perché è giusto così; se tra due parentesi vogliamo inserire, perché vengano estrapolati, esaltati e messi in luce, i mali e gli obbrobri che, oggi come oggi, in giro per questo Mondo dove non c’è più Religione, o forse ce ne sono troppe (il concetto è lo stesso), affliggono l’Umanità, esse non possono che essere marcate ITALIA, fin quando non si cambia, MA SUL SERIO, registro. E’ insito in esse, un abbraccio ideale, come si vedrà, che unisce fortemente e indissolubilmente, noi popolo italiano, e coloro che, comunemente, chiamiamo gli “Extracomunitari”, come se fossero extraterrestri (e ci professiamo, in gran parte Cristiani, misericordiosi ed ecumenici); noi sì, siamo davvero “sulla stessa barca”. Sono “cose nostre”, con buona pace di mafia, camorra ‘ndrangheta, sacra corona unita e i connessi “colletti bianchi” (OGGI: MAFIA/CAPITALE), o forse, addirittura, con il loro beneplacito.
Il marcio si trova in ogni parte del Mondo, ma in Italia, il senso di repulsione e raccapriccio che, normalmente esso suscita, si sta sempre di più trasformando in compiacimento; questo è grave, pericoloso e inaccettabile.
Chi sa che una presa d’atto, una provocazione come questa, non abbia, nel suo piccolo, la forza d’appoggio, insieme ad altre forze, per fare leva, per forzare e, forse, spezzare le parentesi, come se fossero catene, e risanare il marcio, magari… non solo dell’Italia; tramutarlo in bene, o scaraventarlo nel “nulla”. Con questo spirito, vado, allora, ad iniziare.
APRO PARENTESI:
Scorrono davanti a miei occhi le poche, ma fortemente esplicative, obbrobriose (appunto) immagini, prese nel centro di accoglienza di Lampedusa, e fortunosamente ottenute, di persone (clandestini o non clandestini, sono PERSONE), umiliate, denudate; corpi nudi, senza distinzioni, di uomini, donne, bambini, promiscuamente riuniti in uno stanzone e “disinfettati” con getti di idranti. Vergogna verso il Mondo intero che le ha viste. Neanche gli Americani 100/150 ANNI FA, quando erano invasi da massicci movimenti migratori, soprattutto degli Italiani, osarono tanto.
Ora, ITALIANAMENTE (siamo giunti al punto che anche l’obbrobrio ha cambiato avverbio), qualcuno sarà licenziato, qualche concessione sarà ritirata e poi… tutto tornerà nel letargo come prima. L’eco di tale notizia non arriverà alla pubblicazione di questo articolo; consacrando in tal modo, la sua giusta collocazione di PARENTESI.
Stragi, stupri, violenze, distruzioni, mentre c’è un mondo borghese sul quale passa il tempo come lo scorrere di una pellicola cinematografica sullo schermo, a passo accelerato, con nubi, sole, pioggia, temporali, schiarite; “ma… è un bollettino meteorologico?” Qualcuno potrebbe osservare; una parentesi nella parentesi, mentre intorno che cosa c’è? Di che cosa consta l’”intorno”, il contesto? Uno sfilacciato e caotico “bollettino degli obbrobri”; ed i due mondi non sono affatto distanti, siamo a due passi, gomito a gomito, in alcuni casi, addirittura, i due Mondi si intersecano, si mescolano, si scontrano, si abbracciano, si invadono reciprocamente. L’episodio di Lampedusa, di cui sopra, non è forse un esempio probante di tutto questo?
Allora di questo caos, di questo bollettino degli obbrobri, non posso parlare mettendo, ragionieristicamente, i fatti in un ordine pedissequo, non me la sento. Qualcosa mi dice che ci farei io la figura del compiaciuto collezionista di sciagure, del freddo contabile di cadaveri e corpi sventrati, del certosino raccoglitore del sangue altrui, e questo sarebbe obbrobrioso per me:
Tutto scorre senza metodo, ma con la casualità della falce della morte:
29 dicembre 2013 Stazione ferroviaria di Volgograd (ex Stalingrado), una donna-kamikaze si fa esplodere, 17 morti e 40 feriti; il giorno dopo, lunedì 30 dicembre, nella stessa località, un kamikaze si fa esplodere su un filobus, 16 morti e 30 feriti gravi. Terroristi islamici del Caucaso?
Fonte “Corriere della Sera”: 16 dicembre 2013 – Juba – Sudan del Sud
Il presidente Salva Kiir annunzia ai media il tentativo di un colpo di Stato, immediatamente sedato, ad opera del suo rivale, ex “numero due”, Rick Machar, da lui definito “profeta di sventura” (da noi si usano preferibilmente le allocuzioni “vile”, “traditore”, “addetto alle fogne” et similia), allontanato dal governo nel luglio del 2013, a seguito dell’ammutinamento di un gruppo di soldati a lui fedeli, di etnia Nuer; mentre Kiir appartiene alla tribù dominante dei Dinka.
Nelle strade della capitale, peraltro, si continua a sparare, come riferito da testimoni oculari.
Machar aveva annunziato la sua intenzione di candidarsi per le elezioni presidenziali del 2015, e accusato Kiir di tendenze dittatoriali. Quest’ultimo aveva allora convocato il Comitato di liberazione nazionale e attaccato duramente l’avversario. Poche ore dopo il silenzio notturno di Juba veniva interrotto dalle prime raffiche di mitra.
Sui network rimbalzano notizie di cadaveri abbandonati nelle strade, e caccie all’uomo in atto nei quartieri della capitale.
Juba si prepara ad una notte senza luci e senza notizie, inframmezzata dagli spari.
20 dicembre 2013
Uomini di etnia Nuer, fedeli a Machar, assaltano la base Onu in Sud Sudan, ad Akobo, uccisi tre Caschi Blu indiani. Cittadini italiani e personale diplomatico si apprestano a lasciare il Sud Sudan, con velivoli dell’Aereonautica Militare mandati dall’Unità di Crisi della Farnesina. Decine di civili risultano massacrati a Juba ad opera dei soldati di Kiir, di etnia Dinka; presa di mira “prevalentemente” l’etnia rivale dei Nuer. I soldati hanno aperto il fuoco su aree residenziali densamente popolate.
21 dicembre 2013
Bombe e terrore, fuga dal Sud Sudan.
34 italiani e 29 cittadini di altri Paesi europei rimpatriati con i C-130 inviati dalla Farnesina.
Un aereo militare USA viene colpito durante le operazioni di evacuazione nella parte orientale del Paese, durante i combattimenti tra le fazioni rivali; tre soldati sono rimasti feriti, di cui uno in modo grave. Trasferiti in Kenya per essere curati.
25 dicembre: Mansoura – Nord dell’Egitto; 15 morti e decine di feriti in un attentato contro una sede dei Servizi di Sicurezza Egiziani, rivendicato da un gruppo jihadista del Sinai, che si “autodefinisce” ispirato ad Al Qaeda.
Il 29 dicembre il quotidiano La Stampa passa in rassegna l’Africa in guerra “dove il sangue non si raggruma mai”: SOMALIA è guerra endemica; si combatte dal 1991. Oggi è la terra delle milizie islamiche. REPUBBLICA CENTRAFRICANA, conflitti in corso tra ex ribelli Seleka, sostenuti dagli islamici, e cristiani vicini all’ex presidente Bozizé; MALI, aleggia ancora lo spirito colonialista dei Francesi, intervenuti per “estirpare Al Qaeda” e mettere fine alla guerra civile; NIGERIA, terra delle milizie islamiche di Boko Haram in lotta contro gli Stati cristiani del Nord; CONGO, la grande guerra tra etnie e milizie per il controllo delle risorse minerarie.
Tutto questo è un incubo per l’OCCIDENTE che, peraltro è, in modo praticamente esclusivo, ARTEFICE dell’attuale situazione in tutta l’Africa, che ha prima dissanguato, saccheggiandola di risorse immense e commettendo ogni sorta di soprusi e di ingiustizie, ed ora teme le mosse di chi opera su questo “scacchiere”, non avvedendosi quasi, o del tutto, che questi sono i contraccolpi dello schiavismo, del colonialismo e dell’imperialismo, che i “guerrieri di oggi” subivano, ma non praticavano, e non avrebbero mai praticato se non con la regia dell’Occidente. Il guaio serio di quest’ultimo è che dimentica la genesi dei suoi incubi.
Il commento più stupido l’ho letto su un giornale on line, da parte di un lettore che, per carità di Patria, lascio anonimo: “… ma sanno solo fare la guerra? Di progredire non ne parlano mai?” IL CONTRIBUTO PIU’ VOTATO.
Ma la palma della vittoria tocca, senz’altro, alla notizia-clou sulla morte di Mandela:
Il 5 dicembre muore Mandela, il 6 dicembre Il GIORNALE (di famiglia) titola “Morto Mandela, padre dell’apartheid”, lo seguono su questa strada il Mattino, il Messaggero e molte testate telematiche.
E’ il grave pericolo della memoria, trasformarsi in ignoranza, mettendo così a rischio un mito dell’Umanità.
Questa è l’Italia. Qui non c’entra l’Africa; eh… bisogna pur mettere i punti sulle “i”.
L’AVVENIRE 20 DICEMBRE 2013:
IRAN “Con Rohani peggiorano i diritti umani”: in un campo di profughi iraniani in esilio in Iraq, risultano trucidate 52 persone; 6 donne rapite. In 100 giorni del Governo Rohani, impiccati 320 dissidenti.
SIRIA “La tortura usata come arma di guerra” denuncia l’ONU; le sparizioni forzate sono una pratica abituale in tutto il Paese. Esecuzioni sommarie e fustigazioni anche di ragazzi di soli 14 anni, sono denunciate da Amnesty International, nei 7 centri di detenzione dello Stato. Della devastazione di Aleppo, la città più antica del Mondo, dell’uso barbaro e criminale di gas venefici, dei massacri massicci del proprio popolo, non si sa più quanto se ne è parlato e… non se ne è mai parlato abbastanza.
In CENTRAFRICA massacrati 1000 Cristiani.
L’inviata USA: «Spettro genocidio Ruanda» così titola “maliziosamente” L’Avvenire, lasciando credere alle pecorelle del gregge, una contemporaneità di martirio per i discendenti e i convertiti delle catacombe.
Solo dal corpo dell’articolo si evince il senso: il pericolo paventato sarebbe che le atrocità che si videro nel ’94 in Ruanda, dove lo scontro tra le etnie Hutu e Tutsi provocarono, alla fine, la morte di 800mila Tutsi e Hutu moderati, potrebbero nuovamente vedersi in Centrafrica, dove risultano razziati interi villaggi, esecuzioni sommarie, mutilazioni, distruzioni di edifici e sfollamenti forzati di massicci nuclei di persone, anche nella capitale Bangui.
Peraltro di quel copioso sangue versato in Ruanda 20 anni fa, sempre molto poco, fin dall’inizio, si è parlato. Nessuna concreta reazione c’è mai stata.
L’8 dicembre intervengono in Centrafrica i Francesi, che di “autorizzazioni dell’ONU” non sanno che farsene, con 600 paracadutisti in appoggio al neo presidente Michel Djotodia che, dopo aver scalzato Bozizé, accusandolo di ignorare i problemi della popolazione, appare ora incapace di controllare i suoi militari, ma saprà certamente controllare gli interessi di Parigi, nel cuore dell’Africa.
Anche ad averci “gli occhi foderati di prosciutto”, come si suol dire, “non v’è chi non veda”, come si dice in certi ambienti, che tutto quanto è stato detto, rivela un ribollire di tensioni, di rivendicazioni, di contraddizioni, sempre più intense ed estese di interi Continenti, di svariati popoli; un ribollire di cui quelle persone che si vedono in giro, e in Italia, un po’ svagatamente, si chiamano “vu’ cumpra’”, in Francia “sans-papiers”, e chi sa come altro, in quali e quanti altri posti, non sono che rade schegge, goccioline schizzate.
29 Dicembre 2013 – e qui si chiude la parentesi aperta all’inizio, e, bene o male, tra evidenziazioni ed omissioni, poca o molta sintesi, qualche impennata di sentimento o di ragionamento, che ci poteva stare, o magari non stare, ma sempre seguendo la rotta, arriviamo all’anno di grazia 2014. Dove… ultim’ora, tanto per non perdere l’abbrivio (lo dicevo io)… 3 gennaio, breve flash dall’India: ragazzina (una bambina, in realtà) di 12 anni violentata dal “branco” (così si chiamano oggi gli sbandati in un Mondo allo sbando) due volte (la seconda per punirla di aver denunziato, la prima volta, l’accaduto alla polizia), invitata inutilmente a ritirare la denunzia, viene coperta di benzina da sicari e bruciata viva, col seme di vita che, suo malgrado, aveva in corpo.
Ma metto la parola fine, almeno per il momento, a tutta la materia pulsante dei nostri obbrobri di oggi, raccolta per chi legge, sia pure con rapidi e disarticolati, ma spero azzeccati colpi di pala, per pensare, per non dimenticare, con la trasmissione televisiva di Sandro Ruotolo che ci porta nella “terra dei fuochi”.
Così CHIUDO la PARENTESI (prima del TG delle 20):
Il prof. Carmine Schiavone ci insegna che in Campania, soprattutto nelle provincie di Napoli e Caserta, la ormai famosa “Terra dei Fuochi”, per la tolleranza istituzionale ad incendiare la “monnezza” e, comodamente e rapidamente disfarsene, ad onore e gloria della scienza oncologica, decine di migliaia di ettari sono inquinati da rifiuti tossici, fanghi industriali, addirittura scorie nucleari, materiali provenienti da ogni parte d’Europa, Germania compresa, attraverso i canali della criminalità organizzata; e su questi terreni si è permesso di costruire, coltivare, far pascolare il bestiame. Ci dice, inoltre, che è a rischio l’intera falda acquifera della Campania, per il momento, solo blandamente intaccata, perché protetta da uno strato di tufo; ma una volta che questo dovesse cedere, ne deriverebbe l’avvelenamento di una intera Regione.
L’assistente investigatore Roberto Mancini, malato di cancro per la sua lunga permanenza nella zona, a causa delle indagini che stava effettuando, conferma, e precisa che un suo rapporto sulla situazione nella “Terra dei Fuochi”, quando ancora non era definibile tale, è “rimasto nel cassetto della Magistratura Inquirente” per oltre 30 ANNI (diciamo dagli anni ’80? Allorché era ancora possibile intervenire consistentemente); in una precedente trasmissione televisiva sulla situazione in atto (diciamo a metà degli anni ’90?), aveva denunciato che il suo rapporto (a quel tempo) giaceva nascosto da 16 anni. Ebbene l’intervista fu TAGLIATA proprio nel pezzo in cui lui lamentava questo stato delle cose. Chi sa perché. In definitiva l’unico risultato ottenuto è stato il cancro.
La trasmissione SERVIZIO PUBBLICO continua chiamando a raccolta sindaci, amministratori provinciali, amministratori regionali, il Governatore della Campania e rappresentati del Governo centrale, facendoci sapere che delle sconfinate colline di “ecoballe” che arricchiscono il panorama della Campania Felix, e che, probabilmente, in aeternum faranno concorrenza negli scatti fotografici al Vesuvio e a “Vulcano buono”, NESSUNO è RESPONSABILE.
Conclude poi, informandoci in modo abbastanza incoerente (o no?), che in Italia la MASSONERIA è “notoriamente” molto più forte della CRIMINALITA’ ORGANIZZATA.
Alla fine, però, Ruotolo fa incazzare Schiavone, che si alza e se ne va, profetizzando alle due donne presenti in rappresentanza della popolazione civile della Campania, delle persone oneste e di buona volontà: “non c’è niente da fare per voi. Morirete tutti”.
Ha ragione? Speriamo di no. Questo è un messaggio di morte. Il suo alzarsi ed andarsene, di fronte ad un Ruotolo non turbato più di tanto, è la MORTE in SE’.
E’ grave, ma… alla fine che importa? La forza d’urto di queste notizie, il ricordo di questa parentesi che si chiude, con il pentito Schiavone, autore diretto di 50 omicidi, e indiretto di altri 400; vincitore di “guerre” per il CONTROLLO della Campania e del Paese, attraverso i riciclaggi, le connivenze, gli investimenti, LIBERO CITTADINO (ditemi in quale altro Paese ciò è possibile) che si alza e se ne va, non ha superato lo sbarramento, nel ricordo e nelle riflessioni di giudici, governanti e governati (cioè di quelli che SE NE SAREBBERO DOVUTI occupare attivamente e che SE NE DOVREBBERO occupare attivamente), del TELEGIORNALE del GIORNO DOPO (paradossalmente qualcosa è sopravvissuto nelle parole del Vescovo di Napoli; ma lui e i suoi colleghi e predecessori campani DOVE ERANO quando si perpetrava l’OBBROBRIO?).
Eppure non è con questo MESSAGGIO di MORTE che metterò la parola “fine” a questo articolo; ma con un MESSAGGIO di VITA, che nasce sì dalla morte (come sempre) ma è VITA e SPERANZA.
CHIUDO con l’immagine di sette mamme della Campania, che hanno tra le braccia la foto dei figli morti di tumore: è quella stampata su 150 mila cartoline inviate al Papa, al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio e all’ONU dai residenti tra le Provincie di Napoli e Caserta, con l’obiettivo di richiamare l’attenzione, di fare qualcosa che faccia prevalere la vita sulla morte, di far capire che si crede, si ha fiducia, anche da parte di chi è stato duramente provato, nel FUTURO di questa che non dovrà più essere chiamata la “Terra dei Fuochi”.
Ne è pur passata di acqua sotto i ponti, ma… tranquillizzatevi, non intendo fare qui un resoconto dell’anno 2014.
Per una efficace descrizione, basta la sintesi di esso:
il proseguimento particolarmente furioso e devastante del tentativo di GENOCIDIO del popolo palestinese, e dell’annullamento dello Stato della Palestina, da parte di ISRAELE e dei suoi appoggi ed alleati.
A chi mi dice, a mo’ di battuta, che nei miei INVITI a RICORDARE ci sono solo, o, prevalentemente disastri, rispondo con un’altra battuta: Cassandra PREVEDEVA disastri; io RICORDO i disastri perché le PREVISIONI, tendenzialmente, possano non essere più “alla Cassandra”, ma SOLO, o almeno IN LARGHISSIMA PARTE, di momenti di gioia.
E con questo vi saluto, augurando a tutti un 2015 così, non “alla Cassandra”, ma colmo di MOMENTI di GIOIA.
Alberto Liguoro
————————————————
Considerazioni di Bruno Mancini
Nella mia convinzione di diligente studente prima e poi di cittadino orgoglioso di vivere in una nazione capace di chiudere la porta all’autoritarismo fascista mediante la Carta Costituzionale, e anche abile a non cedere il potere ai gruppi politici che avevano distorto il complesso dettato economico sociale proposto dal pensiero di Carlo Mark in tutti i paesi in cui governavano, in tanti anni quindi di vita per lo più pubblica avevo sempre inteso la parola DEMOCRAZIA come abbreviazione e sinonimo di GOVERNO DA PARTE DEL POPOLO in totale antitesi con la parola MONARCHIA (la quale a mio parere, allo scopo di far emergere una più corretta correlazione lessicale tra il termine e la realtà storica espressa, andrebbe riscritta in CASTARCHIA) non assegnando alcun valore al sistema (elettorale, assembleare, rappresentativo ecc.) utilizzato per la sua completa realizzazione.
Erano i tempi durante i quali uomini d’indiscusso livello culturale organizzavano forme di aggregazioni di comuni cittadini (i partiti) il cui obiettivo statutario era quello di presentare una rosa di candidati tra i quali il popolo potesse scegliere i suoi rappresentanti in parlamento.
Nessuno può legittimamente mettere in discussione che gli Eletti -dopo aver soddisfatto i propri interessi personali!- non fossero pronti ad intervenire secondo le richieste generali dei propri elettori.
Democrazia a macchia di leopardo secondo la relazione bianco o nera instaurata tra i due soggetti elettore – eletto.
Democrazia migliorabile in vari modi:
1) L’istituzione di un albo nazionale “Politici” per il cui accesso fosse previsto (parlo al passato in quanto oggi la situazione è irrecuperabile) un percorso di scolarizzazione a livello universitario relativo ai vari settori attinenti la gestione della “cosa pubblica”, e penso alle competenze amministrative, così come quelle giuridiche e sociali, e penso alle capacità gestionali di persone beni, alle dottrine di diritto internazionale e via dicendo… e m’indigno ancora oggi paragonando tutti gli obblighi ai quali mi ha sottoposto e mi continua a sottoporre lo stato italiano per consentirmi di svolgere l’attività di OSTE -quindi addetto alla gestione unicamente dei miei beni- (titolo di studio – antimafia – casellario giudiziario – qualifica professionale acquisita mediante superamenti di esami su materie legislative merceologiche ecc.. – certificati sanitari.. e ti evito la noi di seguirmi in quella che è una lista quasi infinita) al confronto con ciò viene ancora OGGI ritenuto l’unico titolo valido per amministrare. ad esempio, la Regione Lombardia che forse, chiedo perdono se sbaglio, è l’Aziensa con maggiore fatturato e numero di addetti e di…. clienti-sudditi di tutta Italia, ossia parlo della “TESSERA ELETTORALE”!!
Unico requisito necessario per diventare CAPO… POLITICO
Affinché il mio pensiero “sociale” sia chiaro devo precisare che l’accesso e la permanenza ai corsi relativi all’acquisizione dell’iscrizione nell’albo “Politici”, così come tutte le fasi di avvicinamento al titolo dovrebbero essere gestite nell’ambito UNICAMENTE di BORSE DI STUDIO proposte dagli istituti scolastici, valutati dai rettori delle università .. e controllate dalla magistratura.
Noi cittadini vorremmo poter scegliere di assegnare la gestione delle risorse economiche derivanti dal nostro lavoro a professionisti (non importa qui capire se di sinistra, di centro, di destra… di alto di medio o di basso ceto) provvisti di competenze documentate da un titolo di studio.
I successivi punti, già di per sé chiari nei titoli, li tratterò, forse, in momenti successivi altrimenti stanotte non riuscirò a giungere al nocciolo del mio pensiero
2) Trasparenza patrimoniale dei candidati
3) Conflitto d’interessi
4) Legislazione aggravante per i reati pubblici
5)…
…
…
N)…
Quel sistema a macchia di leopardo, in mancanza dei correttivi richiesti dal popolo sovrano, si è tramutato in un manto nero che impedisce qualsiasi partecipazione attiva del popolo alle decisioni della “CASTA”.
Per intenderci parlo di liste elettorali blindate a favore dei candidati scelti dal RE e privi d’investitura popolare, anche in ambito PD.
Già “CASTA” ____ “MONARCHIA”_____”CASTARCHIA”.
Noi oggi viviamo in un regime di “CASTARCHIA” dove l’uomo della provvidenza ha come solo certificato d’origine “DOC” quella tessera ricevuta dalla P2 di Licio Gelli.
L’italia non è un paese a conduzione democratica.
Ti abbraccio
Bruno
———————————————–
Amici e colleghi carissimi
Io ho vissuto questa competizione elettorale come una splendida avventura, nella quale mi sono certo impegnato moltissimo (perché penso sempre che lo cose o si fanno o non si fanno, non ci sono mezzi termini) e mi sono certo divertito moltissimo, anzi proprio perché impegnato mi sono divertito. Ho conosciuto tante belle persone, rivisto vecchi amici, imparato nuove cose, quindi è stato un arricchimento.
Ora che importanza vuoi che abbia dove mi sono piazzato e con quanti voti in un contesto nel quale la compagine avversaria ha dominato?
Per me è stata già una grandissima soddisfazione e un bel risultato (questo sì lo confesso, mi sarebbe dispiaciuto non ottenere) aver superato il primo turno. Ora essermi trovato al ballottaggio a ridosso dei panzer, delle truppe cammellate e così via è veramente il top.
Confermo quindi tutti i ringraziamenti e gli auguri, i complimenti ad Abruzzo e De Felice, i riconoscimenti all’intera squadra che si è battuta anche in condizioni estreme e con la partecipazione di chi non avendo superato il primo turno, se si fosse defilato non avrebbe fatto gridare allo scandalo nessuno, un affettuoso abbraccio e ad majora a Gabriella Fiecchi che, stando alle intervenute precisazioni, è la prima dei non eletti e, dalle sue note biografiche, ha ben titoli per esserlo, anzi avrebbe titoli per essere tra gli eletti.
A tal proposito, scusate la mia novellinaggine, ma penso proprio che bisognerà fare qualcosa, recuperare forze e valori sparsi, appianare diffidenze e motivi di rancore (forse), battere frustrazioni, scoraggiamenti, illusioni, sconfiggere velleità, protagonismi e quant’altro, rivoluzionare un po’ tutto insomma, altrimenti… ciao… per così dire. La compagine di Letizia Gonzales è compatta e fortissima, credo che sia anche brava, ma negli organismi democratici è fondamentale secondo me il confronto dialettico e l’alternanza, guai a dare sempre ragione al vincitore! S’è visto nella Prima Repubblica… ora se è vero questo, non si può battere la compagine avversaria in ordine sparso, suddividendosi qua e là. Si perde. Si può solo fare “bella figura”, e almeno questo sì, penso che bella figura abbiamo fatto con due professionisti inseriti e nessuno delle altre compagini a riprova di un vago disperdersi di queste ultime.
Vi prego di non arricciare il naso di fronte alla mia “novellinaggine” perché forse serve anche questo, inserimento di novità (indipendentemente da quale altitudine –ahimé – di età provengano).
Franco Abruzzo mi ha segnato su un pezzo di carta (glielo ho chiesto io) quali sono i compiti dell’Ordine dei Giornalisti, cose elementari che io ho appreso.
Il punto che più mi vede presente e pronto a battermi è “battaglia per la libertà di stampa”.
Questo è un punto fermo per tutti, ovviamente, anche se non capisco come mai se è così scontato, siamo arrivati al 72° posto nel Mondo, siamo definiti Paese con “semilibertà di stampa”; va bene che come correttezza della Giustizia siamo al 142° posto (confermato anche da Organi massimi della Magistratura, che però che fanno?), ma questo non ci conforta, e poi chi ci dice che non siamo al 142° posto nella Giustizia, proprio perché siamo al 72° posto nella libertà di stampa? Anzi sembrerebbe piuttosto scontato questo.
Ora questo discorso della libertà di stampa, per uno come me, cioè un novellino, è un pallino, uno scoglio da superare, una sfida sulla quale si può anche non dormire la notte.
Ecco in questo senso sono pronto a battermi, a continuare a battermi, e in questo senso credo sia buona cosa l’acqua al mulino che porta un novellino.
Detto questo, tabula rasa, colpo di spugna e pensiamo al futuro.
Se nel futuro c’è da lottare non è un problema per uno che ha scritto una poesia dal titolo “Gli spari del destino”.
Allora io dico: la compagine avversaria ha stravinto (e convinto probabilmente). Ci ha sbaragliato, bisogna riconoscerlo, ma non annientato. Mi è molto piaciuta la similitudine di Franco con i rivoluzionari francesi che la spuntavano sulle agguerrite ed organizzate truppe reazionarie. Poi nella Storia hanno vinto i perdenti, mentre i vincenti erano l’ultima coda di ere che venivano lasciate alle spalle, che si superavano.
Allora facciamo corpo attorno ai presenti nei consigli regionali e nazionali e proponiamo, proponiamo, proponiamo.
Vediamo se alla fine non riusciamo ad imboccare la strada di una nuova era, perché questa… coi giornali e TV che dicono sempre le stesse cose, che si distinguono più per quello che non dicono che per quello che dicono, che hanno l’unica caratteristica di sottolineare lo smarrimento della memoria breve nella nostra società, dove permane solo la memoria remota (tanto quella non infastidisce, se non forse minimamente, salvo aggiustamenti vari, chi detiene il potere)… decisamente non va!
Nel mio ultimo libro di fantascienza RUMORE DI PASSI NEI GIARDINI IMPERIALI (saranno poi “passi che fanno rumore” o ci rimarrà solo “il rumore dei passi”?) alla cui presentazione all’Umanitaria è venuta solo Raffaella Parisi che nuovamente ringrazio, che, di fronte al pessimismo dominante circa il futuro dei grandi Orwell, Wells, Huxley, propone la scommessa, persa, ma solo parzialmente, di un futuro più ottimista, parlo molto anche di questo (nel romanzo le agenzie mondiali che dialetticamente sovrintendono all’informazione si chiamano “La Verità Nuoce” e “Nessuna Nuova Buona Nuova”, il giornale che va per la maggiore in una parte del Mondo è “Dimenticare” che ha fatto la “coraggiosa” scelta di essere il miglior giornale da -non-pubblicare e quindi uscire tutti i giorni con le pagine bianche, New York ha un solo giornale “Under” il bisettimanale gratuito della metropolitana con 6 pagine di pubblicità e, al centro, 2 di notizie da dieci righe equamente distribuite tra New York e il resto del Mondo, e così via… speriamo di non arrivarci.).
E non ditemi, per cortesia, che mi faccio pubblicità, quale pubblicità… per lo schifo di come va anche l’Editoria di libri (più riviste più servizi tv) in Italia! Ma questo è un altro capitolo che, certo, si può anche aprire. Finora lo si è fatto poco, ma probabilmente anche questo perché siamo nella “semilibertà” di stampa. Ribadisco dobbiamo aspirare alla “libertà”. E poi… lo dico da uomo di Legge, dobbiamo chiedere la “riabilitazione” ai critici, agli osservatori che ci hanno valutato severamente, forse, ma realisticamente. Ma dobbiamo meritarcela.
Ora non voglio più rompervi le scatole, l’ho fatto abbastanza. Spero di aver detto qualcosa per cui è valsa la pena di arrivare fin qui, per chi ha avuto questo coraggio.
Buona giornata a tutti e a presto. L’incontro del 10 giugno al Circolo della Stampa è confermato a quanto pare.
Alberto Liguoro
DOMENICA 30 MAGGIO E LUNEDI’ 31 MAGGIO 2010
Elezioni per l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia: Ballottaggio
che si terrà all’Unione del commercio di Milano in Corso Venezia 47
Domenica dalle ore 9.45 alle 13.15 e Lunedì dalle ore 9.30 alle ore 14
ALBERTO LIGUORO è candidato quale capolista per il Consiglio Nazionale Pubblicisti (SCHEDA BEIGE)
nella “LISTA CIVICA INDIPENDENTE” guidata da Franco Abruzzo e Gianni De Felice.
“Se sarò eletto lavorerò per il conseguimento di un unico obiettivo: la massima realizzazione della LIBERTA’ di STAMPA. Oggi l’Italia è relegata al 72° posto (rapporto Freedom House).Il nostro Paese deve uscire dalla ‘semi-libertà’ di Stampa.
Noi della ‘Lista Civica Indipendente’ faremo di tutto perché l’INFORMAZIONE in Italia torni ad essere quella che un Paese Civile merita; e gli altri?” Alberto Liguoro
Vi prego di girare questa mail a tutti i vostri contatti e di divulgare tale informazione.
Notizie
Poesie
Radici
Differenti ispirazioni
Esplosivo
A questo punto
Antologie
Poesie
Argomenti
Poeti d’oggi
Prose
La Maschera del Tempo
Il Vecchio Teatro
Rumore di passi nei giardini imperiali
RUMORE DI PASSI NEI GIARDINI IMPERIALI
un avvincente romanzo di fantascienza
di
Alberto Liguoro
ed. Maremmi Firenze 2009
pag. 384 € 24.80
ISBN 978-88-517-1559-5
Varie
Catalogo
DVD Poesie
Le Stagioni racconti e poesie
Volumi editi degli Autori
ALBERTO e DALILA LIGUORO
1) La Maschera del Tempo – thriller – Ed. Maremmi FIRENZE 1998 pag.250 € 15 – ISBN 88-8254-312-9
2) Radici – poesie – Ed. Maremmi FIRENZE 2000 –
pag. 100 € 10 – ISBN 88-8254-639-X
3) Il Vecchio Teatro – romanzo – Ed. Alfredo Guida NAPOLI 2001 – pag.194 € 12 – ISBN 88-7188-479-5
4) Differenti ispirazioni – poesie – Ed. Libroitaliano RAGUSA 2002 – pag.70 € 9 – ISBN 88-7355-181-5
5) Le Stagioni (con lo pseudonimo Algor) – racconti e poesie -Ed Maremmi FI 2004 – pag.150 € 11 – ISBN 88-517-0502-X
6) Esplosivo – poesie (nuovo corso) – Ed. Libroitaliano World RAGUSA 2004 – pag.70 € 10 – ISBN 88-7865-002-1
7) A questo punto – poesie visive – Ed. Libroitaliano World RAGUSA 2007 – pag.115 € 12 – ISBN 978-88-7865-494-5
8) DVD più libro Poesie con Dalila Liguoro – Ed. ISMECA Bologna 2008 – pag.50 € 16 – ISBN 978-88-89668-60-3
9) POESIE con Dalila – Ed. ISMECA Bologna 2009 –
pag. 44 – € 12 – ISBN 978-88-6416-041-2
ANTOLOGIE
1) Argomenti – Casa Editrice ISMECA Bologna 2007 – pag.218 € 20 – ISBN 978-88-89668-32-0
2) Poeti d’oggi – Ed. Libroitaliano World Ragusa 2007 – pag.157 € 25 – ISBN 978-88-7865-640-6
IL MODO MIGLIORE PER ACQUISTARE I LIBRI:
rivolgiti al tuo libraio di fiducia dando il titolo, l’autore, l’editore e il codice (sopra riportato) ISBN
IN ALTERNATIVA fai la tua richiesta scrivendo ad
Articoli giornalistici
Alberto Liguoro albertoliguoro@libero.it
oppure a
Dalila Liguoro dalila.liguoro@tiscali.it
ALBERTO LIGUORO – Poeta- Magistrato
Grande amico dell’Isola d’Ischia aderisce al progetto “La mia Isola”
Antologie Poetiche a cura di Roberta Panizza e Bruno Mancini
Scrivere di Alberto Liguoro è come presentare l’ideale prototipo d’artista che è comune a gran parte di chi manifesta i propri impulsi letterari per pura necessità espressiva scevra da ogni altra sovrapposizione d’interessi pratici o commerciali.
Chi almeno una volta nella vita si sia abbandonato, senza remore e senza limitazioni, a rendere fruibili “amor ch’ e’ ditta dentro” (Dante Alighieri – Purgatorio XXIV, 53-54)
per le poche o tante persone interessate o semplicemente curiose di saperlo, avrà ben chiara la voglia irrefrenabile di non tenere in alcun conto regole e regolamenti, vocabolari, grammatiche e sintassi in letteratura, oppure cromatismi e prospettive nella produzione pittorica, o anche battute tempi e chiavi negli allestimenti musicali, che attanaglia nel momento della “creazione”.
Alberto Liguoro ha il pregio intellettuale di comprendere la scarsa forza del traino cui affiderà la sua opera “spontanea” ed ha la forza selvaggia e quasi animalesca di pretendere anche in solitudine il rispetto del suo “territorio artistico”.
La scrittura di Alberto Liguoro è uno scandalo, uno scandalo mi viene voglia di dire di proporzioni sociali, per quanto essa riesce placidamente ad irridere la superficialità di quei sparuti lettori che si avvicinano alle opere poco o per niente pubblicizzate dai soliti imbonitori giornalistici e televisivi.
Personaggi per lo più strani che spesso, non senza torto, si degnano di aprire i libri “anonimi”, quasi sempre ricevuti in regalo, e lo sfogliano con la supponenza di chi non debba far altro che attendere di essere servito la trama e i personaggi su un vassoio dai decori semplici e banali.
Afflitti dallo snobismo di chi intenda non dover compiere alcuno sforzo cerebrale per trasformare il libro da possesso materiale a possedimento intellettuale, trattandosi di un libro, ripeto, del quale non è stato indotto a leggere pagine in ragione del prudente atteggiamento di chi desideri ben figurare nella massificata società culturale diretta dai soliti nomi, non di rado chiedono al libro figlio di “nessuno” di svolgere la funzione di riparo dai raggi del sole a ferragosto, restando poggiato sul naso per difendergli gli occhi dalla luce, poiché, infatti, a far pensare… a far pensare bastano loro “GLI EDITORI”!
La scrittura di Alberto Liguoro è uno scandalo.
E’ uno scandalo anche quando, disattivata la bucolica contemplazione, e con lo spirito in subbuglio, scrive elegie non sul piacere di ascoltare psicodrammatici accadimenti tipo
“Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finché non more il giorno;”
o su quanto sia doloroso ammettere che
“Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:”,
ma quando la sua penna, più che scrivere semplicemente, incide le coscienze, con frasi che perseverano tenaci nella mente di chi le legge e che lanciano sfregi indelebili contro l’immonda burocrazia fin tanto che non nascondono il disprezzo per la stratificante acquiescenza alla illegalità.
E’ scandalo ciò che scrive Alberto Liguoro, è scandalo nelle forme e nelle essenze.
Tenetevi alla larga… rischiate di inquinare malamente il vostro placido disinteresse per tutto quanto non è Mondadori!!
Chi sarà mai questo novello Poeta Novelliere?
Coniugato (Maria Rosaria Mollo) con tre figlie (Sabrina, Monica, Dalila), cittadino italiano, nato il 28 marzo 1944 a S.Marco dei Cavoti (Benevento) – Vive a Milano, innamorato pazzo dell’Isola d’Ischia, l’ha eletta a sua residenza estiva.
Nel 1969 entra in Magistratura.
Dal 1986 al 1991 Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Milano.
Nel 1991 esce dalla Magistratura col grado di Consigliere di Cassazione e si iscrive all’Ordine degli Avvocati di Milano; in pari data all’Albo Speciale presso la Corte di Cassazione.
Attualmente esercita l’attività di avvocato in Milano.
Iscritto all’albo dei pubblicisti presso l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia oltre che con le proprie generalità, con lo pseudonimo ALGOR.
Nell’anno 1998 ha avuto una collaborazione continuativa con “L’Indipendente” di Milano.
Nel 1999 una collaborazione con il quotidiano napoletano “Cronache di Napoli”.
Dal 2001 al 2008 ha collaborato periodicamente con la rivista giuridica Diritto e Giustizia – Giuffré.
Scrive da sempre, e segue con assiduità le nuove proposte letterarie che rimbalzano sulla stampa italiana, fin a che, un giorno, durante una delle sue consuete vacanze ischitane legge un articolo del quotidiano “Il Golfo” che presenta il progetto di Antologie Poetiche “La mia isola” proposto dal sito di scrittura www.poesiaedintorni.it diretto da Roberta Panizza che ha da tempo designato Ischia come sede (non solo ideale) delle sue proposte culturali, ne annota l’indirizzo e si iscrive.
Trova interessante il dibattito che in esso si svolge, e per aderire al progetto “La mia isola” avvia i fruttuosi contatti che gli consentiranno di partecipare come Autori nell’Antologia Poetica “Ischia, un’isola di…” di prossima pubblicazione.
Intervista
Quale è il suo rapporto con l’Arte e come è nato?
L’Arte è una grave malattia dalla quale non si guarisce mai. Io l’ho contratta inconsapevolmente quando ero ancora bambino.
Ischia e la cultura potrebbero rappresentare un binomio vincente turisticamente?
Deve essere vincente. Appartiene alla centralità del futuro dell’Isola d’Ischia.
Le alternative sarebbero, da un verso, il degrado e l’imbarbarimento e, dall’altro, la massificazione consumistica. Tutto ciò che nessuno vorrebbe o auspicherebbe.
Provocatoriamente le chiedo se ha letto l’Antologia poetica “Ischia, un’isola d’amore” e cosa ne pensa?
Certo che l’ho letta. Penso che sia uno scossone alla pigrizia e alla noia, L’azione di un detective o di più detective (Bruno Mancini, Roberta Panizza ecc.) che cercano di delineare l’identikit dell’assassino (il poeta) e ricostruire il delitto (la poesia). Azione alla quale sono felice e mi onoro di partecipare, dando il mio contributo allo scopo di giungere alla soluzione del caso, quale agente semplice che collabora, carta e penna in mano.
Quale è il messaggio che intende mandare per promuovere l’interesse verso la Poesia?
La Poesia è come la vita, appartiene a tutti. Poi ciascuno ne è arbitro, così come è arbitro della propria vita.
Le piace Ischia?
Venivo ad Ischia da bambino con i miei genitori. Qui hanno avuto vita le mie prime schermaglie sentimentali. Qui ho conosciuto colei che poi è ancora oggi mia moglie. Qui si è sposata una delle mie figlie. Qui oggi vengono a passare le vacanze i miei nipoti con le famiglie. Io e mia moglie ci torniamo spesso durante l’anno. Due volte ho chiaramente visto il raggio verde. Potrei non amarla? Anzi proprio perché mi è sempre piaciuta per la sua bellezza e varietà è accaduto tutto quanto ho detto.
Devo dire, però, che ultimamente è un po’ mortificata proprio da coloro che le vogliono bene o dicono di volerle bene. Ma si rifarà, ne sono certo. I millenni alle spalle sono certo di buon auspicio per i millenni a venire.
Quali sono i prossimi appuntamenti culturali che la vedranno protagonista?
C’è un solo grande appuntamento culturale che li racchiude tutti ed è quello della mia vita che, a 65 anni suonati, credo di poter finalmente orientare nel senso da me sempre desiderato e, per quanto possibile, perseguito, e cioè l’arte dello scrivere, con tutto ciò che comporta, compresa la possibilità di vedere la trasposizione dello scritto in opera scenografica o pittorica.
Grazie e alla prossima